Placido Cerri an Hugo Schuchardt (03-01588)

von Placido Cerri

an Hugo Schuchardt

Bivona

13. 07. 1871

language Italienisch

Schlagwörter: language Sardischlanguage Sizilianische Dialektelanguage Englischlanguage Italienischlanguage Piemontesische Dialektelanguage Französisch Spano, Giovanni Benfey, Theodor Gotha Palermo Rom Lombardei Sizilien Piemont Spano, Giovanni (1851) Benfey, Theodor (1852) Rohlfs, Gerhard (1975)

Zitiervorschlag: Placido Cerri an Hugo Schuchardt (03-01588). Bivona, 13. 07. 1871. Hrsg. von Frank-Rutger Hausmann (2020). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.9546, abgerufen am 08. 09. 2024. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.9546.


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Bivona 13 luglio 1871

Carissimo Signore,

Alla gentilissima lettera che Ella mi scrisse da Gotha rispondo dopo alcune settimane di ritardo; chè in essa mi venivano fatte alcune domane alle quali non mi sarei fidato di rispondere lì su due piedi. Ora mi permetterà che io le esamini ciascuna in particolare.

La 1a riguarda il suono ddSardo e Siculo. Non comprendo come lo Spano1 dopo averne descritto esattamente la formazione lo assimili poi col th Inglese, il che ripugna colla dimostrazione che egli ne dà. Io conosco peronalmente lo Spano sebbene fra noi due non vi sia alcuna relazione, essendoci trovati insieme una volta sola. Ho sentito parlare molte volte de‘ suoi meriti, ma non mi fu mai detto che egli conosca l’inglese. Credo che qui egli abbia commesso uno svarione. E se a Palermo qualche rara volta si sente pronunziare il dd come lo pronunzierebbero a Roma, questo sarebbe forse da ascriversi all’influenza del parlare Italiano; ma fra il popolo e nelle provincie sono persuaso che questo suono sia veramente cerebrale; una prova la vedrei anche |2| in ciò che ei in se contiene un r (ddr) ma pronunziato quasi insensibilmente, tanto che in molti o sia per disposizione speciale degli organi vocali o per abitudine contratta, non si scorge. A qualche cosa di simile accenna il Benfey nalla sua „vollständige grammatik“2 parlando delle cerebrali sanscrite „die zwischen vokalen stehenden T-Laute erhalten eine Aehnlichkeit mit l und r“ – E il dd siculo trae appunto origine da ll e non credo si trovi mai altrimenti che fra 2 vocali.

2) Già avevo sentito parlare di que‘ dialetti che anche qui sono conosciuti sotto il nome di lombardi, ma non sapevo che dirne non constandomi quando avesse avuto luogo una emigrazione lombarda in Sicilia. Ella la dice Piemontese. Non v’entrerebbe anche un elemento provenzale? Dalle parole che ella mi ha citato, alcune sono affatto del mio paese: noi diciamo appunto: aura = adesso; tucc (un u francese) = tutti. In altre non abbiamo che modificazioni insignificanti: f’stiñ = festino (il suono di questo ñ è per noi nasale-gutturale) beive = bere; meuri (eu francese) = muori stirbst, (l’imperativo muori! stirb sarebbe meur), e poi duma, avuma e anche juma (u italiano) = diamo, abbiamo.

|3| Si potrebbero anche trovare delle prove storiche. I paesi dove si parlano questi dialetti sono appunto quelli che si dimostrarono più fedeli alla dinastia angioina. Vi ha mandato Carlo d’Angió delle colonie o come seppe trarli così al partito Francese che in occasione del Vespro Siciliano troviamo là presso un paese che non volle prendere parte alla sommossa? Anche oggi è comunissimo il detto: sola Sperlinga negavit,3 per accennare alla fede mantenuta in quell’occasione da Sperlinga dove si dice ancora ò = acqua; lu sielu = il cielo; e di tal fatto mi assicurano esservi molte parole.

Carlo d’Angiò oltre ai suoi Provenzali condusse certamente con sé molti Piemontesi. È un fatto che al tempo della sua spedizione contro Manfredi lo Svevo egli possedeva una gran parte del Piemonte. E in un volume dei „monumenta historiae patriae“ edita iussu regis Caroli Alberti,4 ricordo d’aver letto documenti di spontanea dedizione al conte di Provenza di parecchi luoghi del Piemento, fra cui ho notato quella di Cherasco paese lontano circa 15 chilometri da Dogliani. I pochi anni che un secolo e mezzo fa dopo la pace di Utrecht5 la casa di Savoia tenne la Sicilia non |4| credo che abbiano esercitato alcuna influenza nè sulla lingua nè sui costumi di quest‘isola.

3) Non ho potuto venir a conoscere nulla che sia stato stampato nel dialetto di Caltanisetta ed altri paesi vicini come Sa Catterina, Casteltermini, Comarea ecc. ma da quanto mi viene assicurato, questo dialetto in sostanza non è diversa dal Sicliano commune; quello che lo rende notabile è una pronunzia molto sguaiata, una cantilena per cui ama vocali molto aperte e strascicate. Es. Ital. buonissimo – Sicil. bonissimu – Calt. buniessimu (nell’ ie l’i si fa sentir poco, ma l’ e assai largo e lungo). Così: Ital. compadre Sic. cumpari o cumpâ Calt. cumpàa –

I paesi vicini deridono questa pronunzia come sgarbata; se vi fosse qualche commedia Siciliana forse qualche personaggio di Caltanisetta parlando il suo dialetto sarebbe incaricato di sostenerne la parte più buffa.

4) Ella fa ancora un‘ osservazione intorno ai mutamenti di alcune consonanti iniziali di parola dietro influenza della vocale precedente che deve essere o accentuata o in un monosillabo. Lascierei sola la 1a condizione, perchè i monosillabi che non sono accentuati e si |5| pronunziano come proclitici non cagionano questa sostituzione. Perciò si dice èghiornu per l’accentuazione ma lujornu, stujornu, stajurnata.

Ho pensato fra me se fenomeni di tal maniera s’incontrino pure nei dialetti del Piemonte e non mi occorre di trovarne. Da noi pare si faciliti anche la pronunzia di certi suoni coll’inscriverne altri. Osservi ad es. l’ind. pres. del verbo avere nel dialetto delle langhe – mi-e-jáva, ti t’javi chiel-u-java; nujátri -e- jávmu, vujatri -e- jávi, lur -e- jávu –

E fra vocali ha pur luogo l’inserzione di un r (molle) Es. l’ind. pres. sing. del verbo essere mi e sun, ti t’è, chiel u re. Questo r si trova soltanto dopo vocale; onde mentre affermando si traduce egliè per chiel u re, interrogando : è lui? si tradurrebbe elu chiel?

Questo fatto che dimostra in noi una tendenza a rendere facile e piana questa pronunzia, pare opposto all’energía della pronunzia Romana e Napoletana e più ancora Siciliana per cui spesso si raddoppiano le consonanti iniziali. E quelle doppie che Ella avrà vedute stampate nel Meli6 o in altri scritti siciliani sono pur pronunziate molto chiaramente. Valgono ad es. le due parole chiú e cchiú. La 1a dinota quell’uccello da noi chiamato picchìo la 2a è iguale a più! |6| Nella pronunzia queste 2 parole son sempre chiaramente distinte.

- Poco distante da Bivona v’ha un paese chiamato Palazzo Adriano, in cui gran parte degli abitanti professa la religione greca e son conosciuti col nome di greci. E lo stesso si dice di altri paesi vicini come Santa Cristina, Piana de‘ Greci, Mezzojuso, Contessa.7 Io avevo inteso che nel loro dialetto v’erano moltissime espressioni che nulla avevano di comune cogli altri dialetti Siculi. M’immaginai che fossero Greche e cercai di saperne qualche cosa; mi fu risposto essere invece Albanesi, e me ne furono portati esempi in un frammento di lettera che aggiungo qui.8

- Queste sono per ora le considerazioni che potei raccogliere. Non mi sono mai occupato gran fatto di comparazione di lingue e dialetti; perciò credo che mi siano sfuggite tante cose che un altro avrebbe osservato. Fra pochi giorni partirò dalla Sicilia; ma se Ella abbisognerà di altre indicazioni, vedrò poi di procurargliele io stesso da persone che ho conosciuto qui o alle quali potró rivolgermi liberamente.

Stia bene, seguiti ad onorarmi della sua amicizia
e comandi sempre al
Su devmo ed aff mo

Placido Cerri.


1 Giovanni Spano (1803-1878), aus Cagliari stammender Kleriker, Archäologe, Historiker, Romanist und Sardologe; Verf. von Vocabolario sardo-italiano e italiano-sardo, Cagliari 1851-1852, 2 Bde.

2 Theodor Benfey, Vollständige Grammatik der Sanskritsprache; zum Gebrauch für Vorlesungen und zum Selbststudium, Leipzig: Brockhaus, 1852.

3 Während in ganz Sizilien der Aufstand gegen die Anjou tobte („Sizilianische Vesper“), gewährte die Stadt Sperlinga als einzige den Franzosen Zuflucht. Die Einwohner meißelten über das Eingangstor der Burg: „Quod Siculis placuit sola Sperlinga negavit“ / „Was den [übrigen] Sizilianern gefiel, verweigerte alleine die Festung Sperlinga“.

4 Augustae Taurinorum (Turin): E Regio Typographeo, 1836-1901.

5 11. April 1713 (Beendigung des Spanischen Erbfolgekriegs).

6 Giovanni Meli (1740-1815), ital. Arzt, Naturwissenschaftler und Dichter; er stammte aus Palermo, wo er auch als Arzt und Professor wirkte.

7 Vgl. dazu Gerhard Rohlfs, Historische Sprachschichten im modernen Sizilien. Vorgetragen am 10. Januar 1975, München: Verl. d. Bayer. Akad. d. Wiss. 1975 (Sitzungsberichte Phil.-Hist. Kl. 1975, H. 3).

8 Nicht beigefügt.

Faksimiles: Universitätsbibliothek Graz Abteilung für Sondersammlungen, Creative commons CC BY-NC https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/ (Sig. 01588)