Il Caffè: V
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V.
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General account
Signor dottor Goldoni, uomo al di cui talento comico ha resa giustizia
in prima l’Italia, e al di d’oggi può dirsi la parte colta dell’Europa, al di cui onestissimo
carattere e amabili costumi ne rendono giustizia i molti e rispettabili suoi Amici. Pretendeva
costui che gl’Italiani hanno torto quando trovano piacere alle Commedie del Goldoni, declamava che
il Goldoni non ha il vero talento Comico, che il Goldoni non osserva nessuna regola, che il Goldoni
non sa la lingua, che il Goldoni non può paragonarsi a Moliere in verun conto, e continuava su
questo gusto. Io che son persuaso che il più gran castigo che possa darsi ad un ignorante ardimento
è di lasciarlo ignorante, e ardito; io che sono persuaso, che il peggior impiego, che possa farsi
della ragione umana, è adoperandola con un Pedante, mi sono fatto portare una tazza dello squisito
Caffè del buon Demetrio, e me la sono sorbita deliziosamente, lasciando declamare il Pedante a sua
posta; ma giunto a casa me ne vendico, e vendico l’onore, non dirò del Goldoni, al quale un’Elogio
di più aggiunge poco, ma l’onore del popolo d’Italia, il quale frequenta e applaude al nostro
Protocomico.
Metatextuality
M’e stato dato un Progetto sulla coltivazione del tabacco
ch’io volentieri ripongo nel Foglio. Ogni Cittadino risente gli effetti del pubblico bene, ogni
Cittadino deve desiderarlo, e meritano la riconoscenza del pubblico quei che vi meditano e
somministrano i loro lumi, sebbene la maggior parte delle volte non l’ottenghino da’ loro
Contemporanei. Credo che sia un bene che molti scrivano e pensino su gl’interessi veri d’una
Nazione, sulle Finanze, sul Commercio, e sull’Agricoltura; la nebbia ed il mistero servono alla
impunità di pochi, e alla miseria di molti. I fatti dell’economia Politica è bene che si sappiano,
poichè e un bene che vi si pensi da molti, e dal fermento delle diverse opinioni sempre più si
separa, e rende semplice la verità. Chiunque ci somministrerà scritti ragionevoli in queste materie
avrà sempre un luogo onorato in questi Fogli. Il progetto dunque così dice:
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La coltivazione del tabacco La prima e principal massima di chi dirige
il Commercio d’una Nazione, quella dev’essere di renderla il più che sia possibile indipendente
dalle altre, si quanto all’industria, che quanto ai generi di prime necessità, nell’abbondanza de’
quali consiste realmente la vera ricchezza d’uno Stato. Egli è vero che sarebbe una chimera il voler
pretendere di conseguire una totale indipendenza:
ma come perdonarla a chi potendo con facilità trapiantare qualche prodotto entro i proprj
confini, volesse ciò non ostante con grave discapito della massa circolante andare a procacciarselo
altrove? Cinquanta mila Filippi costa l’annua provista delle foglie per i Tabacchi che
si consumano in questo Stato; il nostro clima (a dispetto di non lo vuole), i nostri terreni, la
nostr’aria sono ottimi per la coltura di questa pianta. L’esperienza cotidiana lo mostra ad
evidenza, eppure si prosegue a comperarli fuor di Paese, nè mai il Progetto di farne qui le
piantagioni fu fin on ch’io sappia, o proposto o tentato, quantunque unito al pubblico vantaggio
trovar vi potesse particolar guadagno anche chi ha il diritto di venderli, colla diminuzione
dell’intrinseco valore del Tabacco istesso. Qualche calcolatore, del gusto dell’oppositore al
bellissimo Progetto della natural spurgazione del Canale detto Naviglio della nostra Città,
troverebbe forse questa mia proposizione erronea, ed iperbolica, e mi proverebbe in via di
moltiplico con un bei conto dimostrativo, che il valore de’ fondi che s’impiegassero a questo fine,
e sopratutto le sole giornate necessarie alla di lui coltura, basterebbero per far ammontare al
doppio il prezzo del Tabacco che si raccogliesse a fronte del forestiero, e con ciò ne minacciarebbe
un gravissimo pregiudizio alla Regalia. Aggiungerebbe in seguito le dispendiose disposizioni di
attrecci, e di fabbriche; la difficoltà di trovar gente pratica per coltivarlo, e manufattarlo nelle
debite forme; quindi lega facendo con alcuni nasi rispettabili più squisiti e dilicati degli altri,
concluderebbe con una declamazione sul gusto delle Verrine contro l’enorme spesa, l’insuperabile
difficoltà, la pessima qualità del Tabacco, e la chimerica idea del Progetto. Prima però d’entrare a
confutar queste obbiezioni convien premettere per conforto dei nasi parasiti, ch’io non intenderei
già che si dovessero proscrivere i Tabacchi di Siviglia, e del Brasile; anzi da
principio ne meno le stesse foglie ordinarie. Devesi in tutto andar per grado, poichè quand’anche
per supposto conseguir non si potesse che di sostituire il tabacco nostrano al più ordinario e
grossolano, non sarebbe sempre questo ancora altrettanto oro risparmiato all’interna circolazione?
Non verrebbe, il Pubblico a guadagnarvi la sussistenza di tutte quelle persone, che venissero
impiegate alla di lui coltura? Ho ragione nulladimeno di credere che non anderebbero molti anni, che
l’introduzione della foglia forastiera verrebbe naturalmente, e colla sola sperienza sempre più a
sminuirsi, ed a cessare. Ciò premesso (oltre che io non saprei se il prodotto de’ fondi si dovesse
punto computare in un paese che abbia una considerabile quantità di buon terreno tuttora incolto da
surrogare a quel poco destinato alle proposte piantazioni), egli è certo, che il prodotto del
Tabacco (ritenuta sempre la necessità di questo genere) sarà a dir poco d’una doppia rendita di
qualunque altro, potendovi assicurare, dopo replicate esperienze fatte qui, quando eravi libero il
traffico di questo genere, che una sola pertica, poco più, di terreno ben coltivata a tabacco è
giunta a produrre di netto i dieciotto, fino i venti Filippi; differenza enorme certamente in
confronto di qualunque altro de’ nostri prodotti. La spesa della coltura poi, ed e necessaria alla
produzione di qualunque altro frutto, si potrebbe di molto sminuire coll’impiegarvi tutti quei
Condannati, che doniamo cosi liberalmente. Cosi risparmiare pure in gran parte si potrebbero le
altre spese di attrezzi, e di fabbriche, essendo i primi poco differenti dai soliti praticarsi
nell’ordinaria Agricoltura, e potendo supplire alle seconde molti vecchj, ed ora quasi
inutili edifici; e per dirne d’un solo, il vastissimo recinto del Lazaretto, il quale ci offre ad un
tempo stesso ed un ottimo fondo per coltivarlo, ed un opportuno fabbricato per riporlo,
manufatturarlo, e custodirlo. In risposta poi a chi promove la difficoltà di trovar gente pratica
per ciò fare, direi che il nostro paese non ne manca, e lo rimanderei al Dizionario del commercio
del Savari, dove troverà per esteso le varie colture, che si danno al Tabacco, secondo i Paesi.
Quella che si pratica in Francia, mi sembra da preferirsi nel caso nostro. Altro non resta adunque
che il timore della cattiva qualità. A ciò rispondo, che quando la foglia del Tabacco nostrano si
racccolga ben matura, e si lasci sopratutto riposare da un anno all’altro, riesce per le fatte
sperienze molto buona; ottima poi per formarne dei Tabacchi fermentati, ed artificiali d’ogni
qualità. Ed eccovi il più brevemente che mi sia possibile esposto il mio pensiero, quale riunendo
alla pubblica utilità (coll’impedire ogni anno la sortita d’una somma cotanto grandiosa, e col
procurare la sussistenza a buon numero di famiglie) il vantaggio tanto della Regalia, quanto di chi
la tien in affitto (colla diminuzione dell’intrinseco valor del Tabacco) potrebbe meritare qualche
esame, massimamente presso persone non volgari, ne facili a impaurirsi al sol vocabolo di cosa
nuova, nè prevenute da un’inconsiderato amor proprio a segno di trovar male tutto ciò che non ha
preso il primo nascimento nella loro immaginazione.
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Citation/Motto
non omnis fert omnia tellus;
Metatextuality
Ricevo da ottimo Cittadino il seguente Dialogo da inserirsi nel nostro
Caffè. Ei ci pare molto utile da presentarsi al Pubblico, poiché se non è possibile in un breve
scritto d’illuminare profondamente su una materia tanto interessante per gli uomini, è sempre un
bene grande il far conoscere, che le cose non sono a quell’ apice di perfezione, a cui credono che
siano giunte gli uomini volgari, ed è sempre pure un bene il mostrare quai sieno gli autori e le
mire che debbono seguirsi per innoltrare i progressi d’un oggetto tanto necessario, qual è
1’Agricoltura. Speriamo che i Lettori nostri saranno contenti di questo breve saggio per ora, e
speriamo altresi che chiunque abbia cose utili, nuove, e ragionate, le quali per la tenuità del loro
volume non possano star bene pubblicate da se, vorranno far capo al nostro Demetrio, e contribuire
alla nostra raccolta, ricevendone in premio un esemplare annuo gratis, quando però piaccia a noi di
farne uso. Ecco in somma il dialogo.
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Dell’agricoltura
Dialogo
Afranio e Cresippo
Dialogue
Afr. Non so se vi ricordiate, Signor Cresippo, della promessa, che un
giorno mi avete fatta d’istruirmi, come noi potessimo far valere l’Agricoltura, le arti, e
l’industria per togliere lo sbilancio, che soffre il nostro Commercio. Io spero che dalla vostra
cortesia otterrò questo piacere. Cres. Mi sovviene benissimo, nè ricuso di mantenervi la parola; ma
siccome sono queste materie importantissime, e che meritano d’essere separatamente trattate, cosi
non mi comprometto di potervi subito intieramente compiacere. Se vi bastasse per ora di ascoltare le
mie riflessioni intorno l’Agricoltura, io sono in grado di servirvi, riservando in altro tempo il
discorso sopra le altre materie. Afr. Io sono persuasissimo dell’importanza dell’Agricoltura, e
volentieri sentirei a parlarne, se ciò si potesse fare utilmente. Tutt’altro abbiamo di bisogno, che
d’imparare i precetti d’Agricoltura. Siamo nati in un Paese, in cui la medesima e ridotta a quella
perfezione, che non può ricevere miglioramento alcuno. Mi accorderete anche voi, che non v’ha
Forastiere, il quale passando per questo Stato non esclami: che belle campagne! che fertilità! che
fin’agricoltura! Cres. Io convengo, che lo Stato di Milano, considerato in complesso, sia ben
coltivato, e che paragonato alla maggior parte dei Regni Europei si distingua fra di essi; ma vi
devo dire altresi, che in certi capi d’Agricoltura è superato d’alcune altre Nazioni, e
che in tutti può l’esser migliorato, onde il mio ragionamento non vi sarà inutile. Afr. Se l’affare
è nei termini, nei quali voi me lo rappresentate, io son ben contento di udirvi e di profittare dei
vostr’ insegnamenti, benchè, qualunque sia il miglioramento, che siete per progettare, non mi sembra
sperabile dalla sola scienza. La sperienza, che deve precedere le nostre operazioni esige una seria
applicazione, e spese non indifferenti. L’incertezza della riuscita, la nostra pur troppo sensibile
povertà ci toglie affatto il coraggio, e ce ne allontana il pensiere. Ho letto nei dialoghi di
Xenofonte che:
Ho inteso, che in molte provincie della Francia, nella Svizzera, in Toscana, in Modena, si
erigono opportune Accademie, e si distribuiscono premj a chi fa qualche utile scoperta, o meglio
d’ogn’altro fertilizza un Terreno incolto. Cres. E certissimo, che i progressi dell’agricoltura sono
più veloci, quando con mezzi valevoli si promovono. Vi dissi già, se non m’inganno, che
l’agricoltura contiene tre articoli, cioè il moltiplicare i frutti, il perfezionarli, e l’introdurne
dei nuovi. Per la moltiplicazione, e perfezione dei frutti fa d’uopo in primo luogo renderne abile
la terra. La di lei diagnostica resta per anche imperfetta. Si può essa distinguere colla profondità
della vegetabile, per la qualità del letto, che sotto vi giace, per la specie dell’erbe, che sopra
naturalmente vi crescono, per il colore, per la durezza, il peso, la dissolubilità, vitricazione,
calcinazione, per il gusto, e generalmente per ogn’altra qualità sensibile. Sarebbero
necessarie molte cognizioni, lunghe osservazioni, che ancora non trovansi presso dei Naturalisti. Le
storie naturali de’ Fossili dei Sig. Hill e di Emanuele Mendes da Costa, membro della Società Reale
di Londra, ci possono ora somministrare dei lumi molt’importanti per quest’effetto. L’Accademia di
Bordeaux propose il premio nell’anno 17618, a chi insegnava la migliore maniera di conoscere la
diversa qualità delle Terre per l’agricoltura. Il Sig. Kubel ha fatta una Dissertazione sopra la
cagione della fertilità della Terra. Tre sorte di terra noi in presente conosciamo, la grassa,
l’argillosa e la saboniccia, alle quali convengono deferenti ajuti per migliorarle. Uno di questi
ajuti si e la mischianza vicendevole delle terre medesime giudiziosamente fatta. Giova assai alla
buon’agricoltura l’unire per mezzo di cambj i piccoli pezzi di terra dagli altri disgiunti.
Incredibile riesce la spesa, l’incomodo, e la perdita del tempo, che fa di mestieri impiegare per
lavorarli; sovente per questi difetti poco, o nulla se ne cava. Un’usanza ugualmente profittevole
sarebbe quella di fare gli affitti a lungo tempo. Il Proprietario vedrebbe i suoi fondi più a dovere
coltivati, e con maggior prontezza sarebbe pagato dall’Affittuario, l’industria del quale avrebbe un
campo più vasto da svilupparsi, e d’intraprendere a fare tutto ciò, che deve godere per molto tempo,
invece che la certezza, o il timore di travagliare unicamente per gli altri lo costringe a pensare
ai soli miglioramenti annuali, e fa perdere a lui egualmente che al Pubblico tutto ciò, che
intraprenderebbe senza questo corto, e fatal termine, che fa passare il prodotto delle sue fatiche
nelle mani altrui. Il dissodare, e porre a frutto le brughiere, e le paludi, che in
abbondanza trovansi nello Stato, lo stesso è che l’ingrandire lo Stato medesimo. Il valore d’un
Paese non si misura dalla di lui estensione, ma bensi dalla quantità, e qualità dei prodotti,
dall’utilità dei lavori, e dal numero degli Abitanti mantenuti da quelli. Riflette ottimamente il
Signor Nikolls1, che ogni Terra, la quale nulla produce,
o cessa di produrre, fa una mancanza notabile ad una Nazione, a togliere la quale ci esortano le
Sagre Carte2:
In Annover, per ordine del Re d’Inghilterra suo Sovrano, si è dato al pubblico un metodo
eccellente per rendere fruttifere le brughiere, metodo, che troverete esposto nel Giornal economico
dell’anno 1751. Il signor Turbilly ha fatta una memoria sur les defrichemens3, i di cui insegnamenti sono stati utilissimamente sperimentati.
Ottimi precetti d’Agricoltura troverete, Signor Afranio, nel Traite de la culture des terres par Mr.
Du-Hamel de Monceau, nell’Essai sur l’emelioration des terres de Mr. Patullo, nei principj
d’Agricoltura del Signor Home Scozzese, tradotti, o stampati in Milano. Avrete ancora varie belle
cognizioni dalle opere degli inglesi signori Evelyn, Laurance, Miller, Thull; dagli Atti delle
Accademie Reali di Francja, di Londra, di Svezia, di Berlino, di Pietroburgo,
dall’Enciclopedia, Maison rustique, settima edizione, dal Dizionario economico di Chomel, dal
Gentiluomo Coltivatore.4In Danimarca si sono recentemente pubblicate le
seguenti Opere: Breve istruzione sopra l’Agricoltura; Pensieri patriotici su l’economia, ed
agricoltura. Saggio sopra la maniera di perfezionare l’agricoltura. Nello stesso Regno trovasi un
Magazzino economico sopra l’agricoltura, ed economia rustica.5Da’
Torchj di Scozia è sortito un Trattato intorno la vegetazione, la coltura, o lavoro della Terra,
gl’ingrassamenti, e loro effetti, ed i Terreni.6 Oltre d’avere preparata la terra altre diligenze sono da usarsi per
ottenere la desiderata moltiplicazione, e perfezione dei frutti. Fra questi tengono il primo luogo
le biade, perchè sono agli Uomini d’assoluta necessità. La loro semenza dev’essere preparata, al che
può servire la maniera, che insegna il suddetto Giornale economico del 1751.7, da
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Citation/Motto
Agricoltura magnum incrementum sumeret, si quis vel per agros, vel
per vicos optime terram excollentibus praemia constitueret.
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Citation/Motto
Novate vobis novale, et nolite serere super spinas.
1John Nikolls. Remarques sr les avantages, & les desavantages de la France; & de la Grande-Bretagne. A Dresde 1754.
2In Geremia.
3Amsterdam chez Marc Michel Rey 1762.
4Le Gentil-Homme Cultivateur, a Paris chez P.G.Simon rue de la Harpe. A Bordeaux chez Chapuis l’ ainè1763.
5Copenaghen 1758.
6Edimburgo presso Dovaldson, e si vende in Londra da Millar.
7Nei mesi di Maggio, e di Giugno.