Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLXXIV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\274 (1729), S. NaN-131, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4844 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cclxxiv.

A‘ Pubblici Ministri.

Zitat/Motto► Detrabere aliquid alteri, & hominem bominis incommodo suum agere commodum, magis est contra naturam, quàm mors, quàm paupertas, quàm dolor, quàm cetera, quae possunt aut corpori accidere, aut rebus externis.

Cicero, Marcus Tullius#H::Cit.~i] L. 3. De Offic. c. 5. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Sono persuaso esservi pochi Uomini di Animo generoso, che procurassero d’innalzarsi a grandi impieghi, se non cercassero piuttosto la occasione di prestare de’ servigi a loro Amici, ed alle Persone di merito, che di procacciare a se medesimi onori e ricchezze. Le più belle rendite di un impiego per un Animo nobile, sono i mezzi di beneficare il prossimo.

I Ministri subalterni, ò li principali deputati di quelli, che posseggono le prime Cariche dello Stato, in qualità di stromenti, per mezzo de’ quali agiscono, hanno sovente più occasione di esercitare la benevolenza, e la generosità, de’ loro stessi Padroni, essendo avvisati d’ogni picciolo affare, che [128] loro appartenga. Se dunque nodriscono qualche principio di virtù, la povertà, e la giustizia della causa dee presso di loro tenere il luogo di efficace raccomandazione. Un Ministro di questa tempra diventa la felicità del Pubblico. Protegge la Vedova, e l’Orfanello, assiste chi non ha Amici, e porge consigli all’Ignorante. Non rigetta le pretese di chi non ha l’arte di ben’esporle; nè ricusa di porgere i suoi buoni ufficj a chi non ha la maniera di somministrargli i suoi diritti. In somma, benche in tutte le sue procedure osservi le regole della giustizia, e della equità, ritrova mille occasioni di esercitare la generosità, e la compassione.

Chi è di acerbo, e feroce umore, ò viene dominato da qualche passione, che lo rende incommodo a quelli, che se gli accostano, è incapace di simili impieghi. Un aria brusca, e rozza, sconcerta le persone timide, e modeste. Il superbo disanima quelli che sono di bassa condizione, e che avrebbono maggiore il bisogno della sua assistenza. L’impaziente non vuole darsi aggio di ascoltare, che l’istruisce de’ suoi affari. Un subalterno, con una, ò più di codeste cattive qualità, viene sovente considerato come proprissimo per allontanare gl’Importuni dal suo [129] Padrone; ma questo è un merito, che mai puole espiare le ingiustizie, che ne risultano.

Vi sono due qualità viziose, che rendono l’uomo incapace di tale impiego. Una è la spedizione lenta, e tarda, che l’impegna a commettere infinite crudeltà senza dissegno. Chi serve il Pubblico deve seguire, con tutto il rigore, la massima stabilita, per la ordinaria condotta del nostro vivere, che cioè, non si dee mai rimettere a dimani ciò che oggi può farsi. Se rimette da un giorno all’altro, ciò che il suo dovere si obbliga di eseguire sollecito, è per lo meno ingiusto per tutto il tempo della dilazione. La prontezza nel passare un buon’ucio è spessissimo tanto vantaggiosa a chi supplica, quanto lo stesso ufficio. In poche parole, se chi è in difetto paragonasse gl’inconvenienti, che un altro soffre dalla sua tardanza co’ frivoli motivi della medesima, e co’ vantaggi, che ne può raccogliere, mai caderebbe in una colpa, la quale d’ordinario cagiona un irreparabile pregiudizio a chi sopra di lui si riposa, potendovi facilmente rimediare con poco incommodo.

L’altra qualità viziosa d’un Ministro, è il lasciarsi corrompere dall’ interesse. Tal’è chi sotto qualsivoglia pretesto, riceve più di quello gli è [130] dovuto, ò degli emolumenti introdotti per abbuso nella sua Carica. Si dia pure a quel sopra più titolo di gratificazione, di riconoscenza, di onestà fatta per essere presto spedito, questi non sono, che termini speciosi, sotto de’ quali si nasconde la corruttela. Un uomo da bene rimirerà sempre a questa pratica, come ingiusta, e sarà più soddisfatto d’una mediocre fortuna acquistata coll’onore, che d’una grande facoltà, in cui hanno parte la estorsione, e la mascherata rapina. Se tutti i Ministri adempiessero i loro Impieghi, con questa probità rigorosa, non si vedrebbono accumulate tante Ricchezze anche da Persone, l’abilità delle quali non oltrepassa quella d’un semplice Artigiano. Sono persuaso, che tale corruttela nasce, particolarmente dal conferire le Cariche, ò a quelli, che più offrono, o a quelli, che godono maggiori gli appoggi, ò a quelli, che passano per astuti, e sottili, quando non si dovrebbono destinare se non a chi è stato ben educato, ed applicato allo studio.

Si è osservato, da longo [sic] tempo, che le Persone Letterate quando si applicano agli affari del mondo gli adempiono, con più onore delle altre. La principale ragione, se non m’inganno, ella è, perche un uomo, che ha im-[131]piegata la sua gioventù negli studj, si è accostumato a vedere ne’ Libri la virtù lodata, e biasimato il vizio. Tutto all’opposto, uno, che ha passata la sua vita nel mondo, vi ha sovente osservato trionfante il vizio, e la virtù dispregiata. La Estorsione, la Rapina, e la Ingiustizia, che sono coperte d’Infamia ne’ Libri, apportano sovente del rilievo nel mondo, la dove le belle qualità celebrate dagli Autori, come La Generosità, la Sincerità, ed il buon naturale, impoveriscono, e rovinano. Questo non puole che avere un proporzionato effetto sopra gli uomini, le inclinazioni, ed i principj de’ quali sono a proporzione viziosi, e buoni. Vi sarebbe, se non altro, il vantaggio, che impiegando negli affari le persone abili, e Letterate, la prosperità riescirebbe meglio adattata, nè si vedrebbono tanti indegni ellevati sì presto a Fortune enormi. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1