Lezione XXX Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Klaus-Dieter Ertler Herausgeber Alexandra Fuchs Mitarbeiter Lisa Pirkebner Mitarbeiter Sarah Lang Gerlinde Schneider Martina Scholger Johannes Stigler Gunter Vasold Datenmodellierung Applikationsentwicklung Institut für Romanistik, Universität Graz Zentrum für Informationsmodellierung, Universität Graz Graz 25.07.2019 o:mws-08C-50 Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro Universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728, 186-191 Il Filosofo alla Moda 1 030 1728 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Menschenbild Immagine dell'Umanità Idea of Man Imagen de los Hombres Image de l’humanité Imagem humana Italy 12.83333,42.83333 Egypt 30.0,27.0

Lezione XXX A chi desidera d’allongare il tempo.

Hoc est.Vivere bis, vita posse priore frui.

Mart. Lib. X. Epig. XXIII.

L’Ultimo mezzo che ho proposto per riempiere i Vuoti della Vita, che cagionano tanta noja a’sfacendati, e l’applicarsi alla ricerca di nnove (sic.) cognizioni. Non vi è Scienza, che non possa occupare un Uomo, tutta la su vita, quando anche fosse più longa.

Non voglio quì impegnarmi a discorrere sopra la utilità delle Scienze; sopra la estensione, che danno alla mente; sopra i mezzi per acquistarle; siccome non ne raccomanderò veruna in particolare. Sono cose si dibattute, che sarà meglio l’azzardare qualche punto meno comune e più grato.

Ho di già fatto vedere, che il tempo, in cui si stà oziosi, comparisce più lungo, e più nojoso; ora cercherò di mostrare quì, che il tempo impiegato nello studio, nella Lettura, e nell’acquisto di nuove cognizioni, è longo senza essere nojoso; e questo ci scuoprirà uno mezzo di allongare la Vita, e di rivoltarla tutta in nostro profitto.

Noi abbiamo la idea del Tempo, o della Durazione dal riflesso, che facciamo alla sequela delle idee, che succedono l’una all’altra nella nostra mente. Per questo un Uomo che dorme senza sognare, non ne ha la minima idea; nè ritrova distanza veruna fra ‘l momento, in cui ha cessato di pensare quando si è addormentato, el momento, in cui di nuovo pensa, allorche si risveglia. Io non dubito, che un Uomo risvegliato non provasse lo stesso, se gli fosse possibile di non avere, che una sola idea nella mente, senza che vi accadesse verun cambiamento, ne vi sovragiongesse alcun altra idea. Veggiamo alla giornata che una Persona, la quale si applica con una grande intenzione, a meditare sopra qualche punto, quasi non s’accorge di quella successione d’idee, che le sono passate per la mente, lascia fuggire senza badarvi una buona parte di quel tempo; e lo ritrova molto più corto di quello è in se stesso.

Potremmo estendere più da longi questo pensiero, e dire, che un Uomo accorcia il suo tempo, quando non pensa a niente, o pensa a pochissime cose; e che allonga il suo tempo, quando si occupa in diversi oggetti, o rumina nella sua mente una pronta, e costante successio-ne d’idee. In fatti se la idea, che abbiamo del tempo, viene prodotta dalla riflessione, che facciamo sopra la sequela delle idee, che succedono nella nostra mente, e se questa successione puol essere affrettata, o ritardata sino all’infinito, ne siegue, che diverse creature ponno avere diverse idee del medemo spazio di tempo a misura che le loro idee succedono l’une alle altre, con più o meno rapidità; e così vi puol essere una Creatura che ritrovi una mezz’ora tanto lunga, quanto riesce alle altre lungo un anno; e che riguardi un minuto, come un ora, come una settimana, come un Mese, ed anche come un Secolo.

Vi è un luogo nell’Alcorano dove pare che Maometto avesse preso poco la stessa fantasia. “Riferisce, che una mattina l’Angiolo Gabriele lo levò dal Letto per trasportarlo e contemplare quanto vi era ne’sette Cieli, nel Paradiso, e nell’Inferno, che n’ebbe una distinta visione; e che dopo avere fatte ottanta milla conferenze con Dio, venne ricorricato nel suo Letto.”

L’Alcorano aggiogne, essere il tutto seguito, in sì poco tempo, che al ritorno del falso Profeta, il Letto non avea per anco perduto il caldo che vi avea lasciato, e che l’acqua d’un vaso di terra rovesciatosi nella sua partenza, non era per anco del tutto sparsa.

Si ritrova un assai piacevole racconto de’Turchi, al proposito di quest’avventura di Maometto, che ha qualche corrispondenza, col mio assunto. “Un Sultano d’Egitto, ch’era infedele, si beffava, sovente di tale avventura, di chiarandola impossibile, e ridicola. Un giorno discorrendo con un famoso Dottore di Legge Maomettano, che avea il dono de’Miracoli; questo Dottore gli disse, che lo convincerebbe ben presto circa la verità di quello Storico fatto, se volea avvicinarsi ad un grande vaso di acqua, che ivi si ritrovava mettervi dontro la testa, e subito ricavarla. Vi acconsentì il Sultano, e subito ch’ebbe immerso il Capo nell’acqua, si ritrovò a pie d’una Montagna sulla spiaggia del Mare. Non gli giovò il bestemmiare da sè contro il Dottore, che lo trattava con tanta crudeltà, per mezzo di qualche Magia; e si avvidde ben presto, che non vi era altro ripiego, se non quello di cercare il mezzo di guadagnarsi il vitto, in quello sconosciuto Paese. Fè per tanto ricorso ad alcune persone, che lavoravano dentro una vicina Foresta; queste lo condussero ad una Città non molto distante, ivi dopo qualche avvenimento, sposò una Donna, non meno bella, che ricca. Visse tanto tempo con lei, che ne ebbe sette figli e sette figlie, ma ridotto, per disgrazia ad una miseria estrema, fu costretto a guadagnarsi il pane, col mestiero di vile Facchino. Un giorno che tutto afflitto passeggiava sulla spiaggia del Mare, ruminando, colla mente le sue dolorose vicende, si risolvette di offrire le sue Orazioni a Dio, e di fare l’abluzione, giusta il costume de’Maomettani.

Perciò spogliato da’suoi abiti, s’immerse nell’acqua, ed appena n’ebbe alzata fuori la testa, si ritrovò vicino al grande vaso circondato da suoi Cortiggiani, col Dottore a’fianchi: non mancò di fargli de’furiosi rimproveri sopra le longhe, e dolorose calamità, nelle quali l’avea impegnato. Ma rimase sorpreso nell’udire, che quanto dicea non era, che una illusione, ed un sogno che non si era mosso dal luogo dove stava, e che non avea fatto altro, che immergere la testa, e subito ricavarla dall’acqua.

Il Dottore Maomettano pigliò la occasione d’insegnarli, che niente riesce impossibile a Dio; e che se mille anni dinanzi a lui, sono come un giorno, può fare in maniera, quando gli piace, che un giorno, o pur anche un istante comparisca a molte sue Creature tanto longo, quanto milla, e più anni.

Lascio a miei Leggitori la cura di paragonare questa favola Maomettana, con quanto ho detto di sopra. Li priegherò solamente per farne io stesso l’aplicazione a rifflettere sui mezzi, che vi sarebbono di allongare in qualche maniera, la vita di là da’termini dalla natura prescritti, applicandoci con ardore nell’estendere le nostre cognizioni.

Lo stolto si annoja nel seguire le sue passioni; el Saggio si divertisse nel meditare le sue idee. Il primo trova lungo il tempo, perche non sà in che impiegarlo. Il secondo lo riconosce parimente lungo, perche nè distingue ciascun momento, con qualche utile, o grato pensiero; cioè a dire; l’uno mai ne gode; l’altro sempre se ne approfitta.

Quale differenza si ritrova fra due Uomini, che si sono invecchiati. L’uno nello Studio, e nella Savitezza, l’altro nell’Ignoranza, e nella Sviatezza, quando vengono a rivolgere gli occhj sopra la loro vita passata? L’ultimo non vede in tutto il suo Dominio, che aride montagne, e spaventosi deserti capaci d’inspirare dell’afflizione, e dell’orrore; La dove il primo contempla vasti, e deliziosi Paesi ornati dalla varietà di vaghi Giardini, di verdeggianti Prati, di fertili Campagne; a segno che non puole quasi rivolgere la vista sopra il minimo angolo della terra, senza ritrovarvi una buona pianta, o qualche bel fiore.

Lezione XXX A chi desidera d’allongare il tempo. Hoc est.Vivere bis, vita posse priore frui. Mart. Lib. X. Epig. XXIII. L’Ultimo mezzo che ho proposto per riempiere i Vuoti della Vita, che cagionano tanta noja a’sfacendati, e l’applicarsi alla ricerca di nnove (sic.) cognizioni. Non vi è Scienza, che non possa occupare un Uomo, tutta la su vita, quando anche fosse più longa. Non voglio quì impegnarmi a discorrere sopra la utilità delle Scienze; sopra la estensione, che danno alla mente; sopra i mezzi per acquistarle; siccome non ne raccomanderò veruna in particolare. Sono cose si dibattute, che sarà meglio l’azzardare qualche punto meno comune e più grato. Ho di già fatto vedere, che il tempo, in cui si stà oziosi, comparisce più lungo, e più nojoso; ora cercherò di mostrare quì, che il tempo impiegato nello studio, nella Lettura, e nell’acquisto di nuove cognizioni, è longo senza essere nojoso; e questo ci scuoprirà uno mezzo di allongare la Vita, e di rivoltarla tutta in nostro profitto. Noi abbiamo la idea del Tempo, o della Durazione dal riflesso, che facciamo alla sequela delle idee, che succedono l’una all’altra nella nostra mente. Per questo un Uomo che dorme senza sognare, non ne ha la minima idea; nè ritrova distanza veruna fra ‘l momento, in cui ha cessato di pensare quando si è addormentato, el momento, in cui di nuovo pensa, allorche si risveglia. Io non dubito, che un Uomo risvegliato non provasse lo stesso, se gli fosse possibile di non avere, che una sola idea nella mente, senza che vi accadesse verun cambiamento, ne vi sovragiongesse alcun altra idea. Veggiamo alla giornata che una Persona, la quale si applica con una grande intenzione, a meditare sopra qualche punto, quasi non s’accorge di quella successione d’idee, che le sono passate per la mente, lascia fuggire senza badarvi una buona parte di quel tempo; e lo ritrova molto più corto di quello è in se stesso. Potremmo estendere più da longi questo pensiero, e dire, che un Uomo accorcia il suo tempo, quando non pensa a niente, o pensa a pochissime cose; e che allonga il suo tempo, quando si occupa in diversi oggetti, o rumina nella sua mente una pronta, e costante successio-ne d’idee. In fatti se la idea, che abbiamo del tempo, viene prodotta dalla riflessione, che facciamo sopra la sequela delle idee, che succedono nella nostra mente, e se questa successione puol essere affrettata, o ritardata sino all’infinito, ne siegue, che diverse creature ponno avere diverse idee del medemo spazio di tempo a misura che le loro idee succedono l’une alle altre, con più o meno rapidità; e così vi puol essere una Creatura che ritrovi una mezz’ora tanto lunga, quanto riesce alle altre lungo un anno; e che riguardi un minuto, come un ora, come una settimana, come un Mese, ed anche come un Secolo. Vi è un luogo nell’Alcorano dove pare che Maometto avesse preso poco la stessa fantasia. “Riferisce, che una mattina l’Angiolo Gabriele lo levò dal Letto per trasportarlo e contemplare quanto vi era ne’sette Cieli, nel Paradiso, e nell’Inferno, che n’ebbe una distinta visione; e che dopo avere fatte ottanta milla conferenze con Dio, venne ricorricato nel suo Letto.” L’Alcorano aggiogne, essere il tutto seguito, in sì poco tempo, che al ritorno del falso Profeta, il Letto non avea per anco perduto il caldo che vi avea lasciato, e che l’acqua d’un vaso di terra rovesciatosi nella sua partenza, non era per anco del tutto sparsa. Si ritrova un assai piacevole racconto de’Turchi, al proposito di quest’avventura di Maometto, che ha qualche corrispondenza, col mio assunto. “Un Sultano d’Egitto, ch’era infedele, si beffava, sovente di tale avventura, di chiarandola impossibile, e ridicola. Un giorno discorrendo con un famoso Dottore di Legge Maomettano, che avea il dono de’Miracoli; questo Dottore gli disse, che lo convincerebbe ben presto circa la verità di quello Storico fatto, se volea avvicinarsi ad un grande vaso di acqua, che ivi si ritrovava mettervi dontro la testa, e subito ricavarla. Vi acconsentì il Sultano, e subito ch’ebbe immerso il Capo nell’acqua, si ritrovò a pie d’una Montagna sulla spiaggia del Mare. Non gli giovò il bestemmiare da sè contro il Dottore, che lo trattava con tanta crudeltà, per mezzo di qualche Magia; e si avvidde ben presto, che non vi era altro ripiego, se non quello di cercare il mezzo di guadagnarsi il vitto, in quello sconosciuto Paese. Fè per tanto ricorso ad alcune persone, che lavoravano dentro una vicina Foresta; queste lo condussero ad una Città non molto distante, ivi dopo qualche avvenimento, sposò una Donna, non meno bella, che ricca. Visse tanto tempo con lei, che ne ebbe sette figli e sette figlie, ma ridotto, per disgrazia ad una miseria estrema, fu costretto a guadagnarsi il pane, col mestiero di vile Facchino. Un giorno che tutto afflitto passeggiava sulla spiaggia del Mare, ruminando, colla mente le sue dolorose vicende, si risolvette di offrire le sue Orazioni a Dio, e di fare l’abluzione, giusta il costume de’Maomettani. Perciò spogliato da’suoi abiti, s’immerse nell’acqua, ed appena n’ebbe alzata fuori la testa, si ritrovò vicino al grande vaso circondato da suoi Cortiggiani, col Dottore a’fianchi: non mancò di fargli de’furiosi rimproveri sopra le longhe, e dolorose calamità, nelle quali l’avea impegnato. Ma rimase sorpreso nell’udire, che quanto dicea non era, che una illusione, ed un sogno che non si era mosso dal luogo dove stava, e che non avea fatto altro, che immergere la testa, e subito ricavarla dall’acqua. Il Dottore Maomettano pigliò la occasione d’insegnarli, che niente riesce impossibile a Dio; e che se mille anni dinanzi a lui, sono come un giorno, può fare in maniera, quando gli piace, che un giorno, o pur anche un istante comparisca a molte sue Creature tanto longo, quanto milla, e più anni. Lascio a miei Leggitori la cura di paragonare questa favola Maomettana, con quanto ho detto di sopra. Li priegherò solamente per farne io stesso l’aplicazione a rifflettere sui mezzi, che vi sarebbono di allongare in qualche maniera, la vita di là da’termini dalla natura prescritti, applicandoci con ardore nell’estendere le nostre cognizioni. Lo stolto si annoja nel seguire le sue passioni; el Saggio si divertisse nel meditare le sue idee. Il primo trova lungo il tempo, perche non sà in che impiegarlo. Il secondo lo riconosce parimente lungo, perche nè distingue ciascun momento, con qualche utile, o grato pensiero; cioè a dire; l’uno mai ne gode; l’altro sempre se ne approfitta. Quale differenza si ritrova fra due Uomini, che si sono invecchiati. L’uno nello Studio, e nella Savitezza, l’altro nell’Ignoranza, e nella Sviatezza, quando vengono a rivolgere gli occhj sopra la loro vita passata? L’ultimo non vede in tutto il suo Dominio, che aride montagne, e spaventosi deserti capaci d’inspirare dell’afflizione, e dell’orrore; La dove il primo contempla vasti, e deliziosi Paesi ornati dalla varietà di vaghi Giardini, di verdeggianti Prati, di fertili Campagne; a segno che non puole quasi rivolgere la vista sopra il minimo angolo della terra, senza ritrovarvi una buona pianta, o qualche bel fiore.