Référence bibliographique: Pietro und Alessandro Verri (Éd.): "VI", dans: Il Caffè, Vol.1\06 (1766), pp. NaN-81, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4308 [consulté le: ].
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Niveau 2► Niveau 3► Dialogue► cui pure potrete imparare, come preservarle dalle brine. Vedete ancora: Le precis des experiences faites a Trianon par Mr. Tillet d’ordre du Roi. Un buon Agricoltore cangia di [67] spesso la semente medesima, e la sperienza gli suggerisce che quella, la quale viene tratta dai Paesi più lontani, maggiormente fruttifica, ma sopra il tutto rara la spande. IL risparmio della semente e un grand’oggetto negli anni di carestia; la perdita, che fa esso Agricoltore quando prodigamente la semina, diviene sempre più considerabile allorchè l’abbondanza dell’anno seguente fa bassare i prezzi dei grani. Egli è obbligato di vendere a basso prezzo il prodotto d’una semenza, che gli è costata assai. Nel primo Tomo del Trattato del Signor Du Hamel vi è la descrizione d’un istromento opportunissimo per seminare i grani con economia, e con eguale distanza. I Signor Patullo consiglia a non seminare giammai nè segala, nè avena; la prima, dice Egli, può l’esser rimpiazzata dal frumento prodotto anche dalle brughiere, qualora vengano a dovere coltivate; alla seconda supplisce l’orzo, ch’è molto più sano per i Cavalli. Il Signor Tourbilly al contrario trova molto profittevole il seminare la segala, perchè più abbondantemente cresce del frumento. Il Gentiluomo Coltivatore esalta l’avena sopra l’orzo; ciascheduno potrà regolarsi a seconda del prezzo, del bisogno e dello spaccio, che avrà nel proprio Paese. L’annona ben regolata suole portare l’abbondanza delle biade; ella deve considerarle e come una mercanzia, e come l’alimento principale dell’Uomo: come una mercanzia ha da procurarne un pronto esito presso gli Esteri. Questa politica ha guadagnata all’Inghilterra in cinque anni di tempo, cioè dal 1746 a tutto il 1750, cinque milioni, duecento ottantanove mila, ed ottocento quaranta sette lire sterline equivalenti in circa alle nostre lire Milanesi 173, 464, 951, e ne ha dippiù aumentata di modo nel Regno la [68] copia che il loro prezzo nei prodetti anni fu minore degli antecedenti. Qualora poi le risguarda come il principale sostegno della vita umana e necessario ch’ella usi un’esatta diligenza a provedere i pubblici Forni della migliore qualità di esse, e che preveda, e si opponga agl’inganni non pochi dei Castaldi, dei Mercanti e dei Mugnai. Ma ciò non basta, se non invigila ancora alla fabbrica del pane, dal quale ben fatto, o mal fatto dipende in gran parte la conservazione, o la perdita della pubblica salute. In Londra è stato stampato un trattato del pane, intitolato: Il veleno discoperto. Nella città medesima fu mandata ad un Segretario di Stato una lettera anonima intorno ai suddetti abusi. Finalmente il Signor Giacomo Mannin Inglese ci ha istrutti più ampiamente col suo Libro: Della natura del pane secondo la sua qualità, dei di lui effetti, del metodo sicuro per iscoprirvi le materie eterogenee introdottevi e tutte le altre frodi dei Fornai, e ci ha regalati d’una facile maniera di farne dell’ottimo nelle case private.
Vi sono alcune produzioni della terra, le quali, essendo ancor immature sono nella loro perfezione a godersi, e di questa sorta sono i spargi, ed i piselli. Chi sa se il nostro grano turco colto è fatto seccare tuttavia bianco, e non affatto maturato, non ci dasse una farina più dilicata, e saporita? Dopo le biade ha da cadere la cura nostra sopra la vigna. Ell’ha bisogno d’essere meglio trattata nel tagliarla, nel coltivarla, ed ingrassarla. E un errore il credere, che nulla sia più atto a promovere l’abbondanza dell’uve, che il lettame ordinario delle nostre bestie domestici; anzi sono per dirvi, che un tale ingrassamento nuoce infinitamente alla bontà del vino, e [69] che non e pure molto utile a procurarcene una copiosa raccolta. La calce delle vecchie fabbriche, i cuoi usati, le corna, e l’unghie bovine, la marga, la caligine, e la cenere ne portano una bontà e fertilità maggiore. Si può consultare: Le Traitè de la culture des vignes par Mr. Bidet.1 L’Accademia di Bordeaux ha proposto nell’anno 1759 il premio per chi suggerisse i migliori principj del taglio della vigna per rapporto alle varie spezie di essa, ed alla diversità dei terreni. Nelle Memorie dell’Accademia Reale Svedese, nel tomo VII, vi e una dissertazione intorno alla potagione. Che vini squisiti avressimo, se nel manipolarli v’impiegassimo la diligenza degli Oltramontani? Non ci mancherebbe il vino di Borgogna; di Sciampagna, la manifattura dei quali trovasi descritta nel Dizionario economico di Chomel. La prova e già stata fatta, manca solo il coraggio di assumere annualmente questa fatica. Il chimico Gioncbero insegna l’arte di formare un vino eccellentissimo con poca pena e minore spesa. Pongasi, dice egli, del buon vino in un vaso di fondo esteso all’altezza di due dita sotto qualche coperto all’aria fredda nelle notti più rigorose del Verno; si troverà questo nella seguente mattina al levar del Sole tutto pieno di ghiaccio, che si avrà cura di levarlo. Per un’altra notte, o per due rinnoverà quest’operazione, ed il vino restato s’infonderà in caraffe di vetro, le quali dovranno seppellirsi al rovescio in una buca asciutta sotto terra, e copertele d’arena si lasceranno [70] ivi sin alla State, affinché fermenti. Questo vino essendo stato privato di tutta l’acquosità, diverrà ottimo. L’Accademia di Dyon ha offerti i premi negli anni 1760 e 1761 per chi indicherà quali siano le cagioni della mucellaggine del vino, ed insegnerà il modo di preservarlo. Di gran vantaggio sarebbe l’incoraggire nello Stato nostro la piantagione degli ulivi, giacchè l’olio di questi frutti tanto scarseggia fra di noi, che ci fa mandare ai Forastieri una grossa annua somma. Tutte le situazioni montagnose poste al mezzo giorno, e spezialmente in riva dei laghi dovrebbero occuparsi da queste piante, a preferenza dei Gelsi, a’ quali è destinata la pianura. V’e un buon Trattato della coltivazione degli ulivi di Pietro Vettori 2 che ce ne da la norma. Le pesche, le prugne, le pera, i ficchi, le mela, e tutti gli altri frutti sono abbandonati da noi quasi alla sorte, di modo che di rado se ne ponno gustare dei perfetti. Gli abitanti di Montreulle, Terra non molto lontana da Parigi, usano ben altre diligenze. Dispongono essi queste piante a’ piedi d’una muraglia, che le difende dalla tra-montana, le tengono basse, le coprono nel Verno d’un tetto di paglia, le potano, e governano con grand’arte. Vestono pure di paglia il loro tronco nel piede, perchè sono ben consapevoli, che i vapori, i quali risalgono dalla terra sono più nocivi di quelli, che cadono dall’alto. In Erfurt, ed in tutta la Bergues-Strassen s’inoculano i maroni sopra dei rami di quercia molto profittevolmente, [71] al di cui effetto si servono quelle Genti del marone di cuore, il qual’è la parte media delle tre che alcuni ne contengono.3 Per fare riprodurre generalmente tutte le piante vecchie, ottimo rimedio riesce l’incidere al lungo la loro prima corteccia nel tronco principale, incominciando dove sorgono i rami, sino a fior di terra. La sperienza di questa operazione corrisponde perfettamente alla ragione, perchè non trovando più il sugo nutritivo della pianta la resistenza che le fa la prima scorza dal tempo indurita, più facilmente monta, e promove la vegetazione. È desiderabile che l’invenzione introdotta di cingere i campi di siepi fatte di piccoli virgulti di mori bianchi si moltiplichi, poichè sempre più si accrescerà l’abbondanza della seta. I boschi non si tagliano fra di noi, ma si distruggono. Devono questi essere scalvati colle regole precisamente contrarie a quelle, colle quali si potano le piante da frutto, e meritano una gran cura, affinchè non perisca una specie tanto necessaria, e che incomincia a scarseggiare. Il Re di Francia, ed il Re di Sardegna fra le istruzioni, che sogliono dare agli intendenti delle Provincie, vi inchiudono anche quella di non lasciare tagliare bosco alcuno senza che sia in seguito ripiantato. Il sopraccennato Evelyn della Società d’Inghilterra ha composto un libro detto: Silva, et pomona. Si ha da consultare in questa materia: L’agriculture parfaite, ou novelle decouverte touchant la culture et la multi- [72] plication des arbres.4 Si può riconoscere ancora La Teorie de la coupe des pierres et des bois.5 La detta Accademia di Bordeaux costitui il premio nell’anno 1759 a chi saprà insegnare la miglior maniera di seminare, plantare, propaginare, conservare, e riparare le querce. Vi e la fisica degli arbori del signor Du-Hamel.6
Il lino e molto in uso nel nostro paese, e di buona qualità. Egli ha il vantaggio, come ben sapete, di produrre due frutti: il filo, e l’oglio. Col primo somministra la materia a molte pre-ziose, e necessarie manifatture, e col secondo supplisce alla mancanza degli ulivi. Merita certamente, che la di lui coltura sia ampliata, ed estesa nello Stato nostro, unitamente a quella del Colzar, da’ Francesi detto Colesat, e da’ Bottanici napus sylvestris, ch’io suppongo essere il nostro ravizzone, l’oglio del quale è eccellente a pettinare le lane. L’esatta cura degli Orti ridonderà in grande nostro profitto, giacchè le loro erbe ed i frutti ci regalano di cibi sanissimi, e di poca spesa. La Maison rustique, e molti altri dei sopracitati Autori ne trattano. Nelle Memorie dell’accennata Accademia Reale Svedese vi e una particolare Dissertazione sopra la coltura delle radici, o siano rape. Ella è contenuta nel Tomo VII. degli Atti della medesima.
[73] Non bisogna limitarsi unicamente a procurare la moltiplicazione, e perfezione dei frutti conosciuti, ma un’ottima cosa sarà io l’introdurne dei nuovi. Ancorchè le praterie stabili, e naturali siano nello stato nostro molto abbondanti, e ben tenute; le artifiziali però, delle quali non ne facciamo grand’uso, sarebbero opportunissime principalmente dentro delle Città, e Subborghi, a’ quali nuocono le abbondanti irrigazioni necessarie alle prime. Questi prati artifiziali ben coltivati producono eguale abbondanza, e forse anche maggiore degli altri, e possono formarsi in ogni genere di terre. Le buone e le più forti vengono seminate a trefoglio, ma la semente si dee tirare dalla Fiandra, dove si trova ottima. Alle terre di bontà mediocre conviene l’erba medica, detta in Francese luserne. Quelle poi d’infima qualità portano l’erba detta falsa Segala, faux-seigle: Ella è fecondissima, e facilissima a nascere in ogni luogo; ed in Inghilterra se ne fa molta stima. Di questi prati artifiziali ne tratta il Sig. De la Salle nel libro suo intitolato: Prairies artificielles.7 Nelle suddette Memorie dell’Accademia Reale Svedese Tomo VII, avvi una Dissertazione intorno al modo di prevenire la putrefazione del fieno raccolto nell’umido. In difetto del fieno giova valersi d’una buona quantità di piccole rape, le quali date da pascere agli animali domestici mirabilmente a quello suppliscono.
Il canape e raro fra di noi, benchè abbia la [74] proprietà di crescere quasi in ogni sorta di terre. La piantagione di questo somministrarebbe allo Stato una gran manifattura di corde, di gomene, di vele & ec, intorno a cui s’impiega un gran numero di poveri, e d’idioti inabili ad altro più fino lavoro. Il Sig. Dodard Intendente della Provincia di Berri in Francia gran sollecitudine v’impiega per promoverne la coltura, ed ha ottenuti dal Governo premi considerevoli per chi vi si applica. Il Sig. Mercandier nel suo Traite du Chanvre8 ci dà un dettagliato metodo di coltivare, e trattare questa pianta. Minore diligenza richiede, ma non minor utile porta l’ortica grossa. Nasce questa nei fondi più sterili, e dalla medesima se ne cava un sottilissimo filo, con cui se ne formano tele di grande prezzo. Il Dizionario di Chomel, ed il Giornale economico dei mesi di Marzo, ed Aprile del 1751 ne insegnano la maniera di renderla ad uso. Vittorio Amedeo Re di Sardegna, fece plantare a Reconigi il Tabacco, e lavoratolo da Uomini periti, ne ricavò degli ottimi tabacchi. Il Sesamo erba da far oglio molto usitato nella Grecia fu trasportato in Italia, e qui seminato da due Nobili Bolognesi con molto loro profitto. Forma egli bacelli longhi un’oncia, e mezza in circa, pieni di semi bislunghi alquanto più grossi del miglio, i quali sono tanto ubertosi, che d’una libra d’essi pesante once dodici, se ne cavano ott’oncie d’oglio limpidissimo, e di color giallo. In vista d’un utile così rimarchevole do-[75]vressimo, noi pure usarlo. I nostri campi sono capaci di produrre lo Zafferano, il Guado, la Garancia, in francese garance, e la Soda, erbe per la tintura, per il sapone, e per le cristalliere.
Afr. Credete voi Sig. Cresippo, che i frutti, l’erbe, e le piante oltremarine possano allignare nel Paese nostro?
Cresip. Chi ha incominciato a fare la Storia naturale dei nostri monti mi assicura d’avervi trovate naturalmente nate delle piante Americane, come fra le altre il Guajaco, ed anche molt’erbe affatto incognite ai Bottanici, onde forz’è il dire, che trasportate qui le medesime o altre simili vi allignerebbero. Con tutto ciò non ardirei d’assicurarvi, che tutt’i vegetabili oltremarini possano crescere fra di noi; ma se varj d’essi non prendono piede nelle terre nostre, io sono di parere che non sempre ciecamente si debba incolpare la diversità del clima, e dei terreni, ma bensì principalmente la poca cura che si ha nel trasporto da si lontane parti delle sementi, e degli arboscelli vivaci. Pochi anni sono fu stampato in Parigi un ottimo Libro, da cui possiamo imparare quest’arte. Egli e intitolato: Memoire instructif sur la moniere de rassembler, de preparer, de comerver et d’envoyer les diverses curiosites d’Histoire naturelle.9 Di fatti siamo venuti a capo di far nascere, e maturare il Caffe, gli Ananas, il Cottone, e varie sorte di fiori, quando abbiamo voluto impiegarvi le necessarie dili-[76]genze. Nel Brandemburghese si trova chi e arrivato a far crescere l’arbore della Cannella. Chi sa che noi pure non giungessimo a vedere nato fra di noi il Cacao e lo zuccaro, oppure trovassimo almeno la maniera di supplire a queste droghe senza cavarle da un nuovo Mondo? Nel Portogallo v’e una pianta comunissima, che fruttifica una sorta di ghiande similissime a quelle della nostra rovere, e che contiene una polpa saporitissima, ed ardirei dire migliore di quella del Cacao. Questa cresce in siti di poca coltura; e crederei che non fosse per ricusare il nostro suolo nel caso; che il Cacao assolutamente resistesse alle nostre premure. Il grano turco in un certo determinato tempo della sua vegetazione e pieno d’un suco dolcissimo; niente inferiore a quello delle canne di zucchero; e chi sa se sottoposto anch’egli alle operazioni, che impiegano tanto numero di Negri nelle Coste meridionali dell’America, non fosse per rendere un nazionale zucchero?
Afranio. Tutto va bene, ma se ci dilettassimo di tante non ordinarie piantagioni, toglieressimo alla produzione dei grani una gran parte delle Terre, e cosi verrebbesi a privare lo Stato d’una rimarchevole quantità d’una si necessaria derrata.
Cresippo. Dovete sapere, Sig. Afranio carissimo, che in buona regola di commercio, quando uno Stato permuta collo Straniero il più grande prodotto delle sue Terre contro il più piccolo, egli ha lo svantaggio; e quando lo Stato medesimo cangia il prodotto de’ suoi fondi con lo travaglio del Forastiere, resta similmente pregiudicato, perchè il Forastiere stesso viene mantenuto a nostre spese. Il Sig. Cantillon, nel suo Saggio sopra il Commercio in generale, ci dà una prova convincente di questa massima, e ci fa comprendere che 25 per-[77]tiche francesi di terra producenti 150 libbre di lino purgatissimo da lavorarsi in merletti finissimi di Fiandra, equivalgono ad un milione, e secento mila pertiche coltivate a vigna; che mantiene per un anno due mila Persone, e guadagna cento mille once d’argento. Lo Stato nostro è per ordinario così ubertoso in grani, che glie ne sopravvanza una gran copia da vendere ai vicini in contracambio del loro più piccolo prodotto, qual è la materia delle arti nostre più fine, e del loro travaglio, come sono le merci di molta fattura, ch’essi ci mandano. Ora dunque se noi in vece di seminare i campi di tanta copia d’una derrata in parte superflua ai nostri bisogni, li destinassimo alle produzioni da me collaudate, produzioni atte a promovere le nostre manifatture, moltiplicaressimo in infinito la nazionale popolazione e le ricchezze. ◀Dialogue ◀Niveau 3
Non cesserei per gran tempo di ragionare, se volessi rappresentarvi in dettaglio il pregio, e l’utilità dell’agricoltura; la mia intenzione tende unicamente a darvene una superficiale idea per innamorarvi di questa scienza, la quale, dice Columella: tam discentibus eget, quam Magistris. Voi dovete impararla dagl’insegnamenti di quei dotti Maestri, che hanno impiegato il loro sublime ingegno ad indagare i segreti della natura, e molto più dalla sperienza propria fatta nel vostro Paese, ed osservata con occhio filosofico. Quest’occhio filosofico, che ha fatto trovare al Sig. Koelreutter il sesso delle piante, ed al Sig. Linneo i sponsali 10 , ed il sonno delle medesime, farà conoscere anche [78] a voi le leggi della vegetazione, che sono state il soggetto delle fatiche del Sig. Hill;’ la gradazione della natura per arrivare alla perfezione, sopra del qual argomento v’e un’opera intitolata: divertimenti fisici11 ; ed anche forse qual sia l’influsso dell’aria, e della Luna sui corpi vegetabili, proposizioni esposte al premio dall’Accademia di Bordeaux negli anni 1750 e 1760. Non fate gran conto del sapere dei Contadini. Questi non producono, che una semplice triviale pratica, che fu la stessa dei loro Bisavoli, e che non fu giammai capace d’avvanzare in un punto la scienza dell’Agricoltura. Ricordatevi di quel detto di Catone: Male agitur cum Domino, quem Villicus docet. Voi dovete all’incontro essere il loro Maestro, ed essi gli esecutori dei vostri precetti. L’idiotismo, e la simplicità di questa povera Gente non deve però dispensarvi dall’amarla teneramente, e di considerarla il sostegno principale della Società umana, in cui fa una figura molto più importante di quella di coloro, che si fanno strascinare in carri dorati per la Città. Ella è dedicata ad un’arte, che e la più utile fra le terrene scienze, che ha fatte le delizie a molte Teste coronate, e che fu comunissima ai più potenti Cittadini, ai Trionfatori del Mondo, quali furono i Romani: Ipsorum (disse Plinio) manibus triumphatorum colebantur agri, utfas sit credere, gaudentem tunc terram vomere laureato, uberiorem dedisse fructum.
F.
In fatti, Lettori cortesi, quando uno scritto non [79] facesse altro che dar delle viste agli uomini, onde giungano ad esaminare le loro opinioni, ed a non crederle le vere, le sicure, unicamente perchè sono opinioni loro, quello scritto dico sarebbe da chiamarsi utile. L’ostacolo più forte, che incontrano le arti tutte, e le scienze a perfezionarsi, è la tenace prevenzione della maggior parte degli uomini in favore delle cose vecchie. Buona parte de’ possessori delle Terre, e buonissima parte de’ Rustici credono il sistema attuale d’Agricoltura il migliore fra i possibili, e sono ostinatissimi partigiani dell’Ottimismo Leibniziano e Popesco; eppure altrettanto convien dire che ne pensassero, gl’Italiani, che vivevano nel secolo decimoquinto. E chi sa allora quante risate avrà ottenuto quel Novatore, che nella sua Patria proponeva il primo di coltivare i Gelsi? Ora questi Gelsi appunto formano uno de’ principali prodotti del Commercio d’Italia colla seta che per essi coltiviamo. Quante buffonate non avrà dovuto ascoltare quel Novatore, che avrà proposto il primo di coltivare il Grano Turco fra di noi nel secolo passato? Eppure da questa coltivazione forse ne è derivato il non avere più carestia, massimamente nell’Insubria, ove se scorriamo le storie, rare volte erano passati cinquant’anni per l’addietro senza provarla. Correr dietro alle novità, e cosa da cervelli sventati, e incapaci di far buon uso degli oggetti che conoscono. Stare immobilmente inchiodati alle cose che ritroviamo stabilite, è cosa da cervello di corta vista, che non osando conoscere nulla per i suoi principj non ha per decidersi che la sperienza. Cercare l’utile e il buono indifferentemente, sia nuovo, sia vecchio, questo è il principio che regola le azioni dell’uomo di testa. Un buon bicchiero di vin di Capo vale più che tutti i più squisiti Falerni onorati col [80] nome del più antico Consolato, come un pezzo del Colosseo val più che tutti i nostri moderni disegni di Architettura, a parer mio. Se il Czar Pietro non avesse osato pensare che la sua Nazione era incolta, non avrebbe fatto ad essa gl’insigni beneficj, che la rendono al di d’oggi gloriosa; ed è, cred’io, ottimo indizio d’essere un buon Patriota Italiano quello di persuaderci che le nostre opinioni anche in fatto d’Agricoltura possono cambiarsi con altre più ragionevoli, e di maggiore profitto della Nazione. P [PlETR0 VERRI]
Niveau 3► Lettre/Lettre au directeur► Amico Demetrio.
Dite ai vostri scrittori del Caffe, ch’io sto per pubblicare un’Opera molto instruttiva, che avrà per titolo Trattato matematico-Logico-politico stille Riverenze. Il titolo è pomposo, e spero di farvi brillare l’ingegno e l’erudizione. Voi sapete, o benedetto Demetrio, che gli uomini del di d’oggi vogliono dappertutto analisi, dimostrazione, e cifre algebraiche; io da uomo di giudizio mi servirò di questo linguaggio, e darò la Teoria per calcolare l’indole e il carattere delle Nazioni, e degli Uomini sulla maniera diversa di far Riverenze. Mi spiego. Niveau 4► Satire► Considerisi il corpo umano come una linea perpendicolare all’Orizzonte, questa linea la chiamo Felicita; considerisi l’uomo disteso a terra paralello all’Orizzonte, questa linea la chiamo Miseria; l’angolo che fanno queste due linee e appunto di gradi novanta, cioè angolo retto; ora, tutte le riverenze possibili, io farò vedere come siano comprese fra questi due termini; e proporrò la soluzione della natura delle società, e degli uomini derivata dal grado dell’angolo a cui sono [81] abituati. Farò inoltre vedere come la perpendicolare dinoti divisione di beni, e l’orizzontale coalescenza dei medesimi; quindi aggiungerò una Tavola esattissima de’ diversi angoli, che fansi nel salutare sotto diversi gradi di latitudine.
Le prime riverenze, scostandosi appena dalla perpendicolare, si chiamano riverenze di protezione, quando son fatte da pochi; e riverenze di sicurezza, quando son fatte da molti: sono elleno accompagnate da un sorriso, o da uno schiavo, se son rare, e da un buon giorno amico, se sono comuni.
Le ultime riverenze sono le prosternazioni Orientali, accompagnate sempre dalla Genealogia del Sole e della Luna in favore del riverenziato.
Ho già mostrata col calcolo una grande verità, ed è questa, che laddove l’uso della perpendicolare sia di pochi, le massime riverenze sono quelle che fanno i Creditori ai Debitori qualificati.
Il Cortigiano riceve una insigne riverenza dal Nobile, il Nobile ne riceve una quasi fuori d’equilibrio dal Curiale, il Curiale ne riceve di officiose e patetiche da qualche Litigante; il Facchino nec dat, nec tollit, nè riceve nè fa riverenze.
Parlerò in seguito di alcune riverenze, le quali non si distinguono per la loro inclinazione, ma bensì per certe altre piccolissime, leziosissime grazie, che proprio innamorano. Se per esempio volete salutar taluno, e fargl’intendere che siete suo ◀Satire ◀Niveau 4 ◀Lettre/Lettre au directeur ◀Niveau 3 ◀Niveau 2 ◀Niveau 1
1A Paris 1752.
2Stampato l’anno 1718.
3Giornale di Commercio nel mese di Maggio 1759.
4Amsterdam 1720. In 8.ed in Venezia presso l’Albrizzi.
5Strasbourg 1737. Ed in Venezia presso Colleti.
6In Parigi presso Guerin, e de la Tour 1758.
7A Paris 1758. chez Dessaint rue S. Jean de Beavais.
8A Paris chez. Nyon Quai des Augustins 1758.
9Si vende a Lyon chez Jean Marie Bruyset rue merciere au Soleil d’or.
10Opera sortita dai Torchj di Gleditsch. in. S.
11Stampati in Berlino presso Volsi