Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLXXXIII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\283 (1729), S. NaN-185, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4853 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cclxxxiii.

A quelli, che entrano ne‘ Giudicj di Dio.

Zitat/Motto► Nec Deus intersit, nisi dignus vindice nodus.
Inciderit

Hor. A. P. v. 191. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Non possiamo renderci colpevoli d’un si grande mancamento di carità, quanto coll’ attribuire a’ castighi del Cielo le afflizioni degli altri. Chi si rimira come l’Obbietto delle divine vendette, aggrava il proprio male, e quelli, che lo riguardano, sotto si terribile aspetto, cessano di avere per lui la compassione dovuta. Questa malia di convertire ogni disgrazia in un giudicio del Cielo, viene dalle false idee, che abbiamo della Religione, la quale, di sua natura produce una generale benevolenza verso tutti gli uomini; ed interpreta più favorevolmente, che puole, tutti gli accidenti, che loro accadono. Non è la Religione, che innasprisca il naturale d’un uomo; e il suo cattivo naturale, che innasprisce la Religione. Quelli, che sono di umo-[180]re tetro, e malinconico, ò invidioso, e maligno, siasi di qualsivoglia genere la vita, che menano, palesano la naturale tempra del loro animo, in tutti le loro pensieri, in tutte le loro parole, ed in tutte le loro azioni. In quella guisa, che i vini più delicati hanno qualche gusto del terreno, che li produce, così i migliori pensieri tengono sovente qualche cosa particolare dal tenore dell’animo, da cui vengono. Quando la Sciocchezza, ò la superstizione si accopiano al cattivo naturale, non è quasi in potere della medesima Religione l’impedire, che la Persona infetta di tale umore, non comparisca di carattere ridicolo, ed assurdo.

Ebene 3► Exemplum► Fremdportrait► Una vecchia di cui nasconderò il nome sotto quello di Nemesi, è la più esperta, che abbia veduto nello scuoprire i Giudizi di Dio. Ella puole dirvi, quale peccato ridusse in cenere la Casa del tale, ò rovesciò tutti i suoi Granaj. Se le parlate d’una Giovane, che ebbe la disgrazia di vedere la sua bellezza guastata dalle vaiuole, le fugge un profondo sospiro. E vi dice, che quando avea un bel volto era sempre dinanzi allo specchio. Se la annunciate qualche buona fortuna gionta ad’un'altra, ella desidera, che sia per suo bene, benche la di lei madre sia stata [181] crudele, con una sua Nipote. Le sue riflessioni, girano, d’ordinario, sopra Persone, che aveano grande Ricchezze, senza averle godute, a cagione di qualche debole, che si ritrovava nella loro condotta, ò in quella de’ loro Antenati: Ella puole darvi la ragione, perche il tale morì senza Figliuoli; perche il tal’altro fù tolto dal mondo nel fiore de’ suoi anni: perche il tale fù disgraziato nel matrimonio. Perche il tale si ruppe una gamba in quel luogo del Paese della Città, ò della Casa; e perche un altro venne ammazzato con un colpo di sabla, e non di spada, ò di qualche altra ferita. Ella tiene un peccato per ogni disgrazia, che possa accadere a qualcuna delle sue conoscenti; e quando sente parlare di qualche furto, o di qualche assassinio, insiste più sulla vita sregolata del paziente, di quello faccia, contro l’attentato del Ladro, e dell’assassino. In poche parole, ella è sì buona Cristiana, che quanto a lei accade di male è una prova, e quanto avviene al suo prossimo, è un giudizio del Cielo. ◀Fremdportrait ◀Exemplum ◀Ebene 3

La sola descrizione di questo debole, nella vita ordinaria, basta per metterlo in ridicolo, ma quando si fà vedere, colla pompa, e colla dignità dello stile, è capacissimo di sorprendere, e di spaventare l’animo del Leggitore. He- [182] rodoto, e Plutarco fanno sovente intervenir i giudizj del Cielo, così male a proposito, come la Sibilla, di cui abbiamo parlato, benche la maniera, con cui li portano, attragga verso lo stesso debole venerazione, e rispetto. E vero, che la maggior parte de’ Storici, e Cristiani, e Pagani sono caduti in questa superstiziosa idea, ed hanno parlato, de’cattivi successi, delle improvise disgrazie, ò degli accidenti funesti, come se fossero stati ne’ segreti della Providenza, ed avessero conosciute tutte le occulte ragioni, ch’ella impiega nel governare il mondo, o penetrati tutti i suoi ordini. Si crederebbe particolarmente, che molti Storici abbino avute varie rivelazioni di questa natura. Leggete la Cronica d’un Autore di simile tempra, e vi parerà d’avere sotto gli occhi una Storia de’ Rè d’Israele, o di Giuda, i di cui Storici erano attualmente ispirati, e Dio, con un particolare effetto della sua Providenza, spargea sopra di loro i suoi giudizj, ò le sue benedizioni, a misura, che favorivano la Idolatria, ò il suo vero Culto.

Questa maniera di giudicare de l’altrui disgrazie, non solamente mi pare opposta alla carità verso quelli, che le patiscono, ma prosontuosissima [sic] verso la Divinità, che le permette. Se la vir-[183]tù è sovente sfortunata in questo mondo; e se vi trionfa il vizio; questa è prova convincente d’una vita a venire, mentre ripugna alla natura d’un essere tutto buono, e tutto sapiente, quando si supponga, che la indifferente distribuzione de’ beni, e de’ mali, la quale serve ad eseguire, quì a basso, i disegni della Providenza, debba essere rettificata, con usura nell’altra vita. Non bisogna dunque aspettare, che sempre cada sopra i Colpevoli il fuoco dal Cielo, ne che l’eterno, quando si vede trionfante la colpa, e depressa la virtù, in certe Persone, armi il suo braccio, e lo stenda per difesa di questa, e castigo di quella. Basta vi sia un giorno determinato, in cui Dio renderà a ciascheduno giusta le sue opere, e giusta il bene, ò male, che avrà fatto.

La temerità di pretendere, che le temporali disgrazie siano giudizj del Cielo, per castigo di certe colpe, non puole non essere sensibile per due considerazioni; l’una è, che a generalmente parlare, non vi è calamità, ne afflizione, che sì supponga mandata ad un Empio come giudizio del Cielo, e che non accada, qualche volta, alle Persone virtuose, e di riconosciuta pietà. Ebene 3► Exemplum► Quando l’Ateo Diagora era sopra un vassello Atteniese, s’innalzò una fu-[184]riosa tempesta, che obbligò i marinari a dirgli essere quello un castigo del Cielo contro di loro, perche aveano ricevuto, à bordo, un Empio qual’egli era. Diagora li pregò a rivoltare gli occhi sopra gli altri vasselli della Flota, che si ritrovavano nel medesimo caso; e dimandò loro se Diagora era sopra ciascheduno di qaelli [sic] . Siamo tutti pigliati di mira dalle Calamità, e soggetti alli medesimi accidenti. E quando veggiamo qualcuno della nostra specie gemere sotto il peso di qualche particolare afflizione, doveremmo pensare, che piuttosto, venga dalla sorte attaccata, in generale, col peccato, alla natura umana, che dalla particolare reità di chi la patisce. ◀Exemplum ◀Ebene 3

L’altra considerazione, che deve reprimere, nel proposito, i nostri giudizj, ella è, che ci è impossibile il sapere, quali cose dobbiamo intitolare Calamità, ò Benedizioni. Quanti accidenti pigliati come disgrazie, si sono rivoltati in vantaggio, e profitto di quelli, a quali sono accaduti? Quanti cattivi successi hanno avute delle conseguenze, che prevennero la rovina d’un uomo? Se si potessero scuoprire gli effetti di tutte le cose ci sarebbe permesso il pronunciare coraggiosamente sopra di ciò, che si deve chiamare bene, ò male; Benedizione, ò maledizione; ma il voler decidere sopra le cose, che non si [185] veggono, se non in parte; ne sè ne scuoprono, che le estremità, è una insopportabile temerità. Ebene 3► Exemplum► L’avventura di Bittone, e di Cleobi si celebre nel Paganesimo, che viene citata da tutti gli Autori Antichi, e Latini, e Greci, che hanno scritto sopra la immortalità dell’Anima, ci puole, quì somministrare una buona Lezione. Questi due Fratelli, Figli d’una Dama, ch’era Sacerdotessa di Giunone Tirarono il Carro della loro madre al Tempio della Dea, in una occasione solenne, essendo mancati quelli ch’erano destinati al tale fonzione [sic] . La madre ebbe tanto giubilo nel vedere il loro rispettoso Amore, che supplicò la Dea, acciò concedesse loro la più bella grazia, si potesse fare agli uomini. Quindi, ammendue sorpresi da profondo sonno, si ritrovarono, la mattina morti dentro il Tempio. ◀Exemplum ◀Ebene 3 Quest’avventura sarebbe, non vi ha dubbio, passata per un giudizio del Cielo, se fosse accaduta dopo una disubbidienza; e gli Storici, che ne avessero parlato, certamente, ce l’avrebbero dipinta sotto questa idea. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1