Lezione CLIV Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Klaus-Dieter Ertler Herausgeber Alexandra Fuchs Herausgeber Lisa Pirkebner Mitarbeiter Jürgen Holzer Mitarbeiter Viktoria Haller Mitarbeiter Sarah Lang Gerlinde Schneider Martina Scholger Johannes Stigler Gunter Vasold Datenmodellierung Applikationsentwicklung Institut für Romanistik, Universität Graz Zentrum für Informationsmodellierung, Universität Graz Graz 06.06.2019

o:mws.7655

Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla Moda, ovvero, Il Maestro universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728-1730, 169-175 Il Filosofo alla Moda 3 154 1728 Italien
Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Menschenbild Immagine dell'Umanità Idea of Man Imagen de los Hombres Image de l’humanité Imagem humana Moral Morale Morale Moral Morale Moral Greece 22.0,39.0 Italy 12.83333,42.83333 Greece Athens Athens 23.72784,37.98376

Lezione cliv. Alle Persone umane, e servizievoli, ed agli educatori della Gioventù.

Homines ad Deos nulla re propiùs accedunt quàm salutem hominibus dando.

Cic. Orat. pro Ligar. C. 12.

La natura umana comparisce difforme, o bella, giusta il punto di prospettiva da cui si rimira. Allor che veggiamo gli Uomini pieni di passioni violenti, e di perniziosi disegni, lacerarsi gli uni cogli altri, con forza aperta, o affaticare senza rumore alla propria rovina: allora che li veggiamo tendere a fini rei, ed empj per istrade altretanto infami, e vili: allorche li veggiamo occupati a distruggere la società, ch’eglino stessi compongono: allora, dico il tutto ci turba; abbiamo quasi vergogna essere Uomini; e poco vi manca non doventiamo misantropi. All’opposto, quando ci compariscono dolci, onesti, benevoli, applicati al pubblico bene; pieni di com-passione per le altrui disgrazie, e pronti a darsi vicendevole mano per aiutarsi, appena si potrebbe immaginare siano della stessa specie co’ primi. In quest’ultimo punto di prospettiva, applicati a rendersi vicendevoli serviggj, si piglierebbono come divinità tutelarli. Il più grand’eloggio, che abbiamo mai possuto dare a questa felice disposizione di cuore, e stato l’intitolarla Umanità. E impossibile, che, al vedere, o al udire una generosa azione, non si senta impadronirsi della nostr’ anima un segreto piacere, quando anche non vi avessimo verun’ interesse. Si proverà, senza dubbio, nella lettura della seguente Lettera, in cui Plinio il giovane raccomanda un suo amico, con maniera la più umana del mondo. Non saprei somministrarne migliore essempio; e benche le Persone interessate siano, già da più secoli, morte, si bramerebbe, ci avessero lasciata notizia dell’essito di Lettera si onesta. Eccola, parola per parola, tale quale ce l’ha datta un Letterato Francese, con tutte le altre dello stesso autore.

A Massimo.

Credo essere in diritto di chiedervi, per i miei amici, ciò che io vi essibirei per i vostri, se fossi in vostro luogo: Ariano Meturio tiene il primo ran-go frà gli Altinati. Quando parlo di rango, non lo regolo, coi beni di fortuna, de’ quali è colmo, ma colla purità de’ costumi, colla giustizia, colla integrità, colla prudenza. I suoi conseglj diriggono i miei affari; ed il sui gusto i miei studj. Egli ha tutta la desterità, tutta la sincerità, e tutta la intelligenza, che si puo desiderare. Egli mi ama (non posso dire niente di più) quanto mi amate voi stesso. Si come non sa cosa sia ambizione, si è contenuto nell’ordine de’ Cavallieri, benche facilmente avesse possuto salire a più riguardevoli dignità: Vorrei per tanto cavarlo dalla oscurità, in cui lo tiene la sua modestia. Ho una viva passione d’innalzarlo a qualche grado, senza ch’egli vi pensi; senza che ‘l sappia, forse ancora senza, che vi acconsenta; ma ne voglio uno, che gli porti assai onore, e poco imbarazzo. Questo è un favore, che vi dimando per lui, alla prima occasione, che vi si presenterà. Lui, ed io ne avremo una perfetta riconoscenza. Bench’ egli non desideri punto una tal sorta di grazie, le riceve come se le avesse molto bramate. Addio.

Eccovi un'altra Lettera, che ho ricevuta da un mio corrispondente, e che mi credo obbligato communicare al Pubblico.

Sig. Filosofo

Ciò che avete detto, in alcuni de vostri Fogli, sopra la cattiva educazione, che oggi si costumma, mi ha fatta nascere una brama, che potrebbe impegnarmi in un passo tanto difficile a sostenersi, quanto sarebbe avvantaggioso al Pubblico, quando voi nol’ disaproviate. Ho rissoluto, in favore della nostra Gioventù di allevarla, con tanta diligenza, e circospezione, che possa leggere, senza veruno rischio, ne per la mente; ne per lo cuore, i versi più solleticosi di Virgilio, di Omero, e d’ogn’altro Poeta.

Quando mi si volessero confidare alcuni Giovani, di buoni natali, (non hò l’animo si Eroico di pigliare la cura di grande numero alla volta) mi ritirerei in una deliziosa solitudine, vicina a qualche buona Città; dove fossero maestri di Ballo, di musica, di Pittura, di Disegno, o d’ogni altro simile esercizio, che le servirebbe di onesto divertimento, quasi tanto dilettevole, quanto ponno essere que’ sporchi giuochi, ne’ quali sogliono i scolari pigliarsi tanto diletto. È facile il concepire, che una società di Giovanetti, i quali non praticassero verun altro inferiore al loro rango; ammessi, qualche volta, a discorrere con Persone più avvanzate, e di merito; sodati ed accarezzati, a tempo; ed in questa maniera, indotti a formarsi una certa ellevatezza di spirito, potrebbono, ben presto applicarsi alla lettura d’alcuno de’ nostri più politi scrittori. Dopo avere loro dato qualche gusto per i Libri, s’istruirebbono nella Gramatica, per la lingua latina; ed allora vi si applicherebbono, con si poca repugnanza, come le Dame Giovinette imparano a parlare Francese. Fin qui condotti sarebbe tempo di rendere più esatto il loro gusto, colla Poesia, e colla Retorica. Un Uomo indi sensibile a tutta la delicatezza de pensieri, e delle espressioni, si compiacerebbe di leggere, con loro i migliori storici Romani Poeti, o oratori; e di farne loro osservare i più bei passi: di dare loro qualche notizia della Cronologia, della Geografia, delle medaglie, dell’Astronomia; o di tutto ciò, che meglio servisse a nodrire la curiosità sì naturale a quella età. Molti di quelli, che avessero talento, mossi da brillanti pensieri, e da nobili sentimenti di que’ famosi scrittori, non potrebbono, che desiderare, con ardore, di applicarsi allo studio di quella lingua si celebre, e si antica che forma la gloria, e l’ammirazione di tutto il mondo letterato, voglio dire la Greca. Bisognerebbe, eziandio essercitarli a comporre di quelle picciole declamazioni, che ricercano più vivacità, che buon senno, a coltivare il loro proprio linguaggio, che debbono intendere più d’ogn’altro; e sopra tutto a scrivere delle Lettere, già che un Gentiluomo ne ha si frequenti le occasioni. Escono, oggidi, già provetti, senza sapere estendere un ben formato periodo, nè fare, o ricevere un’accoglienza. Alcuni Giovani, d’un naturale più dolce, ed onesto, allevati, in questa maniera, formerebbono, come una piccola Accademia; e riescirebbono d’una grata conversazione, bastevole a tentare qualche Letterato di frammischiarsi ne’ loro studiosi piaceri, e divetirli con qualche cosa di serio, che non gl’istruirebbe meno delle più gravi Lezioni. Non dubito pure, non si possano indurre a disputare frà di loro, chi reciterà meglio, e con più grazia, qualche bel passo d’un Poema, o d’una orazione; o a rappresentare insieme qualche scena di Terenzio, o di Sofocle, e che questo non doventi uno de’ loro giuochi più favoriti. La causa di Milone potrebbe essere trattata dinanzi a’ Giudici di maggior equità: Cesare un'altra volta tremare: e la Città d’Atene arrabiarsi di nuovo per l’ambizione di Filippo. Tra queste nobili applicazione, potremmo sperare di vedere, ben presto, il fuoco della nostra Gioventù e rompere in buon senno; la loro innocenza in virtù, ed il loro buon naturale, in generoso amore per la Patria. Sono &c.

Lezione cliv. Alle Persone umane, e servizievoli, ed agli educatori della Gioventù. Homines ad Deos nulla re propiùs accedunt quàm salutem hominibus dando. Cic. Orat. pro Ligar. C. 12. La natura umana comparisce difforme, o bella, giusta il punto di prospettiva da cui si rimira. Allor che veggiamo gli Uomini pieni di passioni violenti, e di perniziosi disegni, lacerarsi gli uni cogli altri, con forza aperta, o affaticare senza rumore alla propria rovina: allora che li veggiamo tendere a fini rei, ed empj per istrade altretanto infami, e vili: allorche li veggiamo occupati a distruggere la società, ch’eglino stessi compongono: allora, dico il tutto ci turba; abbiamo quasi vergogna essere Uomini; e poco vi manca non doventiamo misantropi. All’opposto, quando ci compariscono dolci, onesti, benevoli, applicati al pubblico bene; pieni di com-passione per le altrui disgrazie, e pronti a darsi vicendevole mano per aiutarsi, appena si potrebbe immaginare siano della stessa specie co’ primi. In quest’ultimo punto di prospettiva, applicati a rendersi vicendevoli serviggj, si piglierebbono come divinità tutelarli. Il più grand’eloggio, che abbiamo mai possuto dare a questa felice disposizione di cuore, e stato l’intitolarla Umanità. E impossibile, che, al vedere, o al udire una generosa azione, non si senta impadronirsi della nostr’ anima un segreto piacere, quando anche non vi avessimo verun’ interesse. Si proverà, senza dubbio, nella lettura della seguente Lettera, in cui Plinio il giovane raccomanda un suo amico, con maniera la più umana del mondo. Non saprei somministrarne migliore essempio; e benche le Persone interessate siano, già da più secoli, morte, si bramerebbe, ci avessero lasciata notizia dell’essito di Lettera si onesta. Eccola, parola per parola, tale quale ce l’ha datta un Letterato Francese, con tutte le altre dello stesso autore. A Massimo. Credo essere in diritto di chiedervi, per i miei amici, ciò che io vi essibirei per i vostri, se fossi in vostro luogo: Ariano Meturio tiene il primo ran-go frà gli Altinati. Quando parlo di rango, non lo regolo, coi beni di fortuna, de’ quali è colmo, ma colla purità de’ costumi, colla giustizia, colla integrità, colla prudenza. I suoi conseglj diriggono i miei affari; ed il sui gusto i miei studj. Egli ha tutta la desterità, tutta la sincerità, e tutta la intelligenza, che si puo desiderare. Egli mi ama (non posso dire niente di più) quanto mi amate voi stesso. Si come non sa cosa sia ambizione, si è contenuto nell’ordine de’ Cavallieri, benche facilmente avesse possuto salire a più riguardevoli dignità: Vorrei per tanto cavarlo dalla oscurità, in cui lo tiene la sua modestia. Ho una viva passione d’innalzarlo a qualche grado, senza ch’egli vi pensi; senza che ‘l sappia, forse ancora senza, che vi acconsenta; ma ne voglio uno, che gli porti assai onore, e poco imbarazzo. Questo è un favore, che vi dimando per lui, alla prima occasione, che vi si presenterà. Lui, ed io ne avremo una perfetta riconoscenza. Bench’ egli non desideri punto una tal sorta di grazie, le riceve come se le avesse molto bramate. Addio. Eccovi un'altra Lettera, che ho ricevuta da un mio corrispondente, e che mi credo obbligato communicare al Pubblico. Sig. Filosofo Ciò che avete detto, in alcuni de vostri Fogli, sopra la cattiva educazione, che oggi si costumma, mi ha fatta nascere una brama, che potrebbe impegnarmi in un passo tanto difficile a sostenersi, quanto sarebbe avvantaggioso al Pubblico, quando voi nol’ disaproviate. Ho rissoluto, in favore della nostra Gioventù di allevarla, con tanta diligenza, e circospezione, che possa leggere, senza veruno rischio, ne per la mente; ne per lo cuore, i versi più solleticosi di Virgilio, di Omero, e d’ogn’altro Poeta. Quando mi si volessero confidare alcuni Giovani, di buoni natali, (non hò l’animo si Eroico di pigliare la cura di grande numero alla volta) mi ritirerei in una deliziosa solitudine, vicina a qualche buona Città; dove fossero maestri di Ballo, di musica, di Pittura, di Disegno, o d’ogni altro simile esercizio, che le servirebbe di onesto divertimento, quasi tanto dilettevole, quanto ponno essere que’ sporchi giuochi, ne’ quali sogliono i scolari pigliarsi tanto diletto. È facile il concepire, che una società di Giovanetti, i quali non praticassero verun altro inferiore al loro rango; ammessi, qualche volta, a discorrere con Persone più avvanzate, e di merito; sodati ed accarezzati, a tempo; ed in questa maniera, indotti a formarsi una certa ellevatezza di spirito, potrebbono, ben presto applicarsi alla lettura d’alcuno de’ nostri più politi scrittori. Dopo avere loro dato qualche gusto per i Libri, s’istruirebbono nella Gramatica, per la lingua latina; ed allora vi si applicherebbono, con si poca repugnanza, come le Dame Giovinette imparano a parlare Francese. Fin qui condotti sarebbe tempo di rendere più esatto il loro gusto, colla Poesia, e colla Retorica. Un Uomo indi sensibile a tutta la delicatezza de pensieri, e delle espressioni, si compiacerebbe di leggere, con loro i migliori storici Romani Poeti, o oratori; e di farne loro osservare i più bei passi: di dare loro qualche notizia della Cronologia, della Geografia, delle medaglie, dell’Astronomia; o di tutto ciò, che meglio servisse a nodrire la curiosità sì naturale a quella età. Molti di quelli, che avessero talento, mossi da brillanti pensieri, e da nobili sentimenti di que’ famosi scrittori, non potrebbono, che desiderare, con ardore, di applicarsi allo studio di quella lingua si celebre, e si antica che forma la gloria, e l’ammirazione di tutto il mondo letterato, voglio dire la Greca. Bisognerebbe, eziandio essercitarli a comporre di quelle picciole declamazioni, che ricercano più vivacità, che buon senno, a coltivare il loro proprio linguaggio, che debbono intendere più d’ogn’altro; e sopra tutto a scrivere delle Lettere, già che un Gentiluomo ne ha si frequenti le occasioni. Escono, oggidi, già provetti, senza sapere estendere un ben formato periodo, nè fare, o ricevere un’accoglienza. Alcuni Giovani, d’un naturale più dolce, ed onesto, allevati, in questa maniera, formerebbono, come una piccola Accademia; e riescirebbono d’una grata conversazione, bastevole a tentare qualche Letterato di frammischiarsi ne’ loro studiosi piaceri, e divetirli con qualche cosa di serio, che non gl’istruirebbe meno delle più gravi Lezioni. Non dubito pure, non si possano indurre a disputare frà di loro, chi reciterà meglio, e con più grazia, qualche bel passo d’un Poema, o d’una orazione; o a rappresentare insieme qualche scena di Terenzio, o di Sofocle, e che questo non doventi uno de’ loro giuochi più favoriti. La causa di Milone potrebbe essere trattata dinanzi a’ Giudici di maggior equità: Cesare un'altra volta tremare: e la Città d’Atene arrabiarsi di nuovo per l’ambizione di Filippo. Tra queste nobili applicazione, potremmo sperare di vedere, ben presto, il fuoco della nostra Gioventù e rompere in buon senno; la loro innocenza in virtù, ed il loro buon naturale, in generoso amore per la Patria. Sono &c.