Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCXXXVIII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\238 (1728), S. 268-274, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4578 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione ccxxxviii.

Agl’amatori della Scultura, Pittura, e Musica.

Zitat/Motto► Quatenus hoc simile est oculis, quod mente videmus.

Lucr. L. 4. 754. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► HO già distinti li piaceri della immaginazione, in quelli, che nascono dagli obbietti presenti, ed in quelli, che risultano dagli obbietti assenti già veduti, che si raccolgono dalla mente, o per la virtù che ha in se stessa, di così aggire, o per la occasione di qualche cosa esterna, come sarebbono le statue, o le descrizioni oratorie. Dopo avere esaminati li primi, o primitivi, e tempo di venire agli altri, cioè a’deri- [269] vati, avendoli così nominati per distinguerli. Quando dico, che le idee, le quali ci vengono alla mente, in occasione, a grazia d’esempio, d’una statua, d’una descrizione, o di qualche altro obbietto esterno, sono le stesse, che abbiamo, altre volte, vedute, non intendo, siasi veduto attualmente il luogo dov’è accaduta una cosa; l’azzione, o la persona, che vi è scolpita, o descritta. Basta, che abbiamo veduti, in generale, luoghi, persone, o azioni, le quali si rassomiglino a ciò che ci viene rappresentato, o almeno vi abbino qualche relazione lontana. Stà in potere della immaginazione, quando si ritrova, una volta, munita di particolari idee, l’estenderle, il comporle, ed il variarle come le piace.

Trà le varie Arti che servono a rapresentare gli obbietti, non ven’è alcuna, che lo faccia in maniera più naturale, e più rassomigliante della Scoltura. Per darne un famigliare esempio. Un Cieco nato, pigli una statua; scorra co’ deti tutte le membra, tutti gl’incavi, tutti li rilievi, e tutti li colpi dello scarpello, è certo, che subito concepirà potersi così rappresentare la figura d’un uomo, e d’una bestia. Ma se passerà le mani sopra un quadro, dove il tutto è uguale, e piano, mai concepirà si possa rappresentare sopra un canevaccio le differenti parti de’ nostri [270] corpi. La descrizione è assai più lontana dalle cose che rappresenta di quello sia la pittura; almeno questa ha qualche rassomiglianza coll’originale; la dove le lettere, e le sillabe non vi hanno relazione alcuna. Li colori parlano in ogni linguaggio; ma ciascuno linguaggio non è inteso, che da una particolare nazione. Da questo, senza dubbio, ne siegue, che, se bene gli uomini sono costretti a ricercare un linguaggio per communicarsi i loro pensieri, la Scrittura sia stata inventata più tardo della Pittura. Ebene 3► Exemplum► In fatti viene detto, che nell’America quando vi gionsero li Spagnoli, si spediano all’Imperatore del Mexico gli Espressi sopra una tela dipinta, dove si disegnavano, col pennello, le novità del paese. Questo era un mezzo più naturale per esprimerle, di quello sia la Scrittura, ma di gran lunga più imperfetto. È impossibilie il tracciare, colla pittura, le picciole connessioni d’un discorso, o di esporre la figura d’una conjugazione, o d’un avverbio. ◀Exemplum ◀Ebene 3 Riescirebbe anche più strano il rappresentare obbietti visibili col suono, a cui non si attacca veruna idea, e fare in musica qualche cosa simile ad una descrizione. Con tutto ciò, è cosa certa, che si ponno eccitare delle idee confuse di tale natura, con un’artifiziosa composizione di note. Veggiamo, che i gran maestri dell’Arte ponno impegnare i loro [271] uditori al calore, ed al tumulto d’una battaglia, riempiere il loro animo di tragiche Scene, e di mortali spaventi; o ispirare sogni graditi, che non offrano se non boscarecce, e campi elisi.

In tutti questi esempj, il piacere della immaginazione, che io intitolo derivato, viene dall’atto della mente, che paragona le idee eccitate dagli originali, con quelle della statua, della pittura, della descrizione, o del suono, che li rappresenta. Non è adducibile la causa immediata, e fisica, per cui questa operazione della mente resti accompagnata da tanto piacere; ma è certo, che questo unico principio ci somministra una grande varietà di piaceri: non si restringe a darci gusto per la scoltura, per la pittura, e per la descrizione: ma fà che si compiacciamo, nel vedere tutti gli atteggiamenti, e tutte le smorfie de’ mimi. Questo medesimo principio ci rende gradite le varie sorte di buon ingegno, il quale consiste nella relazione lontana di varie idee; come di già osservai. Potrei inoltre, aggiugnere, che questo principio eccita la picciola soddisfazione, che ritroviamo, alle volte, nelle differenti sorte delle composizioni di poco buon gusto, o questo consiste nella rasomiglianza d’alcune lettere, come negli Echi, e nelle Rime de’ nostri insulsi Poeti: o in quella di parole intere, come negli equivoci, [272] e ne’ quolibeti; ò in quella d’un Poema intero formato con un pajo di Ale, o con un Altare. Pare di più, che la causa finale del piacere unito a questa operazione della mente, sia l’animarci alla ricerca della verità, mentre per distinguere una cosa dall’altra, e fare un esatto discernimento frà le nostre idee, fa di mestieri paragonarle insieme, ed osservare la relazione, ò la opposizione tra le differenti opere della natura.

Io però mi restrignerò quì a’ soli piaceri della immaginazione, che vengono dalle idee eccitate nella mente colle parole, avvegnache la maggior parte de’ riflessi, che convengono alle descrizioni ponno applicarsi alla pittura, ed alla scoltura.

Quando le parole sono ben scelte hanno tanta forza, che una descrizione ci communica sovente più vive idee di quello faccia la vista medesima delle cose. Si ritrova, che una Scena viene rappresentata, con più forti colori, e più al naturale colle parole, che coll’attuale ispezione della stessa Scena descritta. Pare in questo caso, che il Poeta superi la natura. È vero ch’egli immita il di lei piano, ma ne porge più vigorosi i delineamenti, ne rileva la beltà, ed anima sì bene tutta la opera, che le immagini degli stessi obbietti pajono deboli paragonate con quelle, [273] che vengono dalla espressione. La causa di questo puol essere, perche alla vista di qualche obbietto, non se ne dipinge nella immaginazione se non ciò che entra per gli occhi; la dove nella descrizione il Poeta che ne dà una vista tanto chiara quanto gli piace, e ce ne scuopre diverse parti, alle quali non aveamo abbadato, o ci erano occulte quando l’esaminammo. Tutte le volte, che veggiamo un obbietto, non se ne forma nella mente, che una idea composta di due, o trè altre; ma quando il Poeta ce lo dipinge puole darcene una idea più composta, ò non eccitare in noi se non le idee più proprie ad allettare la immaginazione.

Non riescirà forse inutile l’esaminare, in tal passo d’onde nasca, che molti Leggitori del medesimo linguaggio hanno differenti idee sopra la medesima descrizione. L’uno viene allettato da un passo, di cui l’altro non ne fa caso; o pure questo ritrova un ritratto assai naturale, quello non vi scuopre rassomiglianza veruna. Un gusto sì opposto, non può venire se non perche uno ha la immaginazione più giusta dell’altro, ò perche uniscono contrarie idee alle stesse parole. Per avere il buon gusto, e formare un esatto Giudizio d’una descrizione, fa di mestieri essere dotato d’una immaginazione [274] felice, e di avere sì bene pesata la forza, e la energia de’ termini d’una lingua, che si possano distinguere i più espressivi, e conoscere quale nuovo grado di forza, e di beltà sieno capaci di ricevere accompagnandoli con altri. La immaginazione dev’essere calda per rattenere l’impronto delle immagini, che riceve dagli obbietti esterni: si ricerca discernimento per conoscere i termini più proprj ad esprimerle, e dare loro maggiore rilievo. Chi è difettuoso nell’uno, o nell’altro di questi capi, benche possa ricevere le generali idee d’una descrizione, non saprà mai scoprirne le particolari vaghezze. Come chi ha la vista debole può bene formarsi la confusa idea di qualche eccellente Quadro; ma non ne osserverà i differenti tratti; nè vi discernerà, nè la vaghezza de’ colori, nè la delicatezza del pennello. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1