La Gazzetta Veneta: N. LXXXVIII
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N.° LXXXVIII.
Sabbato addi 6. Decembre 1760.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Nível 2
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Carta/Carta ao editor
Al Gazzettiere.
Aretofilo~i. S. Avrei dovuto o tacere per sempre, o risponder subito alle cortesi, e tanto per me vantaggiose espressioni sue nella Gazzetta al num. 84; il primo, per non ingombrare i suoi dotti Fogli, frammischiando al suo Stile le sciocchezze d’un fanciullo, e scritte come si può aspettar da un suo pari; il secondo, per attestarle prontamente la mia compiacenza: perchè se debbo confessare le mie miserie non poco si commosse la mia superbiuzza nel sentirmi lodare da un Soggetto da tutta l’Italia apprezzato. Quella breve lettura fu cagione che non so quante centinaja di gocce di sangue concorressero ad imporporarmi la faccia, ed un risolino mi gonfiasse un poco, a mio dispetto, le guance, e sulle a forza chiuse labbra fiorisce. A questo assalto d’Agenoria però accorse prontamente dal suo cantuccio Sinderesia, e col rammentarmi il mio poco merito restituì al mio viso l’ovato primiero. In somma, la prego prender in buona parte queste mie confessioni; e se un giorno le mancasse materia per qualche pagina della sua Gazzetta, mi farà grazia d’empierla colla Polizza annessa, al saggio Fronimo Salvatico diretta, nostro comune amico in ispirito; e divotamente la riverisco.
Aretofilo~i. S. Avrei dovuto o tacere per sempre, o risponder subito alle cortesi, e tanto per me vantaggiose espressioni sue nella Gazzetta al num. 84; il primo, per non ingombrare i suoi dotti Fogli, frammischiando al suo Stile le sciocchezze d’un fanciullo, e scritte come si può aspettar da un suo pari; il secondo, per attestarle prontamente la mia compiacenza: perchè se debbo confessare le mie miserie non poco si commosse la mia superbiuzza nel sentirmi lodare da un Soggetto da tutta l’Italia apprezzato. Quella breve lettura fu cagione che non so quante centinaja di gocce di sangue concorressero ad imporporarmi la faccia, ed un risolino mi gonfiasse un poco, a mio dispetto, le guance, e sulle a forza chiuse labbra fiorisce. A questo assalto d’Agenoria però accorse prontamente dal suo cantuccio Sinderesia, e col rammentarmi il mio poco merito restituì al mio viso l’ovato primiero. In somma, la prego prender in buona parte queste mie confessioni; e se un giorno le mancasse materia per qualche pagina della sua Gazzetta, mi farà grazia d’empierla colla Polizza annessa, al saggio Fronimo Salvatico diretta, nostro comune amico in ispirito; e divotamente la riverisco.
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Carta/Carta ao editor
Aretofilo~i a Fronimo Salvatico~i. S. Io la ringrazio sommamente
dell’affetto, ch’Ella mi porta, come a suo Commilitone sotto lo Stendardo, del medesimo Duce, e
contrario a quell’altro, di cui Ella pure si professa nimico. V’è un certo che di consolazione nello
stato de’buoni, che i malvagi sono incapaci di sentire; cioè, d’esser sicuri, che se ad un altro
buono son noti, questo contrae seco loro una soda e sincera Amicizia, la quale nella sola Virtù si
ritrova, e del bene dell’Amico, si compiace più che del suo proprio: quando all’opposto i viziosi
non possono amarsi fra loro, perchè misurando l’altrui cuore dal proprio, conoscono di non potere
l’uno dell’altro fidarsi; e così l’unione di costoro non è una Compagnia d’Amici, ma una combriccola
di facinorosi; e lo aveva detto Sallustio Bell. Jug.
Ella ha molta ragione, ed io sempre più lo conosco, di consolarsi meco, ch’io non abbia avuto
la disgrazia ne’miei primi anni d’esser schiavo di quegl’insidiosi Pigmei. Debbo essere veramente
obbligato a’miei Maggiori, che della mia educazione molto di buon’ora cura si presero, e
verificarono in me ciò che di Achille racconta il nostro dotto Poeta
Appena finito io aveva di balbettare, che mi vidi al fianco una persona, che cominciò
dolcemente a predicarmi i doveri della Religione, e del buon costume, e ad illuminarmi coi rudimenti
delle Lingue, e delle Scienze e belle Arti. Piaccia al Signore Iddio ch’io ne approfitti, e che
avanzandomi nell’età, mi ponga in istato di eseguirne i precetti ed i consigli. L’udirla poi
consolarsi meco del mio avanzamento nel cammino della Virtù, mi fece venire in mente alcuni
pensieri, che l’Estro Poetico parer mi fece atti ad entrare in un Sonetto, che la prego leggere e
compatire
Bella Virtù del Cielo immortal Figlia, Deh scopri a
me Tua luminosa faccia; E perchè il Vizio al piè vinto mi giaccia, Dammi, che le Passioni io tenga
in briglia. La Stoa, che vuol schiantarle, mal s’appiglia, Che l’Uom senz’esse inoperoso agghiaccia;
Le domi io dunque; e per seguir la traccia De’doveri in oprar, Tu mi consiglia. Forza a domarle
l’Ozio toglie: or questo Tuo nimico da me scaccia, Minerva, E Scienze ed Arti in mio soccorso
adduce. Così, o Virtù, soggiorno in me ti appresto; L’Alma mi riempi, e in lei’l candor conserva,
Che di Prima Innocenza ancor riluce.
Ed in questa guisa avrà effetto l’augurio che’Ella mi fa; perchè appunto la Pace, e
contentezza Filosofica è il nobile frutto della Virtù, come la Sanità è frutto della Temperanza; e
l’avevo imparato dal celebre Poeta Inglese Alessandro Pope, nel suo Saggio sull’Uomo~i, ch’io, per
esercizio di Lingua, ho avuto il coraggio, e la pazienza di tradurre in Versi sciolti Italiani.
cioè:
Se null’altro di buono avesse fatto quella mia prima fanciullesca diceria, l’aver dato
occasione alla sua dotta Lettera n’è uno così grande, che debbono restarmi obbligati tutti coloro,
che la leggeranno, per il frutto che possono ricavare dai precetti, che vi si contengono, circa
l’Educazione. L’ultimo periodo finalmente di quella contiene un sentimento troppo per me onorevole:
ho bene un gran concetto della sua sincerità; ma lo considero un puro effetto della sua gentilezza.
Mi basta ch’Ella si assicuri, che Aretofilo è suo vero ammiratore, ed il minimo di quelli di cui
Ella s’è acquistata la Stima.
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Citação/Lema
Homines malos aliquando videmus eadem cupere, eadem odisse, eadem
metuere; sed quae inter bonos amicitia est, haec inter malos factio est.
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Citação/Lema
. . . . Ed i trastulli primi Delle mani sfasciate eran le folte
De’Chironi Maestri ispide barbe.
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Citação/Lema
Sonetto~k
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Citação/Lema
But Health consists With Temperance alone And Peace, oh! Virtue,
Peace is all thy own
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Citação/Lema
Consiste in Temperanza la Salute. E la Pace, o Virtù, la Pace è tua.
Metatextualidade
Proseguimento delle Osservazioni sulla lettura del Dizionario
Istorico Critico~i di Pietro Bayle~i.
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Retrato alheio
Il Dizionario Istorico Critico di Pietro Bayle, è una specie di
Magazzino, nel quale questo Autore; di cui si darà a suo luogo l’idea; ha raccolto, segnatamente,
tutto il male degli antichi Scrittori, tutti gli anecdoti Storici privati; e perciò appunto
sospetti; e tutto quello, che gli veniva suggerito dalla sua memoria, non già inaffiata, ma ubbriaca
dalla lettura d’ogni sorta di Libri. La Sagra Storia dell’antico e del nuovo Testamento viene in
esso messa all’esame Critico, e con artifizoso innesto vi si frammischiano dogmi insidiosi, diretti
a zappare i fondamenti della Religione, a corrompere i buoni costumi, ed indicanti l’animo dello
Scrittore, spoglio d’ogni buona disciplina, ed inclinato a patrocinare la empietà per via d’uno
sfacciato pirronismo, che tende a rendere sospetti perfino li Divini Misterj. Ad ogni tratto
s’incontrano delle narrazioni de’fatti, che nulla importano, ma che servono d’atomi velenosi a quel
vortice di maligna erudizione. La furiosa fecondità della sua immaginativa intreccia dubbii con
dubbii, e con false ipotesi così l’ordina, e distribuisce, che il Leggitore, se non è cauto e
illuminato, facilmente cade nella rete tesagli da un ingegno intemperante, che s’è prefisso di
dominare lo spirito di chi lo legge, e bendandogli gli occhi, condurlo, qual cieco, dietro il suo
entusiasmo, e dietro li suoi studiati errori. E perchè niuno creda, che queste osservazioni sieno
fatte più coll’ardore del zelo, che coll’amore della verità, esiste l’apologia fatta dallo stesso
Bayle, nella quale non nega alcuna delle cose sopra accennate, ma, soltanto, modifica la propria
intenzione; e confessando d’aver manipolato il veleno, e d’averlo sparso per l’aria, asserisce
d’averlo fatto col solo oggetto d’illuminare gli Uomini, perchè se ne guardassero. Il fatto del suo
pirronismo, della sua irriverenza verso la Sagra Scrittura, di cui si fa Critico, della Eresia
de’Manichei, assottigliata, e maliziosamente distesa, e delli scandalosi esempj addotti, il fatto;
dissi; è certo, ma questo fatto non venendo distrutto dalla giustificazione delle sue intenzioni,
sussiste il veleno, e sussiste il pericolo; nè l’antidoto delle sue intenzioni vale appresso chi
crede la giustificazione fatta, o per forza, o per timore, o per dissimulazione. L’Opere
degl’Autori, ad onta di tutte le stiracchiate distinzioni, che possono farsi, indicano l’animo loro,
e la loro indole. Egl’è vero il detto. Loquere ut te videam, e perciò, a tenore degl’accennati
principii, si darà qualche idea dell’Autore. Il Bayle è nato nel seno della Chiesa Rifformata, e
questo nome di Rifforma suona assolutamente male all’orecchio di chiunque sa, cosa sieno i
fondamenti della Chiesa, animata ed assistita dallo Spirito Divino, il quale sempre eguale a se
stesso, non può aver permesso l’errore, che abbia avuto bisogno di Rifforma. Facendo i suoi studj in
Tolosa, si convertì alla Chiesa Romana, e poscia di bel nuovo ritornò alla Rifformata; nel che la
sua incostanza è osservabile, dacchè essa dà a divedere una incertezza decisiva de’suoi principj,
nelli quali è stato sempre instabile, poiché, col progresso del tempo, scrisse il famoso Libello,
che contiene l’avviso alli Rifugiati, per il quale dalli Protestanti medesimi è avuto in orrore, ed
in abbominio, qual Uomo, che beffeggiandosi di tutto, ora d’un sentimento era, ora d’un’altro, ed
ora con calunnie e con satire attaccava la Chiesa Romana, ora con ragioni vere, tratte dalla
Dottrina della stessa Chiesa Romana, jugulava la Rifformata. L’indole, dunque, d’un tal’Autore, come
mai può promettere cosa alcuna, che non sia equivoca, se egli, spezzati i cardini della riverenza
dovuta al Signor Iddio, andava continuamente errando per i laberinti del proprio capriccio! I più
spassionati tra i Protestanti hanno scritto di lui, che, non ad altro aveva dirette le forze del suo
ingegno, e la vastità della sua erudizione, se non che a riempiere il tutto d’incertezza, onde, a
differenza d’altri Sceptici, che usano triviali sofismi, potesse egli confondere l’intelletto umano,
con ispeciosa acutezza d’ingegnosi paralogismi.
Metatextualidade
Il proseguimento nella Gazzetta~i seguente.
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Carta/Carta ao editor
L’autore de’dubbj al Gazzettiere.
Perchè mai volete voi, caro Amico, avvilirvi, e perdere il concetto vostro a scrivere
quella goffaggine della Gazzetta~i? Voi potete bene a posta vostra da quì in poi, per ingrandirla a
parole, dirmi, che tanto è Gazzetta quanto ogni altro Libro dal titolo in fuori. Che l’Iliade si
potrebbe chiamare: la Gazzetta della Guerra Trojana, la Storia di Gioseffo Ebreo la Gazzetta delle
cose Giudaiche, e la Navigazione d’Enea~i la Gazzetta degli accidenti avvenuti al figliuolo
d’Anchise. Io mi sono avveduto, che le vostre sono ciance, e magre scuse, per non lasciar apparire
agli occhi degli uomini la meschinità del vostro foglio. Non m’inganneranno più que’cortesi spiriti,
che per loro gentilezza fanno de’fogli vostri raccolta; che gli legano in Volumi, ch’hanno qualche
clemenza pel vostro Stile. La non sarà mai altro che una Tariffa perpetua, uno Scartabello
d’appigionasi, un quaderno da notate Sacca d’Uva passa, e di botti d’Olio. Il Sig. N. N., nella sua
scrittura in difesa dell’Autore del Prologo intitolato la Notte Critica~i me n’ha chiarito,
rimproverando il Sig. Abate Chiari, ch’egli si sia degnato di mettere ne’fogli vostri qualche sua
linea.
ec.
Citação/Lema
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Citação/Lema
Nunc satis est dixisse: Ego mira Poemata pango.
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Citação/Lema
Che Diavolo avete fatto, o Amico, dic’egli a c. 23. Voler vedere il
Nome vostro in compagnia delle botti di Oglio, coi sacchi d’Uva passa? Io mi sono arrossito per
parte vostra. Avete fatto male malissimo a rispondere, non era vostro decoro,
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Sonho
Egli mi parea, ch’io mi ritrovassi in una Piazza molto ben grande;
nella quale io vedea dall’un lato varii cerchi di persone, che si stavano ridendo attente ad
osservare certi scojattoli, bertuccini, e cagnuolini, a fare aggiramenti, attucci, e balletti, con
quella maestria, che potevano. Dall’altro lato scorgevasi un ampio, quieto, e bellissimo Porto di
Mare, con una Donna a sedere sul lido, la quale avea dinanzi a sè una Tavola, e fogli, e inchiostro
per iscrivere. Costei mi fe’ cenno con mano, che andassi a lei, ed io parendomi pure all’aria, che
la fosse femmina onesta, da qualcosa, e di buon umore, me le accostai, e le chiesi, che domandasse.
Mi conosci tu? diss’ella. Non io: risposi. Io sono tua buona amica, ripigliò la Donna, e comecchè tu
non m’abbia più veduta con membra di femmina, sappi, che tu mi conosci benissimo. Il nome mio è
Gazzetta~i, e sono ora la valuta d’una moneta, ora un foglio, e talora poeticamente anche Donna,
quale tu mi vedi al presente. Ho per ora eletto d’essere Donna, avendo di che querelarmi teco. Odi
umore delicato! Avrai tu dunque sospetto d’avvilirti? . . . . In questa s’udì uno scoppio di
cannonate, che salutavano la Città, e io vedeva a spiegate vele entrare non so quai Legni nel Porto.
Tutti quelli, che si stavano a godere gli attucci degli animaletti, che scherzavano, gridarono ad un
tratto: Oh! questo è ben altro, che bagattelle, e capriuole, di bertucce, e partitisi di là, alzando
al Cielo le mani, lo ringraziavano, che avesse quivi così prosperamente mandata in salvo tale
abbondanza. Allora la Donna rivoltasi a me, mi disse: vedi tu? Que’legni sono carichi di Sacca d’Uve
passe, e di botti d’Olio, e d’altre merci, le quali fanno la beatitudine, e la ricchezza de’Paesi,
donde si portano, e dove approdano. Per acquistare siffatti tesori e spargerli con universale
benefizio per tutto il mondo, acutissimi intelletti hanno trovato il modo di varcare pericolosi
mari, delineando carte, trovando bussole, e usando mille nautiche diligenze. Favoriti sono i viaggi
di tali merci da Re, e da’Principi, e protetti con patti, con leggi, e con arme; tanto che si può
vedere la necessità, che n’hanno le genti, e la stima, che se ne dee fare da tutti coloro che
conoscono gli agi della Società, e il felice stato di quello. La Sapientissima Pallade, che vede
benissimo la verità delle cose, e stimò più l’ulivo, che gl’infruttuosi alberi eletti dagl’altri
Dei, di che fu grandemente lodata da Giove, m’ha dato l’uffizio di segnare in un foglio tutte le
ricchezze, che approdano a questo lido. Ti pare ora che le sacca dell’uva passa, e le botti
dell’Olio sieno quelle pittoccherie, che si credono alcuni! E tuttavia quegli scojattoli,
que’cagnuolini, e quegli altri animaletti, che tu vedi colà a dar diletto nell’ore dell’ozio
a’Popoli con le loro imitazioni, si credono che le piacevolezze, e gli scherzi loro vagliano molto
più, che la solita utilità di queste merci, e non si degnerebbero di venir fra esse registrati,
quasi che più giovassero all’umana vita i loro attucci, e saltellini, che il rendere i Popoli in
sostanza felici, e di ricchezze abbondanti. Così detto, guardandomi con un ghigno amaro, la si diede
a scrivere, e io mi destai;
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Carta/Carta ao editor
Risposta dell’Autore de’dubbii al Signor N. N. trovatore del Nuovo segreto~i per farsi immortale un Poeta sulle Gazzette~i.
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Citação/Lema
Non di velen, di violenze, o stragi È la mia lite: ma di tre Caprette
Fo la domanda, che un vicin Ladrone Colse di furto, ond’io più non le veggio. Tu la rotta di Canne,
e l’aspra guerra Di Mitridate: e gli spergiuri, e l’ira Cartaginese, e Marj; e Muzi, e Sille Tuoni
con quanta voce hai nella gola, E quante hai braccia, e man dimeni, e scagli. Delle Caprette alfin
parla, N. N.
Citação/Lema
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Citação/Lema
Verborum vetus interit aetas
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Risposta a quella parte del Libretto Intitolato Nuovo Segreto~i, dove crede di sciogliere i cinque dubii.
Carta/Carta ao editor
Signor N. N. Stimatissimo, bench’io sia quasi certo, che voi
prenderete quello, che vi dirò al presente per un trovato malizioso, non tralascerò di palesarvi
quello, che l’onestà, e la sincerità mi dettano. Non so s’io debba accagionare l’età vostra, dicendo
voi medesimo, che siete Giovane, o la troppa fretta nel leggere la Gazzetta de’cinque dubbii, da voi
presa in mano con due dita, come una pelle fracida, o la gran sollecitudine nel formare la Risposta
a’dubbii in una notte, benchè poi l’abbiate pubblicata dopo un Mese, e più, non so dico, quello
ch’io ne debba accagionare; ma vi dò onoratamente avviso, che non avete compresa la vera intenzione
d’alcuno di que’dubbii, e però avete risposto in aria. Oltre a ciò in alcune d’esse risposte vostre,
ritrovo certi non piccioli errori di Mitologia; sicchè non intendo d’usare soperchierie, ma anzi di
darvi tempo, e agio d’esaminare le quistioni, di scambiare, di correggere, e ristampare anche di
nuovo. Fo quest’atto non per superbia, o per altro vizio d’animo, nè perch’io non mi degni di
rispondere; ma perchè mi piace in voi un’atto d’amicizia, che usate verso il Sig. Abate Chiari,
mettendo il vostro ingegno, e la penna a prò dell’Amico vostro. Questa è virtù, e merita d’essere
amata, e rispettata, e va divisa dalla letteratura. Non posso darvi testimonianza migliore della
stima, ch’io fo di tal qualità, da me veduta nella vostra Persona; e in ciò meritate veramente lode,
e spero, che vi verrà data da ognuno, che abbia onesti sentimenti nel cuore. Pregovi però di farmi
avere qualche avviso, col mezzo d’Amici vostri, o d’altro, se confermate quanto avete detto, o se
volete ristampare il Libretto vostro con qualche correzione, tanto ch’io mi regoli. Fino a Venerdì
tacerò: ma se mi farete avvisato, che giudicate, e stabilite d’aver incontrato bene l’intenzione dei
dubii, e di non avere punto errato nella Mitologia, vi dimostrerò, che sono stato sincero. Intanto
voglia il Cielo, che non crediate, e vi vantiate ancora, ch’io taccia, per trovarmi impacciato a
rispondere. Vi saluto di cuore.