Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLXII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\262 (1729), S. NaN-56, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4832 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cclxii.

Alli accostumati, o nel bene, o nel male.

Zitat/Motto► Erit tibi facilis, ut natura.

Ex Fragm. Eveni. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Non vi è proverbio, che racchiuda più buon senno di quello, che esce ogni poco dalla bocca del volgo, che il costume è una seconda natura. In fatti puole cambiare assolutamente un uomo, formarlo per così dire di nuovo, e communicargli totalmente diverse inclinazioni, da quelle, che sono nate con esso lui.

Voglio esaminare in questa Lezione [51] un singolarissimo effetto del costume, sopra la natura umana, che ben’osservato, puol’ essere di grande uso per regolare la nostra vita. Questo meraviglioso effetto, di cui voglio parlare, egli è, che ci rende il tutto gradito. Un uomo dedito al giuoco, benche da principio non vi ritrovasse molto piacere, ne contrae alla lunga un abito sì forte, che non è più in istato di abbandonarlo; e pare sia nato per quest’unico fine. L’Amore della ritiratezza, o d’una vita occupata negli affari del mondo, cresce insensibilmente, a misura, che si attacca, o all’una, o all’altra, fino a rendere incapace di gustare quella che si è trascurata. Uno puole fumare, bere, o pigliare tabacco in polvere, a segno d’impossibilitarsene l’astinenza: non parlo del piacere, che si ritrova in certo studio, in certa Arte, o in certa Scienza, a misura dell’attenzione, che vi si piglia, e del tempo che vi s’impiega. Così ciò che era da principio una fatica, si converte in divertimento, e le nostre occupazioni servono à ricrearci. Il cuore si compiace di tutti li passi, ai quali si è avezzato; nè sì allontana, se non con repugnanza da’ sentieri, che ha battuti.

Per questa stessa ragione, non solamente le azioni, che ci erano indiffe-[52]renti; ma quelle stesse, per le quali aveamo del ribrezzo praticandole, a segno di accostumarvisi, doventano gradite. La stessa cosa dà cui una volta il gusto rimaneva più offeso, riesce dopo quella, che più gli piace. Il vino, il Caffè, ed altri liquori, non vengono gran cosa approvati dal palato, al rimo asseggio, e pure ne doventa avido quando vi si è avezzato. Si può dire lo stesso dell’Intelletto, allorche si è abituato in qualche esercizio, non solamente perde l’avversione, che da prima ne avea conceputa, ma viene ad amarlo, ed a coltivarlo con genio. Mi dicea uno de’ più elevati talenti del nostro Secolo, il quale si era applicato ad ogn’sorta di Letteratura, che impegnato ad esaminare quantità di scartafaccj antichi, e vecchi registri, malgrado il disgusto, che gli cagionò da principio una ricerca sì sterile, e penosa, vi avea finalmente pigliato un incredibile piacere in maniera che la preferiva alla lettura di Cicerone, e di Virgilio. Non parlo quì del costume in quanto rende le cose facili, ma più tosto gradite; e benche altri abbino sovente fatte le medesime riflessioni, forse non ne avranno ricavato quell’uso, di cui voglio trattenere il pubblico nel rimanente di questa Lezione.

Se con attenzione esaminiamo que-[53]sta proprietà della natura umana, ci puole somministrare una perfetta morale. Vorrei in primo luogo, che nessuno si disanimasse alla vista del genere di vita a cui è ridotto, o dall’altrui elezione, o dallo stato, in cui si ritrova egli stesso. Forse da principio gli riescirà assai disgustoso; ma l’uso, e l’applicazione glielo renderanno meno fastidioso, e di più dolce, e gradito.

Bramerei, in secondo luogo, che ciascheduno seguisse quel meraviglioso precetto, che diè Pitagora a suoi Discepoli, e che avea ricavato dalle osservazioni, sopra le quali ho fin quì ragionato: Ebene 3► Zitat/Motto► Optimum vitae genus eligite, nam consuetudo faciet jucundissimum. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3 Quelli li che si ritrovano in circostanze tadi poter eleggere il tenore di vita, che vogliono, sono innescusabili se non abbracciano lo stato, che viene loro dalla Ragione insinuato, come più degno de’ nostri Elogi. La voce della Ragione dee preferirsi a quella d’una Inclinazione, da cui alle volte siamo animati. Colla regola or or assegnata, la Inclinazione puole finalmente accomodarsi alla Ragione; ma la Ragione mai potrà addotarsi una Inclinazione, che disapprova.

Questa osservazione, in terzo luogo, puole impegnare il più sensuale, ed il [54] più indivoto del mondo a non temere le difficoltà, che d’ordinario, l’impediscono di abbracciare una vita Cristiana, e Santa. Ebene 3► Zitat/Motto► I Dei, ci dice Esiodo, hanno posto il Travaglio innanzi alla virtù; il sentiero, che vi ci conduce, riesce frabroso, e difficile nell’ingresso, ma dovevta [sic] più unito, e più dolce a misura, che vi si avanza. Ogni uomo risoluto di camminarvi con passo fermo, e costante, ritroverà ben presto, che (Pro. 111.27) le sue vie sono piene di dolcezze, e che tutti li suoi sentieri tendono alla Pace, ed alla Beatitudine. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Aggiugnete, che la pratica delle virtù Cristiane, viene non solamente accompagnata da quel piacere, ch’è una sequela naturale delle azioni, nelle quali siamo abituati, ma eziandio da quelle deliziose gioje dell’anima, che oltre il sovranaturale nascono dal sentimento interno, ch’ella ha d’un tale piacere, dalla soddisfazione, che ritrova a regolarsi coi lumi della Fede, e dalla speranza d’una Beata immortalità.

In quarto luogo, tale osservazione sopra la natura dello spirito umano dè insegnarci, quando abbiamo una volta intrapresa una vita regolata, a non dare troppo ricetto a certi piaceri; ed esercizj, anche più innocenti; mentre l’anima puole disgustarsi a poco a po-[55]co delle virtuose azioni, e cambiare il piacere, che ritrovava nell’adempiere il suo dovere, in piaceri di un ordine inferiore, quasi sempre inutili, e sovente colpevoli.

L’ultimo uso, che ricaverò da questa eccellente proprietà della natura umana, la quale si compiace delle azioni il per lungo tempo da lei praticate, egli è il far vedere l’assoluta necessità di acquistarci gli abiti della virtù in questa vita, se vogliamo gustare i piaceri dell’altra. Lo stato della Beatitudine, che noi chiamiamo la Gloria del Cielo, non puole toccare le Anime, che non sono qualificate nell’accenata maniera: fà di mestieri, che in questo mondo acquistiamo gusto per la verità, e per la virtù, se pretendiamo ritrovare piacere nella cognizione, e nella perfezione, che debbono renderci Beati nell’altro. Le sementi di quelle gioje spirituali, e di que’ Divini trasporti, che debbono germogliare, e fiorire nell’anima, per tutta la eternità, vi debbono essere radicate durante lo stato di prova, in cui ora si ritroviamo. In poche parole, il Cielo non dè essere unicamente rimirato, come la ricompensa, ma eziandio, come l’effetto d’una vita santa, e Religiosa.

Dall’altra parte i malvaggi, che con una lunga pratica hanno formato ne’ [56] loro corpi, gli abiti della sensualità, della malizia, e della vendetta; e che odiano tutto ciò, che è buono, giusto, e lodevole, sono naturalmente disposti a’ rimorsi, alle afflizioni, ed alla miseria. Il manigoldo si è di già impossessato della loro anima, non ponno essere felici quando faranno spogliati del corpo, quando non si supponga, che Dio voglia, in qualche maniera, crearli di nuovo, e ristabilire, con un miracolo le loro facoltà. E’ vero che in questa vita ponno gustare un maligno piacere nel produrre quelle azioni, alle quali sono abituati; ma quando non vedranno più gli oggetti, che oggi gli allettano, doventeranno carnefici di se stessi, ed ameranno quegli abiti penosi intitolati dalla Scrittura: verme che mai muore. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1