Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CLV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.3\155 (1728), S. NaN-182, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.5011 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione clv.

A’ Limosinieri

Zitat/Motto► Cato, nihil largiendo gloriam adeptus est.

Salust, Bell. Catil c. 54. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Il mio prudente, e fedele amico Trafficante divide il suo tempo frà la Città, e la campagna. In Città si applica agli affari del suo negozio; e dopo avervi impiegati trè, o quattro giorni della settimana, si ritira alla sua Casa di villa, on poca distanza dalla Città, dove si divertisce, colla sua Famiglia e co’ suoi Amici. Cosi l’applicazione, ed il piacere, o per servirmi delle sue parole, la fatica ed il riposo si danno a vicenda la mano, e si succedono, con tanta prestezza, che non si può contraere abito, nè dell’una, che troppo dispiaccia, né dell’altro, che troppo diletti. Il veggo sovente alla nostra società, dove comparisce di buon’umore, benche alle volte coll’aria assai pensierosa; ma in villa ha sempre l’animo libero, ed è d’una conversazione, a misura del mio bisogno; onde non rifiuto di esserne a [176] parte; quando si compiace di farmene il grazioso invito.

Ebene 3► Allgemeine Erzählung► L’altro giorno, appena fummo in Carozza per andarvi, due o trè questuanti attaccati alle portiere, ci chiesero la limosina, sotto l’ordinario pretesto d’una moglie, o d’un marito infermi, di trè o quattro fanciulli incapaci di guadagnarsi il vitto, in procinto di morire di fame, o di freddo. Per liberarci dalle loro importunità, bisognò sborsare qualche danaro; continoammo indi il nostro viaggio, colle acclamazioni, e voti di que’ meschini. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3

Ebene 3► E bene, disse l’amico, noi partiamo colmi delle benedizioni, e delle orazioni di que’ mendici; forse anche berranno alla nostra salute, alla prima osteria; si che tutto quello, di cui possiamo gloriarsi, in questa occasione, egli è d’avere procurata la vendita di qualche Foglietta di vino all’oste. Per quanto ritrovino di sussidio li vedremo sempre dimani abbigliati come oggi; bisogna siano sempre coperti di conci, per eccitare la compassione di quelli, che li rimirano. Se le loro Famiglie sono nello stato, in cui le rappresentano, non possono essere di loro meglio equipate, e saranno anche peggio nodrite. I castagnacci saranno il loro cibo, e l’acqua pura la loro bevanda. Se così è i nostri agenti di campagna, non [177] avranno eglino un buon’esito per la vendita de grani, delle lane, e del Bestiame? Tali avventori, ed un consumo di questa natura, non ponno, che contribuire all’avvantaggio di quelli, che possegono le terre, ed a mantenere le rendite de’ Gentiluomini.

Non vi è alcuno, che dovesse meno incorragire i questuanti di noi altri, che viviamo sul traffico. È vero, che le mercanzie, da noi trammandate, nascono dal Paese, ma la maggior parte della loro stima viene dalla fatica del Popolo. Qual cosa si manderà fuori de’ lavorieri di codesti oziosi, che si nodriscono, per fargli stare colle mani alla cintola?

Le limosine, che ricevono dalle nostre mani, sono i guadagni della loro oziosità. Mi è venuto sovente in pensiero, non si dovrebbe mai tollerare, che veruno fosse sovvenuto dalla Parrochia, ne permettere, che questuasse per le strade, fino che non avesse lavorato, tanto quanto gli è possibile, per guadagnarsi il vitto; e che il Pubblico dovesse allora supplire a ciò loro manca. Se si osservasse questo metodo, con rigore, vedremmo risvegliarsi una folla de’ nuovi operaj, che contribuirebbono, senza dubbio, a diminuire il prezzo delle manifatture, L’anima del negozio è comprare a buon’ mercato, e vendere caro. Il mercante dee fare le sue [178] trammesse, sul più basso piè gli sia possibile, a fine di ritrovare nel ritorno profitto maggiore. Non vi è niente, che lo ponga meglio in istato di conseguirne l’intento, della diminuzione del prezzo nelle manifatture; questo sarebbe il vero mezzo di aumentarne l’esito negli altri Paesi. La restrizione del prezzo nelle manifatture, pagherebbe le spese del trasporto ne più lontani Paesi; il che riescirebbe ugualmente vantaggioso per quelli, che posseggono le terre, e si applicano al negozio. Se tante nuove mani, applicate al lavoro, produrebbe si buon effetto per lo mercante, e per lo Gentiluomo, ardisco avvanzare, che la nostra liberalità verso i questuanti, unita a tutti gli ostacoli, che attraversano l’accrescimento degli operaj, de’ essere perniziosa tanto all’uno quanto all’altro.

Passò l’amico interessato a sostenere, che il ristringimento del prezzo nelle manifatture coll’aggionta di tante mani, non farebbe verun torto ad alcuno. E parendogli, Che io rimanessi sorpreso, a tale asserzione, fatta un poco di pausa, ripigliò, ne’ seguenti termini, il suo discorso.

Pare, a prima faccia, sia un Paradosso il dire che il prezzo delle fatiche possa essere diminuito, senza che si abbassi il salario degli operaj; o che loro mercede possa scemarsi, senza che [179] ne soffrano verun pregiudizio. E pure non v’è niente di più certo, che queste due cose ponno accadere. La mercede degli operaj forma la maggior parte del prezzo di tutto ciò ch’è utile; e se il prezzo di tutte le altre cose si diminuisce, a proporzione, della loro mercede, ciascun operajo sarebbe in istato, con minore guadagno, di provvedere alle stesse necessità della vita. Dove sarebbe allora l’inconveniente? Ma puol’ essere scemato il prezzo delle fatiche, coll’aggionta d’un maggiore numero di mani, in una manifattura, e che i guadagni degli operaj stieno sempre sullo stesso piè. Frà gli essempj, che si potrebbero addurre, vi è quello d’una mostra d’orologgio. Ebene 4► Exemplum► È certo, che un solo Uomo non potrebbe fare una mostra per si buon mercato, a proporzione, come cent’Uomini, nè potrebbero fare cento; è composta di tanti differenri [sic] pezzi, che una sola persona non potrebbe ugualmente riescirne bene in tutto; l’opera sarebbe nojosa, e finalmente mal fabbricata. Ma se cent’Uomini debbono fare cento mostre, che uno facesse le Casse, l’altro i quadranti; l’altro le Ruote, l’altro le suste; e cosi ciascun pezzo fosse dato ad un particolare operajo, si come nissuno sarebbe imbrogliato dalla troppo grande varietà delle fatture, ciascuno di loro potrebbe finire il suo pezzo, con mag-[180]giore prontezza, e con più esatezza; le cento mostre sarebbero compiute in una quarta parte del tempo, che un solo impiegherebbe nel fare la sua; e ciascheduna costerebbe il quarto di meno al mercante, benche la mercede di tutti quelli operaj fosse uguale. La diminuzione del prezzo agli operaj ne accrescerebbe l’essito, vi si occuperebbe sempre lo stesso numero di persone, ed ugualmente si pagherebbero. Si puole applicare lo stesso alle manifatture de’ Panni, de Drappi di seta, ed a tutte le altre immaginabili Fabbriche. ◀Exemplum ◀Ebene 4

Così un aggionta di mani alle nostre manifatture, ne diminuirebbe il prezzo; l’operajo avrebbe sempre gli stessi guadagni; sarebbe per conseguenza più in istato di procurarsi le comodità della vita, ed il mercante, come il Gentiluomo vi ritroverebbe il suo profitto.

Né mi dite per questo, che io restringo la generosa estensione della limosina. No non sono contrario agli atti di Carità. Dio me ne guardi. Sò non vi è virtù, che sia raccomandata, in termini più forti, di questa. Ebene 4► Zitat/Motto► Io ebbi fame dice Gesù Cristo, e voi non mi avete somministrato il cibo. Ebbi sete, nè mi porgeste da bere fui pellegrino, nè mi alloggiaste. Nudo, nè mi cuopriste, infermo; e carcerato, nè mi visitaste. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 4 Il nostro Salvatore Divino riguarda quì la pratica, o [181] la negligenza della Carità verso d’un Povero, come se si fosse esercitata verso di lui. Io cercherò di ubbidire alla volontà del mio Signore, e maestro. Se vi sarà qualche Lavoratore, o artiggiano, che si sottometta alla vita più stentata, ed alla fatica più dura più tosto, ch’esporsi al rossore di questuare nelle Pubbliche strade. Questo è quello, che ha fame, e sete; questo è il nudo del vangelo. Se qualcuno ingiustamente perseguitato, si rifuggia nel mio Paese, per sottraersi dalla persecuzione, e dalla miseria; questo è il vero Pellegrino, che io debbo alloggiare. Se qualcuno de‘ nostri è caduto frà le mani degl’infedeli, dove soffre una schiavitù innumana; questo è il Prigioniero, per la di cui redenzione, debbo impiegare tutte le mie forze. Dovrei somministrare delle mie sostanze agli ospitali, che ricevono, ed assistono agl’infermi, non a quelli che dalla malizia si sono convertiti in Arberghi de’ Parasciti. E perciò non mi riputerei colpevole, se avessi negata la limosina a que’ mendicanti, che poco fà abbiamo incontrati.

È più facile è vero, il prescrivere che il praticare le buone regole: abbiamo una specie di vergogna in non seguire le cattive usanze stabilite ne nostri Paesi. Il lasciar correre tanti giuramenti ne’ famigliari discorsi, e negli [182] ordinarj contratti, e, a mio, credere, minore disordine del permettere, che tanti abbominevoli oziosi impieghino il santissimo nome di Dio, con tutto ciò, che vi è di più sagro nel mondo, per estorcere dalle anime buone di che mantenere il loro disgraziato tenore di vita, senza veruna speranza di liberarneli. ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1