Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CXCII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.4\192 (1728), S. 5-9, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4532 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cxcii.

A Padroni verso i loro Domestici, particolarmente Capellani.

Zitat/Motto► Hinc tibi copia
Manabit ad plenum benigno.
Ruris bonorum opulenta cornu.

Hor. L. I. od. XVII. 14. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Exemplum► Il Cavalliere, presso di cui, godo la campagna, ben conoscendo il mio umore, mi lascia ritirare quando mi piace, pranzare alla sua Tavola, o nella mia stanza, come più mi aggrada; sedere, passeggiare, senza dirmi parola, fuori di qualche gentile scherzo per divertirmi. Quando i Gentiluomini del vicinato vengono a visitarlo, non mi mostra loro, che di lontano. È accaduto, qualche volta che passeggiando io per i suoi campi, gli ho veduti gettarmi qualche occhiata, per di sopra una siepe; ed ho udito il Cavalliere pregarli a rattenersi, perche (sic!) io non avevo caro d’essere osservato.

Io stò tanto più a mio bell’agio [6] nella sua Famiglia, in quanto è composta di Persone sagge, e Prudenti. Si com’egli è il miglior Padrone del mondo, quasi mai cambia Domestici, né questi mai pensano a lasciarlo. Da questo viene, che sono quasi tutti avvanzati in età, ed invecchiati con esso lui. Pigliereste il suo Cameriere per suo Fratello, il Credenziero è tutto canuto; il Palafreniero è l’uomo più grave si possa vedere; ed il Cocchiero ha l’aria d’un Senatore. La sua Bontà spicca fino nel Cane vecchio che guarda il Palagio, ed in una Cavalla grigia, che si nodrisce con tutta la cura, a cagione de’ passati servigj, benche, da qualche anno, sia inutile.

Non fù poco il mio piacere, quando, gionti in Campagna, osservai il giubilo di que’ vecchj domestici alla vista del loro Padrone. Alcuni non poteano rattenere le lagrime; tutti gareggiavano, con premura, di prestargli qualche servigio; e quelli, che non erano impiegati mostravano la loro afflizione. Il Cavalliere poi, colla tenerezza di Padre, e colla dolce autorità di Padrone, fea diverse interrogazioni sopra lo stato degli affari, e vi framischiava molte obbliganti domande, che concerneano il loro bene. Queste dolci, ed oneste maniere gli guadagnano sì bene il cuore di tutto il suo mondo, che un semplice di lui scherzo li rende tutti di buon [7] umore; e se fosse, o mostra qualche indisposizione della vecchiaja, si osserva negli occhi di tutti un segreto dolore.

Ebbe l’attenzione di raccomandarmi, con particolare maniera, al suo Credenziero, Uomo assai onesto, e saggio. Questi cerca tutte le strade di compiacermi, come pure tutti gli altri, avendo sovente udito dal loro Padrone, che io ero uno de’ suoi migliori Amici.

Quando si divertiamo alla Caccia, il mio principale compagno è un venerabile Ecclesiastico, che già da trent’anni, se ne stà in sua Casa, sul pie di Capellano; è Uomo di buon senno, di soda cognizione, di maniere polite, e di religiosi costumi. Ama, di vero cuore il Cavalliere, e sa d’essere corrisposto, di maniera, che vive in Casa più in qualità di Padrone, che di Domestico.

Passeggiando, jeri sera, col Cavalliere, m’interpellò, che pensassi dell’accennato Religioso? e senza aspettare risposta, proseguì, che, sul timore d’essere insultato, alla sua Tavola; in Greco o in Latino, avea pregato un suo Amico della università di P. a cercargli un Ecclesiastico di buona mina, di umore sociabile, di bella voce, che avesse più senno, che sapere; e se gli era possibile, che sapesse giuocare allo sbaraglino; mi fù mandata, soggionse, questa onesta Persona, la quale, oltre la qua-[8]lità ricercate, non manca, per quanto mi viene detto, di Erudizione, benche non ne faccia pompa. L’ho prescielto alla cura di questa Parrochia, e conosco sì bene il di lui merito, che gli ho legato, nel mio Testamento, una buona vitalizia pensione. Se sopravive a me, troverà, che avevo più stima, ed amore per lui di quello credea. Sono trenta, e più anni, che stà in mia Casa, senza, che m’abbi mai dimandata la minima cosa per sé. Si è ben impiegato, ogni giorno, a sollecitare presso di me qualche grazia a favore de’ suoi Parrocchiani. Questi, dopo, ch’egli è loro Parroco non hanno avuto fra di loro Litigio; e se vi nasce qualche contesa lo eleggono per loro Arbitro, e si acquietano alle sue decisioni. Subito gionto presso di me gli somministrai tutti i migliori Libri di Prediche, pregandolo di leggercene una, o due in ogni Festa.

Volea proseguire, ma souragionto il Parroco, venne interrotto, e gli dimandò quali belle prediche ci farebbe dimani, ch’era Domenica, ed egli risposte; la mattina una Predica del P. Segneri; e la sera un Discorso del . . . . Appena vidi questo venerabile Ecclesiastico in Pulpito, che approvai infinitamente il gusto del Cavalliere, d’avere insistito sulla buona mina, e sulla voce sonora. Rimasi tanto soddisfatto dall’aria graziosa della Persona, e del portamento, [9] che non so d’avere provato nel proposito, maggiore diletto. Un Discorso letto in quella maniera acquista un nuovo grado di forza, come i versi d’un opera, in bocca d’un bravo Autore. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Dio volesso, che i Parrochi di villa immitassero quest’esempio, ed in vece di rompersi il cervello, nel comporre, ed imparare a memoria nuove Prediche, cercassero di acquistare una buona rappresentativa, cogli altri talenti, che ponno dar vigore alla parola di Dio, gia (sic!) espressa, ed ordinata da più insigni autori. Cosi solleverebbono sè stessi da inutile fatica, i Popoli ne rimarrebbero più edificati, e ne riporterebbero profitto maggiore. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1