Platone. Siate il ben venuto agli Elisi, saggio Fenelone, il più amabile fra i discepoli che abbia saputo formare la moderna filosofia. Io non trovo necessario di dirvi chi io sia: è troppa la simpatia che regna fra le anime nostre, perchè si abbiano a conoscere.
Fenelone. Io so che voi siete Platone, quel filosofo, che io mi sono sempre proposte per modello di tutte le mie azioni, cui io ho procurato d’assomigliare.
Platone. Omero, ed Orfeo vi aspettavano cosi impazienza fra queste campagne fortunate, per rendervi quegli omaggi, che credono esservi debitori a titolo di gran Poeta, poichè vi considerano come tale: ed intanto si occupano a tesservi una corona immortale dei fiori più rari degli Elisi. Dal canto mio io voglio condurvi ne’boschi consacrati alla filosofia, in mezzo de’quali voi troverete la fontana della saggezza, ove l’immagine della virtù risplende perpetuamente, come la si scorge ne’vostri scritti; a tal vista un non inteso fuoco s’appiglierà al vostro spirito per cui sentirete
Fenelone. Io trovo in voi, incomparabile Platone, quel genio poetico, che si vede scintillare ad ogni tratto nelle vostre opere. Qualche vestigia trovansi anche sparse in alcuna delle mie, e principalmente nel mio Telemaco; io mi sono proposto di comporlo in un genere epico, senza osare perciò di mettermi fra il rango de’poeti, nè che il mio Telemaco, essendo scritto in prosa, dovesse dichiararsi giammai per un Poema. Ciò non ostante conosco la distanza che passa fra me, e voi; quindi non sia che io osi disputare l’eloquenza a voi, su le di cui labbra le Api d’Atene distillavano il miele più puro.
Platone. Voi avete scritto in un idioma meno armonioso del mio, ciò non ostante voi avete saputo dare ai vostri scritti una dolcezza tale; che penetra nel più fondo dell’animo. Leggendo le vostre Opere sembra, che si odi la certa d’Apollo toccata dalle Grazie. L’immagine di un Re perfetto, che voi avete dipinto nel vostro Telemaco, ella è superiore, a mio credere, alla mia Repubblica immaginaria. I vostri Dialoghi respirano la virtù, il buon senso, una critica sana, ed un gusto delicato; essi superano generalmente quelli Fontenelle, il quale ha fondata la ragione qualche volta su d’un terreno men sodo, ed ha portata la verità perfino alla affettazione. Se debbo dire il vero, il maggior difetto che io trovo ne’vostri Dialoghi si è, che in alcuni o non dovevate dire tanto, o dovevate dire assai di più.
Fenelone. Voi non siete il primo, che me gli abbia censurati; ma bisogna considerare, che io li composi per l’educazione di un Principe giovine, e che la verità non vuol essere ripetuta di soverchio a quelli che debbono governare gli uomini, poichè l’adulazione che dee assediarli riuscirà pur troppo a soffocare le sementi della virtù, quando queste non abbiano prese di già le più forti radici nel loro cuore.
Platone. Tal è la disgrazia di varj Principi, d’essere cioè istrutti assai più sul raffinamento della politica, di quello sia sui doveri morali; ma le lezioni, che voi date al vostro Principe sono talmente ornate di grazia, ed eloquenza, che un vecchio il più sperimentato, un filosofo il più castigato non può che leggerle con piacere. Dall’altro canto tutte le vostre opere sono abbellite d’una immaginazione brillante, e sommamente gradita, la quale dona alle verità più comuni una singolare di-
Fenelone. Ciò che guastò il gusto dei Romani dopo il secolo d’Augusto, fu un amore smisurato dallo spirito, del paradosso, e della affettazione. Convien dire, che le opere dei loro Scrittori debbano essere fornite di ornamenti artificiali, come lo sono le loro donne, perchè possano attirare i loro sguardi; presso di tal gente non può essere accetto il Bello semplice, e naturale. Non è dunque da maravigliarsi, che pochi abbiano gustato il mio Telemaco, relativamente alla politica. I principj sui quali lo ho fondato, essendo del tutto contrarj a quelli, che taluni si formano della grandezza della loro monarchia, come potranno questi ascoltare un Mentore, se essi fanno consistere la felicità di una nazione nel solo piacere, che il lusso procura agli uomini? essi che pensano, che un gusto dilicato, per la mollezza, e voluttà, sia il merito principale? essi finalmente che preferirebbero ad un Numa, ad un Marco Aurelio, un Re galante, magnifico, e liberale, favoreggiando i vizj alla moda, ed aggiungendo ad una politica sempre inquieta, una ambizione senza limiti.
I Lacedemoni grandi estimatori del merito facevano consistere principalmente quello della donna a vivere ignorata, e ritirata nel seno della sua famiglia.
lascia la mia testa: la servente gliela gettò, dicendogli, tieni, eccola e ne prese un’altra. Allora sentì per la seconda volta lo stesso comando, ma s’avvide ch’era la voce medesima che aveva già intesa; onde la trasportò tranquillamente dicendo: vattene in pace, giacchè ne hai una.
Si trova meno unione fra le donne che fra gli uomini, perchè esse hanno tutte uno stesso oggetto, ch’è quello di piacere. Il disprezzo che si ha, o che si potrebbe avere per le loro bellezze, è un’offesa che non perdonano mai.
Dalla rivalità che regna fra le donne si può conchiudere, che sono esse naturalmente portate per la maldicenza. Invano una bella donna si lusinga di andarne esente. Per vendicarmi farò domani un infedele. La vendetta gli riusciva il più delle volte a meraviglia; onde finalmente le altre donne convennero ch’era amabile, ma non saggia. La maldicenza loro non fece che cambiare di oggetto.
Un Amore che conoscer deve di molto le donne (la Signora di P.°.°.°.°.°) dice, che non tutte le donne si divertono con persone di gran spirito. Una Dama di qualità che si era scielto un giovine di bella figura e di molto spirito, gli disse un giorno schiettamente, che poteva ritirarsi, perchè non amava la persone troppo loquaci.
Si ha un bell’avere dei talenti dello spirito, un ammirabile carattere, ma si danno delle circostanze, nelle quali essi non si veggono nemmeno. Le donne intendono questa politica meglio degli uomimini
È stato fatto nella Gazzetta di sanità di Parigi l’elogio del caffè del Sig. Frenehard. Vi si dice ch’è un ottimo misto di riso, d’orzo o di se-
Si prende perciò un cucchiajo di questa polvere, che si mette in ott’once di acqua bollente, lasciandole prendere due o tre bolli, si lascia riposare, e questa è la bevanda ora celebre e di moda conosciuta sotto il nome di caffè di salute.
Ci scrive uno dei nostri Corrispondenti, che un foglio Inglese gli aveva indicato quindici anni sono il seguente rimedio contro i pedignoni non ancora aperti, e che l’esperienza ne ha comprovata l’efficacità.
Si bagna la parte malata nell’acqua tepida, poscia si strofina più volte al giorno con cinque o sei gocciole di tintura di belzuino, il che si può continuare per otto o dieci giorni, in capo de’quali sparisce ogni enfiagione.
Le belle, che anche esse sono talvolta molto incomodate dal gelo alle loro mani e piedi, posson usare con sicurezza di questo rimedio facile, e poco incomodo.
Il Mandarino Ziou-Zioong voglioso di poter far pompa d’una veste tutta coperta di pietre preziose, fu un giorno incontrato da un vecchio succido Bonzo, che lo seguì per diverse contrade spesso inchinandosi a lui davanti, e ringraziandolo dei suoi bijoux. Che vuol dir questo? esclamò il Mandarino, io non vi diedi mai nulla. È vero replicò il Bonzo, ma voi me li fate vedere, anzi è questo tutto l’uso che voi medesimo ne potete fare. Non v’ha tra noi dunque veruna differenza, eccettuato l’imbarazzo che voi avete di portargli, imbarazzo che tutto volontieri
Il Gran Filosofo Aristo si lamentava perchè il Mondo fosse pieno di pazzi; caro amico, ripigliò sua moglie,
ebbene, essa gli rispose, non m’esponete dunque al pericolo di perdere tutto ciò che voi amate.
Ah! Signora, le rispose, è svanito il sesso alla mia età.
meglio che rinunciasse al bene degli altri, piuttosto che aver rinunziato al suo.
l’avrebbe sposato, sperando che sarebbe diventato appunto per singolarità un buon marito.
Per me cre-do che il mondo rassomiglia ad una vecchia Civetta, che nascondi la sua età.
In una conversazione uno di que’maligni scimuniti, che tentano di trarre da qualche equivoco stomachevoli conseguenze d’inonesti discorsi, per far pompa del suo spirito addusse la suddetta Proposizione. Ho creduto bene di lasciarla cadere, quantunque a me rivolta (come testaccia ricolma di cose peregrine) ed infatti potevo parlarne seriamente, ed a lungo, avendo letto un po’di tutto ne nobis verba dentur. Ecco dunque un fatto convalidato, come vedrassi, da solidi Documenti, e sopra cui doverò
Sopra le Mode, ed il Lusso d’oggidì, e che si costumavano anche ne’tempi antichi.
Questo Argomento è di sua natura piacevole, e bizzaro, e se ne volessi addurvi tutte le notizie scientifiche, sono certa, che mi riuscirebbe di rallegrare, e divertire persino gli spiriti melanconici. Commendevole, io credo questo Articolo, poichè può, o potrebbe, formare una spiegazione, o comento alla Grammatica fisica del Bel Sesso, ed essere di grandissima utilità, ed uso non solo per le gentili, giovani, nobili, e facultose
Il termine Moda è generico, potendo appropriarsi a varie azioni umane, ma specificatamente, e generalmente s’intende per quel corso, o voga, che vien data, mediante il Commercio delle Nazioni, o Persone di molto credito, o di molta autorità a certe cose, che riguardavano la maniera di vestirsi, e di acconciarsi. La Contessa di Le Mode sono certi usi seguitati ordinariamente dai Pazzi, ma qualche volta anco dai Savj, inventate dal capriccio, e approvate dall’amore.
Diceva Giovenale (1700, e più anni sono) a non riguardare le Donne che per il davanti hanno il bel personale di Andromaca, ma poi se si riguardano per di dietro mostrano una persona tutta affatto diversa. Noi Femminine moderne però, a dir vero, facciamo bellissima comparsa anche vedute per di dietro, anzi la massima parte di noi piace, e contenta forse più veduta per tal verso, e molto perde veduta per davanti, imperciocchè le moderne dapertutto perle in Estate, e di bellissime pelli in Inverno, e portano abiti con lunghissimi strascichi; ovvero portando gli abiti corti, e per di dietro alzati, usano alti tacchi
Le Città Capitai essendo più commercianti diedero sempre il tuono, ed il credito ne’costumi, e nelle mode. Tiro insegnò la maniera, o Moda di vestirsi alle altre Nazioni. Le Vesti Tirle erano le più belle, e pregiate nell’antichità. Costantinopoli divenuta Sede de’Romani Imperatori fu altresi quello che sono adesso Parigi, Lione, ed altre andando di là per tutto il mondo i suoi Drappi, Stoffe, e Vestimenti di Seta, chiamati allora Abiti oltramarini, e pellegrini.
Molte Mode credute d’invenzione affatto moderna, non sono tali, ma bensì inventate, e praticate anche negli antichi tempi. L’uso delle Parrucche è antichissimo. Clearco, discepolo di Aristotile, presso Ateneo, asserisce, che le Donne prima degli Uomini portarono queste chiome fattizie, e che questi ne seguitarono indi l’esempio. Le Don-
La prima introduzione in Italia di alcune Mode, dette Francesi, si deve alla venuta di Carlo VIII l’anno 1494. ed allora fu che gl’Italiani principiarono ad affettare il vestire alla Francese; avendo dappoi adottato anche il lusso delle Tavole, ed il gusto per i Vini Forestieri. I Cammini, o Camminetti per le stanze, che comunemente diconsi alla Francese è moda Italiana, e furono inventati a Padova da Andrea Garato; indi a Venezia. La Legatura pure de’Libri, che ora si dice alla Francese è invenzione Veneziana, come lo è altresì il Punto in aria, che consiste in Trine stupende per candidezza, e finezza fatto di Capelli argentini, e Luigi XIV il giorno della sua Incoronazione portò un collare fatto di detto Punto a Venezia; indi dello stesso Punto in aria fu fatta la trina, o merlatura del Letto Nuziale dell’Imperatore Giuseppe, che fu pagata trenta mila Fiorini. Gli Specchi di Cristallo furono inventati dai Veneziani, e per lo innanzi non v’erano specchi sennon di varie sorta di metallo. Ne-
(Si continuerà.)
Chi supera nel buon gusto le Dame Inglesi o le Francesi? Chi meglio fa scegliere i suoi colori, la forma dei suoi abiti, la foggia della acconciatura, l’uniformità, e l’unione dei suoi abiti? Chi fa meglio far comparire la sua persona? Noi lo lasciamo decidere a tutto il Mondo, e presentiamo per oggetto di paragone i due busti di Donne presentate in questa tavola indipendentemente da altre figure da noi date poc’anzi. Se le Dame Francesi, secondo le nostre idee sono superiori, meno ci verrà rimproverato di essere noi inclinati liberamente in favore delle Dame di questa nazione. Non venghino
La Dama con una veste di raso color di rosa a larghe righe verdi non porta in testa che delle garze color di rosa e nere appostate in forma di pouf ed un pennacchio di vari colori pendente quasi sulla fronte: dietro al suddetto pouf restale ondulante una ciocca di garza bianca a guisa di vela.
La pettinatura è fatta a grossi ricci staccati, ma rivoltati all’opposto di quelli che usano le Francesi. Bisogna confessare che se le Dame Inglesi hanno adottata questa moda per essere diverso dalle Francesi, non sono state troppo felice nel presente loro cambiamento. Questo può distinguerle dalle Francesi, ma le farà forse preferire?
Sei grossi ricci staccati da ogni parte del tapet chignon.
Tiene al collo una specie di fazzoletto increspato attaccato davanti con un nastro rasato bianco.
L’altra Dama ha una veste en chemise di color cappucino pouf. È questo sormontato da cinque grosse penne, due tutte verdi, e tre verdi, rosa, e bianche.
L’affetto del capo è come l’altro composto di grossi ricci staccati piegati al rovescio.
Quattro grossi ricci parimenti rivoltati in dentro le stanno pendenti per parte sul seno.
Ha nelle orecchie delle buccole semplici d’ore à la plaquette.
Nel mezzo del corsetto davanti ritiene un grosso mazzetto di rose artificiali.
Malgrado tutto il dettaglio da noi dato nei precedenti quaderni sulla foggia dei carachi, dei
Questa variazione non può mancar di piacere, e di dare in ogni occasione alle belle che portano un abito così guarnito un’aria piacevole ed elegante.
La Dama quì rappresentata è vestita di un cacao di raso verde – pomo tagliato verso la metà della vita, come lo era due anni sono l’abito da uomo, in maniera di lasciar vedere tutta la pettorina, o gilet fatto di raso bianco. La guarnizione è composta di sei rose bianche di nastro rasato. Le maniche sono di garza bianca a pieghe, lasciando travvedere
La sottana è di raso color di rosa guarnita d’un lunghissimo falbalà di garza bianca ornato d’una ghirlanda di rose artefatte.
L’affetto dei capegli è fatto a piccoli ricci staccati, non avendo in testa che un mazzetto di rose artificiali cadente alla destra, un nodo di nastro rasato verde carico, ed un pennino di penne di pollo nere a punte di color di fuoco; cadendole due grossi ricci ondulanti per parte. I capegli di catogan con un grosso riccio rivoltato.
Non si dirà forse che la moda, ampliando li carachi e le sottane con decorarle maggiormente, ha voluto semplificare la pettinatura come per mettere un giusto equilibrio nella spesa? Non si tema di esser poco in vista con tale semplice acconciatura. Una giovine Signora si fece vedere alcuni giorni sono in tale affetto: ci parve superbo.
Al collo tiene un fichu-jabot (fazzoletto a gala) a due colletti. Questa nuova moda di fazzoletto che scuopre alcun poco il seno delle donne, comincia a fare sparire i fazzoletti en chemise che durarono per tanto tempo.
Le scarpe sono di raso verde-pomo con falbalà di nastro rasato bianco.
I guanti si usano ancora di pelle bianca.
Delle materie contenute in questo II. Numero.
Dialogo fra Platone, e Fenelone pag. 35
DONNE; Articolo interessante. 39
Medicina. 41
Aneddoto Chinese 43
Tratti di Spirito. ivi
Le Petit-Maître. 45
L’Amore. Squarcio Poetico. Ivi
Possibibilità
Erudizione sopra le Mode, ed il Lusso d’oggidì, e che si costumavano anche ne’ tempi antichi. 53
Gabinetto delle Mode, Spiegazione della Tavola XXVII, Fig. 35, 36. Pag. 58
Tavola XXVIII, Fig. 37. 61