La nobilità naturale Giovanni Ferri di S. Costante Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Alexandra Kolb Editor Valentina Rauter Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 19.12.2016

o:mws-117-1096

Ferri di S. Costante, Giovanni: Lo Spettatore italiano, preceduto da un Saggio Critico sopra i Filosofi Morali e i Dipintori de’Costumi e de’Caratteri. Milano: Società Tipografica de’Classici Italiani 1822, 142-144 Lo Spettatore italiano 4 19 1822 Italien
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La nobiltà naturale

Nobilitas sola est atque unica virus.

Iuv.

Sola virtude é nobiltà verace.

V’ha una tale nobiltà di natura, che è rispettata dalla ragione, e molto utile arreca alla società. Noi siamo naturalmente inclinati a tenere in riverenza quelli che colle loro virtù o coll’ingegno divennero i benefattori dei loro simili. Eglino diritto hanno alla nostra stima ed osservanza non solo perchè così vuole giustizia, ma inoltre perchè così il nostro vantaggio addomanda. Noi siamo tanto solleciti di satisfare a questo debito, che veneriamo ancora i simulacri della virtù, e onoriamo le immagini degli uomini grandi.

Le ragioni che ci fanno tenere in onore quelli che hanno fatto bene al mondo, non solo cara ci rendono la loro persona, ma c’inducono altresì ad amare i lor discendenti; poichè sappiamo per esperienza che le virtù dei padri diventano spesso, per via di ammaestramento e di esempio, il retaggio dei loro figliuoli. E per questo abbiamo voluto che gli uomini virtuosi riguardassero alla loro gloria non solo come a premio delle loro magnanime imprese, ma come a patrimonio ch’eglino potessero trasmettere ai lor posteri. E in ciò hanno essi trovato novella ragione per esser più animosi a operar grandi cose.

Ma questo rispetto che si porta ai discendenti dei sommi uomini, non è una cieca considerazione, nè alla ragione contraria; e tal riverenza non può essere agguagliata colla superstizione, la quale ci porta a venerare i simulacri di pietra o di bronzo con quel culto che la gratitudine degli uomini ha ordinato solamente alla Divinità. Se il figlio di un uomo ch’ebbe illustre virtù, si vitupera co’suoi vizi, la gloria degli avoli suoi rende maggiore la sua vergogna e il suo vitupéro. E in questo senso parlava veritiero un antico, quando disse che la nobiltà è una fiaccola la quale illumina i vizi parimenti e le virtù.

Gli onori che si fanno ad una discendenza resa famosa per gli antenati, sono di lor natura un volontario omaggio indipendente dalle leggi, e che non porta seco alcun privilegio, nè separa le famiglie dal rimanente degli uomini. Così questa nobiltà naturale, che Plutarco ha diffinito assai bene virtù di nascimento, ha avuto luogo fra i popoli che non conobbero una nobiltà la quale da false opinioni o da ingiustizia di legge sia nata. Fra i Romani famiglie nobili erano tenute quelle che per molte immagini dei loro maggiori aveano acquistato un titolo alla stima degli altri. Un uomo oscuro e nuovo non era quello che noi chiamiamo plebeo, ma era uno di cui non si conoscevano gli antenati nè per le loro imprese, nè per li carichi de’quali fossero stati nella loro patria onorati. Se la gente patrizia fece strazio così sovente della romana repubblica, ciò non commisero come nobili, ma come membri di un corpo aristocratico oppressore e tirannico.

Nella Cina quel saggio popolo, presso a cui l’eguaglianza dei diritti è il fondamento dei civili ordini, ancora si onorano i discendenti di Confucio e di altri uomini illustri: quelli che discendono dalla imperial famiglia, o dalle passate dinastie, quantunque senza privilegi, e ridotti per povertà in condizione vilissima, nondimanco sono tenuti in riverenza e in rispetto dalla nazione. Appresso i Turchi è ignoto pur anco il nome di nobiltà; ma hanno assai riguardo per le famiglie di alcuni visiri o muftì che colle loro imprese gloriose fecero assai vantaggio all’imperio.

L’antica storia e la moderna hanno dimostrato ugualmente che i popoli di barbarie più involti hanno tenuto in onore quella nobiltà naturale la quale nasce da una continua successione d’uomini utili alla patria ed al mondo. È dessa una distinzione verace, la quale può stare senza prerogative dannose alla società, e basta da per se sola a mantenere il fuoco sacro dell’emulazione.

La nobiltà naturale Nobilitas sola est atque unica virus. Iuv. Sola virtude é nobiltà verace. V’ha una tale nobiltà di natura, che è rispettata dalla ragione, e molto utile arreca alla società. Noi siamo naturalmente inclinati a tenere in riverenza quelli che colle loro virtù o coll’ingegno divennero i benefattori dei loro simili. Eglino diritto hanno alla nostra stima ed osservanza non solo perchè così vuole giustizia, ma inoltre perchè così il nostro vantaggio addomanda. Noi siamo tanto solleciti di satisfare a questo debito, che veneriamo ancora i simulacri della virtù, e onoriamo le immagini degli uomini grandi. Le ragioni che ci fanno tenere in onore quelli che hanno fatto bene al mondo, non solo cara ci rendono la loro persona, ma c’inducono altresì ad amare i lor discendenti; poichè sappiamo per esperienza che le virtù dei padri diventano spesso, per via di ammaestramento e di esempio, il retaggio dei loro figliuoli. E per questo abbiamo voluto che gli uomini virtuosi riguardassero alla loro gloria non solo come a premio delle loro magnanime imprese, ma come a patrimonio ch’eglino potessero trasmettere ai lor posteri. E in ciò hanno essi trovato novella ragione per esser più animosi a operar grandi cose. Ma questo rispetto che si porta ai discendenti dei sommi uomini, non è una cieca considerazione, nè alla ragione contraria; e tal riverenza non può essere agguagliata colla superstizione, la quale ci porta a venerare i simulacri di pietra o di bronzo con quel culto che la gratitudine degli uomini ha ordinato solamente alla Divinità. Se il figlio di un uomo ch’ebbe illustre virtù, si vitupera co’suoi vizi, la gloria degli avoli suoi rende maggiore la sua vergogna e il suo vitupéro. E in questo senso parlava veritiero un antico, quando disse che la nobiltà è una fiaccola la quale illumina i vizi parimenti e le virtù. Gli onori che si fanno ad una discendenza resa famosa per gli antenati, sono di lor natura un volontario omaggio indipendente dalle leggi, e che non porta seco alcun privilegio, nè separa le famiglie dal rimanente degli uomini. Così questa nobiltà naturale, che Plutarco ha diffinito assai bene virtù di nascimento, ha avuto luogo fra i popoli che non conobbero una nobiltà la quale da false opinioni o da ingiustizia di legge sia nata. Fra i Romani famiglie nobili erano tenute quelle che per molte immagini dei loro maggiori aveano acquistato un titolo alla stima degli altri. Un uomo oscuro e nuovo non era quello che noi chiamiamo plebeo, ma era uno di cui non si conoscevano gli antenati nè per le loro imprese, nè per li carichi de’quali fossero stati nella loro patria onorati. Se la gente patrizia fece strazio così sovente della romana repubblica, ciò non commisero come nobili, ma come membri di un corpo aristocratico oppressore e tirannico. Nella Cina quel saggio popolo, presso a cui l’eguaglianza dei diritti è il fondamento dei civili ordini, ancora si onorano i discendenti di Confucio e di altri uomini illustri: quelli che discendono dalla imperial famiglia, o dalle passate dinastie, quantunque senza privilegi, e ridotti per povertà in condizione vilissima, nondimanco sono tenuti in riverenza e in rispetto dalla nazione. Appresso i Turchi è ignoto pur anco il nome di nobiltà; ma hanno assai riguardo per le famiglie di alcuni visiri o muftì che colle loro imprese gloriose fecero assai vantaggio all’imperio. L’antica storia e la moderna hanno dimostrato ugualmente che i popoli di barbarie più involti hanno tenuto in onore quella nobiltà naturale la quale nasce da una continua successione d’uomini utili alla patria ed al mondo. È dessa una distinzione verace, la quale può stare senza prerogative dannose alla società, e basta da per se sola a mantenere il fuoco sacro dell’emulazione.