Donna galante: Num. VI
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Num. VI.
Italia 1788.
Si vende in Venezia al Negozio Albrizzi a San Benedetto.Ebene 2
Mariti alla moda.
SE si osserva la decenza, un Marito non è risponsabile di nulla, ma se le cose arrivano ad essere palesi allora egli non può essere indifferente. Ordinariamente il Marito non sa sapere ai Tribunali il motivo delle sue domestiche disgrazie, e dice a sua moglie: io non voglio essere cagione di disgraziarvi; siate libera, godete pure della tal rendita, ve ne saranno pagati i frutti in qualunque luogo vi troviate, ma noi non ci vedremo più. Io vi prego solamente di lasciare per qualche tempo la capitale, affine di far perdere la memoria delle vociferazioni che corrono. In un paese di frivolità una nuova ne distrugge facilmente un’altra. Tal è l’onorevole capitolazione che fa il Marito di moda. La moglie strepita sul sagrificio della capitale; grida: come vivere in Provincia? Invano l’intima di lei amica le dice che si vive dappertutto bene; ma essa con tale pretesto vuole che il marito gli sappia buon grado della sua partenza, e che perciò accresca l’annua sua pensione. I mariti non sono ora più padroni assoluti in casa loro; le mogli non sono più soggette alla loro obbedienza: deve regnare tra di essi un aria di eguaglianza: ciascuno vive da se, e sceglie i suoi divertimenti e le sue conversazioni. Perseguitare la moglie, contraddirla, sarebbe una cosa odiosa e generalmente condannata, ma qualunque sia la vita particolare, mai non si manca ai riguardi che reciprocamente si devono avere. Si veggano, se è possibile insieme, si troverà in essi l’immagine della concordia, il linguaggio sennon dell’amicizia, almeno della compiacenza, le dispute interne non sono mai distinte dagli esteri; sarebbe un vero scandalo. La donna aspra, e altiera ordinariamente ha un marito più di lei ragionevole, il quale cede, e non fa che ridere dei suoi capricci. Intimamente uniti coi nodi degl’interessi domestici si sostengono di concerto, e con qualche prudenza. Il costume pare che somministri ora alle donne dei molto estesi diritti: perciò sono esse consultate sopra tutti gli affari, che sono per altro di loro cognizione. Qualche volta è succeduto che due sposi dopo di aver menata ciascuno una vita disperata, vengono a riconoscersi, e si rinconciliano. Si perdonano il loro torti reciprochi: e una dolce amicizia rende bella la loro vecchiaja. Quantunque tardi giustano quella domestica felicità, a cui non può supplire altra cosa. In tal guisa si sarebbero amati costantemente tutto il tempo della loro vita, se non avessero ascoltato un effimero capriccio. Bisogna qui dunque avvertire che tutte le antiche favole, che si raccontano sulla dabbennaggine dei mariti non sono più di moda: più non si parla d’infedeltà delle donne, o almeno è necessario che tali racconti abbiano un’aria poetica per avere corso nel mondo. Si sono veduti degli storditi a raccontare in piena tavolta degli anedotti propri, alquanto scandolosi senza ritegno: questo spiacevole accidente potendo rinnovarsi in una conversazione, si è generalmente convenuto che per l’avvenire non si sarebbe moteggiato sui mariti ingannati o indulgenti, e questa ben concepita legge si trova per molto a proposito in vigore. Aneddoti.Ebene 3
Allgemeine Erzählung
FU presentato degli scorsi giorni in una buona casa un gentiluomo di Provincia, che aveva tutte le qualità richieste per comparire con distinzione nel mondo, ma che per sua disgrazia era d’una estrema timidità. Entra per il primo chi lo introduce, e lo segue il Provinciale. Al primo passo che fa nell’appartamento il timore lo turba; lo sconcerta l’aspetto d’una brillante conversazione; mette in mal punto il piede tra il suolo, ed il tapeto; sente un ostacolo, si sforza di superarlo, trasporta seco il tapeto, roverscia tutte le sedie, e giunge davanti alla padrona di casa col tapeto quasi al collo a guisa di crovata. Salutando sdrucciola, e cade sopra di lei. Si alza, fa le sue scuse; i lacchè accomodano ogni cosa, e gli offrono una sedia; egli equivoca, e si mette a sedere sopra un’altra, fracassando col suo deretano la ghitarra della Signora; si alza tutto spaventato si getta in un'altra e ne rompe un piede: confuso perde il contegno, e non trova altro partito che quello di salvarsi senza dir nulla: fuggendo precipitosamente urta nel Cameriere, e gli fa cadere dalle mani il bacile di cioccolato che doveva servire per la conversazione, gli fa rompere tutte le tazze; e rovesciarle sopra gli abiti delle Dame del circolo. L’amico esce dopo di lui per procurare di ricondurlo e di accomodare le cose, ma il suo compagno disparve, e corre tuttavia a galoppo. La vergogna di quest’avventura impedì all’introduttore di rientrare egli stesso, e lo costringe di rinunciare per sempre ad una casa in cui ebbe la disgrazia di presentare un amico distruggitore, che in un batter d’occhio vi fece tanto danno, quanto un truppa nemica che vi fosse entrata a discrezione.
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Allgemeine Erzählung
Un Medico celebre che non usava del suo sapere, e dell’arte sua che per i ricchi, fu chiamato da un benestante che si trovava malato. I (sic.) medico si portò volentieri a curarlo. Durante la di lui convalescenza fu il Medico pregato di fermarsi un momento nel partire per dare un parere al suo Lacchè. Il Médico infatti visitò il domestico, diede il suo voto, e partì. Il Padrone un mese dopo ebbe occasione di mandarlo a chiamare per se un’altra volta, ma il Fisico non credette da incomodarsi. Sorpreso da tale contegno gliene fu chiesta la cagione un giorno che il Medico fu trovato presso una Dama. Ecco la risposta del Dottore: Nello scrivermi Signore non mi avete significato se io doveva venire per voi o per il vostro Lacchè; io non sono stato perciò a casa vostra, non essendo io il Medico dei Lacchè.
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Allgemeine Erzählung
Un giovine Francese andando ad Amsterdam fu colpito dalla bellezza d’una casa di campagna che si trovava alle rive del canale. E rivoltossi perciò ad un Olandese che si trovava al suo fianco nella stessa barca, gli disse: Signore, mi direbbe in grazia a chi appartiene quella casa? L’ Olandese gli rispose nel suo linguaggio: Ik Kan niet verstaan, che significa, io non v’intendo: Il Francese non dubitando mai di non essere inteso, prese la risposta dell’Olandese, per il nome del Proprietario. “Ah! ah! soggiunse egli, dunque appartiene al Sig. Kaniferstan? Io vi assicuro he (sic.) questo Signore è bene alloggiato: la casa è bella, il giardino sembra delizioso; o poco io vidi di migliore. Un mio amico ne ha una quasi simile sul canale di Choísy in Francia, ma mi pare, che preferirei questa.” Aggiunge qualche altra cosa sullo stesso proposito, che l’Olandese non intende, ed a cui perciò il Francese nulla replica. Giunto in Amsterdam vede in una contrada una bella donna a cui dava di braccio un Cavaliere; e domandò al suo compagno di viaggio chi ella si fosse? Questi gli rispose parimenti Ik Kan nient verstaan. “Come diss’egli, Signore quella è la moglie del Sig. Kaniferstan, la di cui bella casa abbiamo veduto sul canale? Veramente la forte di questo Signore è degna d’invidia: come si può mai possedere in una sì bella casa ed una sì amabile campagna? . . . . Alcuni passi di là distante trovò una banda di suonatori che facevano gli evviva alla porta d’un particolare che aveva guadagnato al Lotto. Il nostro viaggiatore volle informarsi del nome di quel fortunato: gli viene nuovamente risposto Ik Kan nient verstaan. “Oh! Per bacco, diss’egli, questa è una gran fortuna: Il Sig. Kaniferstan proprietario d’una così bella casa, marito di una sì bella donna, guadagna anche alla Lotteria? Bisogna dire che vi siano in questo mondo degli uomini ben fortunati!” Finalmente incontra un convovoglio (sic.) funebre, e domanda chi è quegli che si porta il sepolcro? Ik Kan nient verstaan, gli viene nuovamente risposto. “Ah! Mio Dio, esclama egli è desso quel Sig. Kaniferstan che aveva una sì bella casa, una donna così avvenente, e che aveva guadagnato alla gran Lotteria? Con quanto dispiacere sarà egli morto, ma vedeva bene che la sua felicità era troppo compita per poter essere di lunga durata” E continuò a portarsi al suo albergo, facendo delle riflessioni morali sulla fallacia delle cose umane.
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Allgemeine Erzählung
Negli ultimi giorni del passato mese di Febbrajo il Sig. Duca D’Orleans avendo al passeggio smarita la strada presso Raincy entrò nella casa d’un paesano per chiedergli qualche cosa da mangiare. La moglie di questi era sul punto di partorire, e partorì infatti mentre che il Principe incognito, senza che gli si facesse attenzione, mangiava un pezzo di pane, e formaggio. Egli dunque si esibì per padrino, e fu accettato, e per comare gli fu data una virtuosa e bella giovine. Il battesimo fu fatto subito, ma giunto il punto di segnare l’atto, il Curato ricusò di scrivere il nome del Principe che non conosceva, e che fu obbligato di vincere la di lui ostinazione scoprendo il suo cordon blò. Sua Altezza generosa, e benefica mise il colmo alla fecilità di quella buona gente con generosamente beneficare il padre, il figlio, e la comare.
Zitat/Motto
DElle Chiome delle Vestali Romane – in 4, Pavia 1788. presso Giuseppe Bolzani.
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Zitat/Motto
“Affè sarebbe stato un peccato che ragazze così vezzose, ed avvenenti, come abbiamo visto, avessero avuto la testa tosata; quando l’ornato dei capegli dà tanta luce e risalto alla femminile bellezza. In fatti cos’è una donna senza l’onor delle chiome, dice Apuleja, fosse ella pure discesa dal Cielo, e uscita dal mare, educata sull’onde, fosse ella cioè Venere stessa circondata da giovine schiera delle grazie ridenti, e degli Amorini scherzosi, fregiata dell’incantatore suo cingolo, olezeante tutta di profumi, tutta di balsami odorosa e stillante, se calva apparisse, non potrebbe piacere al suo Vulcano neppure benchè zoppo e fuliginoso. Ciò niente manco evvi chi pretende fossero le Vestali decalvate alla foggia delle nostre Monache. Io però non so concedere il mio voto a questa opinione per diversi motivi che la materia formano di questo Capo.”
Zitat/Motto
Anna ec. Ossia l’Erede Francese tradotto dall’Inglese sulla quarta Edizione in 12. 4. Vol. Parigi: Presso Buisson 1788.
Tratti di spirito.
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Exemplum
UN Ladro fermò verso mezza notte un particolare mettendogli una pistola alla gola, e domandandogli la borsa. Tremeva la mano del ladro, che senza dubbio era poco pratico del suo mestiero, e temendo l’assalito che il movimento della paura non gli facesse scaricare la pistola, gli disse col maggior sangue freddo: non tremate, Signore, io vi dò subito tutto quello che mi ritrovo.
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Exemplum
Un giovine che stava per prender moglie andò non ha guari a confessarsi: ciò eseguito credette di fare una piacevolezza col ritornare indietro e dire al Confessore: Io non so Signore, s’io mi sia ben confessato, perche vi siete scordato di darmi una penitenza. Il Confessore uomo di spirito ripigliò: Non mi avete detto o Signore, ch’eravate in procinto di prender moglie?
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Exemplum
Un uomo alquanto grosso e panciuto incomodava moltissimo il suo vicino nella platea del Teatro: questi alzando la voce gli disse, che essendo così grosso poteva restare a casa – Signore, ripigliò l’altro, non è proprietà di tutti l’esser vuoto.
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Exemplum
Fu domandato nei scorsi giorni ad un soldato veterano che altra volta era stato in campagna contro il Turco, cosa pensasse della guerra presente, egli rispose con molto spirito: Se l’Onnipossente resta neutrale noi avremo la vittoria.
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Exemplum
Una Dama parlava ad un Ministro d’un affare che le stava molto a cuore, ed il quale, non le rispondeva nulla: Signore, gli disse fate almeno qualche segno che mi ascoltate.
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Li due pasticci.
Favola.
Fabel
A Un giovine Cinico venne in capriccio un giorno d’invitare alcuni pochi amici suoi ad una cenetta, prevenendoli nondimeno che sarebbe stata assai parca e solo servita di due pasticci, che come diede loro a credere, un altro amico gli aveva mandati liberalmente in dono; ma che? Accettato l’invito, e messisi a tavola trovossi che il primo era composto di solli becchi di lodole nè più nè meno. Mortificato ciascuno allora per sì strana burla del tutto inattesa, e mostrandone il Cinico dispiacere, disse con isdegno: vediamo ora qual altro crudel tradimento riscontremo nel secondo.
Il dispetto non poteva nei convitati esser più acre, e tanto maggiormente, che sperando di mangiar bene la sera avevano essi l’intero dì digiunato severamente. Fingeva il Filosofo imbanditore di tremare nello aprirlo; quando alla fine si rivelò essere di fegato, ma assaggiatone a gara s’avvidero poi chiaramente ch’era fegato di cavallo. Quali miracoli nondimeno non fa un buon appetito! A poco a poco, sebben gridando sempre contro l’insolente donatore, tutto se ‘l tranguggiarono.
Quante volte non siamo costretti, disse allora accigliato il Filosofo o dal bisogno o dalla ragione stessa a preferire il men peggio delle cose cattive ad una parte inutile delle migliori.
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Choisissez de Chloè, d’Orphise, ou d’Isabelle . . . .
Dien m’en garde, sandis, je les prends tous trois :
Au Berger Phrygien, helas! Je me rappelle
Tout ce qu’il en conta pour avoir fait un choir.
Chanson.
A’Madame la Comtesse de S. T. . . . .Ebene 3
DE la beautè l’on redoute les charmes,
En nous plaisant, elle trouble nos jours;
Mais on auroit du plaisir dans ses larmes,
Si l’on suivoit le vrai Dieu des amours.
Il en est deux qui regnent a Cythere:
L’un est bruyant, temeraire, jaloux;
L’autre est constant, discret, tendre, sincere,
Et ce dernier a dû naître de vous.
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Andeddoto storico.
SOpra una scoscesa montagna circondata da tutte le parti di folte boscaglie vi è situato un forte castello, vecchia residenza dei Conti di Dachau. Colà viveva una madre in età avanzata e rispettabile, ultimo rampollo di quella illustre famiglia. Li Conti di Wolfartshausen erano i suoi più prossimi parenti, e la vicinanza della loro abitazione facilitando le visite reciproche aveva preparata una più stretta alleanza. La giovine Contessa loro sorella era promessa sposa con ricca dote al Conte di Dachau. Le feste di Natale erano l’epoca in cui si doveva celebrare questo matrimonio, per il quale si facevano dei magnifici preparativi: vi erano invitati tutti i Cavalieri e le Dame di quelle vicinanze. Preparata ogni cosa per tali nozze, il Cavaliere pomposamente vestito, e seguito dalla sua gente scese dalla montagna, avanzandosi nella valle per andare incontro alla futura sua sposa. Ma trovando che la comitiva che lo accompagnava andava di troppo lento passo contro la sua impazienza, spronò il superbo suo destriero, ed entrò nel bosco, in cui penetrò molto da non poter essere sentito dal suo seguito. In un batter d’occhio una truppa di ladri si slancia sopra di lui, e dopo alcuni inutili sforzi viene disarmato e con cento colpi trafitto. Invano offrì loro tutto ciò che possedeva per preservare la sua vita, che la crudeltà di quei barbari fu sorda alle sue preghiere, consumarono il delitto, lo spogliarono dei ricchi suoi abiti, die preziosi byoux, di tutti insomma gli arnesi, di nozze e di divisero tra di essi il bottino. Un anello di smeraldi, primo pegno di fede che aveva ricevuto dalla sua amante, non potendo essere facilmenre (sic.) strappato dal suo dito, quei barbari gli tagliarono la mano, in seguito, coprendo di terra il suo cadavere, presero la fuga, conducendo seco il cavallo dell’infelice assassinato. La sposa intanto accompagnata dai due suoi fratelli, e seguita da un treno brillante arriva al Castello, ov’era da una numerosa comitiva aspettata. Vien essa da tutti reciprocamente felicitata, e la sola madre dello sposo inquieta di non veder giungere per anche il figlio, l’aspettava colla maggior impazienza. Spedisce per cercarlo i suoi scudieri ed i suoi paggi, e lo stesso cane fedele del Cavaliere si unisce ad essi, e va siutando ogni cespuglio, come cercando il suo padrone. Nella gran sala viene preparata la cena: vi si assidono le Dame ed i Cavalieri; ma la giovalità si trova ben lungi: un cupo silenzio: i tristi sguardi annuncia il funesto presentimento che tutti turba, e commove. La sposa non può trattenere i suoi sospiri; il dolore gonfia la sua gola, la collana si rompe, e sopra la tavola da ogni parte si spargono le perle di cui era composta. A quelli infausti segnali oppressi dallo spavento i convitati abbandonano la tavola, si levano i coperti, e si aspetta che comparisca lo sposo. La giovine Contessa nasconde il suo bel volto, perchè non può più provare nè gioja nè riposo. In tal momento sentonsi eccheggiare il corno di caccia, viene abbassato il ponte levatojo erano gli scudieri ed i paggi, che ritornavano precipitosamente, e come inseguiti dai fantasmi notturni. Tutta la compagnia che si trovava presso della vedova e della madre dello Sposo, la quale internamente indirizzava al cielo i suoi voti, attendeva in una muta costernazione ciò che recavano, quando il gridare di alcuni trasse verso la porta gli sguardi dell’Assemblea. Viddesi il cane che correndo verso la madre del suo padrone depose ai suoi piedi qualche cosa di sanguigno che succhiava gemendo, Oh Dio! era questa la mano che tagliata avevano al Cavaliere, e che perderono fuggendo. La madre e la sposa riconoscendo l’anello di smeraldi cadono svenuti. A tale spettacolo presero i Cavalieri le armi, e seguiti da tutti quelli del castello entrarono nella foresta scorrendola da tute le parti. Il fedel cane gli precedeva tristamente abbajando senza intermisione. Cercava le traccie del suo padrone, e così la scorsero per un’ora, finchè arrestatosi il cane sopra un mucchio di terra che sforzavasi di squarciare raddoppiando i suoi urli, questa subito si rimosse, e fu trovato il corpo nudo e mutilato del Conte di Dachau. Spiegarono allora il Cavalieri i loro mantelli e ve lo invilupparono, quindi levando dai loro capelli le piume, e gli scudieri ed i paggi i nastri loro, ripresero la strada del castello nella maggiore tristezza senza che rumore alcuno interrompesse la lugubre lor marcia. Dall’alto delle torri del castello si vide giugnero il funebre convoglio: i preti andarongli incontro fino ai piè della montagna, e ricevettero con rispetto il corpo del loro padrone, sepolto quindi nella Chiesa de’suoi antenati, e con lui fu estinta l’antica famiglia di Dachau. La madre e l’amante intanto vestite a corruccio e protese avanti all’altare pronunciarono il solenne voto di rinunciare per sempre al mondo, e di consacrare tutti i loro beni nella fondazione d’un Monastero dell’Ordine di S. Benedetto, dove avrebbero pregato giorno e notte pel riposo dell’anima del Cavaliere. Inseguiti dalla Provvidenza divina i ladri cadderono ben presto in mano della giustizia, e vi subirono il castigo meritato dell’orribile loro misfatto. I Conti Palatini di Baviera, a cui ricadeva il Feudo di Dachau fecero erigere una Capella nel luogo, ove fu commesso il delitto. Suffiste tuttavia, e si vede essa sulla strada che conduce al castello suddetto.Ebene 3
Gabinetto delle mode.
Spiegaz. della tav. VII. Fig. 14. e 15. 1
Mode Inglesi.Fremdportrait
CHI ha mai introdotto il color arancio, gli uomini o le donne? Questo portano i nastri di tal colore; quelli la pistagna o l’orletto arancio.
Il giovine qui raffigurato è vestito con un abito di panno verde nero bordato con un cordonetto arancio, e guarnito di bottoni dorati solj.
Sotto di quest’abito un gilet di raso giallo a larghe righe di veluto ciriegia bordato con uno sfilato di seta gialla e cremesi.
Calzoni di panno Casimir giallo con ricamini di seta blò ai centurini, bottoniera, e cuciture.
Calzette di seta bigie, e calzaretti montati all’Ussera. Sono questi portati anche a preferenza dei stivallini all’Inglese.
La gala e li manichetti della camicia sono di mussolina tuttavia guarnita di un piccolo pizzo.
Alle mani guanti di pelle di cane di color naturale.
Al collo una larga, e lunga crovatta che giri al collo tre volte, e che formi colle sue code un gruppo davanti.
In testa un cappello à l’Androsmane ornato con una larghissima cocarda di nastro nero.
È pettinato a due ricci con sopra l’altro molto lunghi, grossi, e bassi con un topè alla greca e schiena d’un asino aperto di dietro al ferro di cavallo. I capegli di dietro al ferro legati assai bassi in coda lunga e sottile.
Le Inglesi montando a cavallo più spesso dei Francesi devono immaginare più frequentemente delle mode per tale oggetto, e le immaginano diffatti con facilità, variandole moltissimo. Nei nostri quaderni dell’anno scorso si può vedere come si vestissero allora: ecco qui come si vestono adesso. Si conoscerà però facilmente che sono questi gli abiti Francesi con qualche modificazione. La giovane Inglese qui rappresentata è in attitudine di montare al cavallo. Ha un abito colle maniche alla marinaja di panno verde nero bordato di una pistagna, o cordoncino fiorrancio colle mostre, colletto, e patellette blò, e guarnito di bottoni d’acciajo.
Sotto quest’abito un gilè di raso a righe blò cinto alla sua estremità con una cintura di raso rosso unita con una larga fibbia di acciajo liscio.
Una sottana di panno casimir blò, assai corta, e ritagliata all’estremità.
Stivallini di marocchino nero.
Al collo un largo collare increspato di mussolina.
Guanti di pelle giallo-paglia, con una mano tiene il suo capello feltrato nero da cui restano pendenti di dietro due grandi piume nere attaccate con un gruppo di nastro rasato fiorancio, ossia soucì, e con l’altra tiene il suo fouet.
I capegli sulla testa non pettinati, ma sciolti con libertà, e que’che giungono al collo e sulle spalle leggiermente arricciati.
Tavola
Zitat/Motto
Delle Materie contenute in questo Numero VI.
1N. B. Nel scorso Numero V. furono li due Figurini numerati per errore, 10, 11. quando esser dovevano 12. 13.