N. 74 Gasparo Gozzi Moralische Wochenschriften Angela Fabris Editor Alexandra Fuchs Editor Alexandra Kolb Editor Sara Stregar Editor Ingrid Scherk Editor Angelika Hallegger Editor Teresa Petrovitz Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 15.12.2016 o:mws.5559 Gozzi, Gaspare: La Gazzetta veneta. Venezia, 1760 La Gazzetta Veneta 1 074 1760-10-18 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Menschenbild Immagine dell'Umanità Idea of Man Imagen de los Hombres Image de l’humanité Italy 12.83333,42.83333 Austria Vienna Vienna 16.37208,48.20849 Liechtenstein 9.53333,47.16667 Austria Carinthia Carinthia 13.83333,46.75 Belvedere 16.38051,48.19143 Austria 13.33333,47.33333

N.o 74.

Sabbato addi 18. Ottobre 1760.

Che contiene

Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

La buona fede, e l’onestà richiede, che l’Autore de’dubbii proposti nel Foglio 72. intorno al Prologo rappresentato nel Teatro di S. Giangrisostomo, venga avvisato, che il Signor Abate Chiari Scrittore d’esso componimento, ha mandata Giovedì mattina una Polizza al Sig. Paolo Colombani. E vuole altresì la buona fede, e l’onestà, che siccome fu servito il primo della pubblicazione de’dubbii suoi, così venga ugualmente appagato il Poeta del Prologo, e sia stampata la Polizza di lui: ed è quella, che segue.

Il signor Colombani è pregato di far sapere all’Autore de’dubbii contro il mio Prologo Intitolato la Notte critica, ch’io non mi degno di rispondere alle difficoltà sue; perocchè chi è capace di promuovere dubbii tali nella buona Poesia, non è assolutamente capace d’intenderne le risposte. Volendo però dargli quel consiglio amorevole, che darebbe ad uno Scolaro il Maestro, lo esorta ad abilitarsi un po’ meglio nella Poetica Scuola, leggendo le Metamorfosi d’Ovvidio, l’Illiade d’Omero, e l’Eneide di Virgilio, che troverà facilmente volgarizzati, poichè suppongo, che non intenda nè il Greco, nè il Latino. Così sarà egli in istato d’intendere quella più diffusa spiegazione de’dubbii suoi, che gli metterò sotto degli occhi, non già per risposta a lui dovuta; ma per giustificazione mia, dovuta al Mondo erudito, in un’Operetta di riflessioni Critiche, sopra il Genio, e i costumi del Secolo corrente, che uscirà quanto prima dalle stampe del Signor Giambatista Novello. Studii intanto alla meglio l’anonimo Autore de’dubbii suddetti, e mi dia pure, se vuole nuova materia da ridere, che s’io arriverò mai ad iscoprirlo, siccome spero, l’ajuterò con tutte le forze mie a farlo ridicolo, e sono con tutta la stima

Il suo buon Servidore, e Amico.Pietro Chiari.

Il Gazzettiere all’Autore de’dubbii.

Io non so chi sia la Signoria vostra; ma conviene, ch’io le dica alcune poche parole dopo d’avere stampata la presente Lettera. Ecco che quello, ch’io avea dubitato fra me è vero, e mi sono buon testimonio alcune oneste Persone, ch’io non volea pubblicare i dubbii suoi. Io non affermo, o nego, che sieno ragionevoli. L’ufficio mio è di raccogliere, e di pubblicare, e non altro. Solamente le dico, ch’io immaginava benissimo, che l’Autore del Prologo se ne sarebbe sdegnato. Con mio grave rincrescimento veggo oggidì, che non si può più parlare intorno all’Opere de’Letterati, perchè gli animi si riscaldano subito, e laddove la censura dovrebbe essere un ajuto alle arti, e farle sempre più risplendere, si cambia in calore d’invettive. Potrebb’essere che il Sig. Abate, da me stimato quanto merita, e quanto vale la sua bella cognizione in Poesia, nella sua Operetta delle riflessioni Critiche sopra il Genio, e i costumi del Secolo corrente, che farà stampare dal Signor Novello, entri nelle ragioni letterarie per rispondere a’dubbii suoi; ma se non lo facesse e proseguisse in cambio col suo favellare alterato, io resterei col dispiacere d’aver mosso in lui quel rammarico, che si vede nella Polizza; e d’avere tirato addosso a V.n S. qualche ingiuria forse non meritata, perchè chi è in collera non misura le parole. Con tutto ciò spero, ch’ella sia d’un temperamento pacifico, avendo veduto il modo modesto con cui propone i dubbii suoi, e comporterà volentieri ogni cosa, fino a tanto almeno ch’esca il meditato libretto, a cui s’ella vorrà rispondere, lo faccia, pregandola di due grazie. L’una si è che nel rispondere pensi alla sostanza, e alle ragioni, s’ella n’avrà, e lasci indietro l’ingiuriare, perchè tutte quelle facciate che saranno piene d’ingiurie, rimarranno vote di ragioni; e io nella mia coscienza mi sentirei a rimproverare dell’avere attizzato questo fuoco. L’altra grazia si è, ch’ella non mi mandi altro da pubblicare in questi Fogli. Anzi non si lagni, se la prego a venire alla Bottega del Colombani a ripigliarsi l’ultima sua Polizza con gli altri quindici dubbii sopra il detto Prologo, e gli ottantasei dubbii intorno al Trionfo dell’Innocenza Tragicomedia dello stesso Autore, rappresentata in S. Giangrisostomo.

Entrata della Serenissima Sposa in Vienna.

Il giorno de’sei d’Ottobre Madama l’Arciduchessa Sposa dell’Arciduca d’Austria fece l’entrata sua in Vienna. Aprivano la marchia Trombe, e Timpani dell’Austria inferiore, e dietro ne venivano 94. fra Membri di quegli Stati, Ciambellani, e Consiglieri delle Maestà I. e R. A. ognuno in Carrozza a sei Cavalli. Dopo ne venivano due Carrozze di Corte come l’altre a sei cavalli, nelle quali erano Ciambellani: Trombe, e Timpani di Corte, il Cocchio dello Scudiere Maggiore, e con esso il gran Mastro di S. A. R. e altri Ufficiali d’esso Scudiere. Finalmente la Carrozza nobilissima con l’accompagnamento numeroso del Principe di Lichtenstein precedeva quella dell’Arciduchessa, nella quale era in faccia di lei la Contessa d’Edord. Il Cocchio dell’Arciduchessa veniva seguito da sei Paggi a Cavallo, e da molti altri, oltre uno staccamento di Guardie dette gli Arcieri con Trombe, e Timpani, e da quattro altre Carrozze della Corte occupate dalle Damigelle d’onore. Chiudeva la marchia uno staccamento di Dragoni del Reggimento dell’Arciduca Giuseppe col suo Stendardo e tamburo.

Si partì sua A. R. da Belvedere verso le due ore dopo il mezzogiorno, ed entrò in Vienna per la Porta detta Porta d’Italia, o di Carintia, proseguendo per la strada dello stesso nome, e passò per la Piazza detta Stockam Eisen, ove i Borghesi aveano fatto rizzare un arco trionfale, e dov’era in Corpo il Magistrato; andò oltre per la Piazza detta Graben, e appresso Kohl-Marck, indi per Piazza San Michele, dov’era un arco trionfale bellissimo anch’esso rittovi dal corpo de’Mercatanti della Città, e giunse finalmente appunto in sulle 5. ore alla Chiesa de’PP. Agostiniani Scalzi.

I Borghesi erano in arme, e faceano spalliera per tutte le vie dove passò l’Arciduchessa.

Le M. Loro I. e R. co’Capitani delle Guardie a lato, e tutta la loro Augusta Famiglia furono all’entrar della Chiesa appunto all’arrivo dell’Arciduchessa. S’inoltrò l’Arciduca Giuseppe a dar mano all’Arciduchessa nello scendere dalla Carrozza, e quando le LL. AA. RR. furono entrate nella Chiesa furono posti due inginocchiatoj, sopra i quali si posero esse inginocchioni a ricevere la benedizione del Nunzio, il quale presentò loro la pace, e l’acqua benedetta. Indi S. M. I. e R. A. presentò la destra all’Arciduchessa e la condusse alla Cappella di Loretto, dove S. M. l’Imperadore e l’Arciduca andarono anch’essi, mentre che il restante della Famiglia Augusta, e una gran parte delle Dame s’accostarono all’Altare maggiore; cantando i Musici della Corte le Litanie della B. V. dopo le quali le M. M. L. L. I. e R. precedute dal Nunzio, e dal Clero andarono al Coro della Chiesa, essendo sempre l’Arciduchessa condotta dall’Imperadrice.

La Maestà Loro si collocarono sotto un Baldacchino dalla parte del Vangelo, l’Augusta Famiglia un poco all’indietro sopra inginocchiatoj, e l’A. A. L. L. R. R. Arciduca, e Arciduchessa vestiti di stoffe d’argento in faccia all’Altar maggiore sopra un panco parato, e coperto con suo strato di velluto chermisino. Allora il Nunzio del Papa diede loro la sua benedizione Nuzziale, con le usate ceremonie; e fu cantato il Te Deum da’Musici di Corte accompagnati da’Timpani, e dalle Trombe. Le M. M. L. L. I. e R. A. i novelli Sposi, e tutta la Famiglia Augusta uscirono allora della Chiesa, venendo ancora l’Arciduchessa condotta da S. M. I. e R. A. per andare alla Corte, per la Galleria che quivi dalla Chiesa conduce, e passando per quegli ampii appartamenti pieni di indicibile Nobiltà, e di Persone qualificate, andarono a quello dell’Imperadrice Reina. Quivi essendosi riposata alquanto l’Arciduchessa diede la sua mano a baciare agli Stati, a’Generali, e alla Nobiltà, che non avea avuto prima quest’onore, nel tempo del di lei soggiorno a Belvedere. Verso le ore otto e mezza, uscirono le M. M. L. L. Imperiali insieme con li Sposi, e con l’Augusta Famiglia, e andarono nella Sala maggiore superbamente ornata, e illuminata, dove entrò la Corte a suono di Timpani, e di Trombe. La Maestà loro si posero sotto il Baldacchino, e l’Arciduchessa a lato dell’Augusto Sposo a destra di S. M. l’Imperadore. Il Servigio della Tavola fu in oro, fatto di nuovo, e di lavoro finissimo; suonandovisi sempre da più di cento strumenti, o cantandovisi cose appartenenti alla Solennità, e grandezza di quella Festa. Dopo il banchetto le Maestà Loro, e tutta l’Augusta Famiglia ritornarono alla Corte, e S. A. R. venne condotta al suo superbo appartamento. La sera tutta la Corte fu illuminata, e furono altresì gli archi trionfali accennati.

Adi sette dopo molte funzioni, e il Solenne pranzo, la Corte andò ad un’Opera Italiana composta dal Sig. Abate Metastasio, e vestita di Musica dal Signor Hasse, sì conosciuto sotto il nome del Sassone. Questi grandi Uomini pare, se pur può darsi, ch’abbiano in quest’occasione accresciuto il nome loro, e la loro riputazione.

Estratto dell’Opera del Signor Abate Metastasio intitolata Ercole al Bivio; e fatta rappresentare in Vienna per occasione delle Regie Nozze in essa Città celebrate.

L’argomento di quest’Opera è tratto dal Libro 2. cap. I. Memorab. di Zenofonte.

Il Teatro rappresenta nella prima Scena una folta Selva, nella quale si veggono le rovine d’antichi, e già maestosi edificii. È sparita in due Sentieri, l’uno a sinistra facile, piacevole, sparso di fiori; l’altro rappresenta agli occhi luoghi aridi, rupi, e rovine. Nel capo d’essi due Sentieri Fronimo Governatore del giovanetto Alcide ha condotto esso Principe per ordine di Giove Padre di lui, il quale sta attentissimo sopra il destino d’un figliuolo grandemente da lui amato; e quivi lo lascia solo, e padrone di poter eleggere qual via più gli piace, ammaestrandolo tuttavia che da tale elezione dovrà dipendere la felicità, o infelicità di sua vita.

Rimaso in balia di sè medesimo il giovinetto Alcide, in cui parla il sangue degli Dei, sembra che di là a poco elegga il cammino più difficile, quando vede per l’opposta via venire verso di sè la Voluttà, la quale l’arresta, e procura di sedurlo con le lusinghe, per averne sicuro trionfo, tramuta lo spavento, e il bujo della Selva in una deliziosa dimora, che rappresenta agli occhi di lui tutti i diletti più capaci d’ammaliare gli animi. Genii, e Ninfe seguaci della Voluttà celebrano la dolce condizione della morbidezza, e dell’ozio; ma vengono repentinamente interrotti da un grande strepito di stromenti da guerra, che udito, move l’animo del nobile giovinetto. Di subito sparisce l’inganno, e l’incantesimo svanisce, onde ritrovasi Alcide nel luogo, in cui prima si ritrovava, cioè all’entrare delle due strade.

Allora la Virtú, la quale avea disfatto gli’incantesimi, apparisce agli occhi suoi: « Oh Dio: esclama Alcide, costei è la Madre mia, veggo nella sua fronte risplendere la Maestà alla clemenza congiunta. Quella clemenza è sua dote ». Questo passo maneggiato con quella verità, e delicatezza, che sono il proprio carattere del celebratissimo Poeta, e Autore di quest’Opera, toccò tutti gli animi degli spettatori con indicibile tenerezza, i quali conobbero la giustissima allegoria contenuta in questi versi.

La Virtú sotto il nome d’Aretea, e la Voluttà sotto quello d’Edonida spongono al Giovanetto Principe quanto può sperare dall’una, e dall’altra; la prima scoprendogli sinceramente gli ostacoli, che ritroverà, gli promette per pregio di sue fatiche una gloria immortale; l’altra gli offerisce tranquilli giorni e sereni, tessutigli da’diletti, senza fatiche, nè legami. « Virtù, segue la Voluttà, ti fa promesse, grandi, è vero, ma io già ti diedi prove quanto le mie sieno reali, ed effettive, e vedesti la dolcezza, che si prova seguendo le mie leggi, E (sic.) io voglio, risponde Virtù, fargli anch’io conoscere quali prove io domandi all’anime sublimi ». Edonida vedendo quanta impressione fanno nell’animo del Giovane queste parole, fugge disperata, e confusa; e di subito in iscambio de’due Sentieri apparisce agli occhi d’Alcide il Palagio d’Aretea. E (sic.) questo un bellissimo edifizio solido, e d’ordine semplice, con nobili, e maestosi ornamenti; ma tali che convengono alla solidità, stabilità, semplicità, e al decoro della Dea, che in esso abita. Veggonsi fra le colonne gruppi di Statue simboliche che calpestano l’Invidia, e altri vizii atterrati dalle contrarie virtù, e alquanti bassi rilievi rappresentanti le future fatiche d’Alcide; ed è il Palagio ripieno di Genii, d’Eroi, e d’Eroine, che compongono la corte d’Aretea.

Vuole il Giovane entrare in quella squadra immortale; ma Aretea gli dice, che facendola apparire agli occhi di lui, non ha voluto altro fare fuorchè illuminargli la mente con tale immagine intorno alla scelta, che far dovea. « Basta così », rispond’egli riscaldato. Accingiti dunque all’opera, risponde la Dea.

Di nuovo sparisce ogni cosa subitamente, e Alcide ritrovasi ancora a’capi delle due vie, dove è raggiunto da Fronimo. Intendendo dal suo allievo la scelta, l’avvisa, che sopra ogni cosa si guardi dall’Invidia, più nociva ancora dei diletti, da’quali ha saputo fuggire, perch’essa co’suoi occulti trattati, e con le sue trame ordite segretamente, spessissimo forma gravi ostacoli a’più bei disegni degli Eroi. Vedendo che il Giovane ha stabilito d’entrare nel cammino della Gloria l’esorta a non indugiar più un impresa cotanto degna dell’animo suo. La tardanza (dic’egli) e (sic.) virtù solamente quando si tratta di deliberare.

Alcide rimaso solo scopre nelle due vie alcuni Genii, i quali nell’una portano diversi segni, che caratterizzano la morbidezza, ed il lusso, e nell’altra varii attributi delle Scienze, e del valore. Il Giovane vola a questi ultimi, e da essi ajutato s’arma, e con tutta l’opposizione, che gli altri gli fanno entra nella via dirupata. S’oscura il Cielo, s’odono tuoni, e Alcide al pallido splendore de’lampi scopre Fantasme, e Mostri apparecchiati a contrastargli il passo. S’avventa contro di quelli combatte, e passa gli ostacoli, esclamando: « Conosco l’opera tua, o mostro dell’Invidia livido, e avvelenato; che sei gastigo a te, e a cui sì piace di perseguitare gli Eroi: ma tu non m’arresterai, e se si dee morire, bella è la morte in così gloriosa impresa ». Non sì tosto ha egli proferito tali parole, che l’orrore sparisce, e trovasi in un ampio Atrio del Tempio risplendente della Gloria.

Riservasi il rimanente di questa desrizione al Foglio 75.

Case da Fittare.

Chi volesse un Magazen in affitto, in Contrada di Sant’Agostin, vicino al Ponte di Kà Bernardo, parli con Z. Battista Zanada Zavatter al detto Ponte, paga all’anno D. 14.

Chi volesse due Case in calle della Madonna, sopra le Riva del Vino a Rialto, parli con Zuanne Mattei Peater, una per D. 36. l’altra per Ducati 40.

Appartamento d’affittar, al Ponte di Kà Bernardo a Sant’Agostino, paga all’anno Duc. 130.

Chi desidera averlo, parli col Caffettiere vicino ad esso Ponte.

Cambj per le Piazze Estere, corsi addi 17. Ottobre 1760.

Lione Ducati- 58 5/8 Banco per Scudi d’Oro Sole N. 100. da Lire 3. l’uno.

Bolzano Soldi- 132 per un Scudo da Carantani 93.

Roma Scudi Oro Stampe 64 per Ducati 100. Banco.

Napoli Ducati Regno 121 ¾ per Ducati 100. Banco.

Firenze Scudi- 80 ¼ Oro da Lir. 7 ½ per Ducati 100. Banco.

Livorno Pezze da 8/r 104 ½ per Ducati 100. Banco.

Milano Soldi- 155 per un Scudo di Soldi 117. Imperiali.

Genova Soldi- 93 3/8 per un Scudo da Lir. 4: 12 Fuori Banco.

Anversa grossi- 94 ½ per un Ducato Banco.

Amsterdam grossi- 91 ¼ per un Ducato Banco.

Amburgo grossi- 83 7/8 per un Ducato Banco.

Londra Sterlini- 53 1/8 per un Ducato Banco.

Augusta Taleri- 100 ½ per 100. Ducati Banco.

Vienna Fiorini- 192 ½ per Ducati 100. Banco.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian.

In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo.

Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo.

In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore.

Con Privilegio.

N.o 74. Sabbato addi 18. Ottobre 1760. Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico. La buona fede, e l’onestà richiede, che l’Autore de’dubbii proposti nel Foglio 72. intorno al Prologo rappresentato nel Teatro di S. Giangrisostomo, venga avvisato, che il Signor Abate Chiari Scrittore d’esso componimento, ha mandata Giovedì mattina una Polizza al Sig. Paolo Colombani. E vuole altresì la buona fede, e l’onestà, che siccome fu servito il primo della pubblicazione de’dubbii suoi, così venga ugualmente appagato il Poeta del Prologo, e sia stampata la Polizza di lui: ed è quella, che segue. Il signor Colombani~i è pregato di far sapere all’Autore de’dubbii contro il mio Prologo Intitolato la Notte critica, ch’io non mi degno di rispondere alle difficoltà sue; perocchè chi è capace di promuovere dubbii tali nella buona Poesia, non è assolutamente capace d’intenderne le risposte. Volendo però dargli quel consiglio amorevole, che darebbe ad uno Scolaro il Maestro, lo esorta ad abilitarsi un po’ meglio nella Poetica Scuola, leggendo le Metamorfosi d’Ovvidio~i, l’Illiade~i d’Omero~i, e l’Eneide~i di Virgilio~i, che troverà facilmente volgarizzati, poichè suppongo, che non intenda nè il Greco, nè il Latino. Così sarà egli in istato d’intendere quella più diffusa spiegazione de’dubbii suoi, che gli metterò sotto degli occhi, non già per risposta a lui dovuta; ma per giustificazione mia, dovuta al Mondo erudito, in un’Operetta di riflessioni Critiche, sopra il Genio, e i costumi del Secolo corrente, che uscirà quanto prima dalle stampe del Signor Giambatista Novello~i. Studii intanto alla meglio l’anonimo Autore de’dubbii suddetti, e mi dia pure, se vuole nuova materia da ridere, che s’io arriverò mai ad iscoprirlo, siccome spero, l’ajuterò con tutte le forze mie a farlo ridicolo, e sono con tutta la stima Il suo buon Servidore, e Amico.Pietro Chiari~k. Il Gazzettiere all’Autore de’dubbii. Io non so chi sia la Signoria vostra; ma conviene, ch’io le dica alcune poche parole dopo d’avere stampata la presente Lettera. Ecco che quello, ch’io avea dubitato fra me è vero, e mi sono buon testimonio alcune oneste Persone, ch’io non volea pubblicare i dubbii suoi. Io non affermo, o nego, che sieno ragionevoli. L’ufficio mio è di raccogliere, e di pubblicare, e non altro. Solamente le dico, ch’io immaginava benissimo, che l’Autore del Prologo se ne sarebbe sdegnato. Con mio grave rincrescimento veggo oggidì, che non si può più parlare intorno all’Opere de’Letterati, perchè gli animi si riscaldano subito, e laddove la censura dovrebbe essere un ajuto alle arti, e farle sempre più risplendere, si cambia in calore d’invettive. Potrebb’essere che il Sig. Abate, da me stimato quanto merita, e quanto vale la sua bella cognizione in Poesia, nella sua Operetta delle riflessioni Critiche sopra il Genio, e i costumi del Secolo corrente, che farà stampare dal Signor Novello, entri nelle ragioni letterarie per rispondere a’dubbii suoi; ma se non lo facesse e proseguisse in cambio col suo favellare alterato, io resterei col dispiacere d’aver mosso in lui quel rammarico, che si vede nella Polizza; e d’avere tirato addosso a V.n S. qualche ingiuria forse non meritata, perchè chi è in collera non misura le parole. Con tutto ciò spero, ch’ella sia d’un temperamento pacifico, avendo veduto il modo modesto con cui propone i dubbii suoi, e comporterà volentieri ogni cosa, fino a tanto almeno ch’esca il meditato libretto, a cui s’ella vorrà rispondere, lo faccia, pregandola di due grazie. L’una si è che nel rispondere pensi alla sostanza, e alle ragioni, s’ella n’avrà, e lasci indietro l’ingiuriare, perchè tutte quelle facciate che saranno piene d’ingiurie, rimarranno vote di ragioni; e io nella mia coscienza mi sentirei a rimproverare dell’avere attizzato questo fuoco. L’altra grazia si è, ch’ella non mi mandi altro da pubblicare in questi Fogli. Anzi non si lagni, se la prego a venire alla Bottega del Colombani a ripigliarsi l’ultima sua Polizza con gli altri quindici dubbii sopra il detto Prologo, e gli ottantasei dubbii intorno al Trionfo dell’Innocenza Tragicomedia dello stesso Autore, rappresentata in S. Giangrisostomo. Entrata della Serenissima Sposa in Vienna~b. Il giorno de’sei d’Ottobre Madama l’Arciduchessa Sposa dell’Arciduca d’Austria fece l’entrata sua in Vienna. Aprivano la marchia Trombe, e Timpani dell’Austria inferiore, e dietro ne venivano 94. fra Membri di quegli Stati, Ciambellani, e Consiglieri delle Maestà I. e R. A. ognuno in Carrozza a sei Cavalli. Dopo ne venivano due Carrozze di Corte come l’altre a sei cavalli, nelle quali erano Ciambellani: Trombe, e Timpani di Corte, il Cocchio dello Scudiere Maggiore, e con esso il gran Mastro di S. A. R. e altri Ufficiali d’esso Scudiere. Finalmente la Carrozza nobilissima con l’accompagnamento numeroso del Principe di Lichtenstein precedeva quella dell’Arciduchessa, nella quale era in faccia di lei la Contessa d’Edord. Il Cocchio dell’Arciduchessa veniva seguito da sei Paggi a Cavallo, e da molti altri, oltre uno staccamento di Guardie dette gli Arcieri con Trombe, e Timpani, e da quattro altre Carrozze della Corte occupate dalle Damigelle d’onore. Chiudeva la marchia uno staccamento di Dragoni del Reggimento dell’Arciduca Giuseppe col suo Stendardo e tamburo. Si partì sua A. R. da Belvedere~i verso le due ore dopo il mezzogiorno, ed entrò in Vienna per la Porta detta Porta d’Italia, o di Carintia, proseguendo per la strada dello stesso nome, e passò per la Piazza detta Stockam Eisen, ove i Borghesi aveano fatto rizzare un arco trionfale, e dov’era in Corpo il Magistrato; andò oltre per la Piazza detta Graben, e appresso Kohl-Marck, indi per Piazza San Michele, dov’era un arco trionfale bellissimo anch’esso rittovi dal corpo de’Mercatanti della Città, e giunse finalmente appunto in sulle 5. ore alla Chiesa de’PP. Agostiniani Scalzi. I Borghesi erano in arme, e faceano spalliera per tutte le vie dove passò l’Arciduchessa. Le M. Loro I. e R. co’Capitani delle Guardie a lato, e tutta la loro Augusta Famiglia furono all’entrar della Chiesa appunto all’arrivo dell’Arciduchessa. S’inoltrò l’Arciduca Giuseppe a dar mano all’Arciduchessa nello scendere dalla Carrozza, e quando le LL. AA. RR. furono entrate nella Chiesa furono posti due inginocchiatoj, sopra i quali si posero esse inginocchioni a ricevere la benedizione del Nunzio, il quale presentò loro la pace, e l’acqua benedetta. Indi S. M. I. e R. A. presentò la destra all’Arciduchessa e la condusse alla Cappella di Loretto, dove S. M. l’Imperadore e l’Arciduca andarono anch’essi, mentre che il restante della Famiglia Augusta, e una gran parte delle Dame s’accostarono all’Altare maggiore; cantando i Musici della Corte le Litanie della B. V. dopo le quali le M. M. L. L. I. e R. precedute dal Nunzio, e dal Clero andarono al Coro della Chiesa, essendo sempre l’Arciduchessa condotta dall’Imperadrice. La Maestà Loro si collocarono sotto un Baldacchino dalla parte del Vangelo, l’Augusta Famiglia un poco all’indietro sopra inginocchiatoj, e l’A. A. L. L. R. R. Arciduca, e Arciduchessa vestiti di stoffe d’argento in faccia all’Altar maggiore sopra un panco parato, e coperto con suo strato di velluto chermisino. Allora il Nunzio del Papa diede loro la sua benedizione Nuzziale, con le usate ceremonie; e fu cantato il Te Deum~i da’Musici di Corte accompagnati da’Timpani, e dalle Trombe. Le M. M. L. L. I. e R. A. i novelli Sposi, e tutta la Famiglia Augusta uscirono allora della Chiesa, venendo ancora l’Arciduchessa condotta da S. M. I. e R. A. per andare alla Corte, per la Galleria che quivi dalla Chiesa conduce, e passando per quegli ampii appartamenti pieni di indicibile Nobiltà, e di Persone qualificate, andarono a quello dell’Imperadrice Reina. Quivi essendosi riposata alquanto l’Arciduchessa diede la sua mano a baciare agli Stati, a’Generali, e alla Nobiltà, che non avea avuto prima quest’onore, nel tempo del di lei soggiorno a Belvedere~i. Verso le ore otto e mezza, uscirono le M. M. L. L. Imperiali insieme con li Sposi, e con l’Augusta Famiglia, e andarono nella Sala maggiore superbamente ornata, e illuminata, dove entrò la Corte a suono di Timpani, e di Trombe. La Maestà loro si posero sotto il Baldacchino, e l’Arciduchessa a lato dell’Augusto Sposo a destra di S. M. l’Imperadore. Il Servigio della Tavola fu in oro, fatto di nuovo, e di lavoro finissimo; suonandovisi sempre da più di cento strumenti, o cantandovisi cose appartenenti alla Solennità, e grandezza di quella Festa. Dopo il banchetto le Maestà Loro, e tutta l’Augusta Famiglia ritornarono alla Corte, e S. A. R. venne condotta al suo superbo appartamento. La sera tutta la Corte fu illuminata, e furono altresì gli archi trionfali accennati. Adi sette dopo molte funzioni, e il Solenne pranzo, la Corte andò ad un’Opera Italiana composta dal Sig. Abate Metastasio, e vestita di Musica dal Signor Hasse~i, sì conosciuto sotto il nome del Sassone. Questi grandi Uomini pare, se pur può darsi, ch’abbiano in quest’occasione accresciuto il nome loro, e la loro riputazione. Estratto dell’Opera del Signor Abate Metastasio intitolata Ercole al Bivio~i; e fatta rappresentare in Vienna per occasione delle Regie Nozze in essa Città celebrate. L’argomento di quest’Opera è tratto dal Libro 2. cap. I. Memorab.~i di Zenofonte. Il Teatro rappresenta nella prima Scena una folta Selva, nella quale si veggono le rovine d’antichi, e già maestosi edificii. È sparita in due Sentieri, l’uno a sinistra facile, piacevole, sparso di fiori; l’altro rappresenta agli occhi luoghi aridi, rupi, e rovine. Nel capo d’essi due Sentieri Fronimo Governatore del giovanetto Alcide~i ha condotto esso Principe per ordine di Giove Padre di lui, il quale sta attentissimo sopra il destino d’un figliuolo grandemente da lui amato; e quivi lo lascia solo, e padrone di poter eleggere qual via più gli piace, ammaestrandolo tuttavia che da tale elezione dovrà dipendere la felicità, o infelicità di sua vita. Rimaso in balia di sè medesimo il giovinetto Alcide~i, in cui parla il sangue degli Dei, sembra che di là a poco elegga il cammino più difficile, quando vede per l’opposta via venire verso di sè la Voluttà~i, la quale l’arresta, e procura di sedurlo con le lusinghe, per averne sicuro trionfo, tramuta lo spavento, e il bujo della Selva in una deliziosa dimora, che rappresenta agli occhi di lui tutti i diletti più capaci d’ammaliare gli animi. Genii, e Ninfe seguaci della Voluttà~i celebrano la dolce condizione della morbidezza, e dell’ozio; ma vengono repentinamente interrotti da un grande strepito di stromenti da guerra, che udito, move l’animo del nobile giovinetto. Di subito sparisce l’inganno, e l’incantesimo svanisce, onde ritrovasi Alcide~i nel luogo, in cui prima si ritrovava, cioè all’entrare delle due strade. Allora la Virtú~i, la quale avea disfatto gli’incantesimi, apparisce agli occhi suoi: « Oh Dio: esclama Alcide~i, costei è la Madre mia, veggo nella sua fronte risplendere la Maestà alla clemenza congiunta. Quella clemenza è sua dote ». Questo passo maneggiato con quella verità, e delicatezza, che sono il proprio carattere del celebratissimo Poeta, e Autore di quest’Opera, toccò tutti gli animi degli spettatori con indicibile tenerezza, i quali conobbero la giustissima allegoria contenuta in questi versi. La Virtú~i sotto il nome d’Aretea~i, e la Voluttà~i sotto quello d’Edonida~i spongono al Giovanetto Principe quanto può sperare dall’una, e dall’altra; la prima scoprendogli sinceramente gli ostacoli, che ritroverà, gli promette per pregio di sue fatiche una gloria immortale; l’altra gli offerisce tranquilli giorni e sereni, tessutigli da’diletti, senza fatiche, nè legami. « Virtù~i, segue la Voluttà~i, ti fa promesse, grandi, è vero, ma io già ti diedi prove quanto le mie sieno reali, ed effettive, e vedesti la dolcezza, che si prova seguendo le mie leggi, E (sic.) io voglio, risponde Virtù~i, fargli anch’io conoscere quali prove io domandi all’anime sublimi ». Edonida~i vedendo quanta impressione fanno nell’animo del Giovane queste parole, fugge disperata, e confusa; e di subito in iscambio de’due Sentieri apparisce agli occhi d’Alcide~i il Palagio d’Aretea~i. E (sic.) questo un bellissimo edifizio solido, e d’ordine semplice, con nobili, e maestosi ornamenti; ma tali che convengono alla solidità, stabilità, semplicità, e al decoro della Dea, che in esso abita. Veggonsi fra le colonne gruppi di Statue simboliche che calpestano l’Invidia, e altri vizii atterrati dalle contrarie virtù, e alquanti bassi rilievi rappresentanti le future fatiche d’Alcide~i; ed è il Palagio ripieno di Genii, d’Eroi, e d’Eroine, che compongono la corte d’Aretea~i. Vuole il Giovane entrare in quella squadra immortale; ma Aretea~i gli dice, che facendola apparire agli occhi di lui, non ha voluto altro fare fuorchè illuminargli la mente con tale immagine intorno alla scelta, che far dovea. « Basta così », rispond’egli riscaldato. Accingiti dunque all’opera, risponde la Dea. Di nuovo sparisce ogni cosa subitamente, e Alcide~i ritrovasi ancora a’capi delle due vie, dove è raggiunto da Fronimo~i. Intendendo dal suo allievo la scelta, l’avvisa, che sopra ogni cosa si guardi dall’Invidia, più nociva ancora dei diletti, da’quali ha saputo fuggire, perch’essa co’suoi occulti trattati, e con le sue trame ordite segretamente, spessissimo forma gravi ostacoli a’più bei disegni degli Eroi. Vedendo che il Giovane ha stabilito d’entrare nel cammino della Gloria l’esorta a non indugiar più un impresa cotanto degna dell’animo suo. La tardanza (dic’egli) e (sic.) virtù solamente quando si tratta di deliberare. Alcide~i rimaso solo scopre nelle due vie alcuni Genii, i quali nell’una portano diversi segni, che caratterizzano la morbidezza, ed il lusso, e nell’altra varii attributi delle Scienze, e del valore. Il Giovane vola a questi ultimi, e da essi ajutato s’arma, e con tutta l’opposizione, che gli altri gli fanno entra nella via dirupata. S’oscura il Cielo, s’odono tuoni, e Alcide~i al pallido splendore de’lampi scopre Fantasme, e Mostri apparecchiati a contrastargli il passo. S’avventa contro di quelli combatte, e passa gli ostacoli, esclamando: « Conosco l’opera tua, o mostro dell’Invidia livido, e avvelenato; che sei gastigo a te, e a cui sì piace di perseguitare gli Eroi: ma tu non m’arresterai, e se si dee morire, bella è la morte in così gloriosa impresa ». Non sì tosto ha egli proferito tali parole, che l’orrore sparisce, e trovasi in un ampio Atrio del Tempio risplendente della Gloria. Riservasi il rimanente di questa desrizione al Foglio 75. Case da Fittare. Chi volesse un Magazen in affitto, in Contrada di Sant’Agostin, vicino al Ponte di Kà Bernardo, parli con Z. Battista Zanada Zavatter al detto Ponte, paga all’anno D. 14. Chi volesse due Case in calle della Madonna, sopra le Riva del Vino a Rialto, parli con Zuanne Mattei Peater, una per D. 36. l’altra per Ducati 40. Appartamento d’affittar, al Ponte di Kà Bernardo a Sant’Agostino, paga all’anno Duc. 130. Chi desidera averlo, parli col Caffettiere vicino ad esso Ponte. 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