Hugo Schuchardt an Francesco D´Ovidio (21-HSFDO08)

von Hugo Schuchardt

an Francesco D´Ovidio

Graz

24. 03. 1885

language Italienisch

Schlagwörter: Ascoli, Graziadio Isaia Gröber, Gustav Förster, Wendelin Zumbini, Bonaventura Cocchia, Enrico D'Ovidio, Francesco (1885) Gröber, Gustav (1878) Schuchardt, Hugo (1880) D'Ovidio, Francesco (2003)

Zitiervorschlag: Hugo Schuchardt an Francesco D´Ovidio (21-HSFDO08). Graz, 24. 03. 1885. Hrsg. von Sandra Covino (2022). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.7632, abgerufen am 28. 11. 2023. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.7632.


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Carissimo amico mio:

Vengo a sapere che stai meglio e infinitamente me ne rallegro. L’Ascoli mi scrive che manzoneggi; bravo, è la vera primavera1! Frattanto me son goduta i tuoi pronomi (cosa ne direbbe il Manzoni della fonistoria?), nei quali tutto trovo admirabilmente pensato e espresso benchè mostri alcune velleità neogrammatiche (tu sai che a codeste eterne leggi fonetiche non ci credo)2. Ma in quanto all’egli non saprei accettare la tua opinione che è quella pure del Gröber3. “E di ille che cosa n’è stato?” _ “E che cosa di hic?”. Contro le “buone objezioni” del Förster vedi quel che ho detto Zeitschr. IV, 121 s.4_ “Una povera voce [illic] di cui appena qualche timido esempio fa capolino nei poeti comici”5. Ma per carità: appunto nei comici dei quali una pagina vale più di Cicerone, Orazio e tutti quanti i scrittori eleganti, troviamo i scarsi vestigi di tante altre forme neolatine. _ Salutami lo Zumbini ed il Cocchia6 .

Tui et tuarum totus
H. Schuchardt


1 Cf. la lettera di Ascoli a Schuchardt del 14 marzo 1885. Il filologo molisano, già molto miope, era stato colpito nell’autunno 1884 da una grave patologia oculare che, tra alti e bassi, lo tormenterà per tutta la vita. Quanto al “manzoneggiare” di D’Ovidio, il riferimento immediato è ai vari scritti che il filologo stava producendo in quel periodo e che l’anno dopo raccoglierà (insieme a due interventi di Luigi Sailer) nel volumetto di Discussioni manzoniane, Città di Castello, Lapi, 1886 (poi in Opere, VI, pp. 1-149).

2 Cf. D’Ovidio, Pronomi. La dichiarazione di scetticismo rispetto alle «eterne leggi fonetiche» formulata da Schuchardt in questa cartolina fu stimolata da un passo a pp. 80-101, dove D’Ovidio prendeva in esame il pron. di III pers. sing. egli, ritenendolo di sicura derivazione dal lat. ILLE ma interrogandosi sull’evoluzione irregolare della forma. Tra le spiegazioni respinte, quella di G. Flechia, che faceva riferimento a una tendenza fonetica del fiorentino «a cambiare le e in i» (come in domani, stamani, lungi, ecc.). Questo il commento di D’Ovidio, su cui si era evidentemente appuntata l’attenzione di Schuchardt: «l’onorando Nestore della glottologia italiana [scil. Flechia], il quale ha sempre aperto l’animo a ogni progresso ragionevole, non parlerebbe oggi così facilmente, come dieci anni fa [l’articolo di Flechia era apparso nel 1876 nel II vol. dell’AGI, pp. 5-6], di quella cotal tendenza; dopo che la grammatica storica s’è venuta persuadendo sempre più della rigorosità delle norme veramente fonetiche, e sempre più alienando dall’ammettere mere tendenze nel modo di alterasi dei suoni» (p. 83). In linea con l’ortodossia neogrammatica che caratterizza gli scritti di D’Ovidio in questo periodo, la tesi da lui avanzata si basava su fenomeni di livellamento anologico: a partire da contesti fonetici con -e in iato passata a -i (ille-ámat > elli-áma > egli-áma), la variante egli si sarebbe estesa ovunque e l’-i finale di egli si sarebbe irradiato anche al singolare di altri pronomi e aggettivi, come questi, altri, ogni (cf. pp. 91, 98, 101).

3 Cf. G. Gröber, Gli, egli, ogni, in ZRPh, II, 1878, pp. 594-600. Nella versione a stampa del suo articolo (p. 80, nota 1), D’Ovidio preciserà che aveva già scritto il capitolo su Egli, quando aveva scoperto il saggio di Gröber «conforme» al suo nelle conclusioni; tuttavia la «disformità» delle argomentazioni lo aveva indotto a stampare ugualmente le sue pagine, che dimostravano l’autonomia del suo percorso.

4 Cf. H. Schuchardt, Zu Foersters romanischer “Vokalsteigerung”, in ZRPh, IV, 1880, pp. 112-123. Si tratta di una lunga recensione a W. Foerster, Beiträge zur romanischen Lautlehre. Umlaut (eigentlich Vokalsteigerung) im Romanischen, in ZRPh, III, 1879, pp. 481-517. A pp. 121-122, Schuchardt respingeva l’ipotesi di Foerster sull’origine dell’uscita -i in pronomi singolari come egli e le sue obiezioni alla proposta di Diez circa una derivazione dall’arcaico ILLI(C). Recuperando invece la tesi di Diez, criticata anche da D’Ovidio, Schuchardt vi aggiungeva il possibile influsso analogico di HI(C) e QUI.

5 Tutte le parole tra virgolette sono citazioni dal saggio di D’Ovidio, dove a p. 80 si legge: «Contro illic […] sta […] una ragione sommaria, la quale in lingua molto alla buona si può formulare così: e di ille che cosa n’è stato? dove s’è andato a cacciare? come una voce così vegeta, così salda nell’uso, cedette il campo a una povera voce di cui appena qualche timido esempio fa capolino nei poeti comici?».

6 Enrico Cocchia (Avellino 1859-Napoli 1930). Sostenuto da D’Ovidio, aveva ottenuto nel 1884 la cattedra napoletana di Letteratura latina. Un dissapore tra i due insorgerà nel 1900 per la rivalità alle elezioni del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (cf. D’Ov.-D’A., II, p. 355, nota 2).

Faksimiles: Die Publikation der vorliegenden Materialien im „Hugo Schuchardt Archiv” erfolgt mit freundlicher Genehmigung der Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa. (Sig. HSFDO08)