Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CLXV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.3\165 (1728), S. 226-231, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.5169 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione clxv.

Agli Ambiziosi.

Zitat/Motto► Laudis amore tumes? sunt certa piacula, quae te
Ter purè lecto poterunt recreare libello.

Hor. L. I. ep. I. 36. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► A Considerare l’Anima, con una idea astratta, spogliata delle sue Passioni elle è di una natura fiacca, ed accidiosa, lenta ne’ suoi progetti, e molle nella esecuzione, sono le passioni, che la muovono, e la fanno oprare risvegliano l’intelletto, invigoriscono la volontà e rendono l’Uomo forte, ed attento nel proseguimento de’ suoi disegni. Se questo è il fine delle Passioni in generale, egli è in particolare quello dell’Ambizione, che impegna l’anima ad imprese capaci di acquistare riputazione, onore, e gloria. Se bene vi si riflette, ritroveremo, che la provvidenza ha posta questa Passione nel cuore dell’Uomo per fini più [227] elevati.

Era necessario, per lo bene della società, che s’inventassero le Arti, e le scienze, che se ne scrivessero Libri, per trasmetterle alla Posterità, che le nazioni fossero incivilite, e sottomesse a qualche Governo. Ma già che i semplici, e legitimi motivi, capaci d’impegnare in queste ad altre simili ricerche, non ponno influire, che sopra le anime nobili, e virtuose; si sarebbe fatto poco progresso, se non vi fosse stato qualche principio di azione comune a tutti. Questo principio è l’Ambizione, o il desiderio della gloria. Questo fà, che i bei talenti non stiano sepolti, nè rimangano inutili al pubblico bene. Questo tradisce, per cosi dire, anche i viziosi, e li porta, malgrado la loro naturale ripugnanza, ad imprese degne de’ nostri eloggi. Si può, in oltre riflettere, che i più grandi talenti sono più sensibili alla gloria, si come, per l’opposto i deboli ne sono meno toccati; o per lo sentimento interno della loro incapacità di potervi mai giognere, o per mancanza di cognizione, che loro toglie la mira di correre dietro un Bene, che non ha relazione immediata, nè al proprio interesse, nè alla propria comodità; o finalmente perche la Provvidenza non gli ha voluti sogettare ad’ una Passione, che non sarebbe di veruna utilità [228] al mondo, e di tormento a loro stessi.

Se tale desiderio non fosse assai violente, la difficoltà di acquistare la gloria, ed il pericolo di perderla; dopo averla ottenuta, basterebbono a distogliere gli Uomini da un attentato si vano.

Quanto pochi ve ne sono, che abbino talenti proprj per farsi ammirare, e per distinguersi dal rimanente dell’umano Genere? La Provvidenza ci mette quasi tutti a livello; ed osserva, verso di noi una specie di ugualità nella distribuzione de’ suoi favori. Se si accorda un bel talento, ce ne lascia mancare un altro: e pare più tosto cerchi metterci in istato di farlo valere, che di perfezionarci in tutte le cose.

Anche trà i più favoriti dalla natura, e meglio politi dalla educazione, quanti ve ne sono, che suppelliscono le loro belle qualità nella ignoranza, o nell’ozio quando anche non vengano oscurate dalla invidia? La maggior parte degli Uomini, o non sanno distinguere un azione nobile, e generosa da un'altra, che sia vile e bassa; o l’attribuiscono a qualche indegno motivo; o la carricano di falsi colori; o la interpretano in senso maligno.

Si può eziandio riflettere, che quelli, i quali più corrono dietro alla Gloria, e ne sono più avidi, sovente non la ottengono; all’opposto di Catone, [229] al riferire di Salustio, Ebene 3► Zitat/Motto► che tanto più ne acquistava, quanto meno la ricercava. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Gl’invidiosi hanno il maligno genio di attraversare le nostre inclinazioni, e di rendere vano tutto ciò, che ricerchiamo con più calore. Quando scuoprono, in qualcuno, la brama della gloria, che non sà del tutto nascondere, doventano ristretti ne’ loro eloggi, il privano della segreta gioja, potrebbe ricevere da un applauso; e reputano il bene, che ne dicono, più, come una civiltà resa alla di lui persona, che come un tributo al suo merito dovuto.

Ve ne sono degli altri, che non hanno tanta malizia; non vogliono lodare un Uomo troppo prevenuto in suo favore acciò troppo non si gonfi e tanto s’inalzi sopra di loro.

E però vero, che il desiderio della gloria impegna d’ordinario l’Ambizioso a commettere certe indecenze, che servono a diminuirgli la stima. Teme sempre di perdere il frutto di qualcuno de’ suoi passi; che sieno incogniti al Pubblico, che non se ne abbi memoria, o che siano rappresentati con isvantaggio. Questo lo strascina, sovente, a lodare se stesso, a repplicare la narrativa delle sue prodezze, ed a raccontarle con ampollese, e ridicole frange. Il suo discorso pende sempre da quella parte, e sopra qualsivoglia cosa egli giri, tende con maniera indiretta [230] a darsi delle incensate. La vanità, il debole naturale dell’ambizioso, lo espone al segreto dispregio, ed alle risate delle persone, che pratica; e rovina il carattere, che, con tanta industria, cerca di sostenere. Almeno, per quanto gloriose siano le sue imprese, perdono il loro lustro subito, che da se stesso le spande, e le vuole esporre in prospettiva. Il mondo è più inclinato a biasimare, che a lodare, e perciò arrischia di vedere censurata la sua superbia, ed allo stesso tempo dimenticato il suo marito.

Il desiderio della gloria mostra debolezza di animo, ed imperfezione, anche nel Carattere più sublime. Una vera grandezza di animo rimira, con generoso dispregio le censure, e gli applausi della moltitudine; e mette un Uomo sopra tutto il bene, o il male, che può dirsi di lui. Abbiamo sempre del rispetto, e della venerazione per un Eroe, il quale, simile a que’ corpi luminosi, che girano sopra il nostro Capo, mena una vita illustre, e regolata, senza veruno riguardo alla buona, o cattiva opinione della sua condotta; alle nostre lodi, o a’ nostri rimproveri. Non vi è, all’opposto strada migliore, per cui si possa oscurare lo splendore di qualunque azione del porgere addito di attribuirla ad un principio di superbia, o di vanagloria. Nè il Giudicio è ma-[231]le fondato; non è argomento d’un cuore nobile, e generoso, l’essere animato, da tale motivo, ad una bella azione, in vece d’esservi impegnato dall’amore verso il Pubblico, e dalla gloria del Creatore.

La buona fama è, da per tutto difficile da ottenersi, massimamente per quelli, che la ricercano con premura. Quasi tutti gli Uomini hanno tanta malizia o prudenza di non gonfiare l’ampollosità dell’Ambizioso, a cui il desiderio stesso della gloria scema la riputazione, e lo fa passare, per un leggero, anche ne’ suoi Caratteri più distinti.

Metatextualität► La Fama si perde con tanta facilità, con quanta difficoltà si acquista questo sarà l’assunto d’un altro Foglio. ◀Metatextualität ◀Ebene 2 ◀Ebene 1