Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 84", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\084 (1790), S. 669-676, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2647 [aufgerufen am: ].


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Num. 84.

Mercordì 20. Ottobre 1790.

Ebene 2► Doveva chi ci scrisse la lettera stampata nel Foglio Num. 80. descrivente il Carro trionfale, che condusse al Bosco del Montello una nobile Compagnia, se far onore voleva all’amabile Signor Giovanni Concini di cui esaltò giustamente le ottime qualità, parlare delle studiose sue cure per rendere il sito della Vazzola meritevole d’esser segnato nelle future Carte Topografiche nell’Italia; del suo genio per la coltura, e per l’instituzione del felice vivere colà introdottevi; delle sue felici immaginazioni nelle Fabbriche, il che può riscontrarsi in quella appunto da lui eretta alla Vazzola in cui evvi particolarmente uno stanzino ben nicchiato con quattro fori ad uso di sicura custodia di denari ed effetti preziosi, tutto di sua invenzione. L’accennato Carro per mezzo di quattro cerchj dipinti difendeva l’allegra brigata dalla pioggia, o dal Sole con dei copertoj da letto senza disegno contemplato che potesse renderlo meritevole d’applausi e stupori.

Ma non doveva poi chi ci diede questi lumi decidere ciecamente che abbiamo stampato il primo avviso per secondare un mal inteso sentimento di prendere in ridicolo un Personaggio qualificato, che merita panegirici.

Poteva darsi una descrizione, più innocente di quella? Poteva introdursi nell’animo nostro il menomo sospetto d’una finzione? Sinchè saremo costretti a dar luogo a lettere anonime potrà talvolta ingannarci l’altrui raffinata malizia, ma sarà sempre pronta la nostra penna al disinganno, all’emenda, al processo de’seduttori; nè ci mancherà mai il nobil coraggio di rintuzzar l’ingiustizia dichi osa condannarci senza conoscerci.

Teatri.

La nuova Commedia posta in iscena Sabbato pros. scroso nel Teatro a San Gio: Grisostomo intitolata Gli Storditi ovvero La morte supposta nell’originale francese, fu rappresentata la prima volta a Parigi nel Decembre del 1787 ed a Versaglies dinanzi alle LL. MM. li 2 Gen. 1788. È di tre Atti in prosa tradotta dal Sig. M. Col. Andrioli di Milano.

Folleville e Daiglemont giovinotti di Nantes sono mandati ad istudiare a Parigi da’loro Parenti. Vi passano diciotto mesi divertendosi a più potere senz’imparar nulla, e fingendo malattie, spese straordinarie di Maestri, aggregazioni accademiche ec. ec. per farsi venir denari dalla loro Patria. Daiglemont meno cauto del suo compagno si [670] obbliga con degli scritti a degli usuraj che approfittansi della sua prodigalità, uno de’quali creditore di L. 1500 ottiene un atto legale per il suo arresto. Nascosto sotto il nome di Derbain egli vive ritirato nella Locanda ov’alloggia il suo amico per sottrarsi alla prigionia. Questo suo amico col suggerimento dell’astuto Servitore Deschamps falsifica le Fedi di morte di Daiglemont le manda a Nantes al di lui Zio con una nota di spese di Medici, Medicine, Funerali ec. e gli viene una cambiale di mille scudi. Così prende piede l’azione che giustifica il titolo, e comincia ad interessare. Discopresi all’usato inganno il buon carattere di Daiglemont che lo disapprova e condanna immaginandosi il dolore di suo Zio per la di lui morte supposta, e molto più di sua Figlia Giulietta da esso teneramente amata, e dalla quale era corrisposto col più dolce affetto. Per soddisfare il creditore che lo perseguitava aveva egli chiesta in iscritto la summa occorrente ad un suo Cugino nominato Dortis al quale non si avea nemmeno fatto conoscere in Parigi, e ne attendeva risposta. Questo cenno è necessario per quanto vedremo in appresso.

Arriva a Parigi Daiglemont, il Zio, e si dirige alla Locanda ov’è Follevile con suo Nipote, ch’ei crede morto e di cui vuol pagare i debiti da lui lasciati riconoscendone la legittimità. Conduce seco sua Figlia per distraerla co’divertimenti di quella Capitale dall’afflizione in cui l’immerse la supposta morte del suo amato Cugino, e prende alloggio nella Locanda medesima. Dalla albergatrice, ch’è una ciarliera instancabile gli si dicono molte cose di Follevile, che allora colà non trovasi, e del di lui Nipote che stà chiuso nella sua camera, perchè del di lui arrivo s’accorse. Sotto il finto nome lascia corso all’inganno della sua morte.

Torna Follevile co’denari riscossi della cambiale, s’accosta alla camera dell’amico e lo chiama col nome di Daiglemont. Risponde in sua vece il Zio, che chiamato si crede, esce dalla stanza rimpetto a quella, e sorprende il giovine Mentitore a cui non manca arte di ricomporsi, e distruggere ogni sospetto. Finita la scena che tiene col Vecchio ne succede una col Giovine Daiglemont nella quale riconfermati s’odono gli onesti suoi sentimenti riguardo al Zio e alla Cugina, ed a’suoi creditori. Restan intesi unitamente al Servo astuto di tener occulta la menzogna.

La scena stabile è una sala comune della Locanda ove hanno entrata le stanze del Zio e del Nipote la cui porta l’una in faccia dell’altra. Esce giulietta, e dopo un dialogo col Padre e con Follevile sfoga in un soliloquio l’amorosa sua disperazione per la perdita dell’amante Cugino. Egli che stava orecchiando all’uscio trasportato dall’eccesso dell’amor suo le corre tra le braccia. Ella spaventata come dall’apparenza d’un ombra cade tramortita. È sollevata da lui che l’assicura della sua esistenza, e del costante suo afferto. Sorpresi dall’Albergatrice studiano di ricomporsi. Colei intreccia seco loro una scena bizzarra nella quale fingendo egli il racconto d’una storiella per divertire Giulietta la mette al fatto dell’inganno della sua morte, de’motivi ed effetti di esso. Questo racconto interrotto con vivacità da Giulietta che prende la parte d’accusatrice contro il Protagonista dell’azione, che la narra in persona d’altri ed è interessato a giustificarsi, riesce dilettevole, e cava delle risate, perchè fa uscire per amor proprio il Giovine dall’indifferenza d’una narrativa da trattenimento, e la sua Diletta da quella composta attenzione colla quale ascoltiamo le cose che non ci appartengono. Ma perchè la Locandiera non potesse accorgersi che il fatto era proprio di chi parlava, e che il riscaldamento in Giulietta era effetto d’amor cocente, bisognava darle un carattere di sciocca, ch’ella non ha.

[671] Siamo all’atto terzo. Chiamati dal Vecchio Daiglemont i creditori di suo Nipote, compariscono due sudicj Usuraj di tetra faccia, e d’orribile aspetto. Son ricevuti dal Zio, da sua Figlia, e da Follevile che uniti si trovano. Ella dimostra a suo Padre un rapido passaggio dalla tristezza alla gioja, che lo mette in sospetto, e comincia a fargli un pò aprire gli occhi. Parte e lo lascia con Follevile ad accomodare i conti. Oh quì sì che si comincia a ridere saporitamente. Il più vecchio di que’ribaldi chiamato Giordano, ch’è Sindaco della sua Comunità, vien fuori con una polizza di sei mila Franchi di tanta tela, che per uno scritto del debitore apparisce non avuta da lui ma passata dal Magazzino di Giordano a quello d’un suo Socio, che finse di comperarla con vantaggio di due terzi. E il degnissimo Michele, l’altro usurajo, mostrò un Biglietto di credito di cento Luigi innalzato a tal summa dal debitore per ottener delle proroghe, mentre in tasca non gli erano entrati che 900 franchi. Così per altro scritto dello stesso Giovine Daiglemont. Suo Zio si riduce ad accordargli la metà sì all’uno, che all’altro, e li lascia colla replicata alternativa: questa sera la metà: domani niente.

Restano que’birbanti a consulta per decidere che abbian da fare. Giordano inclina ad accettare la proposizione, e ciò maggiormente per un Biglietto del suo debitore scrittogli nella sua finta agonia in cui lo minaccia di tornare al Mondo per vendicarsi contro di lui se non si accomodasse al patto della metà. Questo scritto serve benissimo alla riuscita delle comiche susseguenti scene. Michele lo rimprovera di debolezza e tien fermo per aver tutto. Egli vacilla: e in tal atto esce una voce dalla stanza del Giovine Daiglemont, che in forte tuono ripete: siete birbanti.

Scossi come da scoppio di fulmine si guardan l’un l’altro, tremano, e s’accertano al ripetersi d’altre ingiurie ad essi dirette, che grida il lor debitore. Era notte, e quella Sala illuminata da candele sopra un tavolino. Esce impetuosamente il finto morto, li opprime d’altitonanti minaccie, rovescia il tavolino, e ritornando nelle sue stanze ridendo lascia coloro al bujo precipitati al suolo, che s’abbracciano, si avviticchiano, si dimenano ed urlano. Torna fuori il Zio con lume alla mano appena sono rialzati, e travvedendo s’abbandonano al primo terrore. Interrogazioni, equivoci, confusioni, lazi di spavento sostengono questa scena, che termina col riceversi dagli usuraj la metade del loro credito onde sen vanno abbracciati e paurosi ritrocedendo al limitare dell’uscio per incontrarsi in un servitore ch’entra con candela accesa e torna ad agitare i fantasmi dell’alterata lor fantasia. Questa situazione non è da confondersi con que’parapiglia delle nostre Commedie dell’Arte, che fanno sgangherar dalle risa la Plebe. La certa credenza della morte di Daiglemont, la minaccia da lui scritta di tornare al Mondo per fulminar Giordano se non si fosse arreso alla condizione propostagli, la notte, il suono della conosciuta voce, l’improvvisa comparsa, lo strepito del tavolino rovesciato, l’oscurità succeduta, dovevano in quelle anime ree far nascere l’illusione, accrescerla, e diciam così personificarla: onde dobbiamo saperne grado all’Autore, che seppe disporre, e sostenere una scena tutta di comica bravura, da far ridere ogni ordine di persone senza allontanarsi dal poetico verisimile. Quanti figli di famiglia, quanti prodighi rovinati avran veduto in Giordano e in Michele le immagini odiose degli spietati usuraj che arricchiti si sono delle loro spoglie! Così divenissero originali per gli moderni scrittori del nostro Teatro, che si sa-[672]rebbero più onore sferzandoli dalle scene, che logorandosi il cervello a far volar de’giumenti per istordire senza profitto gli spettatori.

L’Autore Francese condusse la Commedia la suo termine con tutta la proprietà e naturalezza. Giunge un servitore con un Biglietto al Sig. Daiglemont. Si torva il Zio nella Sala, e lo riceve e crede diretto a lui. L’apre, lo legge e trova la risposta di Dortis favorevole alla dimanda di suo Nipote con cui gli promette le L. 1500. chiestegli la passata mattina. Allora esce di dubbio, e d’essere ingannato s’accerta: richiama alla memoria il cangiamento d’umor di sua figlia, che le ne diede indizio, e con un bastone alla mano sforza il Servitor complice della frode a confessargli che suo Nipote vive, traendo anche a questo passo una scena viva e ridente. Giulietta accusata d’un reo silenzio si discolpa di non aver avuto tempo d’avvisarlo a quattr’occhi: ragione ch’è un pò languente. Follevile convinto di traditor e falsificator di scritture, è costretto ad implorare la sua pietà; egli a tutti perdona, l’azione si termina col Matrimonio de’due Cugini amanti; ma non precipitata dalla debolezza del Vecchio, che prima di cedere mostra tutta la vivezza del risentimento, rimprovera, ammonisce, parla da saggio, e non può finalmente resistere alle lagrime d’una figlia amata, e d’un Nipote sedotto, e malgrado suo strascinato a secondare un inganno che formò l’argomento delle Commedia.

Si dica mò se in questo Piano, arricchito d’ingegnosi episodj, nulla scorgasi che sia chiamato a forza, che rompa i confini della comica probabilità, che disgusti l’intelligenza degli uditori? Oh! quante sere s’è poi replicata questa Commedia che voi tanto lodate, Signor Gazzettiere? Udiamo farcela questa interrogazione, ma risponderemo; che se il numero delle repliche è sempre la misura del merito delle Rappresentazioni teatrali saranno pezzi più stimabili della Zaira di Voltaire, e dell’Eugenia di Beaumarchois il Mago dalla barba verde, e il Buovo d’Antona.

Chiediamo perdono all’Autore della Dama Benefica se un espressione mal intesa ci ha fatto credere, ch’egli avesse finta la Scena in Inghilterra. Niuno de’Personaggj ha detto mai dove fossero. Sappiamo che nell’Originale stà scritto In una Città di Italia con porto di mare il che mai non si accenna nel corso dell’azione. Non si potrà dunque intender che Napoli riguardo al pronto ricorso ad un Re. Rispondendo sul solo punto del nostro torto verifichiamo il presagio di poter prendere qualche sbaglio, per uno a l’altro de’motivi da noi espressi, e diamo una prima prova dell’accoglienza che avrà sempre da questa Gazzetta ciò che vaglia a disingannare il Pub. anche contro di noi. Sugli altri punti d’apologia inseriti nel Biglietto anonimo che ci scopre l’errore, nulla rispondiamo per non ripetere le accuse da cui provennero. Son essi sì deboli da far ispiccare maggiormente le nostre ragioni se anche nudamente li riferissimo.

All’Autore della Lettera

Dalla Terra di B . . . . .

Il nuovo Postiglione non è una pura e mera copia del Foglio di Leyden che ristampasi dal Sig. Albrizzi nell’originale Francese, ma quello contiene bensì de’pezzi da questo tradotti, de’quali si vagliono anche tutti gli altri compilatori delle Italiane Gazzette Politiche.

Su questa sicurezza cessino le strepitose contese, che diedero argomento all’erudita dimanda.

Brescia 19. Ottobre 1790. a Noi.

Gli abusi da lungo tempo introdotti, e recentemente aumentati nel proposito de’Rivendigoli, che alteravano il prezzo in ogni genere di Vettovaglie coll’incettarle, a danno particolarmente de’poveri, determinarono questi Illustr. Deputati a trasportare la vendita de’Commestibili di prima necessità fuori della Piazza solita, onde togliere con ciò tutti li Monupolj, ch’essi impunemente commettevano, difesi dalla situazione deludente le cure di chi è Preside fu tal interessante Argomento. L’elezione deludente le cure di chi è Preside su tal interessante Argomento. L’elezione poi seguita dei Provisori alle Vettovaglie, in due Soggetti degni per la loro indefessa vigilanza, e integrità, rese compita l’opera, scorgendosi in ora levati molti scandalosi arbitrj con rimarcabile vantaggio di questi Cittadini, costretti per l’addietro, provedersi de’generi pel loro vitto da’suddetti Rivendigoli, la di cui indiscretezza era giunta all’estremo. Costoro per lo più allettati da un infame interesse abbandonavano il loro proprio Mestiere per darsi a un tal proibito, e detestabile traffico. Or che si veggono parte scacciati, e gli insistenti puniti, non si dubita punto vederli forzati ritornare di nuovo alla loro primiera Professione. Intanto sfogano il loro livore, spargendo sciocchi viglietti satirici, a carico dei due meritevoli Provisori, forse con l’idea di rimoverli dall’intrapreso salutare sistema ma si spera (malgrado il loro gracchiare) sarà costantemente osservato. Siccome questo è un oggetto che fissa l’attenzione del Pubblico, così vi prego esponer la presente nella vostra Gazzetta a conforto dei due lodevoli Soggetti, e a confusione degli indegni oppressori de’Poveri. Sono ec. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Metatextualität► In altra della medesima data confermasi quanto abbiamo riportato aggiungendovisi che anche de’Fronaj furono ritrovati in dolo tra’quali è nominato un uomo, e una donna. In quest’ancora ripetesi che Li Nob. nuovi Signori Prov. di Comun posson esser certi de’dovuti pubblici encomj.

Il Saggio delle Poesie del Sig. Franc. Belloni, che dato abbiamo nel Foglio di Sabbato non ha servito che a farlo conoscere un felice imitator del Petrarca nell’unità de’pensieri, nell’armonia de’versi, nella purità della lingua. È ben giusto che a que’che non videro la sua Raccoltina da noi si mostri il di lui genio poetico sciolto dal giogo dell’imitazione in varj argomenti, e cominciamo dal seguente ◀Metatextualität

Ebene 3►

Sonetto
Per la morte di Federico il Grande Re di Prussia ec.

Carco di gloria, e dell’invidia a scorno

Vinto del tempo il nero dente edace,

Filosofo, Guerrier, Padre verace

Del Popol suo che geme all’urna

intorno;

Là degli Elisi al placido soggiorno

Volò Ferrigo in sen di lieta pace,

E scintillando qual celeste face

Vivrà il suo Nome ovunque splende il giorno.

O Voi Principi, Re, Figli di Marte,

Frenate il suon de’lacrimosi carmi,

E imparate a morir con petto forte;

Il grand’Eroe trionfator tra l’armi,

Scrittor profondo di sublimi carte,

Depose il Scetro, e non curò la Morte. ◀Ebene 3

Quel Mastro Marangone, che deluse la Compagnia di Biri, ha ottenuto dalla medesima un pacifico accomodamento, e s’è impegnato ad empiere il vuoto della Cassa affidatagli contribuendo Lire 4: alla settimana. Così in quattro anni sarà rimessa l’intera summa.

[674] Preghino il Signore le Putte, le Donne, e gli Uomini componenti quella Società, che li conservi in vita e in salute onde poter godere quel giorno di vita allegra, che per essi tramontò nel suo nascere. E siccome i piaceri riescono più cari, e più si assaporano quanto son più bramati, così il Marangone avrà allora il merito d’aver ingrandito e reso più grato quello de’suoi Socj con un lungo ritardo. Cessino dunque le pretensioni del Burchiellante e de’Suonatori, e s’apparecchino al nolo della barca, e delle braccia da contrabasso e violino, per l’Autunno dell’anno 1790.

Bastimenti arrivati. Pr. Ottobre.

Brac. P. Zuan. Magnaron da Trieste con 4 bar. chiodi, e una bot. ferro v. 2 detto. Piel. P. Ant. Spellich da Trieste con 3 bot. cera gialla 4 bar. arg. v. 2 bal. panni. 4 col. tal 5 col. ottoni. 3 bot. fil di ferro & altro.

3 detto. Nave Cap. Zuan. Milinarich manca da Trapani li 8 Set. Parc. Sig. Zuan. Comello con 300 Salme di sale.

Urca Cap. Is. Scarpa manca da Corfù li 17 Set. Parc. Sig. Ben. Scarpa con 71 bot. e 5 car. oglio.

Checchia Cap. Spiro Malamà manca da S. Maora li 13 Set. rac. al Sig. Men. Vivante con 16 bot. olio. 21 mog. sale. 10 fag. uvapassa. un m. cipolle cagnine.

Chec. Cap. Cristof. Collovich manca da Smirne li 18 luglio e dal Zante li 22 Ag. e da Corfù li 4 Set. e da Trieste li 25. Parc. Sig. Liberal Carnio con 2900 Cant. Vallonia. 72 bal. Gottoni. Un Ballotto seta grezza. 12 ballotti filati bianchi. 5 ballotti pelli semoline.

Piel. P. Mich. Lucovich manca dal Retimo li 7 Set. e dal Zante li 18, e da Corfù li 22 rac. al Sig. Nic. Giurovich con 58. c. oglio.

4 detto. Polacca Cap. Marco Lazzari manca dal Zante li 14 Set. Parc. Sig. Paolo Lazzari con 64 cai e 12 carat. oglio. 18 carat. miel.

Piel. P. Nic. Verona manca dal Retimo 28 giorni e dal Zante li 17 Sett. Parc-Signori Marco e Giov. Verona con 109 c. oglio.

Piel. P. Giov. Cindre da Spalato e Traù con 7 c. oglio & altro.

Piel. P. Ant. Ballarin da Ravenna con 4 Ballette Asfor 500 st. pignoli e una bal. seta g.

Piel. P. Bern. Ballarin da Cesenatico con 5 bar. miel.

6 detto. Piel. P. Mat. Minich da Cattaro con 7 c. oglio. 36196 lib. Castradina. 852 pez. form. morlacco. 1864 di moriotto, & altro.

Brac. P. Mat. Spellich da Trieste con 71 m. e 400 lib. Pece della Valona. 3 Bal. tele. 2 car. merci.

Battello, P. Pietro Duse da Palma-Nova con 17 sac. gripola. un car. lente. un sac. cera g.

Brac. P. And. Spolar da Trieste con un bar. arg. vivo, 4 bot. foglia si Sienna, un bar. biadetto, 2 cas. merci di gotton & altro.

Piel. P. Tom. Scarpa da Palma-Nuova con 10 sac. lente, 520 st. formento & altro.

Piel. P. Tom. Duimovich dalla Brazza con 5 c. oglio.

Piel. P.And. Sirovich da Cattaro e Castel-Novo con 60 bal. Cordovani, 5 Bal. Montoni, 7 col. cera g. 11 m. e 10 lib. castradina & altro.

Piel. P. Adamo Maraffi da Cattaro con una cassetta seta. 2225 pez. form. moriotto, 3757 morlacco, 50 m. 855 lib. Castradina, & altro.

Piel. P. Paolo Mattovich da Cattaro con 4 c. oglio, 41 m. 278 lib. Castradina & altro.

Piel. P. Dom. Vianello manca da Cef.falonia (sic.) 19 giorni rac. al. Sign. Giov. Antipa con 57 c. Moscato, 406 fag. e 19 fagottini uva passa 15 bar. e 8 car. miel, 22. c. oglio, 20 m. limoni, 65 car. zebibbo.

[675] Piel. P. Giov. Vianello manca da Ceffalonia li 16 Sett. rac. al Sig. Niccolò Ravandinò con 8 car. miel, 245 fag. e 3 m. e mezzo uvapassa, 70 c. Moscato, 10 m. Limoni, 9 bar. e 5 m. zebibbo.

7 detto. Piel. P. Piero Tomich da Cattaro e Castel-Novo con 5 c. oglio, 16 m. Castradina, 700 pel. Boldroni, 94 Bal. Lana grossa, 9 da calcina, 2. col. cera g. un fag. seta g. & altro.

Piel. P. Vic. Vianello da Piran con 155 mog. di sale.

Tartana. Cap. Fr. Caffiero Napolit. manca da Marsola 34 giorni e da Reggio di Calabria 20 giorni rac. a sè med. con 40 m. cedri 10 cas. e 10 m. limoni, 280 Salme di sale & altro.

Piel. P. Fr. Vianello manca da Ceffalonia 20 giorni rac. al Sig. Lor. Vianello con 153 c. Moscato 230 fag. e 6 fagottini uvapassa, 14 car. e 2 giarrette miel un m. e un bar. zibibbo.

Piel. P. Ant. Gavagnin da Piran con 100 mog. di sale.

Chec. Cap. Tom. Leva d’Ancona colla sola Prov.

Nave Cap. Pietro Gagrizza manca da Salonicchio li 4 Ag. e da Trieste li 30 Set. rac. agli Eredi Vianello con 769 cuoj salati 3 fag. Telarie 370 Bal. e un Ballotto Gotton, 4 Ballotti Filati rossi, una Bal. pel. di Lepre 150 Lingue salate.

8 detto. Trab. P. Giac. Padovan da Ravenna con 6 Bar. miel e un Bar. Gripola.

Trab. P. Lor. Rassol da Piran con 158 Mog. di sale.

Piel. P. Franc. Vesselich da Ragusi con 61 Schiavinelli Lana 33 Bal. e un fag. Cordoani e Montoni, e 4 Bal. deti alla rinfusa, 15 col. e 2 fag. cera gialla.

Piel. P. Zorzi Lazzari manca dalla Canea li 4 Set. rac. al Sig. Biagio Lazzari con 90 cai e 12 car. oglio.

Pinco Cap. Donato Savarese manca da Manfredonia 10. gironi, rac. a se medesimo con 4. c. Oglio piccoli.

Pinco Cap. Salvator Savarese manca da Manfredonia 10. giorni rac. a se medesimo con 2. cai e 2. barilotti Oglio.

9. Detto. Tartanon P. Francesco Davanzo d’Ancona con 81. sac. polv. di Gripola. 44. bar. catrame. 45. Bal. Lana.

Piel. P. Vic. Bernardini d’Ancona con 24. m. Valonia 50. bar. Salamon 7. bal. Lana.

Brac. P. Gir. Moretti da Trieste con una cass. Terlisi 18. Baze fil di ferro & altro.

Piel. P. Franc. Vianello da Fano con un m. ferro v. & altro.

Piel. P. Seb. Donaggio d’Ancona con 7. bal Storace e 25. m. pietra di gesso.

11. Detto. Piel. P. Biag. Florio manca dal Zante li 26 Set. Parc. Signor Pietro Florio con 108. cai e 13. carat. Oglio e 3. carat. miel.

13. Detto. Piel. P. Antonio Pitteri da Trieste con 97. mila 134. lib. Pece della Vallona.

Piel. P. Giov. Rovere da Trieste con una Bot. Gripola 2. col. tele. 3. bot. Colla. 22. bar. Colofonio & altro.

Piel. P. Iseppo Bottolo da Spalato con 17. bal. Lana 61. bal. Cordovani e Montoni pelli 13695. 9. m. fighi 261. Schiavinotti da cavallo 6. c. Oglio & altro.

Piel. P. Franc. Spolar da Trieste con 49 m. 892 lib. Pece dura & altro.

Bergantin Cap. Paolo Ballarin manca da Cipro li 3 Ag. Parc. Sig. Jacob e Joseffo Bellilios con 2 cas. Folicoli di Sienna. 5 Bal. Fazzoletti, una Bal. Indiane, una cas. e una balletta pistacchi. 2 Cas. Galbena, 6 Bal. Filati, una cas. polv. di Mirra, 206 ballotti e 6 balle Gotton, 80 cai e 14 bar. vin di Cipro, 2 Bal. Manifatture d’Aleppo, 2 dette di Gotton, 35 Cas. Merci e Droghe, una Bal. Merci d’Aleppo, un Involto Coltre, un Involto Bottane. 40 pez. dette, un’Involto Dimiti, Borghi Fazzoletti, e Indiane.

14 Detto. Piel. P. Olivo Grego da [676] Spalato con 44 bar. Zebibbo, 400 Bariletti e 17 Mastelladi fighi.

Piel. P. Lod. Brunetti da Cattaro con 59 m. 213 lib. Castradina 5917 pez. form. morlacco e cotto 254 Mogliazzi e Mastelladi fighi, un baul seta 3 cai oglio.

Metatextualität► Il resto Sabbato. ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere.

Treviso li 19 Ottobre 1790.

“Jeridì a sera fu la prima Recita dell’Opera intitolata: la Morte di Cesare, in questo Nobile Teatro Astori e con sincerità ne darò il ragguaglio, che il Musico Signor Neri ha una bellissima voce, ed è gran professore, la Dona, è buona assai, il Tenore . . . . le altre parte poi soffribili. Il primo ballo intitolato: Minosse Re di Creta, è un ballo assai spettacoloso, e molto ben eseguito; ed il Sig. Viganò riscosse gli universali applausi; il Scenario dell’Opera, come pure quello del ballo veramente magnifico, l’Orchestra eccellente, in conclusione in complesso, è un gran spettacolo degno di qual si sia Soggetto. Ma quando il Sig. Impresario non risolve di abbreviare un tal divertimento almeno di mezz’ora non vi sarà più alcuno, che vadi al Teatro, essendo troppo lungo, e nojoso.

Un suo Associato. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Notizie Sacre.

15 Ottobre. S. Teresa di Gesù che del 1562 fu fondatrice dell’Ordine Carmelitano scalzo in Avila Città di Spagna, e morì nel 1582. Chiesa fabbricata da’ RR. PP. Riformati Francescani i quali poi ritiratisi a S. Bonaventura, fu quel luogo concesso dall’Eccellentissimo Senato alle Monache Carmelitane dette le Terese ed è Juspadronato de’Serenissimi Dogi.

16 Detto. S. Gallo Abbate Discepolo di S. Colombano fu promulgatore del Vangelo nella Svezia ove morì. Chiesa dell’Abbazia in Campo Ruzolo Juspatronato di Sua Serenità il quale elegge l’Abbate, ch’è attualmente S. E. Ant. Marin Priuli Auditore della Sacra Rota Romana. Dispone il Serenissimo Doge di cinque Casette vicine alla detta Chiesa a favore di cinque povere Vedove, ch’hanno in oltre cinquanta Duc. all’anno per ciascheduna, e ciò in vigore di Legato del Santo Pietro Orseolo.

A S. Severo nel dì festivo di San Gallo si fa Processione perch’è contitolare della Chiesa. Anticamente era accompagnata dal suono de’pifferi, ch’ora si son posti in disuso. Questa Chiesa visita processionalmente nel medesimo giorno quella di S. Lorenzo.

Commedie per questa sera.

A S. Gio: Grisostomo

Replica dell’Aristodemo Tragedia.

A Sant’Angiolo.

Replica dei due Pantaloni, o sa lo Specchio a’Padri.

A S. Luca.

Replica di Teresa e Claudio.

Morti.

S. E. il Signor Alvise Emo fratello dell’Eccellentis. Sig. Ang. K. e Proc. qu: Zuanne Proc. d’anni 73. Mancò di vita quasi improvvisamente la notte dello scorso Venerdì a Postiuma in un luogo suo di campagna. Fu trasportato il di lui cadavere in questa Chiesa della sua Parrocchia di S. Simon Piccolo, poi seppellito in quella de’Padri Serviti. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1