Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 40", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\040 (1790), S. 313-320, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2603 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Num. 40

Mercordì 19. Maggio 1790.

Ebene 2►

In Senato 15 cor.

Sopra Prov. alla Sanità dura mesi 12

s. Mich. Piruli qu: Renier.

Brescia. 13 Maggio 1790.

Ebene 4► Exemplum► Nell’anno 1732 Londra vide un esempio d’un suicidio memorabilissimo. Certo Riccardo Smith e sua moglie posti in prigione per debiti s’appiccarono uno e l’altra, dopo aver ucciso i loro figlj. Si trovarono nella loro camera due lettere dirette ad un amico con cui raccomandavano di prendersi cura del loro gatto, e del loro cane. Ebbero l’attenzione di lasciar con che pagare il portatore dei viglietti, nelli quali spiegavano i motivi della loro condotta, aggiungendo, che non credevano che Dio potesse provar piacere in veder le sue creature in istato infelice, e senza risorse; che per altro si rassegnavano a ciò che piacerebbe a lui di comandare nell’altra vita, riposando intieramente sulla di lui bontà. Unione ben stravagante di religione, e di delitto! ◀Exemplum ◀Ebene 4

Il fatto è riportato dal Sig. Smollet nella sua Istoria dell’Inghilterra.

La nostra Brescia, in verità, da qualche tempo non cede all’Inghilterra ne’suicidj. In pochi dì ne contiamo tre; uno tentato, e due eseguiti. Parliamo dell’ultimo de’due, ch’è singolare.

Certo Sig. Francesco Rossi, uomo di qualche talento, [...] di sufficienti sostanze per vivere comodamente quanto basta, ha finita la sua carriera Sabbato scorso 8 cor. con una ferma determinazione, e pensamento di suicidio. Egli era solito praticar nel Convento di questi PP. Riformati di San Francesco detti di Santo Cristo. Soleva andar in quella Libreria a passar molte ore con i Libri. Seneca ed il Fedon di Patone erano i suoi prediletti. Fece il suo Testamento molto tempo prima a cui lasciò erede questo [...] detto La Congrega Apostolica.

Sabbato dunque andò ai detti Padri la mattina due ore avanti mezzodì, si chiuse in Libreria, si mise a leggere nuovamente i detti Libri, indi fornito di pistola, ed’uno specchietto, posto questo in sito da poter ben vederci a misurare il colpo, si spaccò il cervello scaricandosi la pistola nell’orecchio dritto. Cadde a terra co’suoi Libri, ed [314] in particolare vi si trovò vicino il detto Fedon di Platone, che com’ognun sà, tratta dell’immortalità dell’anima. I Padri non si accorsero del fatto che il dì dopo. Vi si trovò dunque la pistola, lo specchietto, una scatola con entro della polvere da schioppo, palle da pistola, acciarino, ed una Lettera con mansione legata al bottone del suo cappello, sigillata, e diretta ad uno di que’Padri. Ella è stata veduta, e letta da molte persone, e ve la mando onde la stampiate, o tutta, o quella parte che credete poter bastare. Ella è scritta fino dai 12 Marzo p. p. onde vedete ch’egli era già fin d’allora determinato d’uccidersi. Voi potete ben immaginarvi qual sensazione abbia fatto in tutta questa Città così funesto caso. È anco riflessibile come nel suo Testamento obbliga il Pio Luogo erede a mantenere il suo Cugino Sig. Uberti nominato in detta Lettera. Erano due inseparabili amici, che facevano costantemente la vita assieme. Non si sà comprendere cos’abbia determinato quell’onest’uomo a privarsi di vita.

Sono ec. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Extra.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Al Molto Rev. Padre Luigi da Brescia
Minor Riformato.

Lettera di me Francesco Rossi in Rapporto il luogo di mia sepoltura = Da essere in caso di mia morte dal medesimo aperta, ed eseguita, come ne resta umilmente pregato.

Intus.

M. Rev. Padre Luigi di Brescia
Minor Riformato.

Perchè vi considero soggetto di probità, e rettitudine, e Religioso di soda pietà, e virtù a voi mi rivolgo incombenzandovi la pia opera della mi sepoltura nel caso, che la morte mia seguisse nel vostro Convento.

Escludo il diritto sepolcrale, che m’appartiene nella Parrocchiale di S. Agata, ed eleggo la vostra Chiesa per mia sepoltura.

Ecco il metodo, che seguir dovete, come sono a pregarvi instantemente.

Dal luogo d’onde seguisse la morte mia, mi farete trasportare, nel vostro Oratorio segreto, ove per il vostro infermiere, o per un Chirurgo farete dal corpo mio estraere tutte le viscere, quali farete collocare in una cassetta, che vi compiacerete far sul momento allestire.

Il mio corpo poi intieramente spoglio, involto in due pezzi di tela, ossia canevaccio nuovo, che subito farete provvedere, sarà collocato in una cassa, che parimenti avrete sul momento la bontà di far preparare.

La vostra Pietà è pregata recitare le solite essequie; ma vi avverto, che voi solo dovete fare tal carità, senza intervento d’altri. Un torcio solo di quattro libbre deve esser tutto il Funerale, e nulla più, nè voglio altre formalità. Il tutto deve segretamente eseguirsi.

Tanto mi prometto dalla vostra probità, che non mancarete.

Farete indi aprire la terra nella vostra Chiesa in luogo di vostro piacere, [...]scere solo interrare. Sopra il deposito farete incassare una picciola pietra d’un braccio circa, nella quale a comodo farete scolpire il mio nome.

Trenta giorni dopo, che sarò stato interrato prego la Vostra carità a celebrare per me la santa Messa, quale per me pure applicarete. L’elemosina della medesima voglio, che sia di due zecchini.

Dal Padre Superiore favorirete prender il necessario permesso, onde quanto in dettaglio vi ho ordinato, anzi pregato resti puntualmente senza alterazione eseguito.

Se per qualche Canone al Parroco vicino se gli dovesse qualche convenienza, gliela prestarete.

Qualor meco non tenessi tutto il denaro occorrente per supplire a tutto quanto ho di sopra disposto, vi prego partecipar la presente mia disposizione [315] al mio caro Cugino Sig. Lodovico Uberti, onde sul fatto vi fornirà tutto il denaro bisognevole per l’opportuno adempimento; senza che vi prendiate l’incomodo a ricercar l’Erede mio Testamentario.

Tale è la mia volontà in proposito della mia sepoltura. Alla vostra pietà, e probità di nuovo mi raccomando, perchè quanto ho ordinato abbia il suo effetto, senza la minima alterazione, o diminuzione, come tanto confido nella vostra rettitudine.

Nel caso predetto di mia morte vi prego di abbracciare affettuosamente in mio nome il carissimo mio Cugino Sig. Ludovico Uberti, ed accertarlo di due cose. Primo, che in tutto il corso di vita mia non ho conosciuto uomo più onesto, nè più probo di lui. Parente affettuoso, amico fedele, e senza il minimo interesse. Secondo, che le sono tenuto in maniera delle grandi attenzioni, che continuamente Egli mi ha prestate, che io non trovo espressioni sufficienti per potergli contestare il dovuto ringraziamento nemmeno in minima parte.

Dal medesimo vi farete consegnare la gran Carta Francese, in cui sta impreso il Giudizio Universale, che appenderete nella Vostra Cella in mia memoria, ed in testimonio, che vi ho sempre stimato, e riverito.

Ommettonsi alcuni paragrafi, che relazione non hanno colle sue disposizioni, e sono un semplice sfogo del suo rammarico per l’oppressione sofferta (com’egli scrive) dal prenominato Sig. Uberti. Questo riesce (lasciò nel suo Foglio) egualmente pesante a me medesimo. Conchiude così:

“Iddio Signor ci doni la pace, alla desolata tradita famiglia la dovuta giustizia, e a voi, che tanto stimo, e cui mi raccomando lunghi e felici anni

Umiliss. Servo, e cordialiss. Amico
Francesco Rossi. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Brescia 12 Marzo 1790.

In altra Lettera della med. data 13 cor. contiensi quanto abbiamo riferito. Si accenna di più che il suo Testamento fu da lui fatto nello scorso Decembre. Brief/Leserbrief► “V’ha chi lo battezza (scrive l’Autore di questa) per uno di que’spiriti forti, che a’giorni nostri sentonsi rinomare: ma egli è più probabile, che fosse buon Cattolico, ma offeso nel cervello. Egli s’è per altro sempre dimostrato amico dell’amico ec.” ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Rovereto 12. Maggio 1790.

Meritano d’esser fatte note alla Repubblica Letteraria due bellissime Canzoni di questo Sig. Gianvigilio Giannini, giovane di eccellente ingegno, e nato propriamente a poesia: presentate da lui alla Maestà di Leopoldo II. Re d’Ungheria, e di Boemia ec. e di Maria Luigia sua Consorte nel passare che fece per qua andando a lor reame in Germania; e date anco alle stampe. Intorno alle quali perchè le nostre lodi non otterrebber forse tutta la fede, siccome di terrazzani, noi vogliam recare in mezzo un testimonio non sol forestiere, ma di gran peso altresì per la penna, onde viene. E ciò sarà un’egregia lettera del Padre Antonio Cesari dell’Oratorio di Verona, elegantissimo Poeta egli stesso, e sublime volgarizzatore d’Orazio. Così dunque ei ne scrive al Cav. Clementino Vannetti, col quale avea pochi dì prima considerato le due predette Canzoni.

“Del Sig. Gianvigilio Giannini godetti molto di potervi assai lodar le Canzoni, che egli stampò a questi dì; ed ora da capo con lui mi rallegro, e con la patria vostra, che abbia un Poeta, il qual seppe, per alta discrezione, e retto studio del vero bello, scuotere il giogo della barbarie del secolo in fatto di poesia. Egli ha il vero sapore della poesia Toscana, l’eleganza del miglior tempo, e la maturità del giudicio, [316] la quale debbe esser cosa d’ogni tempo. Le due Canzoni di lui, e alcun altro Sonetto, ch’gli stesso mi recitò, me ‘l fanno giudicar tale; se pure io sono uomo, che della vera bellezza possa far giudizio, che dal vero affatto non s’allontani. E se non v’offendete del paragone, credo poter dire; che nè pure il vostro Tartarotti, di cui metteste voi in luce le rime, non ha quel sapor fino, quell’armonia, quel numero, quell’eleganza, che il Giannini: nel che io non credo scemar niente di lode al medesimo Tartarotti; il quale per altre dotte scritture è fatto già sì chiaro al mondo, e famoso, che non abbisogna più avanti per essere uno de’primi ornamenti della patria vostra, e di tutta Italia. Nella seconda Canzone per la Reina Maria io vi feci avvisar come difetto che mi parea, l’essersi il Sig. Giannini troppo lungamente indugiato in dir contra l’adulazione; ma non così mi duole di questo, come della cagione, che egli dovrà averne avuta. Certo egli medesimo non potea non vedere, che egli era quivi soverchio; e vi apparisce assai chiaro, ch’egli volle a bello studio seguir l’impressione del cuor suo, dimenticando le ragioni dell’arte. Egli è persona da non dovergli esser data cagione di commettere studiosamente tal colpa; e di questo mi duole: E doler mi vorrei, nè sò di cui. Riveritel per me, e confortatelo forte a non lassar la magnanima sua ‘mpresa. Amatemi, che son tutto.

Il vostro Antonio Cesari.” ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Metatextualität► Or se chi legge questa bella, e veracissima lettera, bramasse almeno un saggio del poetar del Sig. Giannini, s’abbia qui le due prime stanze della prima Canzone a Leopoldo: ◀Metatextualität

Ebene 3► Oh supremo, oh possente

Signor di vasto interminabil Regno,

Che pietoso, e dolente

Voli da l’Arno a confortar l’afflitta

Germania, e del reale inclito segno

Cingi la fronte invitta,

Che il peso sì, ma l’alto onor non sente:

Se la dolce aura di que’verdi colli,

Ove han lor nido i cigni, udir tal volta

T’ha fatto un nobil canto,

Che temprò versi armoniosi, e molli;

Dal regio cor le gravi cure alquanto

Prego deponi, e questa bassa, e incolta

Canzon, che in voto io ti consacro, ascolta.

Tu sei pur, s’io ben miro,

D’Italia ancor fra l’Alpi; e dove suona,

Come che in picciol giro,

Non forse in grido, e in nobiltà sì scarsa,

Dottrina del Santissimo Elicona:

Ma combattuta , e sparsa

Da crudi venti; ond’io sempre m’adiro.

Ve’, lor mercè, la preziosa scuola,

Che nel difficil calle erane guida,

Sì lieta, e piena un giorno,

Or, quasi a un tratto, inonorata, e sola;

Anzi ricetto del suo proprio scorno.1

Odi, Signor cortese, odi le strida

De la meschina, che in te sol confida. ec. ◀Ebene 3

Lunedì prossimo scorso fu pubblicato un Proclama del dì 26. Aprile 1785. dell’Eccelso Cons. di X ristampato per ordine degli Eccellentissimi Capi attuali del med. sopra la proibizione dell’armi, sul dovere de’suoi Capitanj, sul pre-[317]mio destinato alle lor detenzioni, e castigo per le loro mancanze.

Nello stesso giorno vestì l’abito religioso d’Agostiniana nel Nobilissimo Monistero di S. Alvise la N. D. Cecilia Figlia di S. E. il Sig. Franc. Grimani. La musica che solennizzò questo Vestiario, e fu molto applaudita, è del Sig. Maestro Ignazio Spergher di Treviso.

Quante carte di ricerca ci giungono intorno a’disegni, a’modelli, agli esami, al giudizio, al premio! Vorrebbesi che dicessimo quello che non sappiamo, e non ancora è noto ad alcuno. Scorrendole ora col guardo, diremo qualche cosa su quelle, che dalle nostre cognizioni posson esigere qualche lume, abbracciandole tutte nel seguente Articolo.

È impossibile che pubblicata si vegga su questi Foglj la lista de’nomi di tutti quelli che concorsero al premio, perchè non li sanno nemmeno i tre Giudici al cui discernimento furono sottoposti i Disegni, non pochi de’quali vennero consegnati anonimi con de’contrassegni soltanto.

È verissimo, che due nobili Giovinetti Fratelli d’illustre Patrizia Famiglia diedero pur essi un Modello opera del loro diletto.

Non la precedente Domenica ma solo il giorno dell’Ascensione fu consegnata alla Nob. Presidenza la Scrittura informativa delli Disegni. Nel susseguente Venerdì il Nob. Professore Sig. C. Stratico è ritornato a Padova.

Non si ha certezza che la prefata Scrittura abbia a comparire in istampa. Molti fondano la loro lusinga per il sì sulla convenienza dell’istruzione generale alla Società del Teatro da erigersi, e sul desiderio, che si deve supporre in chi la stese, e la sottoscrisse, di vederla pubblica onde a tutti sia nota l’equità del giudizio, e siano palesi le ragioni dalle quali venne determinato. Altri credono in opposizione, che siccome segrete furono le instruzioni, che diedero regola alla decisione, così questa comune esser non debba che alle sole persone interessate nella grand’opera; che il Pubblico non abbia diritto alcuno alla conoscenza d’un affare su cui tanto s’agita la sua curiosità. La ben nota saviezza di que’che presiedono a tanta impresa promette il migliore partito.

Intanto và proseguendosi, ed è presso il suo termine il disfacimento degli stabili, che lasciò un vasto piano all’Architettura del Teatro magnifico da fabbricarsi.

Il voto d’uno degl’incogniti autori di questi Scritti a cui rispondiamo non è per la grandezza, o bellezza della Fabbrica, ma per un declivio nella platea di tal gradazione, che lascj in tutte le file egualmente ben vedere la scena. Io non son uomo da loggie, egli dice, ma intervengo a tutte le prime recite, e m’arrabbio diabolicamente se toccandomi un posto vicino all’orchestra mi trovo coperto in modo dal primo suonatore, o da qualche contrabasso, che degli Attori veder non possa sennon la testa; o se restando indietro mi tolgon la vista que’che sono dinanzi. Possibile che non si trovi il modo di fare che i suonatori tanto non si alzino ad ingombrare l’aria che appartiene agli spettatori, o non si voglia una volta sacrificare a’loro diritti qualche spazio della platea tenendo la prima fila un pò lontana dall’orchestra, e l’altre con elevatezza proporzionata onde tutti veggano senza bisogno d’alzarsi, e di costringere chi loro stà dietro all’indecenza di mettersi a cavalcioni delle panche? L’Architetto, che otterrà il premio si sarà probabilmente occupato, quanto all’interna costruzione, del comodo de’palchetti, della lambiccata visuale, e di tutt’altro che di questo punto essenzialissimo. Ricordigli la Gazzetta, che ci siamo anche noi spettatori da platea, che spendiamo i nostri denari, che meritiamo i suoi riguardi, e che nella perfezione della sua opera [318] ci dev’entrare anche la nostra comodità.

Domenica il tempo permise l’ordinaria funzione dello Sposalizio del mare. Suole riuscir essa men bella quand’è differita, ma questa volta non fu così. Seguirono il Bucentoro i Legni Pubblici

Galera dell’Eccellentissimo Provveditor d’Armata Lio Bembo.

Galera dell’Eccellentissimo Capit. in Golfo Bernardino Soranzo.

Galera dell’Eccellentissimo Gov. de’Condannati Ben. Trevisan.

Galera del N. H. Sopracomito M. Ant. Pasqualigo.

Galeotta diretta dal Cap. Niccolò Zorzetto.

Galeotta diretta dall’Alfiere Niccolò Gini.

Sei Sciabecchini armati con marinaj, e diretti cadauno da un Uffiziale marittimo.

Varie Feluche, e caicchi armati.

Alla imboccatura del canale dell’Arsenale v’erano due Pubbliche Galeotte armate con Soldati e Marinaj.

Tutti questi Legni fecero sette scariche di moschetteria, e artiglieria.

I Soldati di Cavalleria, e d’Infanteria, schierati al Lido, oltre le Urbane Milizie, e la Truppa disposta al Castello di S. Andra, accrebbero col loro militar appartato la grandezza dello Spettacolo, e colle loro scariche di saluto la festa, e la gioja. Bella vista facevano i mercantili Bastimenti con tutte le bandiere spiegate, che a tiro di cannone solennizzarono il passaggio dell’aureo Legno trionfale, preceduto, accompagnato, e seguito da una quantità innumerevole di barche, che dopo pranzo unironsi in corso nel canale della Giudecca occupando in lungo lo spazio che stendesi dall’ultimo ponte, all’estremità della zattere.

Meraviglie della Piazza.

Oltre il piacevole trattenimento, che offre la gran compagnia del Mahyeu il il cui vestiario tante volte cangiato, e sempre ricco e sfarzoso, si guadagna l’ammirazione del Popolo, v’ha in un piccolo casotto una Foca viva condotta dal suo servo Trevisano, il quale hanno avuto l’onore altre volte di farli servitù, com’ei dice nel suo avviso. Fu questa, ei soggiunge, ferata con le mani alla sponda del mare mentre dormiva. Spera di essere favorito dalla Erudita Nobiltà loro, perchè fa vedere lo scheletro d’altra Foca da lui uccisa lunga piedi sei: rarità che non ha pari in tutta l’Europa salvo che a Pavia dove una ne ha venduta a quella università. Soldi 5 per vedere la viva, e la 10, viva e il corbame.

Tra le colonne evvi un piccolo Padiglione in cui per entrarvi bisogna abbassare il capo ove il loro servo Bortolameo Martinelli, proveniente da Vienna fa vedere al naturale con pompa e magnificenza il General Laudon con sua Sentinella e il Bassà di Belgrado. Benchè il Manifesto non lo dica sono le figure di questi Soggetti. Pagasi soldi 5 e quanto alla Nobiltà non si ricusa il di più.

Sensa.

Al num. 2 dell’ala interna verso S. Giminiano v’è la Bottega del Sig. Nic. Parrochi Dalmatino, di cappelli di truciolo (pianaure) della privilegiata sua Fabbrica esistente a S. Antonino in calle de’Greci vicina alle Monache. È questo il terzo anno ch’egli espone in Fiera le sue ammirabili manifatture.

I pezzi che imitano il più fino ricamo resistendo all’umido, e tutti avendo il loro dritto e rovescio, de’più vivaci colori, giungono sino al num. di 8 mila nel Cappello di maggior prezzo, ch’è di 4 zecchini ritrocedendo gradatamente sino a quello di soldi venti.

[319] Fec’egli fornire la sud. Bottega di legno preparato inserviente al lavoro, e con finissime fettuccie del medesimo sono costruiti gli ornati, festoni, fiocchi, e persino i cordoni di essi flessibili, il che la rende una delle più nobili e brillanti botteghe della Fiera.

“Nella nostra Fiera si vede esposta una tavola in rame di carta imperiale intitolata la villa d’Orazio. La nuova opera è lavoro del Sig. Giovanni Galvagni di Roveredo, che ha travagliato con gran maestria questo pezzo erudito, tenendo l’idea della posizione locale di detta villa, che dai versi del Poeta ha tratto con esattezza il Cav. Vannetti, di cui si trova il libretto unito a detta cara. Vi si vede il prato, il tempietto, il pino, il fonte, il lucretile, il bosco ec. con in mezzo Quinto Orazio. Il Galvagni ha studiato assai il Perelle, e diverrà un de’migliori paesisti. Così indicano quelle variazioni infinite. Originalità, franchezza, invenzione, intendimento, distribuzione, morbidezza, distacco, precisione, forza, naturalezza formano l’elogio di detta carta, che si vende dal Sig. Vagner a S. Giuliano Paoli 8. A piedi di essa si legge la seguente inscrizione.

Villam. Sabinam. Qu. Horatii. Flacci
Quam
Clementinus. Vannettius
Ex. Poetae. Carminibus. Pinxit. Versibusque
Descripsit
Ad. Xaverium. Bettinellium. v. d. anno 1781
Eamdem. Joannes. Galvagnius. Roboretanus
Ab. Se. Cado. Expressam. Honori
Andreae. Rubbii. Eximii. Bonarum. Artium
Extimatoris. Dedicavit. Venetiis. Anno. 1790

18. Maggio.

“Sappiamo che anche quest’anno il Magazzino di tutte le acque minerali di Vicenzo Dandolo all’Adamo ed Eva al Ponte de’Barcaroli dispensa.

L’Acqua di Cilla a L. 2: 10 la Boccia

di Boemia L. 4: 10 la Fiasca

di Recoaro -- a soldi 8 la libbra

della Vergine a soldi 20 la Boccia da libbre otto

di Nocera soldi 20 al fiasco

della Brandola a L. 2: 10 il fiasco

di Modena a soldi 10 la libbra

del Tettuccio a soldi 12 la libbra

e tutte le altre con pari vantaggio e tutte recentissime.”

Essendosi ammalato l’Eccellentissimo Sig. Gasparo Gherardini che sosteneva il Placito contro del giovine Parrucchiere, si sostituì nelle ragioni del Fisco Pubblico l’Eccellentissimo Avvogador Curti, e posdomani seguirà il Giudizio.

Li due Avvocati difensori del placitato, estratti a sorte conforme il solito, sono gli eccellenti Piazza e Rodella.

Teatri.

Come spettatori nulla potremmo aggiungere al già detto intorno alle nostre due Opere. Ora raccogliendo le asserzioni di quei che frequentano i Teatri per consuetudine, e scegliendo quelle de’conoscitori disappassionati sappiamo, che atteso qualche accorciamento il Primo Ballo a S. Benedetto ha migliore fortuna, e che a questo Teatro, prescindendo dalla terza recita, è sempre maggiore il concorso; che a S. Samuele si mantiene in grazia del Pubblico la Signora Cantoni dal cui canto deriva un universale diletto.

[320] “Un povero Malghese ritornando con due bestie alli suoi monti verso la Valle di Vestino fu sorpreso da assassini di strada verso li confini di detto Territorio. Non contenti di levargli li denari, con un Fiochello da Contadino lo hanno tanto ferito, che dopo un giorno senza mai potere parlare è morto. Ecco come l’umana pravità, ora che le Leggi del Sapientissimo Governo sono eseguite, si serve degl’istrumenti inservienti all’Agricoltura per eseguire sì orridi fatti. Molto si spera, che malgrado il luogo frà monti, e lontano dall’abitato per la vigilanza delle attuale nostro Eccell. Governatore sarà scoperto il reo onde un fatto di tal sorte resti esemplarmente punito.”

Forastieri

Alla Regina d’Inghilterra.

Mons. Cristoph de Sasse di Curlandia.

Mons. Humel Inglese.

S. E. il Sig. March. Serra con suo Figlio, e con la Principessa Doria, e numeroso seguito. Di Genova.

Il Sig. Reichstardes di Berlino.

Il Sig. Jhan de Humel Tedesco.

Continua ad alloggiarvi S. A. Carlo Giorgio Augosto Principe Ereditario di Brunsvvich-Wolfenbuttel sotto il nome di Conte d’Eberstein.

All’Albergo Reale a San Polo.

S. E. il Sig. Generale Baron de Vangenheijm, con la Dama sua Moglie, e sei persone di servizio.

S. E. il Sig. Marchese De Wijous con cinque Cavalieri suoi Amici, e nove persone di Famiglia.

Mylord e Myledi Clekevv con nove di Famiglia; è questa una delle prime Case di Londra.

S. E. il Sig. Duca De Rurros con il Sig. Marchese Saghezza e quatro di famiglia, di Palermo.

S. E. il Sig. Conte Sivento di Vienna con sei di famiglia.

Mons. Kivinschij

Mons. Pouijniski

Mons. Schonvvinscki

Mons. Trisnioshi

Mons. Tisnoscoviscki con dieci di famiglia.

Trovasi in Venezia sotto il nome di Conte di Soltz il Sestogenito di S. M. il Re d’Inghilterra Augusto Federico d’anni 17.

Da vendere

Un Carrozzino inglese moderno, sulle fuste alla Polignac, atto e resistente a qualunque viaggio, con imperiale, e baule, assi di ferro, e ruote affatto nuove con buccole di legno santo.

Chi vi applicasse dirigasi al giovine del Caffè in campo a S. Bartolommeo nominato Michele.

Ricerca.

Una persona, che viaggia frequentemente, vorebbe un cameriere, abile da pettinare, esatto, e puntuale, ma che fosse forastiero. L’indizizzo è dal Caffettiere prenominato.

Notizie Marittime

“Colle ultime lettere si ha avuto la notizia essersi naufragata la Checc. comand. dal Cap. Francesco Biasini Veneto, proveniente dal Levante, fra Durazzo e la Vallona; ma in questa Piazza non vi è interesse. Si è confermata la presa fatta d’Tunesini sotto il Monte Cristo, della Polacca accennata nel foglio del p. p. Mercordì comand. dal Cap. Leandro Veneto.

Da particolari notizie viene accertato essere sortiti sei, in sette legni corsari Tunesini, fra i quali ve ne siano tre grossi di 200. Persone per ciascheduno, e che questi siano nelle vicinanze di Sfackz, Gerbi, e Portoferrina.

Morti

N. H. Gio: Bat. Baseggio qu. Ant. d’anni 89, della Par. di S. Croce sepolto a’Tolentini. Fu eletto del Cons. di 40 del 1735.

Illustris. Sig. Ignazio Testori.

Nella Inscriz. leggi v. cl. non v. d. e caelo non cado. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1

1Allude a’barbari metodi venuti già è buon tempo di Germania a guastar gl’Italici studj, che attendon soccorso dalla sapienza del novello Re Letterato.