Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "Elogio funebre di un saggio", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\75 (1822), S. 403-406, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.939 [aufgerufen am: ].


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Elogio funebre di un saggio

Zitat/Motto► Non deterret sapientem mors, quae propter incertos
casus quotidie imminet, et propter brevitatem vitae
nunquam longe potest abesse

(Cicer.).

Non reca spavento al savio la morte, la quale per
gl’incerti casi ogni dì sovrasta, e per la brevità della
vita non può mai esser lontana. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Il custode di mia giovinezza, diceva Aristo, colui che di ben viver m’insegnò, fu un vero sapiente. I giorni della sua vita quanto innocenti, altrettanto furono numerosi, poichè la morte fino ai novantaquattro anni lo risparmiò. Io era presente nell’ora ch’egli fu preso da quel sonno che dovea dormire in eterno. Ah! perchè non ci eri ancor tu, o sublime Canova, che non avrebbe avuto il tuo scalpello mai più degna immagine a ritrarre che quella. Ebene 4► Exemplum► Narra Plinio essere Zoroastro uscito in luce ridendo: ◀Exemplum ◀Ebene 4 e ridendo uscì di quella il mio valente amico. Potesse almen la mia penna alcuna lode scrivere sopra la sua sepoltura! Egli mentre visse non n’ebbe che rare volte; avend’egli sempre, inteso più a meritarlasi senza ricorla, che demeritarla con gli altrui plausi. Ma ben egli n’è stato rimunerato con questo, che così soavemente, come visse, morì. Nel punto di morte gli era io alla sponda del letto: nè gli occhi miei ebbero mai più bella cosa a vedere. Qual meraviglia? Il sole non apparisce mai così grande [404] come quando tramonta. Disse Voltaire, che quello il quale ha molti testimoni della sua morte, muore sempre da forte. Ma il mio buon vecchio rotto e vinto dagli anni, non si trovò allora allato per testimonio se non se un suo allievo, e pure morì da Socrate. Egli teneva la mia nella sua stanca mano. I suoi ultimi sguardi dolci e sereni non si recavano nè sopra vizi prediletti, nè sopra ricchezze di cui rincresca l’abbandono, perchè egli non conobbe i primi, nè si lasciò prevenire dalla morte per fare dell’altre un uso liberale.

Con quella fioca voce che pur gli venía mancando, tanto si faticò, ch’egli mi potò dire queste parole: “Figliuol mio, son ancor io stato giovine, ed or, come vedi, sono oppresso dalla vecchiezza: però dei prestar fede alla mia esperienza. Parecchie meraviglie ha nel mondo e parecchi piaceri: ma quelli son più da gradire, i quali l’amore che portiamo alle virtù, ci procaccia. Adunque opera tu di esser virtuoso, e il diverrai: abita nel mondo sempre con l’animo presto ad abbandonarlo; non ti assicurar tanto all’orlo del bene, perchè ivi si porta il rischio di sdrucciolare e cader nel male. Non istare in ozio mai, acciocchè il vizio non colga suo destro per sorprenderti. Temi Iddio, ed amalo: dispregia la morte, e non abborrir la vita.” Qui credett’io ch’egli avesse chiusi gli occhi per meglio raccorre i pensieri, e tremante attesi ch’egli dovesse riparlarmi: ma egli avea serrat’occhi e bocca per non più disserrarli giammai; ed era già trapassato a quella gioia che per sempre non gli può venir meno.

[405] O valentuomo, o sapiente, tu cheto cheto hai traversato la tumultuaria e romorosa valle del mondo, senza che t’abbia tocco nè guasto la pestilenza del vizio. Tutta la tua vita è stata un ordine non interrotto di sante e belle opere. Tu padre dei poveri, tu degli orfani; tu guida dei ciechi, tu appoggio degli zoppi. Non ti fu mai fatto del bene che tu mettesti in obblio; nè mai ne facesti che ti rimanesse a mente. Oh! le tue facultà come degnamente sono state da te adoperate! Non hai tu mai fatto pianger uomo d’altro che di contento. Promise una volta un re persiano tesori a colui che un piacer nuovo gli ritrovasse: tu per quel tanto piacere che dal bene operar ritraevi, avresti maggior guiderdone proposto per la invenzione d’una nuova virtù.

O mio benefattore, di quante e quali dovizie m’hai tu lasciato erede! Degli esempi tuoi, de’tuoi consigli. Tempio mi è questo semplice abituro, in cui tu sei vissuto e morto: ed io lo verrò visitando a sdebitarmi teco ed a rivocarmi alla mente le tue virtù. Questa tavola, in su che scrivo, fu la tua: e il tuo fu pur questo calamaio ond’io, lasso! tingo la penna.

Questa penna . . . . . . oh! perchè non sa ella aprire e interpretare i tuoi pensieri? Ma io m’atterro a ringraziare il cielo, che non prima mi sei tu stato tolto che io fossi in età capace di profittare della tua morte.

Sei tu beato, amico mio: e come no, se tu sei in cielo? Le lodi, quelle sole che al tuo bennato animo potevan piacere, ti son rendute. Non è povera famiglia nella parrocchia ove tu [406] sei vissuto, la quale non ti richiami ancora e pianga come il padre. Il grande avvenimento della lor vita è stata la morte di questo lor benefattore. Coloro che si ritrovano alcuna delle tue cose, morendo ne fanno menzione nel testamento, e come cara e preziosa la lasciano per legato ai loro congiunti. Le tue virtù sono l’usitato argomento della conversazione nelle serate d’inverno presso al fuoco; ed ogni mattina d’estate sulle logore pietre de’sepolcri, all’ombra degli alberi del cimitero, si rammentano i tuoi saggi ammaestramenti, che i tuoi virtuosi esempi rendevano tanto persuasivi.

Quattro anni e sette mesi trascorsi sono sopra la tua tomba, nè del tuo semplice epitaffio vi è sillaba alterata dal dito dei perdigiorni, nè rotto angolo del funebre sasso che ti ricopre. Colà vengono da tutto il contado a giurarsi fede gl’innamorati; ed i fanciulli non son così tracotanti, che cianciando e battagliando vi si appressino. Quei lavoratori che, vivendo tu, lavoravano il poder tuo, vanno ciascuno a vicenda, anche in tempo di mietitura, al tuo monumento a diradicarne le salvatich’erbe intornovi nate, e vi piantano fiori non di rado dal loro pianto inumiditi. Ecco, amico mio, l’elogio di cui tanto ti caleva; ed egli non aspetta ad altri che a te. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1