Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "La solitudine", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\41 (1822), S. 258-263, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.905 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

La solitudine

Zitat/Motto► Homo solitarius aut Deus, aut bestia

(Arist. apud Aul. Gell.).

Il solitario o ad un Nume, o ad una bestia s’assomiglia. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ho sempre veduto con meraviglia come la solitudine abbia tanti lodatori avuti e tanti partigiani. Ella non è certamente il naturale stato dell’uomo, il quale dai doveri e dai piaceri debb’essere inclinato alla società: nè può in quella apprendere omai più la sapienza; perocchè abbandonata alle solitarie speculazioni l’anima, subito i suoi pensamenti accorda colle sue inclinazioni. L’alternazion delle fatiche nostre con la posa del ritiro ci è di tanta necessità e di tanto sollievo, di quanto ci è la quiete dopo il moto. Ma questo ritrarsi è stato confuso con la solitudine a torto, perchè questa è un deserto, e quello è un abitar da parte in compagnia degli amici. E l’ingegnoso Balzac volendocene porger l’idea, ci ha detto: Ebene 3► Zitat/Motto► Bella cosa è la solitudine, ma ci vuole con cui si ragioni delle sue delizie. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

Molti decantano l’amor della solitudine, abbagliati dall’autorità di gran fama; e credendo trovarvi la felicità che chiari filosofi e reggitori di Corti e conquistatori vi trovarono, poi rimangono stupefatti, e della lor credenza [259] ingannati, perchè essi non hanno osservato che coloro che essi tolgono ad imitare, portarono seco nella solitudine infinita materia di contemplazioni, la conscienza del loro valore e la ricordanza delle grandi imprese; e che loro appresta la solitudine quella quiete che dopo gli affanni gravi è necessaria. Ma a coloro che niente hanno operato, niente imparato, nè possono sostenersi coi loro meriti, nè vivere di rimembranza, che può giovare la solitudine? Oltre a ciò, fra quelli uomini che alti carichi tennero nel mondo, ben pochi ha che trovino felicità nella solitudine. Ebene 3► Exemplum► Neraldo quando lasciò il governo dello Stato per ritirarsi, immaginava di portare dietro a sè il pianto di tutta la nazione. Si credeva poter senza passione vedere da lunge il pubblico freno in altre mani, e forse ancora era venuto in isperanza di vederlo fra mani impotenti, e di ciò molto in sè si compiaceva. Ma non istette guari che gli venne veduto il naviglio dello Stato andar col vento in poppa sotto il governo d’un altro nocchiero; e la nazione non solamente non gli fe’ preghiere a tornarvi, ma di subito lo dimenticò. La ritirata dunque cominciò a non essergli dilettevole da quel punto che non si sentì più invitato ad abbandonarla, e si lamentò della sconoscenza degli amici, o, a dir meglio, de’suoi favoriti che lo avevano messo in oblivione, come la nazione tutta. Finalmente la solitudine della sua anticamera gli fece venir noia della solitudine. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Certi riguardano la solitudine come ricetto delle Muse, e vi si ritraggono con la speranza di aver con esse maggiore dimestichezza. Vi [260] sono studi che vogliono si abbracci gran quantità di cose, e vi sono quelli che richieggono lunghe contemplazioni e solitarie. Nel vero la solitudine non interrompe; nè distrae la mente, e muove all’avanzamento delle scienze; ma la società ce ne mostra i vantaggi, e ce ne insegna l’uso da farne. Lo studio solitario accresce il naturale ingegno, ma la società rendelo operativo e splendiente, ed è l’esca del foco che l’emulazione accende, senza la quale non si fa passo in alcuna carriera. Ebene 3► Exemplum► Alcaide n’andò alla solitudine per non aver fracasso nè distrazione dagli studi filosofici, e vi rinvenne incontanente una perenne vena di diletti, tanto che gli fu avviso d’essersi imparadisato. Ma l’illusione durò poco, perchè come egli veniva trovando nuove bellezze della natura, così veniva sentendo la necessità di un amico a cui facesse parte de’suoi godimenti: e quanto più procedea nella scienza, tanto più desiderò di comunicarla. Finalmente, rientrato nel mondo, ebbe ad avvedersi tosto che fa mestieri paragonar i proprii con gli altrui pensamenti; e che essendosi troppo tosto della sua opinione appagato, invece di aver trovato utili verità, si era lasciato trascorrere in errori da gran tempo rifiutati. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Quelli che si convertono alla solitudine, il fanno le più volte per secondar le passioni onde son vinti; perciocchè alcuni, offesi nell’amor proprio, abbracciano la solitudine per disperazione di non poter più risplendere nel mondo; altri orgogliosi, per non fare altrui quell’onore ch’essi non potriano acquistare, si [261] dileguano dalla gente. Sembra loro nullo stato esser migliore che quello il quale fa essi supieriori ad ogni censura, e lascia loro le proprie inclinazioni seguitare, e non li costringe a render ragione dei loro portamenti al giudizio altrui.

Molti si gittano in solitudine, perchè la loro ambizione è stata di false speranze ingannata, come addivenne a Ebene 3► Exemplum► Norbano, il quale aspirando ad un ragguardevole grado del governo, ed essendosi più volte dato a credere di potervi salire, quando vi vide sopra un suo rivale, sospinto dal dolore e dallo scorno della repulsa, tostamente s’innamorò della solitudine, dove gli parea poter trovare felicità, non avendovi a vedere il trionfo de’suoi rivali. Egli si faticava in persuadere se stesso di dispregiare tutto quello che fino a quel punto aveva adorato, e qualche volta si dipingeva come Tasso dipinse il suo solitario, dicendo: “Vidi e conobbi anch’io le inique Corti . . . . . Così agli amici boschi tornando, ho tratto i dì felici.” Ma trapassato in questo alcun mese, gli rivenne subito talento della società e della Corte, e non potè più contenere i sentimenti del cuore, e desiderò ciò che s’era infinto di disprezzare, e corse a rientrar nuovamente nel tempio della Fortuna. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Arvira superbiva della sua bellezza per modo che non si saria maritata se non se ad uomo di gran fama, di gran titolo e di grande avere. Ma poscia che non si vide curata da quelli ch’ella avria voluti di sè innamorati, si sentì cadere dell’ambizione e della speranza sua: e [262] pensando che la solitudine le avria levata dall’animo l’angoscia e somministrato consolazione e gioia, si allontanò dagl’inganni del mondo e dalla malizia degli uomini. Ma la felicità della bella romita durò picciol tempo; perciocchè, quantunque le rivali non le turbassero la pace; ella veniva però perdendo la speranza di quel bene che aveva promesso al cuor suo; e notte e dì pensava che vivendo fra la gente, a lungo andare alcun giovinetto delicato e sensibile avria potuto far giustizia ai vezzi suoi, invaghendosene. Ed allora di fierezza e di follia riprendendo se stessa, le tornavano al pensiero i tanti amadori da sè disdegnati, e uscì della solitudine per mostrarsi ai loro sguardi. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Uomini di gran sentimento e di grande animo talvolta fastidiscono il mondo e si ritraggono in solitudine, come in un ricovero. Ebene 3► Exemplum► Filanto s’avea immaginate nella più lusinghevole maniera le virtù che, a parer suo, dovevano far lo stato e la contentezza degli uomini. Ma nel mondo poi non le ha ritrovate se non pochissime volte: anzi ha vista la follia dove estimava esser saviezza; seder la scelleratezza nel luogo dell’onore; l’egoismo stare in vece di liberalità, ed insensibilità in iscambio di benivoglienza e di compassione. Questa rea veduta lo rattristò per modo, che il mondo non gli era più a grado, e si fece a sperare che in solitudine avria trovato se non felicità, almeno tranquillità di spirito. La misantropia, che gli fece abbandonare i suoi simili, non fu già quel vituperevole sentimento che gode dell’altrui male: fu pietà degli uomini ed abborrimento [263] dei vizi e delle pazzie loro; in somma fu filantropia. Filanto sa bene che il mondo altro non è che una immensa repubblica, i cui cittadini sono sforzati a concorrere al ben pubblico, perchè nessuno può legittimamente essere inutile. In tal guisa la sua filosofia non è dottrina di ozio, perchè, dato ai campagnuoli lavori, per quanto è da lui, aiuta con l’esempio e con gl’insegnamenti i profitti della sovrana delle arti. Filanto s’è beato nella solitudine, e non usciranne che quando fia migliorato il mondo. ◀Exemplum ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1