Mercordì 11 Novembre 1789.
Essendo la Società piena di Medici, sì veri che falsi; si dimandano i
segni caratteristici degli uni, e degli altri, a scanso d’inganni funesti.
O che il popolo dimanda questi segni, come sembra, o che è d’una Nazione la porzion
colta illuminata e dotta. Se il popolo è quello, ch’è contemplato nel presente Problema, io oso
dire, che questo non ammette risoluzione diretta, cioè cavata dalla natura stessa della cosa.
Imperocchè il popolo, che essenzialmente è ignorante, non può esser capace di nozioni scientifiche,
che sono le sole dietro alle quali si possi distinguere il Grande dal Picciolo, il vero dal falso.
Tanto è vero ciò, che in Medicina non solamente ma in Jurisprudenza, e in Politica ed in altre
Facoltà ancora, i Furbi, e gli Impostori troppo spesso hanno ingannato il popolo; e colla loro
scaltrezza hanno tolto la mano ai grandi Filosofi. Bisognerebbe, che il popolo, o avesse tante
nozioni quante ne hanno queste due classi di persone; o almeno tante, che colle loro fossero in
relazion sì grande da poter per esse valutarne l’estesa, il fondamento, il pregio; la qual
supposizione è un evidente assurdo, come si vede. Posta la qual cosa, ch’è incontrastabile,
concludiamo, che chi sciolse nell’altra Gazzetta
questo Problema direttamente non l’ha inteso nel senso, in cui conveniva. Ma come dunque illuminarlo
questo Popolo? Rispondo. Se nella cosa stessa questo Popolo non può trovar soccorsi, ne può
ritrovare nelle persone colte e dotte d’ogni Città, anzi sarebbe desiderabile che ne ritrovasse
ancor nel Governo. Mi spiego. Che il Popolo dimandi a chi ne sà, se non in Medicina almeno nelle
Scienze affini, ed abbia buon senso, ed allora vedrà che non isbaglierà mai, seguendo il giudizio
dei Dotti, nel giudicare il Medico, e nel decidere se sia grande, o picciolo. La per-
Palata sia montato all’Europea. Per conseguenza è
ancor falso, che debba attendersene nel futuro Consiglio di Decembre la ratifica. Sò dire di certo,
che non vi si è nemmeno pensato, e che sarà assai difficile che ciò segua, sebbene sarebbe assai
desiderabile. Ma vi sono troppi obbietti da superare, quantunque di sola apparenza, e facilissimi a
sventare. Ad ogni modo essendo le Persone tutte, che presiedono alla Banca dotte, ed
illuminatissime, potrebbe darsi che la Vostra Gazzetta contando una Fiaba glie ne dasse un urto.
Anco l’altra notizia del Furto con rottura seguito li 24 alle ore nove, è alteratissima. Quattro
furono i Ladri. Tre incapparono nelli Sbirri per una fortunata combinazione. Il primo era già in
istrada, che stava di guardia, uno fù preso nel sortire dalla finestra, il terzo fuggì, ed il quarto
che si era nascosto in una Casa vicina, attraversando un muro basso di cinta fù trovato da’Sbirri
medesimi. Quando dunque furono presi avevano già fatto il bottino, che in danaro era 5. o 6 mila
lire in tutto, oltre varj argenti, ed effetti preziosi. Falso che stassero rompendo una Cassa
contenente alcune migliaja di scudi, perchè la Cassa del P. L. di cui è Cancelliere il derubato non
era in di lui Casa, ed egli aveva avuta la precauzione di spedire in luogo sicuro il maggior peculio
prima di portarsi alla Campagna. Allo stesso è già stata restituita ogni cosa, a riserva di circa 2.
mila lire, che sonosi trovate mancanti, e che in parte saranno state asportate dal ladro fuggito, e
parte disperse per la strada.
I tre Ladri hanno già confessato il loro delitto, e presto si saprà il loro destino. Si vuole ancora che già siasi scoperto il vero cordone, e che in breve si vedranno i Complici di molti altri furti seguiti.
Giacchè trattiamo di notizie eccone un’altra.
La mattina del dì 31. Ottobre alle ore 11 e mezza prese fuoco, e saltò in aria una pianta
dell’Edificio vecchio delle polveri da schioppo a Sant’Eustachio fuori Porta Pille. Fortunatamente niuno perì, nè restò offeso, e toltone un grave spavento a que’vicini
nulla accadde di sinistro. Tutta la pianta restò smantellata e rovinata.
Il danno si crede non oltrepasserà li 3000. Ducati circa.”
un alto là, da un
ristretto di conti, che scarti le partite false, ratifichi il valor delle giuste. Così l’un l’altro
copiandosi posson indenni raccontar tutto ciò che vogliono, e lasciare indecisa la questione trà i
novellisti che tutto credono quello ch’è a stampa, e i pirronisti i quali, perchè non è tutto vero,
credono tutto falso.
Noi all’incontro parlando di cose vicine abiamo i Sindaci pronti, che le fanno conoscere per
quello che sono. Alcuni pretendono, che un Foglio pubblico si screditi colle frequenti
ritrattazioni. Egli è un dovere di chi lo scrive il mettere in vista la verità ogni volta che
n’abbia i documenti per farlo; e da questo non potrà mai dispensarsi. Oh! non bisogna dare in luce i
fatti senza un fondamento di veracità . . . . . come averlo? Le Lettere anonime sono per Noi come i
Fogli stranieri per i compilatori delle Gazzette politiche. Essi traducono ciò che trovano, noi
diamo in luce ciò che ci viene. Dal loro canto il disinganno è difficile, raro: dal nostro frequente
e facile. Così possiamo vantarsi di meglio servire il Pubblico.
Signor Gazzettiere.
Dal loco dove sono, a voi spedisco questa mia facendovi partecipe, & consapevole,
non che notificandovi, che siamo circondati da ogni parte dall’acqua, quale ogni giorno estollesi
sempre più col suo flusso, e riflusso, benchè poche miglia distanti dalla Patria di Tito Livio, per
il riverbero delle molte rotte, che bisogna tollerarle con patientia, & costanzia. Ah! se
sentiste, amico, come rimbombano questi Euganei! Se foste presente inorridireste nel sentire, gli
ululati dell’acqua, che precipitosamente pretervola, & minaccia stragi, ruine, & per
conseguenza disgrazie plurime. Alle ventidue di questo stesso giorno tanto crebbe la forza &
impeto dell’inondazione, che non fù possibile di salvare questo nostro ligneo ponte, e fù dall’acqua
qual foglia in balìa del vento trasportato altrove, & finalmente fu trovato ad altro ponte di
pietra vicino, non molto lungi da Felice Favaro.
Cinque giovani poi di questo paese volendo, Ahi rimembranza! saltare un tratto d’acqua di dodeci
piedi in circa, restarono tutti nella stessa miseramente affogati, di poi usciti di là, si diedero a
bever vino, che quì abbiamo questione se abbiasi avuto più abbondanza di vino, o d’acqua,
basta . . . . . in somma per liberarsi dall’umido che li possedeva, tanto bevettero, che si
convertirono in cinque scimie, e quinci, e quindi traballando
Dum quicumque cupit fossum saltare gajardus
Se lanzant omnes impete precipiti.
In medium cascant omnes, bagnantur ubique
Parebant pisces: hic criat ille ridet
Ipse ego bagnavi bragas calzasque de seda
Scapinosque novos, veladinamque, Gilè.
Risere astantes, omnes dixere Macacos
Et nobis manibus dabat uterque Bajam.
Bressau 6 Novembre 1789.
Vostro Amico novello
Giuseppe Biscancile
maccaronici versi, fa vedere che chi la scrisse, è in quella fresca età in cui si
sà convertire sino gli spettacoli delle umane calamità in soggetti di divertimento, e di riso.
Il Burbero di buon cuore tratto dalla Commedia del Sig. Goldoni, che ha lo stesso titolo, e ridotto a Dramma giocoso, ebbe su queste
scene del Teatro a S. Moisè un felice successo. Le prove non sempre presagiscono il vero, ma l’esito
ha in questa occasione verificato quanto si aveva predetto. La musica, benchè non tutta del Sig.
Maestro Martini, si sente con molta soddisfazione, particolarmente quella del
Primo Finale, e alcuni pezzi cantati eccellentemente dalla Signora Caravoglio, ch’è risorta in quest’Opera, e vien onorata di meritati sinceri universali
applausi; come pure le aire del Sig. Morelli eseguite con quell’abilità
singolare, che ce lo rese caro in tante altre passate occasioni. Le circostanze, il Libro, la
Musica, sanno talvolta languire i talenti de’più bravi Personaggi, ma c’è sempre il caso per questi
di riprendere i loro diritti all’approvazione dell’Uditorio.
La Comica Compagnia del Teatro a S. Gio: Grisostomo ci diede l’altr’jeri un’altra novità nella
Commedia intitolata La guerra dichiarita ossia l’astuzia
vinta dal caso. Questo titolo, la promessa del cartello, che diceva Commedia
di carattere, delusero il Pubblico, che l’ha trovata di quelle che son dette dell’Arte, benchè sia scritta, e non abbia maschere. Presentata sotto il suo vero aspetto, col
dialogo libero, e col giuoco de’zanni non avrebbe disgustato nessuno, perchè ha un intreccio, degli
accidenti, de’caratteri, e quel ridicolo, che convengono a’Soggetti non istudiati. Ma perchè si
volle vestir questo scheletro, e farlo credere un corpo l’Udienza non potè accordare la sua
approvazione, e i pochi applausi furono parziali, o della bassa gente facile al riso, e non atta a
conoscere le inconvenienze dell’arti.
Sabbato prossimo venturo s’aprirà questo nob. Teatro a S. Benedetto col Dramma Serio intitolato
Motezuma.
La musica è di varj celebri Autori.
Non si sà ancora con qual Opera si comincierà a San Samuele. È certo che sarà Primo Musico il
Signor Pietro Ghe-rardi, che cantò a
Crema. S’è già detto che la Prima Donna sarà la Signora Mara, Tenore il
Signor Babbini, Prima Ballerina la Signora Carolina
Pitrot, e Compositore de’Balli il Sig. Onorato Viganò.
I versi sciolti, che mandati ci furono per questo Foglio dovevan essere diretti alla stamperia dell’Ospitale degl’Incurabili assegnando la lettura a’primi giorni d’Aprile.
Nel riferir questo aneddoto abbiamo la onesta intenzione di far sapere, che si danno di questi maligni Spiriti i quai, o per vendetta, o per capriccio eseguiscono simili invenzioni di menti diaboliche. Lo sappiano le innocenti persone, e chiamando in qualunque evento a testimonianza la loro coscienza s’armino di coraggio contro le seduzioni di questi scellerati, che per soddisfare il torbido e crudele lor genio nulla si curano dello spasimo d’una famiglia, che può cagionare la perdita, o l’imperfezione di qualche individuo.
In questo punto sappiamo, che non fu il solo Parrucchiere preso di mira da questi empj, ma nella notte medesima soggiacquero a’detestabili loro inganni delle onorate mercantili Famiglie, ed atteso un ricorso agli Eccellentissimi Capi dell’Eccelso Cons. di X. si spera che verranno ben presto scoperti, e puniti.
Le incessanti e dirotte pioggie prevennero la Nostra Fiera, l’accompa-
Il rapido nostro Fiume Chiese con una delle più terribili piene ci assoggettò a gravissimi danni. Superati gli argini, ha rotto un trivio che mette ai Luoghi più favorevoli al commercio, e scavando per molti piedi vi ha lasciato quasi un Lago. Il vegliante Pubblico, anche in aggiunta allo interessante oggetto dell’attuale Fiera, ha fatto construire senza indugio, ed aggiugnere un ramo trasversale al gran Ponte che mette all’opposta sponda. Il saggio provvedimento in gran parte tornò vano per le piene strabocchevoli che innondavano le Strade. Sono presso che indicibili i danni delle arginature o rotte, o allo eccesso indebolire, dei campi innondati, e di alcuni fra gli altri che coperti da quantità grande di ghiaja e di sassi, dalla essenza de’più fertili, passano al grado di sterili, e paludosi. Il Fiume non è ancor ritornato nello stato suo naturale, e la pertinacia del fatale scirocco ci mette in costernazione per le minaccie di mali maggiori, lo che Dio non voglia.
P. S. Il danno cagionato ascenderà al valore di venti mila Zecchini.
Da Brescia in data degli otto intendiamo, che colà continua la pioggia accompagnata da gagliardi venti, onde li sorghi turchi quarantini, che son tutt’ora in campagna, si reputano quasi perduti. S’è scoperta all’adorazione de’Fedeli per i presenti bisogni l’immagine della B. V. nella Chiesa di S. Stefano in Castello, alla quale non interverrano certamente quelli che prevalendosi delle correnti disgrazie fanno alzar di prezzo le biade.
Il Maestro, che compose la musica su tutti i pezzi cantabili della Signora Caravoglio, è il celebre Sig. Gazzaniga. S’egli ha avuto
il merito di ben istudiare la di lei abilità, e di farla sì ben comparire, è giusto che il Pubblico
ne sia instrutto per mezzo di questo Foglio onde possa rinnovargli quegli applausi, che tante volte
ha ottenuti in questa Capitale colle produzioni del felice suo ingegno. Egli scriverà la musica
della prima Opera del Carnovale a San Samuele; e a San Benedetto la scriverà il celebre Signor Anfossi.
Non è al numero 84 di questi Fogli, come si stampò per errore, che ritrovisi la prima relazione
sullo stato attuale di S. Martino di Luperi, ma al num. 82.
Il Signor Julivau e Famiglia, Inglesi.
Diversi Signori Francesi e Danesi.
Il Fratello di S. M. Il Re di Polonia che alloggiato ritrovasi all’Albergo sul Canal Grande a S.
Silvestro, appartenente alla Locanda della Regina d’Inghilterra, è
Arcivescovo Primate della Polonia.
29 Ottobre 1789.
Nave nominata Carlotta Cap. Daniel Rizard
venuto da Sandivvik Bay con Gius. Treves.
30 Detto.
Bergantino il Plenilunio Cap. Giov.
Premuda venuto da Alessandria.
Al Sig. Rocco Niccolich lustro di rozza carat. 1. Caffè Bal. 14.
Al Sig. Giamb. Rossetti Bal. 5.
Al Sig. Marco d’Abram Malta bal. 2.
Al Sig. Menach. Vivante bal. 6.
Al Sig. Giov. Rastopolo bal. 3.
Al Sig. Carlo Fornasini bal. 7. Cuoj salati 565.
Al Sig. Daniel Bonfil Zaffroni bal. 7.
Al Sig. Gius. Treves detti bal. 3.
Al Sig. Eman. Jacur Caffè bal. 14. cera gialla bar. 1.
A chi presenterà Natrun ocche 66100.
Port. del Cap. e Marin. cera vergine sacchi 2 e coffe 1.
31 Detto.
Bergantino l’Innocente Capit. Giov.
Milesi ven. d’Alessandria.
Al Sig. Pietro Sperafighi Caffè bal. 44. e un Fardo.
Al Sig. Ant. di Ben. Buratti bal. 5 e un fardo.
Al Sig. Marc’Ant. Zinelli bal. 5.
Al Sig. Corrado Rech. bal. 9.
Al Sig. Fel. Muchiacon bal. 16.
Al Sig. Em. Jacur bal. 8 e un Ballotto.
Al Sig. Men. Vivante bal. 1.
Al Sig. Martino Giura bal. 12.
Al Sig. Franc. Sanzogno bal. 6.
Al Sig. Nic. Fossati bal. 2 e un fardo.
Al Sig. Ant. Gaspari bal. 5 e un fardo.
Al Sig. Marco d’Abram Malta bal. 25 e un fardo.
Al Sig. Lor. Bernardi bal. 15. Incenso Scaffasci 5. Droghe scat. 1.
Zaffroni bal. 5.
Al Sig. Pietro Scipioni detti Scaf. 1.
Al Sig. Pietro Sermonti Caffè bal. 8 e un fardo.
Al Sig. Pietro Fetesco bal. 1.
Al Sig. Giov. Centenari fardi 1.
Al Sig. Seb. Battaggia bal. 40. Tamarindi colli 2.
Al Sig. Franc. Centenari detti bal. 1. Caffè bal. 12. Zaffroni bal. 6.
Al Sig. Gius. Aide Caffè bal. 5. cera gialla colli 3.
A chi presenterà detta bar. 6. Zaffroni scaffasci 10. Caffè bal. 91. e un fardo: Cenere coffe 30. Telarie Ballotti 2.
Port. del Cap. e Marin. dette fag. 1. Caffè bal. 1 e Fardi 7. Lino Ballotti 1. Vin di Cipro Bar. 12.
Primo Novembre.
Checchia La Rondinella Capit. Teuny
Everts ven. d’Amsterdam.
Al Sig. Dan. Bonfil Legno S. Marta pezzi 1015.
Al Sig. Pietro Lovisello Legno da colori pezzi 7076.
Al Sig. Franc. Sanzogno detto pez. 10312. Caccao fardi 10. Cannella cas.
1. Garofoli bar. 1.
Al Sig. Fed. Zinelli detti bot. 1. cannella cas. 2.
Al Sig. Giam. Guizzetti detta cas. 1.
Al Sig. Gius. Beati detta cas. 1.
Alli Sig. Zini e Alessandrini detta cas. 1.
Al Sig. Men. Vivante detta cas. 1. Garofoli Fardi 2. Caccao bar. 1.
Alli Sigg. Frat. CC. Revedin Caccao bar. 3.
Al Sig. Giov. Vider detto bar. 4.
Al Sig. Franc. Cobres detto fardi 23 e un bar. Caccao e Droghe bar. 1.
Lino fardi 1. Droghe bar. 1.
Gius. Carminati e Figli dette cas. 1.
Alli Sig. Eredi Rubbi Terra rossa bar. 2. Tornasole bar. 2. Droghe cas.
1. Smaltin bar. 7.
Al Sig. Andrea Occhi Libricas 1.
Al Sig. Pietro Ant. Malanotti detti cas. 1.
Al Sig. Pietro Scipioni rubbia bar. 2.
A’ Sig. Frat. Palatino detta bar. 1. Endego bar. 1.
Al Sig. Cristof. Martini Caccao bar. 2. Cannella cas. 1.
Al Sig. Sam. Moravia Galangà bal. 4.
Al Sig. Marco Tonolo Droghe & altro bar. 4.
Al Sig. Val. Codalunga lino bar. 4.
Al Sig. Pietro Biondini Giallo santo bar. 1.
A chi presenterà cannella cas. 1 e un fardo. Droghe cas. 1. Caccao bar. 2. Salnitro bar. 1. Pepe fardi 2. Robe diverse una cassetta. Vino cas. 1.
Casa e Bottega nella Contrada di S. Pantaleone situata nel Campiello
delle Mosche. Annuo affitto Duc. cor. 36.
Le chiavi sono dal Calegher vicino, e volendo trattare converrà portarsi
al Negozio da panni all’Insegna del General in Merceria di S. Giuliano.
Vocabolario degli Accademici della Crusca, Edizione di Napoli dell’anno 1646, a norma della precedente di Firenze con la giunta di molte voci raccolte dagli Autori approvati dalla stessa Accademia; Opera divisa in sei tomi in foglio legati in pelle, e di buona conservazione.
Se c’è chi n’abbia voglia parli col Colombani o col Curti Libraj di nostro ricapito.
Chi non ha denari è sempre disprezzato dal Mondo, e chi ne ha deve temere d’esser assassinato
da’suoi stessi Domestici. È meglio dunque averne pochi per non farsi calpestare da tutti, e non
tentare a’delitti l’anime crudeli ed avare. Il trucidato cadavere del Generale Quebek, che portava i doni di Cesare all’invitto Laudon, ha presentato
un funestissimo recente esempio dell’ingordigia dell’oro. Poco mancò che non avessimo a raccontare
un misfatto eguale pensato da un Servitore in questa Città, e non eseguito, non per pentimento, o
per mal prese misure, ma per insuperabil riparo, che salvò la vittima disegnata dall’empio il quale
ora trovasi in potere della Giustizia. Riserbiamo al Foglio venturo la descrizione di questa
meditata esecranda colpa, e del modo con cui deluso fu il traditore, perchè vogliamo in prima
esserne bene informati.
Memori delle nostre promesse continueremo in oltre l’Articolo spettante a’Teatri in generale, da noi lasciato interrotto nel Foglio precedente.
Il Dottore confuso per li contratti fatti e disfatti.
Il contrasto trà Maghi ec.
I Baccanali di Roma Tragedia. Replica.
Il Nob. Sig. Conte Andrea Bodissoni Barone del S. R. I.
Si ricevono in ogni tempo le Assocciazioni a questo Foglio
da’Libraj Colombani a S. Bartolommeo, e Curti a S. Giuliano.