Alfredo Trombetti an Hugo Schuchardt (09-11790)
an Hugo Schuchardt
07. 12. 1902
Italienisch
Schlagwörter: Gregorio Brunaccini, Giacomo de Schuchardt, Hugo (1893) Delitzsch, Friedrich (1881) Trombetti, Alfredo (1902)
Zitiervorschlag: Alfredo Trombetti an Hugo Schuchardt (09-11790). Cuneo, 07. 12. 1902. Hrsg. von Bernhard Hurch (2015). In: Bernhard Hurch (Hrsg.): Hugo Schuchardt Archiv. Online unter https://gams.uni-graz.at/o:hsa.letter.3138, abgerufen am 14. 10. 2024. Handle: hdl.handle.net/11471/518.10.1.3138.
Cuneo, 7 Dicembre 1902
Onoratissimo Signor Professore
La ringrazio vivamente di avermi mandato anche i suoi pregiati «Baskische Studien I.».1 Io però possedevo già quest'opera (giacchè faccio di tutto per acquistare e miglori lavorI; perciò, se Ella lo desidera, mi farò un dovere di rimandarle la copia gentilmente offertemi, por serbandolo viva gratitudine per il dono fattomi.
Mi dispiace di non poterle dare indicazioni precise per rintracciare lo scritto di Pliny Earle Chase.2 Ricordo di averlo avuto sott’occhio a Bologna o a Torino, ma non so più in quale rivista inglese si trovi, perchè sono passati molti anni. Dimenticai quasi affatto quel lavoro, perchè non mi lasciò buona impressione in cause dei raffronti che contiene fra lingue africane (Yoruba ecc.) e lingue indoeuropee. La parte migliore del lavoro deve essere quella che corrisponde al titolo: «On the mathematical probability of accidental linguistic resemblances»; e io ricordo vagamente una formola matematica riguardante il grado di probabilità delle coincidenze linguistiche, ma non sono sicuro di averla trovata in quel lavoro. Il quale si trova citato anche a pag. 24 del libro di Giacomo de Gregorio «Cenni di Glottologia Bantu» (Torino 1882) a proposito del seguente pensiero: «… gl’indizi non è prudente di repudiare, anche quando non si voglia tener conto della minima probabilità di accidentalità nelle molte coincidenze linguistiche». |2| Nella nota a pie di pagina, al titolo segue l’indicazione «Read Sep. 1863». Il Pliny Earle Chase è anche autore di un libro intitolato «On the comparative etymology of the Yoruba language» 1863.
Come ho detto, io possedevo già i suoi «Baskische Studien I.» e ne avevo fatto uno studio attento, benchè quel lavoro (come anche quello sul Transitivo caucasico) mi fosse riuscito assai difficile. Conoscevo sopratutto molto bene quello che sta scritto a pag. 35 sul verbo „essere” e „avere”, come pure sapevo dell’articolo circasso -r; eppure credetti di poter stabilire, malgrado ciò, il confronto che stabilii fra i pronomi personali abchazo-circassi e il presente del verbe „essere” kharthwelico-basco. E se Ella me lo permette, vorrei tentare qui una breve difesa del raffronto.
Io credo che Ella ammetterà con me che la copula è inesprimibile col linguaggio e che essa non può trovarsi espressa, come tale, in nessuna lingua. Generalmente la copula è sottintesa e quando pare espressa, sta in sua vece di regola un dimostrativo. Nessuna delle etimologie date dell’indoeuropeo es- „essere” mi ha mai soddisfatto. Io credo che es- abbia origine pronominale (e-s-) e suppongo che esti „è” sia in fondo identico all’italico esto-, lat. iste (pater est bonus = pater iste-bonus). Il verbo „essere” è nelle lingue semitiche di origine pronominale (הוה, היה „essere” cfr. הוא „egli”, היא „ella” e v. Fr. Delitzsch Wo lag das Paradies? pag. 165 seg.)3 e in molti casi si usa anche ora il dimostrativo in luogo della copula, per es. Arabao Allāhu huwa ’l-ḥayyu „Dio è il vivente” lett. „Dio | egli – il vivente”. Dalla copu|3|la poi si svolse in molti casi il verbo sostantivo. La semplice copula è espressa in moltissime lingue da a, che in origine fu certo un pronome dimostrativo. Nel suo lavoro sul Transitivo cuacasico (pag. 77) Ella spiega lo -a del georg. mosul-a, didi-a ecc. come = * ar „è”. Nella mia Lettera io ho tentato un’altra spiegazione. Le forme georgiane come didi-a ecc. come = didi-a „er ist groß”, Kharthweli-a „er ist Georgier” rassomigliano straordinariamente alle forme del Nubiano (Mahas) id dauwir-a „der Mann ist gross”, tar ašrī-a „er, sie ist schön” (Lepsius, Nub. Gr. 29 e 500 segg.). Curioso è che nel Dinka si dice con ordine inverso a-did „è grande”, per esempio ran did „großer Mann”: ran a-did „der Mann ist gross”. La copula A si trova nel Nama, per esempio a tsū „è stanco” (anche con la 1. e 2. persona: tita a ṭ’gãi „io sono buono” ecc.); si trova probabilmente nel Bantu e in molti altri gruppi linguistici. La terminazione -a della 4. persona sing. del perfetto semitico mi sembra essere niente altro che la copula; per es. arabo ḥazin-a = „afflitto è” (l'Assiro dice kašid senza copula). Per ritornare allo -a georgiano, io credo che lo -a di mosul-a e lo -a di ‑sw-a siano la stessa cosa. Nel Basco abbiamo d-a „egli è”, contenente la pura copula A, la quale non so se si trovi anche nelle forme predicative come (liburu au da) semearen-a.
Ho detto che considero la copula A come un antichissimo pronome dimostrativo. Esso trovasi ancora nel Berbero, per esempio argaz a „cet homme”, crf. Basco gison-á „l'uomo” cioè *gison a. Ora, all’elemento A si aggiunge assai spesso l’elemento pure dimostrativo R. Perciò |4| il genitivo del bisc. a „egli, ella” è ar-en, il dativo ar-i ecc.; perciò anche gison-aren, gison-ari ecc. (aitaren etšea „la casa del padre” a me pare che letteralmente sia *aita | aren etšea „il padre | di lui la casa”; costruzioni simili nel Circasso e nell’Abchazo). Ed eccomi all’articolo determinato del Circasso. A me pare che le forme come Šaps. t̆y-r, Abadz. ate-r Kabard. ade-r „il padre” corrispondono perfettamente al Basco aita-r- „il padre”. Quanto ai pronomi personali e al presente del verbo „essere”, è bene partire dal pronome di 3. persona e dai dimostrativi. Io credo che siano più o meno direttamente collegate fra di loro le seguenti forme:
Basco
Bisc. a, ar- pronome di 3. pers. (nel nome -a, -ar-), hur-a (ergativo har-k) id. nei dialetti francesi e nel Guipuscoano; haur „stesso” (ni-haur „io stesso” ecc.).
Cfr. be-re „di lui, di lei” e forse anche gl’interrogativi no-r, nu-r e se-r.
Circasso e Abchazo
Abchazo: pron. di 3. pers. -ara, ui = * uri (?): pl. ur-th, ar-i: ar-th ecc.
Circasso: pron. di 3. pers. arj (plur. ar̆yxi cfr. Bisc. plur. arek), har „derselbe” (cfr. Basco haur ?); in composizione: mo-r „er, jener”, my-r „dieser”, forse in syt-re „was?” (cfr. Basco se-r).
L’elemento R (ar) è poi conenuto anche nei pronomi di prima e seconda persona. Nei pronomi abchazi s-ara, u-ara, b-ara ecc. è contenuto il dimostrativo -ara, ome in h-arth, š q‑arth è conenuto il plurale arth. Similmente vanno giudicate le forme dei corrispondenti pronomi circassi. Anche nei pronomi |5| baschi di prima e seconda persona è contenuto l’elemento R, cfr. ni-r- „io”, gu-r- „noi”, hi-r- „tu”, su-r „voi”. Fra il basco gu-r-, su-r- e l’abchazo h-ara, šv-ara (Circ. su-ore; Erckert) vi è poca differenza: il Basco ha -r-, l’Abchazo -ar- nel presente del verbo „essere”. Che r in gara, gare ecc. sia segno del plurale, no mi pare che risulti con sicurezza da dira „essi sono”: da „egli è”. Non so se l’elemento R si trovi in formazioni pronominali anche nelle lingue kharthweliche (forse negli interrogativi georg. ra, Suano iar ?).
Io so bene che restano molte altre difficoltà, ma la principale, che era, se non erro, quella delle forme circasse come ate-r „il padre”” pu`dirsi tolta di mezzo col confronto del Basco aita-r-. Come si debbano giudicare le forme del Suano xvi-š-th „siamo”, xi-š-th „siete” io non so; Erckert considera -š- come segno del plurale. Mi restano dei dubbi per la notevole somiglianza che presenta il verbo „essere” nelle lingue dravidiche col verbo „essere” kharthwelico (e basco). Sopratutto il Brahni presenta forme che si accordano assai bene con quelle del Suano. Il presente definito del Brahni è:
áre-ṭ sono | áre-n siamo |
áre-s sei | áre-re siete |
áre, áse, se è | áre-r sono |
Il preterito è ás-uṭ ich war, ás-us du warst, ás-ak, ás-as, as er war, ás-un wir waren, ás-ure ihr waret, ás ur sie waren.
|6|Verrebbe voglia di confrontare il preterito suano xv-as, x-as, l-as ecc. Il preterito negativo del Brahni alla-oṭ, alla-os, alla-o mi ricorda invece le forme uraliche. Così il Brahni col tema are- (Tamil e Canarese ir-) ci ricorda le lingue kharthweliche, col tema as- le lingue indoeuropee (e il Suano?), col tema alla- le lingue uraliche (per non dire anche le Almitiche e altre!) La matassa mi sembra assai ingarbugliata.
Non per renderla più ingarbugliata, ma piuttosto per curiosità aggiungerò che Hodgson nel suo scritto «On the Mongolian Affinities of the Caucasians» pag. 29 confrontò -ara o -ra dei pronomi personali „circassi” (cioè abchazi) col -ré del Gyarung nan-ré „tu” e col -re del Mongolo e mangin te-re „quello”. Per questa via non è facile fermarsi, perchè oltre al Mong. te-re „quello”, Tung. e-r „questo”, ta-r „quello”, Mang. e-re „questo”, te-re „quello” si potrebbero citare il Kolh -re per es. in neta-re qui, enta-re là, tala-re nel mezzo, bing-re nel serpente ecc. e l’indoeuropeo tē̆-r, kwē̆-r (aind. tá-r-hi, ká-r-hi, got. þa-r; ƕa-r ecc.).
Io non sono certo in grado di risolvere tutte le difficoltà, ma mi compiaccio di sollevare delle questioni che mi pare meritino l’attenzione dei glottologi. Se, come credo, le forme basche gu-r-, su-r- corrispondono alle abhaze h-ara, šv-ara (Circ. su-ore) |7| e se il basco aita‑r‑ corrisponde al Circasso ate-r, risulta evidente il nesso del Circasso-Abchazo col Basco; se poi a questo si potesse aggiungere l'identità del presente del v. „essere” kharthwelico-basco coi pronomi personali del Circasso-Abchazo e del Basco, allora si avrebbe un nesso più ampio e più evidente ancora.
Nella Lettera4 ho accennato anche alla possibile identità di certi nomi propri di nazioni, ma senza fermarmi troppo so di ciò, perchè vi sono implicate questioni storiche, per le quali io non ho nessuna competenza. Io noto, per esempio, la grande somiglianza fra il nome dei Baschi e quello degli Abaschi (Abasci, Ἀβασγοι, donde Abchazi). Vi sono difficoltà, è vero (Vasc-on-, eusk-), ma io ho buttato là egualmente l’idea perchè sia esaminata, se lo merita. Per quello che posso giudicare io, il Basco si avvicina assai al Circasso-Abchazo ed è un pò più distante dal Kharthwelico (anch’Ella ammette grande somiglianza di struttura fra il Basco e l’Abchazo e più ancora fra il Basco e il Circasso; v. Char. de Trans.). Le coincidenze lessicali coll’Egizio-Copto e col Berbero mi sembrano in parte dovute ad influenza relativamente darda di queste lingue sul Basco; ciò che potrebbe spiegarsi ammettendo una emigrazione degli Iber-Baschi dall’Asia alla Spagna attraverso l’Africa settentrionale.
Ma ecco che io mi abbandono un pò troppo alla fantasia. Già è difetto di tutti i principianti questo di abbandonarsi alla fantasia. Io poi sono poco prudente e non so sempre |8| tenermi tutus et intra spem veniae cautus. Mi consolo pensando che ci vuole anche un certo coraggio a mettersi nel pericolo di sbagliare. Tempto haec ne iterum temptentur. Più grave difetto mio è quello di presentare le spiegazioni mie come sicure; ma da questo difetto potrò in seguito correggermi. Veramente la sicurezza c’è, ma è spesso soltanto soggettiva.
La lettera precendente deve essermi riuscita assai infelice; Ella voglia scusarmi di tutto.
Ancora una volta ho abusato della sua bontà intrattendendola troppo a lungo con cose che forse non meritano che vi si spenda del tempo attorno. Se non altro però Ella avrà compreso quanto mi stiano a cuore gli studi glottologici.
Grazie di nuovo di ciò che mi ha inviato. Gradisca i rispettosi e cordiali saluti
del suo devm̃o
Alfredo Trombetti
2 Cf. Brief 11787.