Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCX", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\210 (1728), S. 108-112, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4550 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione ccx.

Alli Modesti, ed agli Arditi.

Zitat/Motto► Fallit enim vitium specie virtutis, & umbra.

Juv. Sat. XIV. 99. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► UN Autore di credito, esamina, con distinzione, l’abbuso, che si fà delle parole. Dice che il principiale, e più grande è quando si serve delle parole, senza attaccarvi veruna chiara, e distinta idea. Aggionge, che un altro di tali abbusi viene dall’applicazione incostante, che si fà della stessa parola, quando s’impiega ad esprimere ora una idea, ora un'altra. Conclude, che il risultato delle nostre speculazioni, e de nostri discorsi non puol’essere, che oscuro, e diforme, mentre non unimo alcuna fissa e precisa idea à nostri termini. Per evitare questo difetto, particolarmente ne’ Discorsi concernenti alla morale, nella quale si dovrebbe sempre pigliare una parola nel medesimo senso, ci racommanda l’uso delle Diffinizioni. Per questo anche condanna di grande negligenza o di estrema malizia quelli, che parlano di cose morali in maniera oscura, e vaga, e fu questo fondamento dice, [109] che la morale è capace di Dimostrazione al pari della Mattematica.

Non vi sono, ch’io sappia, due parole, delle quali sia stato maggiore l’abbuso, di queste: Modestia, ed Ardire a cagione delle varie, e false idee a loro applicate. Quando si dice, che una Persona è Modesta con questo se le attribuisce, qualche volta un buon’ carattere; ma oggidì questo titolo non esprime, che un’Uomo semplice, e da niente senza educazione, senza politezza, senza e pratica del mondo: cosi pure s’intenda quando si dice: un Uomo da bene.

Dall’altra parte, benche per uno, che ha della ardire s’intenda subito, che abbi maniere libere e sciolte; oggidì, dessigna un empio dissoluto, che trasgredisce tutte le regole della creanza, e della morale senza rossore.

Voglio per tanto cercare di ridurre al loro vero significato queste parole, acciò la idea, che si deve avere della Modestia, non resti confusa con quella della Simplicità, o della Sciochezza: nè l’ardire venga rimirata collo stesso occhio della sfacciatagine. Se fossi impegnato a deffinire la Modestia, direi, ch’ella è la rifflessione d’un cuore onesto, allor che un Uomo ha fatta qualche azione per cui disapprova se stesso, o si crede esposto alla censura degli altri.

Da questo viene, che un’Uomo ve-[110]ramente modesto è sempre tale, si ritrovi in compagnia, o solo. Tanto si vergogna dentro il suo Gabinetto, quanto alla presenza di tutto il mondo.

Io non mi arricordo verun’essempio di modestia, che più mi diletti di quello d’un Principe giovane, il di cui Padre, essendo Rè tributario de’ Romani, venne accusato presso il Senato, che opprimesse tiranneggiasse il popolo a lui consegnato. Gionto a Roma per diffendere la causa del Padre, si portò nel Senato. Ma, all’udire le colpe, che si produceano contro di lui rimase sì abbattuto, che non seppe apprire la bocca. Soggionge la storia, che i Senatori rimasero più mossi da quell’essempio di modestia, e di candore, di quello avessero possuto essere da più studiati Discorsi, e che perdonarono al Padre reo, in grazia di questa virtù, che sì da buon’ora risplendea nel Figlio.

Presso di me la Intrepidezza, o l’ardire è una facoltà, con cui l’Uomo possiede se stesso, o pure, con cui dice e fà le cose indifferenti, senza la minima pena, o senza emozione veruna di animo. Ciò che, d’ordinario, rende un Uomo intrepido, è una mediocre notizia del mondo; e sopra tutto una rissoluzione determinata, e fissa, di non avvanzarsi e di non oprare contro le regole dell’onore e del-[111]la conscienza questa rissoluzione non lascia mai di accompagnare una condotta intrepida sicura e franca. Un Uomo cosi armato, in caso venissero mal’interpretate le sue parole e le sue azioni, si racchiude in se stesso, e convinto della propria integrità, ha bastante forza di rimirare le censure della ignoranza, o della malizia, col dovuto dispregio.

Tutto il mondo dee fomentare e nodrire nel proprio seno la modestia, e la intrepidezza delle quali io parlo.

Un Uomo senza intrepidezza stà esposto ad essere getato negli Imbarazzi, della pazzia, o della malizia di tutti quelli che lo conversano. Un Uomo senza modestia è insensibile a tutti i principj di virtù, e d’onore.

È assai verosimile, che il Principe giovane, di cui ho parlato possiedesse queste due qualità in grado eminente. Se non avesse avuto l’Ardire, mai avrebbe intrapreso di parlare dinanzi alla più maestosa Assemblea del mondo. Se non fosse stato modesto, avrebbe trattata la causa che volea diffendere per quanto gli paresse cattiva.

Da quanto abbiamo detto è facile il vedere, che l’Arditezza, e la modestia sono due amabili qualità; e che ponno ben’ ritrovarsi nella stessa Persona. Quando sono cosi frammischiate, ed unite ascieme formano ciò che [112] si chiama Ardire Modesto. Questo tiene il luogo frà la Timidezza, e la Impudenza.

Osserverò in oltre, che se la stessa Persona puol’essere ardita e modesta, non è meno possibile, che ella sia timida e sfacciata.

Abbiamo una infinità di questa mescolanza sì strana in quelli, che sono male educati, ed hanno depravato il cuore; benche non ardiscano rimirare un Uomo in viso, nè dire quattro parole senza qualche specie di rossore; non si fanno il minimo scrupolo di commettere le più grandi villanie, e le più indecenti azioni.

Un tale Uomo pare abbi rissoluto di far il male al dispetto di se medesimo, e malgrado tutti gli ostacoli, che la sua coscienza, ed il suo naturale vi oppongono.

Vorrei in somma stabilire questa massima: Che la pratica della virtù è il migliore espediente per giognere ad un ardire modesto, quando si parla e quando si opra. Il vizio cerca sempre nascondersi, o nell’una, o nell’altra delle opposte estremità; e qualche volta ancora ammette, e l’una e l’altra. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1