uando vi lamentate d’esser vecchio, come in fatti li siete, pare che vi rincresca d’essere giunto al fine delle vostre brame. Desiderate di vivere lungo tempo, e poi vi pentite d’essere vissuto: o per discorrerla in altro modo, vi sempre avete fatto viaggi, or perchè vi stupite d’essere arrivato al luogo, ove avevate dissegnato di giungere? Converrebbe piuttosto stupirsene se mai non vi foste arrivato. Noi si distruggiamo insensibilmente, nè l’età più ritornano al lor principio. Non avete cominciato a crederlo, se non quando dovete lasciar di vivere. Questo è il solito inganno del Mondo, che un uomo solo ha quasi tante diversità nelle sue opinioni; quante tutti gli Uomini insieme. I Giovani, cosiderando il tempo che hanno a vivere, lo giudicano assai lungo perchè non è ancor venuto; e i Vecchj al contrario lo stimano assai corto, perchè già è passato. Quello che ha a venire sembra più esteso di quel ch’è presente, benchè in fatti non abbia maggiori limiti; perchè il moto natural delle cose che si accostano al loro fine sembra essere più veloce.
Ma in vece di affligervi per la vostra Vecchiaja, parmi che dobbiate piuttosto rallegrarvene: purchè non sia viziosa, come d’ordinario è la Gioventù. E quand’anche non aveste fatto altro, che rientrar in voi stesso verso il fine de’vostri giorni, sempre l’età vostra caduca vi sarebbe vantaggiosa. Anzi questo è un manifesto segno che Iddio vuole la vostra salvezza; perchè avendo permesso che perdeste il vigore del corpo, v’ha egli for-
Ma temo che voi non vi lamentiate tanto del tempo già passato, quanto de’piaceri, che pajono coll’età fuggiti. Se però i piaceri del corpo vi han lasciato, godete adesso di quelli dello spirito. Non possono abbandonarvi se non quando lo spirito stesso vi lascierà; perchè essendo necessariamente uniti, conviene che sempre lo seguano. I piaceri del corpo conducendo sempre a qualche difetto, quando partono, cagionano dispiacere e pentimento, e non ci lasciano che vergogna e dolore. Dovete adunque gioire, veggendovi libero da tutte queste pene; e ringraziar dovete la Vecchiaja come vostra liberatrice, che vi ha levato dalle mani de’vostri avversarj. Oltre di che la Vecchiaja in se stessa ha le sue contentezze, come pure le sue afflizioni. Quando avrete cominciato a gustarle, non troverete che amarezza ne’piaceri di già perduti. Non crediate per tanto che questa vostra canutezza vi disonori: essa è un contrasegno della vostra autorità e temperanza. I vostri bianchi capelli mostrano soltanto che non siete più dissoluto; e che la vostra saggezza ha corrette le folie d’una Gioventù libertina. Così quello che voi credete essere per
Mi direte, che quando riandate col pensiero tutti que’lieti giorni, ch’avete goduto ne’passati tempi, vi annoja poi il vedere per fino la luce; poichè vi sembra ch’essa vi partecepi le sue bellezze per disporvi a non più vederla. Ma dovete riflettere che tutt’i giorni sono simili, benchè in apparenza sembrino differenti; e che non si cangia il tempo, ma bensì i nostri costume, e i nostri spiriti, i quali essendo di lor natura immortali, sono tuttavia sottoposti a prendere diversi aspetti. Il nostro spirito è sempre contrario a se stesso, quantunque sempre non pensi ad altro che a contentar se medesimo. Quindi ne viene che per una parte il fuoco della Giovinezza, e per l’altra l’impazienza della Vecchiaja ci conducono a giudicar tanto malamente, che spesse volte che prendiamo il peggiore per il migliore, ed il migliore per il peggiore. Per altro tutt’i giorni sono buoni in se stessi, perchè il Signore e Padrone de’Secoli è la bontà medesima; e la diversità che le Stagioni apportano, redendoli or freddi, or caldi, or lucidi, ed or oscuri, non cambiano la bontà loro, poichè queste alterazioni contribuiscono alle contentezze d’un particular soggetto. Ma in riguardo a’sentimenti bizzarri degli uomini, i giorni più belli sono qualche volta i più oscuri; e i nostri capriccj ci fanno trovar la luce tra le loro tenebre, ed afflizione nell’allegrezza ch’essi ci apportano: in una parola, siccome la vita nostra è una tessitura di calamità, così tutti i momenti che la compongono par che contengano qualche disastro.
Per ciò que’giorni, che ora vi chiamate felici, furono in altro tempo per voi infelicissimi; vi fecero piangere quando erano presenti, e credete che vi potrebbero rallegrare quando più non sono. Non vi sembrano dunque aggradevoli nell’idea che vi resta, se non perchè più non torneranno, e perchè seco portarono molte cose, che non avete abbastanza amate. Questo appunto è il costume de’pazzi, di non amar mai perfettamente, se non quello che hanno perduto per sempre. Ma voi, che vorreste ringiovenire, se ciò fosse in poter vostro, di grazia ditemi, non è egli vero che il desiderio, che avete, non solo è mal conceputo, ma ancora inutile? Eppur sappiate che il suo effetto non è già impossibile. Potrete ben presto ringiovenire, se, benchè vecchio, vivete da uomo dabbene. Non vi lamentate adunque di aver lasciato dietro a voi
Non chiamiamo dunque niuna età buona, se non in quanto ci serve nel tempo per giugnere all’eternità: avvegnacchè altrimenti, quand’anche vi fosse qualche dolcezza, la sua fuga continua la renderebbe amara. Un uomo che corre, non ha il comodo di gustare i piaceri del cammino.
Per fine, dopo aver biasimato la stravaganza de’vostri sentimenti, voglio censurare ancora la vostra imprudenza. Non vi svegliate, se non quando è di necessità che dormiate eternamente; e cominciate a lamentarvi, quando tutti i lamenti hanno a finire. Gli altri contano le loro perdite allorchè le fanno, ed esaminano ad uno ad uno i svantaggi ch’ebbero nella guerra, o nel giuoco. Voi non considerate i vostri, che quando non v’è più rimedio; nè li riconoscete minutamente, che dopo la total perdita. Quest’è una gran pazzia di non pensar mai alla Vecchiaja se non quando è arrivata: se aveste preveduto la sua venuta, non vi avrebbe turbato la sua presenza.
Cessate dunque di lamentarvi inutilmente; assoggettatevi liberamente agli ordini della Natura. Il suo imperio è necessario; ma lo potete rendere volontario per elezione; e quello che le sue leggi hanno assolutamente determinato, non dev’essere il soggetto de’nostri dispiaceri. Qual cosa mai più naturale all’uomo che vivere dopo esser nato, e vivendo invecchiare, ed invecchiando morire?