Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 9", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\009 (1790), S. 65-72, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2572 [aufgerufen am: ].


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Num. 9

Sabbato 30 Gennajo 1790.

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Proseguimento della Scena drammatica.

Riprende il Martello, e lo Scalpello; si avanza lentamente, sale con esitanza i Gradini della Statua, che egli mostra di non aver coraggio di toccare; finalmente alzando il Martello rimane alquanto sospeso.

Qual forza ignota

Or questo Ferro arresta!

Non è pietra codesta,

Ch’egli è presso a colpir! Eh timor vano;

T’accingi all’opra, e non tremar mia mano.

S’incoraggisce, e presenta lo Scalpello, ma sopreso, e spaventato lo lascia cadere con un’alto grido.

Ah che veggo! Ciel! che sento!

Qual portento! eterni Dei!

Discende tutto tremante.

Quelle membra ai colpi miei

Vidi tutte palpitar.

Lo stupore . . . . lo spavento . . .

Mi fà il sangue . . . il cor gelar.

Dopo lunga pausa si ferma a contemplar di nuovo la Statua.

Stolto! che mai volevi

Accrescerle, abbellir, se il sol difetto

Di quell’Opra è l’aver tutto perfetto.

Dopo una breve pausa, rivolgendosi con tenerezza alla Statua,

Uno Spirto vitale

Sol ti manca nel sen.

Stà un momento in silenzio, poi ripiglia con maggior trasporto.

Oh come bella,

Numi, saria quell’Alma,

Che per voi questa salma

Avesse ad informar!

Tiene fisso lo sguardo sopra la Statua con un languore espressivo, poi ritornando a sedere deice con voce interrotta, e spesso cangiata.

E di quai voti

M’oso stolto nudrir!

Cade in grande oppressione, e vi rimane qualche tempo.

Ecco l’oggetto,

Per cui ritrar non posso

Da questi luoghi il pie! . . . D’un Masse informe . . .

Per mia man dirozzato . . .

Inveisce contro se medesimo

Insensato!

Ritorna entro te stesso.

Togli al tuo core oppresso

L’esca fatal di così indegno ardore,

Sommetti alfine alla ragion l’errore.

Procura di calmarsi, e non vi riesce: si accosta alla Statua, poi si allontana; tiene gli occhi fissi sopra di quella, e dice con minor calore ma sempre con egual passione.

Ah qual luce! . . . qual fuoco

Scintillar d’improvviso

Veggo su quel bel viso!

[66] Come quel dolce raggio

Di celeste fulgor, che in lei risplende,

Rapido sul mio cor, Numi, discende!

Con grande entusiasmo.

Ah perchè non poss’io

Darti quest’alma in sen, bell’Idol mio! . . .

Dopo qualche riflessione.

Ma s’io mi fossi in lei

Mirarla non potrei,

Vagheggiarla, adorar . . . Ah viva, e spiri

Altr’alma nel suo seno,

Onde felice appieno

Trovi questo mio core

Chi renda a lui per tanto amor, amore.

Bel Nume, che adoro

Tu versi di speme

Un dolce ristoro

In questo mio sen.

Quel raggio amoroso

Pietoso . . . mi dice . . .

Contento, felice

Vivrai col tuo ben.

Stà alcun poco in silenzio, conservando nell’azione l’entusiasmo de’sentimenti espressi; si appoggia alla Tavola, poi siede ricadendo nella prima oppressione.

O trasporti crudeli!

O tormentose brame

D’un impossente amor! Più non poss’io,

S’alza.

No, più, non posso, o Numi,

Sopravviver a questo

Terribile, funesto,

Che mi divora, e strugge ardor interno . . .

aggirandosi smanioso per la Scena.

Ho nell’alma, nel cor tutto l’Inferno.

Egli è nell’estremo della disperazione.

Vi rimane alquanto, poi si abbandona al dolore, e piangendo dice.

Numi eterni del Ciel, questo, ch’io verso

E dagli occhi, e dal cor dirotto pianto

Deh vi muova a pietà. Madre d’Amore

D’un misero amator odi gli accenti,

Men severa ti mostra ai miei lamenti.

dopo qualche pausa stende le mani al Cielo, e dice.

Ciel pietoso, Ciel clemente

A lei dona i giorni miei;

Se morir degg’io per lei

Non mi lagno di morir . . .

Viene interrotto da una soave Amronia, che si ode all’intorno della Statua di Galatea.

Qual divino concento!

Qual soave armonia

Rapisce l’alma mia! . . . Sì, sì, t’intendo,

Bella Madre d’Amor, tu sei, tu sei,

Che pietosa ti mostri ai pianti miei.

Il suono suddetto precede, ed accompagna le seguenti parole.

A un dolce riposo

Alfine pietoso

Invitami . . . . Amor.

Che pace! . . . . che calma! . . .

Mi scende nell’alma . . .

Mi sento nel cor

Cade lentamente sopra uno de’Massi, e vi resta alquanto, come preso da sopore.

S’alza, e’s’indirizza con fretta alla Statua.

Galatea, dove sei?

Vedendola animarsi, si allontana spaventato dicendo.

Numi, che veggo!

Numi, che mai ravviso!

Tinte ha di carne in viso

Galatea, il mio tesoro! . . . a poco a poco,

Stende la mano! . . . il piè! . . .

Con grande sorpresa, e giubilo.

Negli occhi ha il foco!

Mortificato.

Povero Pimmalion! non v’è più speme,

Hai la ragion smarrita . . .

Non v’è più da sperar . . . deliro . . . fremo . .

Aggirandosi per la Scena, si trova vicino a Galatea, si volge, e vedendola far alcuni movimenti più decisi dice

Ah questo è di mia vita il punto estremo.

Galatea

Fà alcuni passi con incertezza, guarda attorno di se medesima, e dice con sorpresa.

Io!

Pimmalione

Con grande sopresa dice.

Io!

[67] mettendo un ginocchio a terra.

Numi del Cielo!

Venere . . . Galatea! . . .

Galatea

Si avanza verso Pimmalione, si ferma, lo guarda attentamente, e poi gli dice.

Dì . . . che son io?

Pim. Tremante.

Tu sei l’Idolo mio . . .

Cara . . . tu l’opra sei

Di mia man, del mio core, e degli Dei.

Galat. Perchè tremi?

Pim. Nol sò.

Galat. T’accosta.

Pim. Se le accosta con rispetto, e timore.

Oh Dio!

Galat. Dammi la mano almeno.

Si danno la mano, e guardandosi con tenerezza dicono.

Pim. Cara . . .

Galat. Caro . . .

Pim. Galat.

Non più, vieni al mio seno.

Si abbracciano.

Galatea

Con timore prende la mano di Pimmalione, e se la accosta al cuore.

Ah senti ben mio. . .

Ah questo cos’è?

Pimmalione

Prende la mano di Galatea, e fà lo stesso.

È quello, che anch’io

Mi sento per te.

Si lasciano.

È un dolce tremore,

Che sentesi in core . . . 

Galat.

Con sorpresa, e curiosità.

Il core! . . , Cos’è?

Pim.

L’asilo è d’Amore . . .

Galat.

Come sopra.

Amore! . . . chi è?

Pim.

È il Nume pietoso

Che diede a te vita;

Che l’aspra ferita

Sanò del mio sen.

È il Nume tremendo . . .

Galat.

Lo sento . . . L’intendo . . .

Pim.

Mia vita . . .

Galat.

Mio ben.

Restano abbracciati, e si cala il Sipario.

In adempimento della nostra promessa impiegar conviene delle altre parole sull’effetto prodotto da questa Cantata.

Poteva certamente la sua lunghezza stancar l’attenzione dell’uditorio se con minor impegno e bravura avesse eseguita la faticosa sua parte il Signor Babbini. Un solo Personaggio, che stà molto in iscena, in qualunque siasi teatrale azione, è sempre cosa pericolosa, e per ben riuscirvi nulla meno ci vuole che un sommo talento da cui derivi un continuato diletto. La favola di Pimmalione, è sempre un bell’argomento per le scene ma facile a generare la noja quando manchi di precisione, e troppo ritardisi il punto in cui la statua si anima e muove. Lo hanno sperimentato i mediocri ingegni nella semplice recitazione, ed in ballo. E sarebbe avvenuto lo stesso in questa occasione se il suddetto Attore non avesse espressi colla più viva energia i varj affetti e trasporti d’una veemente passione, passando dalla più cupa tristezza a’delirj, e dalla disperazione all’eccesso del giubilo. Quanto forte nella declamazione tanto soave nel canto egli ha saputo conciliare a favor suo i numerosi voti de’colti spettatori, e lasciar in loro il desiderio di rivederlo ancora in un’azione sì interessante.

La novità della Scena, la proprietà del vestiario concorsero accessoriamente al felice esito a cui ha contribuito, quanto più sperar potevasi dal canto suo, la Signora Carolina Pitrot uscita con lode dal cimento in cui misesi [68] sortendo della sua sfera ed alternando alle grazie di Terpsicore i grati modi d’Euterpe.

Metatextualität► Prima di chiudere questo Articolo facciamo noto che in un anonimo Biglietto ci viene acremente rimproverata una contraddizione come se fosse uscita dalla nostra penna. Eccola. ◀Metatextualität Nell’invito dalla Signora Pitrot, e del Sig. Babbini per la serata a loro benefizio, il quale fu ristampato su questi Foglj, è detto: che d’essa furono favoriti per generoso compenso delle loro non convenute teatrali fatiche. Nel Biglietto impresso nella pag. 62 del Foglio precedente si legge che la Serata fu generosamente regalata dall’Impresa. Dovevate dire, scrisse questo Incognito, che la nob. Presidenza generosamente accordò questa recita all’Impresa sotto certe condizioni riguardo al tempo, e non altrimenti. Ma noi rispondiamo che il Biglietto non è nostro, che nel pubblicarlo servimmo a un comando, e che rispettando la mano da cui ci venne non vi abbiamo fatto il menomo cangiamento. Le accuse fondate su semplici sospetti urtano sovente nello scoglio della falsità.

In lode del celebre Sig. Abbate Melchior Cesarotti
Sonetto

Con rime obbligate dell’Ab. Giuseppe Greatti.

Ebene 3► Genio sublime, e spirito analitico

Fermo amico del ver, del bel simpatico;

Questi è Melchior, che del saper l’eclitico

Orbe trascorre, e ognun l’ammira esta tico

Vedi le sue grand’opre; il fino cirtico,

Il Dotto, il Saggio, e col natio l’enfatico

Ritrovi in esse, che son onta al stitico

Minuto miserabile Grammatico.

Vedi il divino Omero, Ossian patetico,

In cui mentre s’inebbria il colto, e il zotico,

Freme il pedante per livor frenetico.

Fatto del gusto da ragion dispotico

Leggi dettò, che furo a Italia emetico:

Onde scacciar quant’Ella avea di gotico. ◀Ebene 3

Causa al Magistrato del Procurator
con prime Dispute, e Repliche
1789 19 Gen.

“Questa mattina doveasi trattare la Causa tra Padre e Piglio Mocenigo, cioè l’Ecc. Ms. Alvise 5to. K. e Proc. di S. Marco da una, ed il N. H. Alvise Primo, Figlio dello stesso N. H. Proc. dall’altra Parte, derivante da varie Contestazioni corse ed atti Giudiziarj tra esse Parti, ma con viva compiacenza di tutti seguì un’onorevole Accordo la mattina in detto Magistrato il quale pose fine a qualunque dispiacenza rappacificando l’animo di questa rispettabilissima Famiglia Mocenigo. Li difensori furono li Mediatori per transiger argomenti sommamente spiacevoli tra Padre e Figlio, e meritano la dovuta lode. Li [69] Difensori del N. H. Procurator Padre erano

L. Ecc. Co: Cesare Santonini Avvoc.

L’Ecc. Antonio Orlandi Avvoc.

L’Ecc. Giuseppe Tabacchi Interv.

E li Difensori del N. H. s. Alvise Mocenigo Figlio.

L’Ecc. Tommaso Gallini

L’Ecc. Gio: Battista Cromer

L’Ecc. Domenico Facini

L’Ecc. Salvador Marconi

In Senato

28 corrente.

Scansador alle spese superflue dura m. 24

s. Nic. Venier qu. Seb. Proc.

Savio alla Mercanzia

s. Bernardo Memo.

Da una Lettera di Legnago s’intende, che la sera de’20. cor. alle ore due e mezza di notte quel Signor Domenico Volpara mercante da riso, nell’entrare in propria casa con un suo amico fu assalito da alcuni malandrini due de’quali l’afferrarono con armi alla mano, e altri cinque inseguirono il di lui compagno che preceduto dalla Serva saliva correndo le scale. Potè questo cogli sforzi suoi sottrarsi alla loro violenza, e col catenaccio chiudersi in una camera. La serva, e il Signor Clemente uno de’Padroni fratello del suddetto, furono gettati a terra, sopraffatti, e costretti a tacere con fazzoletti alla bocca. Altro Giovine, che per difetto di salute depose da poco tempo l’abito di Cappuccino potè anch’esso rifugiarsi, e assicurarsi in una stanza. Trovavasi in una altra uno Scritturale del Negozio, che copiava delle partite, il quale accortosi a tempo dell’assassinamento, e dato il catenaccio alla porta, s’affacciò ad un balcone, e gridando ajuto mise in paura quegli empj che son fuggiti, ed hanno potuto salvarsi scendendo dalle mura per due corde annodate. Rimase in quella onesta e caritatevole Famiglia so scompiglio, e il terrore; ma con universale compiacenza non le mancò nulla, nè perì alcuno.

La Signora Contessa Teresa Boisson de Quency nata Contessa Bassani dalla Porta di Verona trovandosi in Roma nel mese di Novembre dell’anno scorso fu acclamata Pastorella della rinomata Arcadia col nome di Clarinda Elidense. Ci viene comunicata questa notizia da persona che brama di vederla pubblicata anche sul nostro Foglio, giacchè nel medesimo avviso diedesi delle sue nozze seguite in questa Città col Francese Boisson de Quency Cavaliere del Merito ec. ec. ec.

“Questa nobile Signore (ha scritto l’accennata persona) in tutte le occasioni diede sempre saggi di spirito, maniere, e dottrina, e delle più desiderabili qualità da renderla da tutti gradita.”

L’unico Figlio di questo stampatore Signor Carlo Palese, sett’anni sono essendo nel fiore di sua giovinezza, e dilettandosi di vogare ne’battelletti cadde in acqua. Pochi giorni dappoi per fatal accidente da una rovesciata caldaja d’acqua bollente offeso rerstò in una gamba, che in vigore degli applicati rimedj fu rimessa ben presto nel primiero suo stato. Ma alla guarigione di questa parte successe una gonfiezza nell’altra gamba e nel soprastante braccio, che fu il principio del martirio sofferto per tanto tempo dal povero Giovine, come dall’infrascritta relazione potrà vedersi. Provenisse ciò o dalla caduta in canale, o dalla scottatura, o da queste due cause unite insieme. è certo che l’amoroso suo Padre non ebbe misura veruna nelle spese, scelse, e sperimentò i Professori di maggior grido, lo mandò a Padova, e nulla lasciò intentato affine di liberarlo da’suoi tormenti, e fargli rigodere la sanità. Ma tutto fu vano, e già disperava d’avere questa consolazione ad onta di tante cure, di tante spese, e di tante belle [70] promesse che si sciolsero in nulla. Uno de’suoi lavoranti gli raccontò che un di lui amico era stato sul punto di farsi tagliare una gamba per non morire, e ch’entrato alla cura del suo male il Sig. Antonio Previdi Chirurgo della Contrada di S. Geminiano gliela preservò, e lo guarì perfettamente. Giacch’Ella, disse al suo Padrone, ne ha provati tanti, provi anche questo Giovine. Cosa sarà? Il Sig. Carlo si persuase ed ebbe finalmente per opera sua la maggiore delle compiacenze che bramar potesse il paterno suo cuore vedendo l’amato suo Figlio rimesso nel pristino suo buono stato. Per sentimento di gratitudine verso il di lui benemerito Guaritore ha egli desiderato che sia pubblicato su questo Foglio il felice successo della sua cura onde il di lui merito defraudato non resti delle dovute lodi, e volle dalla sua penna la descrizione seguente che farà conoscere l’atrocità del male da esso combattuto, e vinto.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Signor mio stimatissimo.

Desiderando V. S. sapere qual fù la Malattia di suo stimatissimo Figlio, non ommetto debolmente ponergliea inanzi agl’occhi. La Malattia adunqeu del medesimo altro non fù se non che un Erpete doloroso, che dalla Fisica Chirurgia, chiamato viene Herpes ferus, ed oltre di più fù canceroso, e maligno serpeggiante in tutte le parti del suo corpo, che per fino arrivò in qualche parte ad offendere l’ossa, e convenne estrarne tre scaglie tarlate nel braccio destro, cioè due pezzi di Radio e l’altro dell’Urna con attrazione del Bissipite, oltre ad esser stato tutto pustoloso l’Omero con oppressione della Musculatura; come pure pustole nella Clavicula destra penetrante fino l’ossa, ed ancor nella cartilaggine mucrunata sinistra, ed in ambe le scapule, nec non l’Omero sinistro con scopertura del cubito parte esterna vero il Radio. Ad onta di molti, e varj suggerimenti d’ottimi Medici Fisici lasciati in abbandono, come il proprio di lei Figlio testimonianza ne può fare, mi riusì di ripristinare il medesimo. A Lei son note le cure, le sollecitudini, e l’impegno con cui prestato mi sono per conservarle il suo Figliuolo, e ridargli salute. Tanto è quanto gli posso dire a mio debole intendere rapporto la sopra scritta Malattia che trattenne tanto tempo imperfetto quel corpo umano, ed umilmente inchinandomi mi portesto.

Suo Umil. Ser.
Antonio Previdi Chirurgo. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Teatri.

L’Andromaca è il titolo del Dramma serio che si apparecchia alle scene di questo nobilissimo Teatro a San Samuele. La musica è del Signor Maestro Nasolini. Non si sà ancora certamente la sera destinata alla prima recita di quest’Opera, nè a quella di San Benedetto.

Si può credere che a Sant’Angiolo quella Comica Compagnia non avrà bisogno di cangiamenti per terminare le recite di questo Carnovale. Nè la platea del Teatro a S. Luca, nè quella dell’altro a San Gio: Grisostomo basterebbe a contenere la gente che core in folla alla favolosa Rappresentazione l’Illusione e la Verità. Ogni sera ne torna indietro gran numero per non poter entrarvi: i palchetti costano un prezzo eccessivo relativo a quello d’entrata.

Lo stile figurato e allegorico usato dal Sig. Federici in questa sua nuova Composizione, la fantasia che si scorge nel suo lavoro, la novità a cui prestò, forse suo malgrado, la penna, meritare gli fanno il pubblico aggradimento. Mai disposti come siamo per tutto ciò che sente la Magia, e il meraviglioso impossibile, che vorremmo dalle scene perpetuamente bandito, [71] non ci prendiamo la cura di descrivere l’intreccio di questa favola. Lodiamo lo spirito del suo Autore, che tese colla medesima ad uno scopo morale facendo in azione conoscere la caducità della bellezza, e della ricchezza, e i reali vantaggi della virtù.

Quello di cui più si parli sono le’belle scene del Signor Mauro, un vago e superbo vestiario, le marcie, le suonate, e quant’altro serve di decorazione a questo magnifico favorito spettacolo.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere Stim. siete pregato nella gazzetta vostra di pubblicare.

“È verissimo lo sbaglio (nella vostra Gazzetta 20 corrente nella mia risposta al Sig. Selva) dal num. 272 corso nell’originale mio a voi consegnato in vece del num. 54: 10 che doveva stare. Per vostra giustificazione l’incontrai io stesso e lo manifesto per errore della mia penna e non della vostra stampa. Il pubblicare la verità non disonora nessuno, anzi l’uomo onesto deve pregiarsi di farlo senza stimoli esterni. Mi vi protesto.”

Anonimo Veneto. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

A giustificazione del Sig. Curti Librajo dispensatore di questo Foglio, appia la Signora Maschera che consegnò al di lui Negozio in carta sigillata il Sonetto che comincia

Un Teatro in Venezia xe da far

che questo è pervenuto alle nostre mani, come pure la correzione del medesimo; ma che simili componimenti a Venezia non si stampano, nè chi ha giudizio tenta mai d’averne le licenze.

Sabbato scorso (credesi nel Teatro di S. Benedetto) è stato perduto un Cannocchiale di Avorio guarnito d’argento. Chi l’avesse ritrovato lo porti al Caffè di Floriano, che riconosciutolo per quel che si cerca, gli saranno regalate lire ventiquattro.

Dichiarazione.

“Essendosi sparsa la falsa voce, che il Sig. De Pailiere fosse per partire da questa Dominate, nella quale il medesimo dimora da più anni esercitandosi ad insegnare la lingua Francese, e che per ciò abbia lo stesso di già abbandonato parecchj de’suoi Scolari, ed essendo questa vociferazione dannosa all’interesse di detto Sig. De Peiliere, il quale brama di continuar a dare le solite sue lezioni di detta lingua, ed intraprenderne altre traduzioni dall’italiana, in quella scrivere memoriali e lettere, e correggere qualunque Scritto o Stampa nella lingua suddetta, si trova perciò costretto a pubblicamente smentirla, offerendosi di continuare a servire quelle persone, che compiacersi vorranno di, come prima, impiegarlo.”

Il di lui ricapito seguita ad essere, come per il passato, al caffè della Pace a San Marco.

Casa da affittar

Giù del Ponte nuovo in Campo a S. Trovaso chi la volesse parli con Nonzolo di detta Chiesa. Paga all’anno Ducati 36.

Forastieri allo Scudo di Francia.

Co: Ant. Petrobelli, di Bergamo

Mons. Pietro Lakoste Olandese

Mons. Gabriel Deleure

Mons. Francesco Tomasini con moglie, e servo di Marsiglia

Sig. Francesco Azzolini

Sig. Antonio Azzolini

Sig. Aurelio Scutellari Ferraresi.

Sig. G. Battista Scarabelli d’Jmola

Cambj.

Venerdì 29 corrente.

Lione 58. e un 4to.

Parigi 56. e 3 4ti.

Roma 63

[72] Napoli 115 e un 4to.

Livorno 99 e mezzo.

Milano 155.

Genova 91 e mezzo.

Amsterdam 92 e 3 4ti.

Augusta 102. 3 4ti.

Vienna 197 e mezzo.

Londra 49.

Prezzi delle Biade

Formento da l. 34: 10 a 35.

Sorgo Turco da l. 16. a 16: 10.

Segale a l. 22.

Miglio a l. 17.

Risi da’35 12 a’36

Jeri nella Chiesa di S. Stefano parata a lutto celebrati si sono i funerali della Sig. Nob. Ter. Venier. Gli ornamenti funerei, l’illuminazione, la musica eccitarono la pubblica curiosità. Vi fu Messa solenne, ed hanno cantato il Sig. Babbini e il Sig. Senesino. Tutto si eseguì a spese de’socj Accademici Rinnovati.

Chi volessa vendere Beni liberi anche di somma importanza si rivolga al Sig. Dom. Perottini Locandiere all’Albergo Reale a S. Polo il quale ne ha la commissione.

Trovasi qualche Copia dell’Almanacchetto Serva Sua appresso il Librajo Curti a S. Giuliano.

La Rappresentazione di posdomani, che verrà data dalla nobile Accademia de’Rinnovati sarà dell’Olimpia Tragedia notissima e rinomata.

Savio in settima per la ventura.

s. Antonio Zen.

Com. per questa sera.

A S. Gio: Grisost. Romilda o sia La Fedeltà Conjugale in cimento. Dramma mai più rap.

A Sant’Ang. Replica.

A S. Luca Il ritorno della Corte.

Estrazione del Pubblico Lotto di Venezia 30 Gennaro 1789. M. V.

Introito.

Di Venezia – L. 198813:5

Di Terra Ferma – L. 136326:4

L. 335139:9 – sono D. 54054:19

Numeri Estratti 62. 14. 21. 71. 17.

Vincite. Qualità, e quantità de’Terni

Ambi coll’Augumento D. 16068: - N. 1. da Duc. 1000

Terni simili D. 14490: - N. 1. da Duc. 500

Estratti D. 1210: - N. 1. da Duc. 300

N. 8. da Duc. 200

D. 31768: - N. 3. da Duc. 150

N. 19. da Duc. 100

N. 29. da Duc. 50

N. 28. da Duc. 25

N. 90.

La ventura estrazione sarà li 27 Febbraro 1789. M. V. ◀Ebene 2

Ricapiti per le Notizie ed Assocciazioni di questo Foglio.

S. Bartolommeo in calle stretta dal Colombani Librajo.

A S. Giuliano dal Curti Librajo appresso il Caffè di Menegazzo

Si paga un Zecchino all’anno anticipato, o diviso in Semestri, ed ogni Assocciato è servito due volte alla Settimana alla sua abitazione, o ricapito.

Le Assocciazioni si ricevono in qualunque tempo. ◀Ebene 1