Lezione CXXIII Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Lisa Pirkebner Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 17.01.2017

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Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro Universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728, 352-358 Il Filosofo alla Moda 2 123 1727 Italien
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Lezione CXXIII A’ Padroni verso i loro Domestici, e Servidori.

Esopi ingenio statuam posuere Attici,Servumque collocarunt aterna in basi,Patere honoris scirent ut cuncti viam,Nec generi tribui, sed virtuti, gloriam.

Phæd. L. II. Fab. IX. I.

Dopo avere ricevuti molti inviti d’andare a passare un mese in Campagna presso un Cavalliere mio amico, mi vi portai con esso lui la settimana passata. Ed eccovimi fissato per qualche tempo, rissoluto di apparecchiarvi nuovi Fogli da pubblicare.

La buona accoglienza, che quì mi si fà; la maniera civile, ed onesta, con cui vengo servito; il riposo, e la libertà, che vi godo, mi hanno confermato nel mio pensiero, che i costumi sregolati de’Domestici vengono, per lo più dalla cattiva condotta de’loro Padroni.

L’aria di tutti quelli, che servono in questa Famiglia, comparisce sì contenta, che, come ben si vede dalla loro mina, si stimano felici d’avervi luogo. Vi è una cosa, che non ho mai osservata in altre parti: d’ordinario i Domestici stanno lontani da’luoghi della Casa, dove ha da passare il Padrone; quì, tutto al contrario, cercano la occasione d’incontrarlo; e tutte le volte, che se gli presentano, in questa maniera, senza essere chiamati, s’intende, per così dire, da una parte, e dall’altra, esser questa una specie di visita, e di omaggio, che rendono al loro superiore. Questa famigliarità si dee attribuire alla dolcezza, ed alla bontà del Padrone, il quale sà non ostante regolare sì bene le sue spese, che mai gli manca il danaro; e ne ha sempre di scorta dentro lo scrigno. Questo è il sistema, che tiene l’animo in calma, e che toglie le occasioni di svaporare in espressioni nojose; e di escire in violenti o contradittorj ordini, che mettono in disordine le famiglie. Così vanno d’accordo il rispetto, e l’amore; ed una certa giovialità nell’eseguire i loro doveri forma il carattere distintivo in tutti li Domestici di questa Casa. Quando un servidore viene chiamato dinanzi al Padrone, non vi si porta col timore d’essere sgridato per qualche leggero trascorso, nè d’incontrare la minaccia d’essere spogliato, e di scacciato a calci, nè di rimanere oppresso da strapazzi, ed ingiurie, come praticano molti indegni Padroni; Si chiama più tosto per sapere da lui come sia ritornato sì presto; se è passato dalla tale Fittanza; se il buon vecchio, che la tiene, stà di buona salute; se l’ha salutato da sua parte; o per chiedergli qualche altra cosa di questa natura.

Un Signore, che si attrae il rispetto de’suoi Domestici colla benevolenza, vive più da Principe, che da Privato; i di lui ordini sono ricevuti come favori; e la distinzione d’avvicinarsi a lui, per eseguire ciò che commanda, forma parte del loro salario.

Non è meno meravigliosa la maniera, con cui il mio Cavalliere cerca di incoraggire li suoi Domestici. Ha sempre creduto, che l’usanza di donare i suoi Abiti vecchi a servidori, non possa produrre se non pessimi effetti negli animi bassi, ed ispirare una sciocca opinione di ugualità in quelli, che non abbadano se all’esterno. L’ho udito sovente a scherzare, nel proposito, dipingendo al vivo un Cavalliere giovine, il quale maltratta il suo servidore, vestito collo stesso abito, che due, o tre mesi prima formava tutta la sua gloria, ed era il segno più fastoso della sua distinzione. Riesciva eziandio più grazioso, quando deridea le Dame, sopra questa specie di generosità. Mi ha raccontato, che ne conoscea una bellissima, la quale premiava, e puniva le sue Cameriere, colle sue bagaglie, o buone, o cattive, che loro donava.

Il mio Cavalliere non restringe la sua benevolenza verso i Domestici a bagatelle di questa natura. Un servitore, che fà bene le sue parti, puole ben presto far conto d’avere a sua elezione di non essere più tale. Egli è sì buon’Ecconomo, come ho già detto, e sì convinto, che l’Arte di governare la borsa è la virtù cardinale di questa vita; e che lo sparagno è il sostenimento della Generosità; che puole sovente rilasciare una buona somma di danaro, quando si tratta di rinovare una Fittanza, ed anche concederla gratis ad un bravo Domestico, che vuole stabilirsi nel Mondo, o pure fargli pagare da terza mano ciò che ne dovrebbe ricavare egli stesso, per metterlo in istato di vivere con più agio, se non lascia il suo serivzio.

Un Uomo, che ha dell’onore, e della generosità, pensa ch’ella è una grande infelicità, lo stare sottomesso in tutta la vita ad un altro, quando anche fosse la migliore persona del Mondo. Per questo cerca di sottraere presto i suoi Domestici dalla dipendenza, e di somministrargli i mezzi di guadagnarsi il proprio sostenimento. La maggior parte delle sue Terre sono affittate a Persone che hanno servito o lui, o i suoi Antenati. Ebbi molto piacere nel vedere, che venivano da varie parti a felicitarlo per lo suo ritorno in Campagna; e tutta la differenza, che potei osservare fra i Domestici antichi e quelli, che attualmente ne sono, fù che gli ultimi comparivano persone più manierose degli altri.

Io considero questa maniera d’affrancare i Domestici, e mettergli in istato di avvanzarsi nel Mondo, come una cosa loro dovuta quando adempiono bene il loro dovere. Incoraggisce i successori ad essere sì umili, sì attivi, sì vigilanti, com’erano quelli. Bisogna confessare, che vi è una strana bizzaria in certi animi bassi, che vogliono, che si ubbidisca loro in tutto, senza avere una minima generosità per quelli, ch’eseguiscono i loro commandi.

Si potrebbe quì addurre il sentimento delle Persone illustri di tutti i secoli, sopra il merito di quelli, ch’erano loro sommessi; ed i grandi servigi che i Padroni, ridotti alla estrema mendicità, hanno ricevuti da’loro Domestici, hanno fatto vedere, che tutta la differenza, vi era prima della loro disgrazia, venia dalla Fortuna. Ma giacche il fine di questo Foglio si restringe ad’una dolce ammonizione a’Padroni ingrati, io mi determinerò a ciò che ogni giorno accade; e protesto, che non ho mai veduta altra Famgilia, se non questa del mio Cavalliere, con una, o due altre, dove i buoni Domestici sieno trattati come meritano. La sua generosità si estende fino à Figlivoli de’loro Figliuoli. Questa mattina stessa ha impiegato il figliuolo del suo Cocchiero.

Per conclusione parlerò d’un Quadro, che stà nella sua Galleria nella qualve ne sono molti degni d’essere esaminati, e che potranno servire a qualcuna delle mie speculazioni.

Il quadro si vede appeso nel fine di questo gentile edifizio. Vi sono dipinti dentro un Fiume, due Giovani uno de’quali comparisce tutto nudo, e l’altro in abito di Livrea; il primo, che apparisce mezzo morto, mostra tanta vita, per dare segno d’una straordinaria gioja nel volto, e di benevolenza per l’altro; Credetti, che la Figura moribonda avesse qualche aria del Cavalliere, e rivoltandomi a rimirare il Credenziero che mi accompagnava, acciò me ne dasse la spiegazione; mi disse, che l’Uomo in abito di Livrea, era un Domestico del Cavalliere; questi si ritrovava sulla ripa del Fiume, mentre il suo Padrone vi nuotava, osservò una debolezza, da cui era stato in un subito sorpreso, che lo strascinava sotto l’acqua, vi si gettò egli stesso, e lo trasse dal pericolo. Aggionse, che il Cavalliere ritornato a Casa gli fè spogliare la Livrea, e con una generosità poco commune, accompagnata fino al presente da segni replicati del suo favore, gli donò in proprietà quella gentile Casa di Campagna, che abbiamo veduta ritornando in quà. Mi sovvenne allora, che il Cavalliere mi avea detto, al proposito di questa Casa, che vi stava un’onestissima persona, a cui era molto obbligato, senza spiegarsi d’avvantaggio. Parendo io poco soddisfatto di certa cosa, ch’era nel quadro, il mio interprete disse, che ciò si era fatto contro la intenzione del Cavalliere, che quel buon Uomo avea dimandato in grazia d’essere ritratto, collo stesso abito, che portava, quando ebbe la fortuna di salvare il suo Padrone.

Lezione CXXIII A’ Padroni verso i loro Domestici, e Servidori. Esopi ingenio statuam posuere Attici,Servumque collocarunt aterna in basi,Patere honoris scirent ut cuncti viam,Nec generi tribui, sed virtuti, gloriam. Phæd.~i L. II. Fab.~i IX. I. Dopo avere ricevuti molti inviti d’andare a passare un mese in Campagna presso un Cavalliere mio amico, mi vi portai con esso lui la settimana passata. Ed eccovimi fissato per qualche tempo, rissoluto di apparecchiarvi nuovi Fogli da pubblicare. La buona accoglienza, che quì mi si fà; la maniera civile, ed onesta, con cui vengo servito; il riposo, e la libertà, che vi godo, mi hanno confermato nel mio pensiero, che i costumi sregolati de’Domestici vengono, per lo più dalla cattiva condotta de’loro Padroni. L’aria di tutti quelli, che servono in questa Famiglia, comparisce sì contenta, che, come ben si vede dalla loro mina, si stimano felici d’avervi luogo. Vi è una cosa, che non ho mai osservata in altre parti: d’ordinario i Domestici stanno lontani da’luoghi della Casa, dove ha da passare il Padrone; quì, tutto al contrario, cercano la occasione d’incontrarlo; e tutte le volte, che se gli presentano, in questa maniera, senza essere chiamati, s’intende, per così dire, da una parte, e dall’altra, esser questa una specie di visita, e di omaggio, che rendono al loro superiore. Questa famigliarità si dee attribuire alla dolcezza, ed alla bontà del Padrone, il quale sà non ostante regolare sì bene le sue spese, che mai gli manca il danaro; e ne ha sempre di scorta dentro lo scrigno. Questo è il sistema, che tiene l’animo in calma, e che toglie le occasioni di svaporare in espressioni nojose; e di escire in violenti o contradittorj ordini, che mettono in disordine le famiglie. Così vanno d’accordo il rispetto, e l’amore; ed una certa giovialità nell’eseguire i loro doveri forma il carattere distintivo in tutti li Domestici di questa Casa. Quando un servidore viene chiamato dinanzi al Padrone, non vi si porta col timore d’essere sgridato per qualche leggero trascorso, nè d’incontrare la minaccia d’essere spogliato, e di scacciato a calci, nè di rimanere oppresso da strapazzi, ed ingiurie, come praticano molti indegni Padroni; Si chiama più tosto per sapere da lui come sia ritornato sì presto; se è passato dalla tale Fittanza; se il buon vecchio, che la tiene, stà di buona salute; se l’ha salutato da sua parte; o per chiedergli qualche altra cosa di questa natura. Un Signore, che si attrae il rispetto de’suoi Domestici colla benevolenza, vive più da Principe, che da Privato; i di lui ordini sono ricevuti come favori; e la distinzione d’avvicinarsi a lui, per eseguire ciò che commanda, forma parte del loro salario. Non è meno meravigliosa la maniera, con cui il mio Cavalliere cerca di incoraggire li suoi Domestici. Ha sempre creduto, che l’usanza di donare i suoi Abiti vecchi a servidori, non possa produrre se non pessimi effetti negli animi bassi, ed ispirare una sciocca opinione di ugualità in quelli, che non abbadano se all’esterno. L’ho udito sovente a scherzare, nel proposito, dipingendo al vivo un Cavalliere giovine, il quale maltratta il suo servidore, vestito collo stesso abito, che due, o tre mesi prima formava tutta la sua gloria, ed era il segno più fastoso della sua distinzione. Riesciva eziandio più grazioso, quando deridea le Dame, sopra questa specie di generosità. Mi ha raccontato, che ne conoscea una bellissima, la quale premiava, e puniva le sue Cameriere, colle sue bagaglie, o buone, o cattive, che loro donava. Il mio Cavalliere non restringe la sua benevolenza verso i Domestici a bagatelle di questa natura. Un servitore, che fà bene le sue parti, puole ben presto far conto d’avere a sua elezione di non essere più tale. Egli è sì buon’Ecconomo, come ho già detto, e sì convinto, che l’Arte di governare la borsa è la virtù cardinale di questa vita; e che lo sparagno è il sostenimento della Generosità; che puole sovente rilasciare una buona somma di danaro, quando si tratta di rinovare una Fittanza, ed anche concederla gratis ad un bravo Domestico, che vuole stabilirsi nel Mondo, o pure fargli pagare da terza mano ciò che ne dovrebbe ricavare egli stesso, per metterlo in istato di vivere con più agio, se non lascia il suo serivzio. Un Uomo, che ha dell’onore, e della generosità, pensa ch’ella è una grande infelicità, lo stare sottomesso in tutta la vita ad un altro, quando anche fosse la migliore persona del Mondo. Per questo cerca di sottraere presto i suoi Domestici dalla dipendenza, e di somministrargli i mezzi di guadagnarsi il proprio sostenimento. La maggior parte delle sue Terre sono affittate a Persone che hanno servito o lui, o i suoi Antenati. Ebbi molto piacere nel vedere, che venivano da varie parti a felicitarlo per lo suo ritorno in Campagna; e tutta la differenza, che potei osservare fra i Domestici antichi e quelli, che attualmente ne sono, fù che gli ultimi comparivano persone più manierose degli altri. Io considero questa maniera d’affrancare i Domestici, e mettergli in istato di avvanzarsi nel Mondo, come una cosa loro dovuta quando adempiono bene il loro dovere. Incoraggisce i successori ad essere sì umili, sì attivi, sì vigilanti, com’erano quelli. Bisogna confessare, che vi è una strana bizzaria in certi animi bassi, che vogliono, che si ubbidisca loro in tutto, senza avere una minima generosità per quelli, ch’eseguiscono i loro commandi. Si potrebbe quì addurre il sentimento delle Persone illustri di tutti i secoli, sopra il merito di quelli, ch’erano loro sommessi; ed i grandi servigi che i Padroni, ridotti alla estrema mendicità, hanno ricevuti da’loro Domestici, hanno fatto vedere, che tutta la differenza, vi era prima della loro disgrazia, venia dalla Fortuna. Ma giacche il fine di questo Foglio si restringe ad’una dolce ammonizione a’Padroni ingrati, io mi determinerò a ciò che ogni giorno accade; e protesto, che non ho mai veduta altra Famgilia, se non questa del mio Cavalliere, con una, o due altre, dove i buoni Domestici sieno trattati come meritano. La sua generosità si estende fino à Figlivoli de’loro Figliuoli. Questa mattina stessa ha impiegato il figliuolo del suo Cocchiero. Per conclusione parlerò d’un Quadro, che stà nella sua Galleria nella qualve ne sono molti degni d’essere esaminati, e che potranno servire a qualcuna delle mie speculazioni. Il quadro si vede appeso nel fine di questo gentile edifizio. Vi sono dipinti dentro un Fiume, due Giovani uno de’quali comparisce tutto nudo, e l’altro in abito di Livrea; il primo, che apparisce mezzo morto, mostra tanta vita, per dare segno d’una straordinaria gioja nel volto, e di benevolenza per l’altro; Credetti, che la Figura moribonda avesse qualche aria del Cavalliere, e rivoltandomi a rimirare il Credenziero che mi accompagnava, acciò me ne dasse la spiegazione; mi disse, che l’Uomo in abito di Livrea, era un Domestico del Cavalliere; questi si ritrovava sulla ripa del Fiume, mentre il suo Padrone vi nuotava, osservò una debolezza, da cui era stato in un subito sorpreso, che lo strascinava sotto l’acqua, vi si gettò egli stesso, e lo trasse dal pericolo. Aggionse, che il Cavalliere ritornato a Casa gli fè spogliare la Livrea, e con una generosità poco commune, accompagnata fino al presente da segni replicati del suo favore, gli donò in proprietà quella gentile Casa di Campagna, che abbiamo veduta ritornando in quà. Mi sovvenne allora, che il Cavalliere mi avea detto, al proposito di questa Casa, che vi stava un’onestissima persona, a cui era molto obbligato, senza spiegarsi d’avvantaggio. Parendo io poco soddisfatto di certa cosa, ch’era nel quadro, il mio interprete disse, che ciò si era fatto contro la intenzione del Cavalliere, che quel buon Uomo avea dimandato in grazia d’essere ritratto, collo stesso abito, che portava, quando ebbe la fortuna di salvare il suo Padrone.