Emilio Teza an Hugo Schuchardt (65-11628)

von Emilio Teza

an Hugo Schuchardt

Padua

03. 04. 1901

language Italienisch

Zitiervorschlag: Emilio Teza an Hugo Schuchardt (65-11628). Padua, 03. 04. 1901. Hrsg. von Frank-Rutger Hausmann (2018). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.6261, abgerufen am 16. 04. 2024. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.6261.


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Padova, mercoledì 3 aprile 1901. Sera.1

Dico all’amico Ugo, senza acca, Sutor,2 appare arrivato sulle rive sicule3 a pescare pesci e parole e pensieri, collegandoli a quelli di tante nazioni che egli visitò con le sue buone e forti gambe, e col cervello, addestrato in mille battaglie contro ai legionari di mezzo mondo, e preparando nuovi libri che crescano bellezza e forza ai polchisti di fortunati, e non dimenticati, colleghi, che, appare egli mi privi di un piacere subito più profondamente che a parole o a gesti non mostrassi, ripensai alle sue teoriche sulla rapidità maggiore o minore che hanno, data la stessa misura a dramme, e a scrupoli di cervello pensante, italiani e tedeschi, riserbandomi di fare ricerche presso a colleghi bilingui e biauriculi, che abbiano lunga e sicura esperienza, nelle varie province di Germania, e quali non possono dare da differenti radici frutti uguali, per quando grande sia la forza dello spirito, in tutte le genti che si dipartono da celti, da slavi, e da romani, unificatore, agguagliatore, distruttore di quella ubertà di idee e di immagini che sta nella varietà, costante e crescente, delle razze umane, per modo che sappiano citare nel contrastare o nel difendere una opinione, che rispetti perchè viene |2| da così cauto avvocato che ha l’asthenia metaforica di coloro che vogliono la pensione prima del tempo, beffando graziosamente i barbassoni delle amministrazione pubbliche, siano reali, imperiali o repubblicane, e che trovono bellissime scuse, nella magnificata malattia, a molte seccature della vita sociale e letteraria, come sarebbe il dovere di rispondere subito alle lettere ambe seccanti, o di riempire quattro fogli almeno come vuole il galateo di tutti i santi, anzi che spicciarsi con quattro versi gettati giù in una delle infami cartoline che corrompono la bellezza della corrispondenza amichevole, costringendo, per sozza avarizia, a brevitate anche gli ingegni più fecondi e facondi, me che sempre mi pare difficilmente risolto con poche parole, volli scrivere al mio libraio, che è lo Spoerri di Pisa, collegato con quello stesso Ulrico Hoepli che racommandai all’amico come eccellente cacciatore di libri rari che gli faccessero bisogne per le sue indagini, perchè mi promette una o l’altra dellle opere del Nietzsche, anteriori alla pazzia, ed anche a quel Zarathustra che ne era tale indizio o minaccia, in modo che io ebbi, con singolare piacere, a trovare quella |3| prosa armoniosa ed elegante che dà tanto piacere nella letteratura di tutto il mondo e che confesso di aver trovato, o immaginato, molto spesso negli scrittori tedeschi, forse mettendoli in canzone da me, se posso scherzosamente rappresentare così le tendenze e le potenze che hanno le nazioni più rettoriche, come è la nostra, a dare invenzioni che alla nazionale assomigliano anche nelle straniere che forse, tanto nella fronte di chi legge come nella mente di chi pensa, ne sono molto lontane, mostrando così, se di più ci fosse bisogno, come solamente chi succhia col latte materno le idee ed i soni di antiche genti che, di sangue in sangue, gli tramandarono, possa giudicare dirittamente del valore vero che sta dentro alle compagini svariatissime dei periodi chiudenti le strade a tutti gli stranieri che osano contrastare, o sofisticamente o sfaccitamente, ma nello stesso tempo, vedendo impossibile quella che parrebbe fratto più bello e superbo del grande altare della erudizione umana, e che sta nel paragone dei vari popoli nella espressione esteriore di quelli che vengono ideando e immaginando, come è onore delle storie civili e religiose mettere a riscontro fatti e movimenti dell’anima |4| che da tanti secoli agitano l’universo, benchè io debba anche degli centoventi stare in respetto quando leggo che la prosa del Macauley non è buona che ad eccitare e nutrire il popolaccio, o il popolino che sia vera traduzione del populace che trovo in un critico recente e famoso in tutta Inghilterra, e che è abbominabile lo stile del Byron nelle sue lettere, che certamente smentono e riscaldano intelletti forastieri, diventati freddi alla sonora romanticità di quei poemetti che per cinquant’anni parvero il più durevole prodotto del parnasso britannico, del qual non si vedon ancor la china, meno ardua, e che conduce alla pianura popolare del Wodsworth4, o alle sottili e gentili grazie del Tennyson, distruggendo in me ogni fede, non solamente nel mio sentire, del quale sarebbe l’incomputabile superbia il tenere troppo conto, ma bensì nelle techniche e nelle dottrine che paion sorrette da fatti che nessuno contrasta dei princípi della critica mondiale, che non ha più confini nè di tempo nè di luogo, e che, invece di aiutare le singole deduzioni di questo paese e di quell’altro, tutti li confonde in un’altura di morale, e in una profondità di cupe caverne, dalle quali forse

(continuerà)5


1 Zwischen diesem und dem letzten Brief Schuchardts (Lfd. Nr. 63-ST38) liegen vier Jahre. Der Brief ist offenbar wie in einem Rausch geschrieben und stellt eine Hommage an Schuchardt dar.

2 Lat. für „Schuster“; vermutlich vermutet Teza einen Zusammenhang zwischen Schuchardt und Schuster.

3 Schuchardt begab sich im April 1901 auf eine Reise nach Süditalien, die ihn nach Palermo, Messina / Catania, Sant‘ Agata-Sorrento, Castellamare di Stabia, Pompei und Neapel führte und bis zum Oktober dauerte.

4 Die Lesart dieser vermutlich geographischen Angabe ist unsicher.

5 Eine Fortsetzung ist nicht erhalten. Zum Stil dieses Briefs vgl. Schuchardts Anmerkungen in Brief 040 vom 18.4.1901.

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