Alfredo Trombetti an Hugo Schuchardt (16-11797)

von Alfredo Trombetti

an Hugo Schuchardt

Cuneo

16. 03. 1904

language Italienisch

Schlagwörter: Accademia dei Lincei (Rom) Wellentheorie Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung (Kuhns Zeitschrift) Techmers Zeitschrift Müller, Friedrich Meyer, Gustav Martius, Carl Friedrich Philipp (1867) Edkins, Joseph (1876) Erckert, Roderich von (1895)

Zitiervorschlag: Alfredo Trombetti an Hugo Schuchardt (16-11797). Cuneo, 16. 03. 1904. Hrsg. von Bernhard Hurch (2015). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.3145, abgerufen am 30. 09. 2023. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.3145.


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Cuneo, 16 Marzo 1904

Chiarm̃o Signor Professore,

Ella si è sempre interessata tanto de’ miei studi che penso non Le sarà discaro il ricevere notizia degli studi che ho alacremente condotto innanzi da più di un anno, da quando, cioè, consegnai i miei lavori alla R. Acc. de’ Lincei.

Durante un mese circa di riposo che mi concessi pensai spesse volte alla materia che mi conveniva scegliere per futuri studi. L’essermi limitato all’esame elle lingue del mondo antico (compresa l’Oceania) era stato una necessità soggettiva non oggettiva, chè anzi, secondo i miei princípi, quella limitazione era affatto arbitraria e dannosa. Pensai quindi subito di passare nel campo delle lingue americane per completare le mie ricerche. D’altra parte però mi spaventava il pensiero delle immense difficoltà che avrei incontrato nel caos degli idiomi dell’America, per i quali tutto è da fare. Ritenevo, per la conoscenza superficiale che avevo di quel mondo linguistico e degli studi relativi, che per l’America avrei avuto più da fare che per il mondo antico. Inoltre, mi pareva anche necessario compiere l’analisi dei gruppi dell’Eurasia e Oceania e approfondire sempre più le mie ricerche precedenti. Risolsi di far questo, ma nello stesso tempo di intraprendere l’esame generale delle lingue dell’America e di raccogliere materiali per un futuro lavoro su di esse, prendendo per base i gruppi linguistici finora meglio studiati dai glottologi. Della risoluzione ardita non ho |2| ragione di pentirmi, anzi sono lieto dell’escursione fatta nel campo americano, dal quale ho finora ricavato ampio bottino.

Anzitutto mi persuasi della somiglianza generale di tutti gl’idiomi americani non tanto per ragione della innere Sprachform – della quale (forse a torto) finora ho tenuto poco conto – quanto per la generale somiglianza morfologica. Mi persuasi poi che il numero stragrande di gruppi che si sogliono fare è dovuto, in gran parte, alla scarsezza dei dati, specialmente grammaticali, che si posseggono intorno a molte lingue e sopratutto alla mancanza di buoni lavori analitici e comparativi. Io rimasi meravigliato che F. Müller non avesse riconosciuto l’affinità strettissima dell’Alento col Groenlandese (Eskimo) e il carattere più americano che asiatico de queste due lingue. Più ancora mi stupii che il medesimo glottologo non si fosse accorto che l’Irochese e il Cerochese sono lingue sorelle, che fra il Dakota e il gruppo cui appartiene il Tšaχta (Choctaw) vi è affinità evidente, ecc. Ben presto mi persuasi che Herzog1 era sulla retta via quando, circa 26 anni fa, tentò di dimostrare che le linge Yuma della California hanno relazioni coll’Aleuto-Ovest. Infatti, è facile dimostrare che vi è una catena linguistica ininterrotta che dalla Groenlandia attraversa l’America settentrionale va alla penisola di Alaska e alle isole aleutine per scendere lungo la costa, fra questa le Montagne Rocciose, fino alla Bassa California i più a Sud ancora. |3| In generale, nell’America del Nord, cui lingue sono meglio conosciute, basta stabilire l’esistenza di pochi grandi gruppi, i quali sono bensì profondamente distinti fra di loro, ma non disconnessi: Athapaska - Kinai; Groenlandese - Aleuto - Nord-Ovest - Yuma; Algonkino - Irochese - Cerochese - Dakota - Appalatš; Yuto-Azteco e Maya. Intricate assai sono invece le relazioni linguistiche dell’America del Sud; solo a me pare di avere scoperto coincidenze notevoli fra il vasto gruppo Arowak e il gruppo Yuto-Azteco. Del resto, anche qui è più facile dimostrare l’affinità generale delle lingue dell’America fra di loro e di esse, considerato come un tutto, con le lingue del mondo antico (spec. uraloaltaiche), anzichè distrigare le complicate relazioni reciproche. L’imagine più giusta è sempre quella di una rete. La teoria dell’albero genealogico non si può applicare che in casi rari in linguistica e per lo più combinata con la Wellentheorie.

Desidererei or scendere a qualche esempio paricolare. Contrariamente all’opinione comune, io credo che sia evidente l’affinità lessicale anche fra lingue americane assai distanti fra di loro. Uno dei casi che più mi colpirono dapprincipio fu l’identità fra il Mutsun rukka „casa” (B. California) e l’Araucana (Cile) ruka, roka id. Secondo i miei stessi principi siffatte somiglianze fra lingue lantanissime si devono ritenere effetti del caso, ove non si scoprano anche fra lingue intermedia. Ora io |4| trovai poco dopo ruka, roka largamente rappresentato nella vasta famiglia caribica; senonchè in questa la cons. iniziale è mobile, poichè accanto a r‑uka, r‑oka vi è s‑uka, s‑oka ecc.  Questa circostanza, invece di essere fatale alla mia comparazione, le è favorevolissima; poichè infatti io potrei dimostrare ora che „casa” ha per radice uk, ok (Algonchino wig-) tanto nell’America del Nord quanto in quella del Sud (perfino nella Terra del Fuoco: Jāgan ök) e che l’accordo si estende spesso fino ai prefissi. Il medesimo tipo ritorna poi su territorio asiatico: Aino okai „zu Hause”, Cinese ŭ da ×uok, ×ok.

Un altro caso notevole trovai nel nome della „freccia” (Pfeil). Nel vasto gruppo Eschimese - Aleuto - Nord-Ovest - Yuma „freccia” è kata, kita (nell’Eurasia la radice ket, kit significa „gettare, lanciare”). Queste forme mi ricordarono subito quella del lontanissimo Puelche (Patagonia) quit ( kit). Le forme intermedie non tardava scoprirle.

Per „capelli” trovai nel gruppo caribico un tipo mus identico a quello che avevo notato nel Comance ecc. e che mi aveva ricordato il tipo asioceanico mus.

„Naso” è taga nel Guato (Gran Chaco) e forme simili vi sono in molte lingue del Brasile: los stesso tipo ritrovasi in gruppi dell’America centrale, nel gruppo Yuto-Azteco (Eudeve daka-t) ecc.) ecc.

W. Schott2 confrontò già l’Aleuto agna-kch „Zunge” col Tunguso igni|5| (iṅni; Tunguso i spesso da a). Ora le forme aleute ahna-k, agna-k, a’gna-χ, agono-c furono già connesse, insieme col Saste (Nord-Ovest) ehena, ahana, annah, ahheh’noo, da Herzog con le forme del gruppo Yuma: Cocopa inya-patch, Diegueño ane-páilgh, ana-pal-tch, H’taäm hhena-pail. Ma è facile vedere che qui bisogna aggiungere l’Azteco nene-pilli (coincidenza in ambedue i termini !), l’Eudeve nene-t, il Tepehuana nunu ecc. Non basta: in tutto il Brasile è difusissimo un tipo nene o sim. per „Zunge” come si può vedere, per esempio, presso Martius Beiträge I pag. 628 seg.3

Chi vorrà negare l’identità da me scoperta, dell’Azteco naka-tl Fleisch col Groenlandese nekke, neqe, Tšukuts. naka? Ma io non finirei più se volessi citare tutte le affinità lessicali da me scoperte in breve tempo. Solo dirò che se finora non si sono trovate, gli è perchè poco si è cercato. Il mio metodo è generalmente questo: parto da comparazioni più o meno larghe fatte da altri e aggiungo, man mano che le scopro, le forme identiche di gruppi più lontani.

Più importanti sono le affinità nei pronomi „io” e „tu”. Già nel mio lavoro di concorso ai Lincei ho mostrato quanto sia diffuso il tipo M per „tu” in tutte le parti dell’America. Ora potrei aggiungere materiale copioso che conferma appieno la mia osservazione. Quanto al pronome „io”, la forma più diffusa in tutta l’America à N. Ciò che è più meraviglioso si è che per |6| il soggetto la forma è ni mentre per il possessivo la forma è no, nu concordemente in più gruppi (da nu = n-u [cioè „io” + pron. di 3. pers. sg.] il grupp Arowak è detto pure Nu-Arowak).

Quanto alla grammatica propriamente detta, ho fatto degli studi speciali sul genere o meglio sulle classi dei nomi, sulla formazione dei tempi (-i suff. del preterito), e sopratutto sulla formazione dei temi nominali (nomina agentis, actionis ecc.), che ormai mi sono persuaso che forniscono i dati più preziosi per l’affinità delle lingue.

Con tutto questo, non ho però trascurato le lingue del mondo antico. Ho allargato e approfondito con grande vantaggio lo studio delle preziosissime lingue Bantu. I numerali di queste lingue io li confrontai già nel mio lavoro di concorso coi numerali del gruppo da me denominato Mon-Khmer; poi estesi le comparazioni e scrissi (in tedesco) un lavoro che inititolai «Uralte Beziehungen zwischen den Bantu-Sprachen und anderen Sprachstämmen» e che mandai ad A. Seidel a Berlino perchè lo pubblicasse - se credeva - nella Zeitschr. für afr. ocean. und ostasiat. Sprachen da lui diretta. Il Seidel accolse assai volontieri il mio lavoro e mi promise che presto mi avrebbe mandato le bozze. Ma dall’ottobre scorso – epoca in cui spedii il lavoro – fino ad oggi il Signor Seidel non si è più fatto |7| vivo. Della Zeitschrift nulla è più uscito, ed essendomi io rivolto alla Deutsche Kolonialgesellschaft, di cui era direttore il Seidel, mi fu risposto: «Herr A. Seidel ist seit dem 23 Dez. 1903 nicht mehr bei der Deutschen Kolonialgesellschaft und auch nicht mehr für die Deutsche Kolonialzeitung tätig». Avuto l’indirizzo privato del Sig. Seidel, gli scrissi una cartolina chiedendo notizia, e sono rimasto senza risposta. Non so che cosa pensare di tal modo di agire; a buon conto – se sarà necessario – pubblicherò il lavoro (ora ampliato) per mie spese.

Le lingue del Caucaso mi interessano sempre in alto grado. In margine di una copia della mia «Lettera» ho fatto tante aggiunte che ora la materia sembra più che radoppiata, specialmente nella parte lessicale. Notevole mi pare che al Georg. ku (კუ; anche kuvi) „tartaruga”, che confrontai col cinese kuēi (secondo Edkins4 forma primitiva: ku), ora potrei aggiungere il Bantu kuvi. Il nome „barba”: Georg. ts’veri ecc. va collegato col Kürino, Rut. dčar ecc. (v. 211c) della mia comparazione lessicale) e con le voci camitosemitiche ivi citate, con le corrispondenti uraliche, alle quali ora io avrei da aggiungere le voci altaiche analoghe e le indoeuropee; ma ciò che più importa si è che i composti per „barba” (v. Erck. pag. 64)5 hanno corri|8|spnednze esatte nel Camitico (Egiz. e Berbero) nonchè nell’Indoeuropeo (Chürkila mu‑ts’ur = a.ind. š́má-š́ru da ך́má- š́ur). Di ciò sono ora in grado di fornire le prove evidentissime.

Al num. 242 „dito” sarebbe da aggiungere il Samojedo Jen. t´ubae, il Tibetano m-dǯub.mo ecc. Al num 413 „acido” si aggiunga Cinese sīn, Khâmtî sôm id. Con 612 „aver fame” Chürk. guš- ecc. ) cfr. indoeur. gus- (γεύω, gustare) e a.ind. kṣ̌u-dh- „aver fame”. 740 Udo baphi „maturo” = Kotto bapi cfr. Teda baf „maturare”. A 790 aggiungasi ברם, برم ecc.

Curiosissimo è il caso seguente. Ella conosce meglio di me il baga Last donde l’it. bagaglio ecc. a cui F. Solinsen KZ.6 XXXVII 22 connette il lat baiulus (= ×bag-i̯o-lo-). V. anche G. Meyer TZ.7 VI 115 seg. L’origine di baga è ignota. Ora è strano che io trovo: bok „a package” nel Cinese, pāk „tragen” nel Nancowry, bak id. nel Silong, bak „voll; porter sur l’épaule, le dos” nel Tjam, sĕ-bak „boordevol” nel Malese (Giav. kĕ-bĕk), boge „tragen” nelle isole Marshall, pok id. nel Mafoor, vau = ×vagu id. nel Sesake; e nell’Africa: bak „load” nel Temne, ecc. Caso? Può essere.

Suo affm̃o e devm̃o
Prof. Alfredo Trombetti


1 Opus nicht feststellbar.

2 Von Wilhelm Schott gibt es zahlreiche orientalistische und ostasiatische Arbeiten, u.a. auch zu den Sprachen des „russischen Amerika“. Welche Schrift Trombetti aber konkret meint, ist nicht eruierbar.

3 Martius (1867).

4 Edkins (1876).

5 von Erckert (1895).

6 Kuhns Zeitschrift.

7 Techmers Zeitschrift.

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