Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCXVIII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\218 (1728), S. 153-158, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4558 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione ccxviii.

Agli Ateisti.

Zitat/Motto► Meliora pij docuere parentes. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► RItrovandomi in Inghiltera, osserva que’ Letterati sorpresi dall’eccessivo prezzo, a cui si vendea un picciolo Libro intitolato: La Destruzione della Bestia trionfante. Fù venduto fino trenta lire sterline. L’Autore nomato Giordano Bruno Ateista di professione, l’ha scritto per mettere la Religione in deriso: E ciascheduno da quell’alto prez-[154]zo era disposto ad inferire, dovesse contenere insolubili Argomenti.

Me ne cadde in mano un esemplare, che incominciai a leggere, con qualche apprensione. Ma vi è sì poco a temere di questa lettura, che mi arrischierò rendere un conto fedele di tutto il piano seguito dall’Autore in questa opera meravigliosa.

Ebene 3► Fabel► Suppone, da principio, che Giove risoluto di venire ad una Riforma di tutte le Costellazioni, tutte un giorno le addunò; e che si lagnò con loro perche era molto trascurato il culto delli Dei; e che lo ritrovava tanto più indegno, in quanto avea attribuiti i nomi di Divinità del Paganesmo a molti corpi celesti; e così fatto il Cielo, in qualche maniera un Libro della Teologia Pagana. Momo gli rispose, che non era da stupirsi, mentre vi erano di quelle Divinità tanti scandalosi racconti. Da questo piglia l’Autore occasione di criticare tutte le Religioni, e conclude che Giove, dopo avere esaminate tutte le cose, bandì tutte le Divinità dal Cielo, ed impose i nomi di morali virtù, alle stelle. ◀Fabel ◀Ebene 3

Questa breve Favola, in cui non si vede ombra di vero discorso; nè vi si scuopre che pochissimo talento, non gira dal principio fino al fine che sopra la empietà. E perciò anche ella è doventata l’Idolo de’ begl’ingegni di [155] quel Paese dove si habbi la perniziosa libertà di comparire colla singolarità delle loro opinioni, anche in materia di Religione.

Vi sono due Fatti, che si allegano contro gli Ateisti, nè da questi fin’ora, hanno potuto liberarsi. L’uno è che gli Uomini più saggi, e più addottrinati di tutti i secoli sono stati contro di loro, ed hanno sempre seguito il culto ricevuto nel loro Paese, e se alcuni l’hanno abbandonato, ciò non è accaduto che per abbraciarne un altro, non per tutti distruggerli.

L’altro Fatto, con cui vengono carricati, e che riesce di peso maggiore, non è la sola opinione de’ più saggi, ma il consenso universale di tutti gli Uomini, che non ponno avere ricevuta questa importante verità se non dall’uno e dall’altro di questi trè mezzi. O dalla idea d’un Dio, che la natura abbi impressa nelle loro anime; o dal Discorso, che ha dovuto essere facile, ed a portata de’ più deboli talenti. O Finalmente da una Tradizione discesa dal primo Uomo fino a noi.

A qualsivoglia di queste trè cause si attribuisca la idea, che noi abbiamo d’un Dio, gli Atei rimangono ugualmente confusi, e per cavarsi da quest’imbarazzo, hanno finalmente preteso di avere scuoperto un Popolo intero di co-[156]desti bravi Filosofi, che non ammettono veruna Divinità, la nazione polita degli Otentoti, che nè anco essi sanno, ove siano.

Temerei di offendere i miei Leggitori, se volessi quì trattenerli sopra le usanze, e sopra i costumi di que’ Barbari, che sono appena un grado sopra le Bestie, e che non hanno frà di loro se non un miserabile zergo con cui malamente eglino stessi s’intendono.

Non si potrebbe, con tutto ciò, credere fin dove giunga il trionfo degli Atei, quando si gloriano di que’ buoni amici, e Collegati fedeli. Se noi ci, vantiamo d’un Socrate, o d’un Seneca, eglino ponno subito loro opporre gl’illustri Otentoti detti.

Benche con qualche fondamento si potesse rivocare in dubbio, la credenza di quel Popolo; non veggo, che ne possa risultare verun male per la Religione, lasciando agli Atei questa nobile parte del Genere umano.

Parmi non vi sia niente, che meglio scuopra la debolezza della loro causa, quanto il vederli ridotti ad unirsi con una società di Uomini, che, al loro stesso parere, hanno quasi estinto il lume della Ragione; e che non si distinguono dalle Bestie se non colla loro selvaggia figura umana.

E vero, che oltre que’ poveri disgra-[157]ziati, vi è stato, di tempo in tempo, presso varie nazioni, un piccolo numero di sventati Cervelli, che hanno niegata la esistenza della Divinità. Ma Vanino, il più celebre de’ loro Campioni dichiarò dinanzi a Giudici, che la credea, anzi, levata una paglia da terra, disse, che quella bastava provarla. E addusse varj argomenti per dimostrare, essere impossibile, che la sola natura potesse creare cosa veruna.

Leggevo l’altro giorno una relazione di Casimiro Liszynski nobile Polacco, che fù convinto di ateismo; e condennato. La maniera di punirlo ha qualche cosa di singolare. Abbruggiato il di lui corpo, le ceneri furono poste in un Canone, e sparate all’aria verso la Tartaria

Sono disposto a credere, che se tale castigo s’introducesse nel nostro Paese, vi è naturalmente tanto buon senno, che o si mettesse un Ateo tutto intero in un pezzo d’Artiglieria, o si polverizasse, avremmo pochissime carghe.

Con tutto ciò, mentre questa munizione durasse, vorrei proporre, che in vece di addrizzare il Canone verso la Tartaria, ne avessimo sempre due, o trè postati verso il capo di Buona Speranza, a fine di mandare i nostri Atei al Paese degli Otentoti.

Presso di me una sentenza di morte pronunciata giudicialmente fa troppo o-[158]nore ad un Ateo, benche l’uso di sparrargli all’aria ha qualche cosa di assai proporzionato alla di lui colpa.

Se qualchuno de miei Leggitori dicesse, che ho tratati codesti gran Signori con aria troppo burlesca, mi sia permesso il rispondere, che, giusta le mie idee, si fà troppo onore a tale sorta d’Incredeli, nell’addurre loro ragioni sopra un punto indubitato da tutti gli Uomini, che si da loro troppo rillievo nel mondo, ed insinuare che vi è qualche probabilità nel loro sistema, benche non vi sia niente di più assurdo. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1