Sabbato 16. Febbrajo 1788.
L’epoca della fondazione della Scuola della Madonna de’Mascoli nella Baldissera
Galuppi detto il Buranello, che
gloriosamente coprì per molt’anni il posto di Maestro della Ducale
Cappella di San Marco. Vi assistono in forma Capitole li
Reverendissimi Maestri di Coro, e di Cerimonie, solli Canonici,
unitamente al Guardiano Grande, che al presente è il Signor Rocco Stradi, e alli Bancali della Scuola
suddetta.
Nel giorno dieci corrente fu eletto in Chirurgo di
Contrada di Santa Maria Formosa con 59 Voti favorevoli contro 31
di negativi il Signor Francesco
Martignon. v’erano altri due in concorrenza. Il suo
stipendo estratto dalla Cassa de’Poveri della Parrocchia, è di
trenta Ducati all’anno correnti.
L’infelice, che si portò affogato alla Piazzetta nel Sabbato della scorsa settimana, non s’è potuto riconoscere da alcuna persona.
Bilancio a Castelletto di non avere
trovato chi gli dia qualche lume, e cortesemente ci stimola a
rinnovare le sue premure.
Assocciato al Vostro Foglio, l’altra ha questa
sottoscrizione. B. A. G. M. Non comparve sinora veruna disputa a
prò del Giocator Nero, nè la menoma Apologia. Se verrà la faremo
vedere: i bravi Avvocati fanno pompa d’ingegno nelle Cause più
difficili, e giacché non c’è da temere la condanna delle
strasordinarie qualcuno salir dovrebbe in bigoncia a difendere
il Moro, se di difesa è capace.
In data delli due corrente Dai Confini dello
Stato Veneto, ci è pervenuta una di queste Lettere
sottoscritta da Un vostro cordiale
Assocciato. Essa è in carta colore di rosa languido più
propria a contenere i sospiri d’un Amante, che le ricerche ad un
Gazzettiere. Narrasi nella medesima che nel Distretto Vicentino un Giovine regalò negli ultimi
giorni dello scorso Carnovale alla prossima futura sua Sposa
dodici Capponi vivi pregandola a conservarli in perpetuo controassegno del suo sviscerato
Amore. Siccome la condizione della Sposa è superiore in
civiltà ed in fortune a quella dello Sposo, così sembra tanto
inconveniente un tal dono all’Autor della Lettera color di rosa,
che brama di farlo noto, non si sà poi a qual fine. Servendolo
ebbimo in vista la ricerca al Pubblico d’un secreto da conservare in perpetuo vivi dodici
Capponi, parola che non sà se possa esser intesa in
questa Città, lo Scrittore del Foglio accennato, come se non ci
fosse una Cappella, e non si recitassero dell’Opere Serie ogni
anno, perché ce la spiega con questa Nota:
Copia fedelissima d’un Biglietto scritto da un buon
Cristiano per questo Foglio.
Martedì
12 del presente Febbrajo molto Popolo si mise in curiosità
vedendo accesa una candela dinanzi a M. V. che risposta si
stà sopra la Porta del Battisterio di San Marco. Si seppe,
che fu portata da uno Schiavone divoto di questa B. V. per
sapere se un suo Figlio, ai cui non ha nuove da molto tempo,
sia ancora in vita. Fece accendere quella candela a MV.
colla fede di riputarlo vivo se non si fosse estinta, e
colla sommissione di rassegnarsi alla Divina volontà se
smorzandosi avesse avuto il temuto segno dalla sua morte. Ad
onta del forte vento, che soffiò in tal giornata, la candela
resistì colla sua fiamma, ed arse sino alla sua
consumazione. Se il prodigio consolò il Popolo attento, che
lo ammirava, è facile immaginarsi la somma letizia dello
Schiavone supplicante.
Di
questa Immagine Sacra alcuni Scrittori raccontano cose
maravigliose; ma frà tutte è notabile la Grazia concessa ad
un Dalmatino il quale venendo da Chioggia a Venezia,
sorpreso nottetempo da furiosa burrasca mentre stava in
pericolo di naufragare raccomandatosi alla protezione di M.
S: vi-de e riconobbe la
lampada, quantunque molte miglia lontano, che ardeva innanzi
a questa Sacra sua Immagine. Fattosi per ciò animo,
dirizzando verso d’essa la prora, arrivò felicemente in
questa Città, ove rese alla sua Liberatrice le dovute
grazie, e stabilì un’annua rendita per far ardere
perpetuamente due lampade ad onore della Madre di Dio avanti
la prodigiosa sua Immagine.
Sono soliti di prostrarsi verso di essa
implorando il patrocinio della Clementissima Vergine quegli
sciagurati, che condotti sono il Patibolo, recitando delle
divote Preci.
Ogni sera al suono dell Ave Maria s’accendono due torcie dinanzi a questa
miracolosa Immagine.
Un Galantuomo possessore d’uno Stabile buono in Rio Marin, che paga d’affitto all’anno
Duc. 120 ha perduto ogni speranza d’esigere la prigione d’anni
due di cui gli era debitore il suo Affittuale, ch’è morto. Uomo
dabbene ma sventurato aveva per molto tempo servito senza
mercede una Potenza del Nord, ed ora che il Consolato cominciava
a fruttargli una certa rendita, la morte andò a trovarlo a
Treviso, e con quel piede, che batte egualmente a tutte le
porte, picchiò anche alla sua, e convenne aprirgliela. L’onesto
suo creditore usava pazienza da una rata all’altra sperando
d’esser pagato all’arrivo de’Vascelli ch’erano in viaggio, ma
trovavano venti tanto contrarj, che non arrivavano mai. Tutte le
Bandiere fuorché quella, che tanto premeva al discreto Padrone
di Casa, e poteva bene cercar notizie al Magistrato
Eccellentissimo alla Sanità, leggere le Liste mercantili,
guardar l’arrivo de’Bastimenti su questa Gazzetta, che non
trovava mai nulla che gli accomodasse. Doveva finalmente
arrivare un Legno dall’America carico di ricchi prodotti da cui
tali utilità promettevasi l’Affittuale, che non gli occorreva di
più per pagare in un tratto tutti i suoi debiti. Veder faceva
sulla Carta Geografica al Padrone della sua Casa tutti i mari
per i quali passar doveva il sospirato Vascello, e gl’insegnava
i varj venti che facevano bisogno per farlo giungere
prestamente, onde l’Uomo dabbene faceva voti ora alla
Tramontana, ora allo Scirocco per averli propizj a’tempi
opportuni ma Eolo dispose al
contrario dalla gelida sua Caverna, e Dio sà dove l’Americano
veleggia mentre il Console sepolto a piè d’una quercia fà
sentire il
Degl’Illustr. & Eccellentissimi
Signori Prov. in Zecca & Illustriss. Masseri
all’Argento.
Intese queste vigili Magistrature alla conservazione
dell’Arte Batti- Oro e Tira Oro sì utile e decorosa a questa
Città in vigore delle saggie institu-
I. Che chiunque vorrà fare in questa Città il Mercante d’ori e argenti tirati, lattuti, e filati debba nuovamente nel termine di giorni 15 dopo la pubblicazione degli ordini presenti darsi in nota nel Magistrato delle L.L. E.E. ed offerire idonea pieggieria del Dazio ch’esige la Zecca per il lavorar ori & argenti, e di ogni contrabbando che far potesse in pregiudizio delle medesima, sotto pena &c.
II. Le sud. peiggierie dovran essere approvate con ballottazione dalle L.L. E.E. ed in caso che alcuno d’pieggj morisse, o per altra causa si levasse di pieggieria, sia obbligato il Mercante a darne una nuova; e tutte debban essere rinnovate ogni 5 anni.
III. Che niun Mercante possa lavorar, nè far lavorar ori & argenti che non siano passati per mano delli Sazadori e Ministri di Zecca.
IV. Che alcuno non ardisca tenere in nessun sito che gli appartenga, argane, arganelle, trafile, tenaglie, cai, martelli, incudini, od altri instrumenti da lavorar ori & argenti.
V. Sia espressamente proibito a cadaun Mercante da oro il poter tirar, o far tirar bolzoni bianchi, o dorati, piccoli, o grandi fuori di Zecca.
VI. Sia ognuno d’essi soggetto alle Denunzie secrete, e provata l’Accusa sottoposto alle pene &c.
VII. ch’ogni Mercante tirato ch’abbia il suo bolzon in Zecca tagliar lo faccia in quanti pezzi vorrà onde siano tutti bollati, tagliate prima le punte bianche senza soglia d’oro, perché tali pezzi siano conosciuti tirati in Zecca.
VIII. Che i medesimi esser non possano fuori di Zecca tagliati in pezzi più minuti.
IX. Che i bolzoni trovati in qualità a norma delle Leggi siano impressi del bollo di S. Marco nelle teste, segno che aver dovranno anche nella soglia d’oro sopra il bolzon.
X. Obbligansi i Mercanti da oro a dar in nota i maestri lavoranti che li servono, e dove abitino.
XI. Non possano essi, benché descritti in Zecca vender oro ad argento battutto, tirato, o filato, nè guarnimenti, senza un Mandato a stampa da rinnovarsi di 6 in 6 mesi.
XII. È loro vietato tenere nelle proprie case lavoranti tira- oro, o garzoni, quando però non fossero Mercanti operaj, dovendo servirsi di quelli, che avranno dato in nota.
XIII. Niuno esser possa Mercante e Operajo, ma sia tenuto a far lavorare fuori di Casa sua da quegli Operaj, che avrà dato in nota.
XIV. Si proibisce ad ogni Mercante il comprar da alcuno operajo tira oro, nè da altri, alcuna quantità d’ori, o argenti &c. permettendosi l’acquistarli per le giornaliere occorrenze da Mercanti registrati in Zecca.
XV. Vietasi espressamente il poter battere in sua Casa verghe d’oro o d’argento, e il tener instrumenti necessarj a tali opere.
XVI. Che tutti li sud. Mercanti vadino, o mandino in Zecca a far battere le loro verghe, o bolzoni.
XVIII. Che il Bollettino sud. servir non possa, che per quel solo giorno in cui il Mercante l’avrà ricevuto.
XIX. Sia ognun d’essi obbligato a dichiarire il peso delle marche d’ogni bolzon nel fare il Bolettino da consegnarsi al fabbro per batterlo.
XX. Così pure per far battere la soglia d’oro dovranno i Mercanti portarsi in Zecca a prendere il Bollettino, dichiarando il peso presso a poco del bolzone da indorarsi.
XXI. Che niuno possa fare lavori mescolati d’ori buoni e falsi, eccettuando certi cordoni, trine, bottoni, cordelle, e simili non soggette al bollo.
XXII. Che sia proibito tenere in casa, o in bottega, nè vendere la menoma quantità di lavori forastieri d’oro, e d’argento.
XXIII: Li veli da spalle, si in pezza che separati ne’quali v’entri oro, o d argento, di maggior valuta di lire sei l’uno, i pendoni, le mantelline, le stolette, i berrettoni, ed altri lavorj con oro od argento di maggior valuta della descritta, come pure le cordelle di seta tessute con oro ed argento di maggior prezzo di Lire 2 al braccio, dovrà tutto esser bollato.
XXIV. Introdotto grave disordine nell’ estrazione di tali manifatture non soggette a Dazio per la Parte dell’Eccelso Consiglio di X 1518. 13 Marzo, senza prendere in Zecca la solita Bolletta, hanno Le L.L. E.E: ordinato.
XXV. Che tutti i Mercanti, o altre persone, volendo spedire ori, argenti, &c. debbano di volta in volta prendere in Zecca la Bolletta, che servirà per otto giorni soltanto, sotto pena &c.
Il resto in seguito.
Nello scorso Mercordì giorno dedicato a Santa Falca V.
M. si celebrò la di lei Festa nella Chiesa Parrocchiale Col. che
ha per Titolare la Santa medesima; posta nel Sestiero di
Canalregio di questa Città. Secondo l’Ughelli
ed un’antica Cronaca Manoscritta, la sua fondazione si
riconosce all’anno 873 sotto il governo spirituale di Crasso Fazio Vescovo Olivolense. Ma come
molti Scrittori di gran’autorità pongono in dubbio la residenza
di questo Vescovo, così universalmente fu ricevuta l’opinione,
che condotto da Tripoli d’Africa a Torcello il corpo della S. V.
M. Fosca, di là si estendesse la divozione per essa anche in
questa Città da cui furono eccitati i Fedeli a concorrere con
abbondanti elemosine per erigerle un Tempio nell’ anno 1297. Fu
questo rifabbricato nel 1679, e adornato colla facciata di
marino a spese del Veneto Senatore Filippo
Dona, opera del cui zelo sono pure i due altari
laterali al maggiore. La consacro nel 1733 Girolamo Fanno Vescovo di Nona, coll’assenso del
Patriarca Marco Gradenigo.
Trà le belle pitture, che la fregiano, distintamente si ammira
quella di Vittore Carpaccio
rappresentante i Santi Pietro, Paolo, Sebastiano,
Cristoforo, e Rocco.
Swift, che potesse scoprire le
cagioni di quelle smanie, di que’ delirii, e di quelle
stravaganze onde sono sparse le sue Lettere. È facile, dice chi
ha scritto, che possiate appagarmi, giacché ne’vostri Fogli
dell’anno scorso, avete mostrato d’essere provveduto di molti
Pezzi, che fanno conoscere il genio, il carattere, gli studj, le
virtù, e le passioni della Nazione Inglese.
Serva in risposta la seguente Traduzione, che facciamo sul momento in cui ci venne l’impulso.
Jonatah Swift, Decano di San Patrizio,
malgrado l’estrema giocondità diffusa nella maggior parte delle
sue Opere, passò sempre per un carattere melanconico, singolar e
bizzarro. Si vedeva, che tale fosse naturalmente: e così l’hanno
rappresentato quelli che scrissero la sua vita: ma tutti si sono
ingannati. Swift era nato per la ilarità:
una sventurata passione lo immerse nella tristezza.
È noto che il Cavalier Temple fu il di lui
Padre. Allevato nella sua abitazione vide in essa la prima volta
la bella Stella. Questa Giovinetta viveva
con sua Madre sotto il nome di Miss Johnson.
Swift ignorava che quella Signora fosse da molti anni
la favorita del Cavaliere suo Genitore. Essa dicevasi Vedova
d’un Negoziante, che dopo aver sofferto in Inghilterra molte
disgrazie, era passato in Olanda a finire i suoi giorni. Miss Esther, o Stella,
aveva quattordici anni, una figura leggiadra, uno spirito
coltivato. Fu essa confidata al Dotto Swift,
che la condusse a Dublino, coll’assenso del Cavaliere e di
Madama Johnson, onde perfezionala
nell’educazione, e ne’ talenti. Tutta la filosofia del Decano
non seppe resistere a vezzi della sua bella Studente. Egli
l’amò, fu corrisposto, e si pretende ancora, ma senza prove, che
la facesse sua Sposa nell’anno 1716.
Mentre questi due Amanti vivevano nella più dolce confidenza, Swift ricevè una Lettera. Da quel momento
il suo carattere divenne torbido, inquieto il suo umore, la sua
condotta bizzarra. Dinanzi a Stella egli
non è più galante, nè tenero, ma comparisce tetro, abbattuto, e
talvolta agitato fino al furore. Stella
cade anch’essa in una profondissima melanconia. Una parola
svelerà questo enigma. Swift era di Lei
fratello. Sino allora l’aveva egli ignorato. Nati uno e l’altra
da un medesimo Padre lo seppero troppo tardi.
Ecco la cagione degli apparenti capriccj del Decano di Dublino,
della sua condotta con Stella, delle sue
inegualità, de’suoi trasporti, e delle sue follie. Ciò vedesi
chiaramente nelle sue Lettere. Egli si lamenta, si calma, se la
prende col Cielo, maledisse la sua sorte e tutto il genere
umano; e sa degl’inutili sforzi per cangiare la sua tenerezza in
amor platonico, e la violenza della sua passione in amicizia
fraterna. Ora scrive a Stella sul tuono
d’amico, d’amante, ora su quello di protettore, di fratello, di
sposo.
Alcuni inimici di Swift hanno creduto, che
le sue bizzarrie avessero, origine dall’innalzamento della Casa
di Hannover al trono d’Inghilterra, che
rovino le sue più belle speranze. Questa circostanza può forse
avervi contribuito: ma la necessità di rinunziare alla diletta
sua Stella, fu per esso lui mille volte
più amara del dolore di non poter isperare più avanzamento.
Delli Predicatori di questa Città.
A Santa Ternita.
Li Venerdì. L’Illustrissimo Sig. Ab. D. Xaverio Deputez Veneto.
Domenica e Lunedì 17 e 18 corrente.
Oratore il M. R. P. Piccardi.
Martedì e Mercordì 19 e 20 corrente.
Orat. il M. R. P: Maestro Capretti.
In Senato 14 corrente
E. Zuanne Zusto.
Il Formento dalle L. 29 alle 30. e mezza
Il Sorgo Turgo a L. 22.
In una delle ultime sere di Carnovale nel Nobilissimo Teatro di S. Samuele, è stato perduto un guanto Inglese giallo. La persona a cui successe questa disgrazia non può darsi pace, ed offerisce un ducato d’argento di mancia a chi glielo portasse, perché non saprebbe come impiegare quello che gli è rimasto. La Gazzetta accettò di buon grado l’impegno di pubblicare questa perdita, e questa esibizione, sicura che non sarà sordo al suo eccitamento che avendolo ritrovato vorrà tranquillare la sua coscienza col darlo al legittimo suo padrone, e buscarsi una mancia sì generosa.
Il ricapito è al Caffè di Florian a San Marco.
5 Febbrajo
Parigi cinquantanove.
Lione cinquantotto e tra quarti.
Roma sessantatre.
Napoli cento e diciotto e un
ottavo.
Livorno centuno e mezzo.
Genova novantadue e mezzo.
Amsterdam novantuno e tre quarti.
Londra cinquanta.
Augusta centuno e un quarto.
Vienna cento e novantatre e mezzo.
Dal Colombani Librajo al Ponte di
Rialto.
Alla Spezieria della Vigilanza al Ponte de’Dai.
A Bergamo dal Locatelli Librajo.
A Brescia dal Colombo Librajo.
A Verona dal Lonardi Librajo.
A Padova dalli Fratelli
Conzatti Libraj.
A Treviso dal Trento Librajo.
A Udine dal Damiani Librajo.
Alla Stamperia Zerletti Venezia.