La Gazzetta Veneta: N. LXXXVIII

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N.° LXXXVIII.

Sabbato addi 6. Decembre 1760.

Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

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Carta/Carta ao editor

Al Gazzettiere.
Aretofilo~i. S. Avrei dovuto o tacere per sempre, o risponder subito alle cortesi, e tanto per me vantaggiose espressioni sue nella Gazzetta al num. 84; il primo, per non ingombrare i suoi dotti Fogli, frammischiando al suo Stile le sciocchezze d’un fanciullo, e scritte come si può aspettar da un suo pari; il secondo, per attestarle prontamente la mia compiacenza: perchè se debbo confessare le mie miserie non poco si commosse la mia superbiuzza nel sentirmi lodare da un Soggetto da tutta l’Italia apprezzato. Quella breve lettura fu cagione che non so quante centinaja di gocce di sangue concorressero ad imporporarmi la faccia, ed un risolino mi gonfiasse un poco, a mio dispetto, le guance, e sulle a forza chiuse labbra fiorisce. A questo assalto d’Agenoria però accorse prontamente dal suo cantuccio Sinderesia, e col rammentarmi il mio poco merito restituì al mio viso l’ovato primiero. In somma, la prego prender in buona parte queste mie confessioni; e se un giorno le mancasse materia per qualche pagina della sua Gazzetta, mi farà grazia d’empierla colla Polizza annessa, al saggio Fronimo Salvatico diretta, nostro comune amico in ispirito; e divotamente la riverisco.

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Carta/Carta ao editor

Aretofilo~i a Fronimo Salvatico~i. S. Io la ringrazio sommamente dell’affetto, ch’Ella mi porta, come a suo Commilitone sotto lo Stendardo, del medesimo Duce, e contrario a quell’altro, di cui Ella pure si professa nimico. V’è un certo che di consolazione nello stato de’buoni, che i malvagi sono incapaci di sentire; cioè, d’esser sicuri, che se ad un altro buono son noti, questo contrae seco loro una soda e sincera Amicizia, la quale nella sola Virtù si ritrova, e del bene dell’Amico, si compiace più che del suo proprio: quando all’opposto i viziosi non possono amarsi fra loro, perchè misurando l’altrui cuore dal proprio, conoscono di non potere l’uno dell’altro fidarsi; e così l’unione di costoro non è una Compagnia d’Amici, ma una combriccola di facinorosi; e lo aveva detto Sallustio Bell. Jug.

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Citação/Lema

Homines malos aliquando videmus eadem cupere, eadem odisse, eadem metuere; sed quae inter bonos amicitia est, haec inter malos factio est.
Ella ha molta ragione, ed io sempre più lo conosco, di consolarsi meco, ch’io non abbia avuto la disgrazia ne’miei primi anni d’esser schiavo di quegl’insidiosi Pigmei. Debbo essere veramente obbligato a’miei Maggiori, che della mia educazione molto di buon’ora cura si presero, e verificarono in me ciò che di Achille racconta il nostro dotto Poeta

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Citação/Lema

. . . . Ed i trastulli primi Delle mani sfasciate eran le folte De’Chironi Maestri ispide barbe.
Appena finito io aveva di balbettare, che mi vidi al fianco una persona, che cominciò dolcemente a predicarmi i doveri della Religione, e del buon costume, e ad illuminarmi coi rudimenti delle Lingue, e delle Scienze e belle Arti. Piaccia al Signore Iddio ch’io ne approfitti, e che avanzandomi nell’età, mi ponga in istato di eseguirne i precetti ed i consigli. L’udirla poi consolarsi meco del mio avanzamento nel cammino della Virtù, mi fece venire in mente alcuni pensieri, che l’Estro Poetico parer mi fece atti ad entrare in un Sonetto, che la prego leggere e compatire

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Citação/Lema

Sonetto~k
Bella Virtù del Cielo immortal Figlia, Deh scopri a me Tua luminosa faccia; E perchè il Vizio al piè vinto mi giaccia, Dammi, che le Passioni io tenga in briglia. La Stoa, che vuol schiantarle, mal s’appiglia, Che l’Uom senz’esse inoperoso agghiaccia; Le domi io dunque; e per seguir la traccia De’doveri in oprar, Tu mi consiglia. Forza a domarle l’Ozio toglie: or questo Tuo nimico da me scaccia, Minerva, E Scienze ed Arti in mio soccorso adduce. Così, o Virtù, soggiorno in me ti appresto; L’Alma mi riempi, e in lei’l candor conserva, Che di Prima Innocenza ancor riluce.
Ed in questa guisa avrà effetto l’augurio che’Ella mi fa; perchè appunto la Pace, e contentezza Filosofica è il nobile frutto della Virtù, come la Sanità è frutto della Temperanza; e l’avevo imparato dal celebre Poeta Inglese Alessandro Pope, nel suo Saggio sull’Uomo~i, ch’io, per esercizio di Lingua, ho avuto il coraggio, e la pazienza di tradurre in Versi sciolti Italiani.

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Citação/Lema

But Health consists With Temperance alone And Peace, oh! Virtue, Peace is all thy own
cioè:

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Citação/Lema

Consiste in Temperanza la Salute. E la Pace, o Virtù, la Pace è tua.
Se null’altro di buono avesse fatto quella mia prima fanciullesca diceria, l’aver dato occasione alla sua dotta Lettera n’è uno così grande, che debbono restarmi obbligati tutti coloro, che la leggeranno, per il frutto che possono ricavare dai precetti, che vi si contengono, circa l’Educazione. L’ultimo periodo finalmente di quella contiene un sentimento troppo per me onorevole: ho bene un gran concetto della sua sincerità; ma lo considero un puro effetto della sua gentilezza. Mi basta ch’Ella si assicuri, che Aretofilo è suo vero ammiratore, ed il minimo di quelli di cui Ella s’è acquistata la Stima.

Metatextualidade

Proseguimento delle Osservazioni sulla lettura del Dizionario Istorico Critico~i di Pietro Bayle~i.

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Retrato alheio

Il Dizionario Istorico Critico di Pietro Bayle, è una specie di Magazzino, nel quale questo Autore; di cui si darà a suo luogo l’idea; ha raccolto, segnatamente, tutto il male degli antichi Scrittori, tutti gli anecdoti Storici privati; e perciò appunto sospetti; e tutto quello, che gli veniva suggerito dalla sua memoria, non già inaffiata, ma ubbriaca dalla lettura d’ogni sorta di Libri. La Sagra Storia dell’antico e del nuovo Testamento viene in esso messa all’esame Critico, e con artifizoso innesto vi si frammischiano dogmi insidiosi, diretti a zappare i fondamenti della Religione, a corrompere i buoni costumi, ed indicanti l’animo dello Scrittore, spoglio d’ogni buona disciplina, ed inclinato a patrocinare la empietà per via d’uno sfacciato pirronismo, che tende a rendere sospetti perfino li Divini Misterj. Ad ogni tratto s’incontrano delle narrazioni de’fatti, che nulla importano, ma che servono d’atomi velenosi a quel vortice di maligna erudizione. La furiosa fecondità della sua immaginativa intreccia dubbii con dubbii, e con false ipotesi così l’ordina, e distribuisce, che il Leggitore, se non è cauto e illuminato, facilmente cade nella rete tesagli da un ingegno intemperante, che s’è prefisso di dominare lo spirito di chi lo legge, e bendandogli gli occhi, condurlo, qual cieco, dietro il suo entusiasmo, e dietro li suoi studiati errori. E perchè niuno creda, che queste osservazioni sieno fatte più coll’ardore del zelo, che coll’amore della verità, esiste l’apologia fatta dallo stesso Bayle, nella quale non nega alcuna delle cose sopra accennate, ma, soltanto, modifica la propria intenzione; e confessando d’aver manipolato il veleno, e d’averlo sparso per l’aria, asserisce d’averlo fatto col solo oggetto d’illuminare gli Uomini, perchè se ne guardassero. Il fatto del suo pirronismo, della sua irriverenza verso la Sagra Scrittura, di cui si fa Critico, della Eresia de’Manichei, assottigliata, e maliziosamente distesa, e delli scandalosi esempj addotti, il fatto; dissi; è certo, ma questo fatto non venendo distrutto dalla giustificazione delle sue intenzioni, sussiste il veleno, e sussiste il pericolo; nè l’antidoto delle sue intenzioni vale appresso chi crede la giustificazione fatta, o per forza, o per timore, o per dissimulazione. L’Opere degl’Autori, ad onta di tutte le stiracchiate distinzioni, che possono farsi, indicano l’animo loro, e la loro indole. Egl’è vero il detto. Loquere ut te videam, e perciò, a tenore degl’accennati principii, si darà qualche idea dell’Autore. Il Bayle è nato nel seno della Chiesa Rifformata, e questo nome di Rifforma suona assolutamente male all’orecchio di chiunque sa, cosa sieno i fondamenti della Chiesa, animata ed assistita dallo Spirito Divino, il quale sempre eguale a se stesso, non può aver permesso l’errore, che abbia avuto bisogno di Rifforma. Facendo i suoi studj in Tolosa, si convertì alla Chiesa Romana, e poscia di bel nuovo ritornò alla Rifformata; nel che la sua incostanza è osservabile, dacchè essa dà a divedere una incertezza decisiva de’suoi principj, nelli quali è stato sempre instabile, poiché, col progresso del tempo, scrisse il famoso Libello, che contiene l’avviso alli Rifugiati, per il quale dalli Protestanti medesimi è avuto in orrore, ed in abbominio, qual Uomo, che beffeggiandosi di tutto, ora d’un sentimento era, ora d’un’altro, ed ora con calunnie e con satire attaccava la Chiesa Romana, ora con ragioni vere, tratte dalla Dottrina della stessa Chiesa Romana, jugulava la Rifformata. L’indole, dunque, d’un tal’Autore, come mai può promettere cosa alcuna, che non sia equivoca, se egli, spezzati i cardini della riverenza dovuta al Signor Iddio, andava continuamente errando per i laberinti del proprio capriccio! I più spassionati tra i Protestanti hanno scritto di lui, che, non ad altro aveva dirette le forze del suo ingegno, e la vastità della sua erudizione, se non che a riempiere il tutto d’incertezza, onde, a differenza d’altri Sceptici, che usano triviali sofismi, potesse egli confondere l’intelletto umano, con ispeciosa acutezza d’ingegnosi paralogismi.

Metatextualidade

Il proseguimento nella Gazzetta~i seguente.

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Carta/Carta ao editor

L’autore de’dubbj al Gazzettiere.

Citação/Lema

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Citação/Lema

Nunc satis est dixisse: Ego mira Poemata pango.
Perchè mai volete voi, caro Amico, avvilirvi, e perdere il concetto vostro a scrivere quella goffaggine della Gazzetta~i? Voi potete bene a posta vostra da quì in poi, per ingrandirla a parole, dirmi, che tanto è Gazzetta quanto ogni altro Libro dal titolo in fuori. Che l’Iliade si potrebbe chiamare: la Gazzetta della Guerra Trojana, la Storia di Gioseffo Ebreo la Gazzetta delle cose Giudaiche, e la Navigazione d’Enea~i la Gazzetta degli accidenti avvenuti al figliuolo d’Anchise. Io mi sono avveduto, che le vostre sono ciance, e magre scuse, per non lasciar apparire agli occhi degli uomini la meschinità del vostro foglio. Non m’inganneranno più que’cortesi spiriti, che per loro gentilezza fanno de’fogli vostri raccolta; che gli legano in Volumi, ch’hanno qualche clemenza pel vostro Stile. La non sarà mai altro che una Tariffa perpetua, uno Scartabello d’appigionasi, un quaderno da notate Sacca d’Uva passa, e di botti d’Olio. Il Sig. N. N., nella sua scrittura in difesa dell’Autore del Prologo intitolato la Notte Critica~i me n’ha chiarito, rimproverando il Sig. Abate Chiari, ch’egli si sia degnato di mettere ne’fogli vostri qualche sua linea.

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Citação/Lema

Che Diavolo avete fatto, o Amico, dic’egli a c. 23. Voler vedere il Nome vostro in compagnia delle botti di Oglio, coi sacchi d’Uva passa? Io mi sono arrossito per parte vostra. Avete fatto male malissimo a rispondere, non era vostro decoro,
ec.
Così vogliono esser fatti coloro, che amano di cuore: debbono avvisare gli Amici, quando corrono risico di danneggiare il concetto proprio. Vedete voi l’attenzione del Sig. N. N. che dovendo parlar dell’Amico suo in un componimento, nobilita il Frontespizio del suo Libretto col titolo di Nuovo Segreto per~i ec. e gli fa un apparecchio quale ad un’Elisire, ad una Panacea, ad un balsamo, o a qualche altra preziosità da dispensarsi a benefizio delle Genti, sopra un magnifico Palco di damaschi guernito, a suono di Strumenti, e con le persuasive della popolare eloquenza. Udite quanta diversità! Gazzetta. Qual picciolezza! Nuovo segreto~i. Qual magnificenza! Orsù, vi dico; s’io risponderò mai al Sig. N. N. Autore della ricetta, intendo di stampare qualche Libro a parte, con qualche titolo mirabile, che non ismacchi nè gli avversari miei, nè il mio nome. Così scrissi alle ore sette e mezzo, e cinque minuti in circa la sera del Giovedì passato, quando un gravissimo sonno m’obbligò a coricarmi a letto; m’addormentai e vidi in sogno quello, che segue.

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Sonho

Egli mi parea, ch’io mi ritrovassi in una Piazza molto ben grande; nella quale io vedea dall’un lato varii cerchi di persone, che si stavano ridendo attente ad osservare certi scojattoli, bertuccini, e cagnuolini, a fare aggiramenti, attucci, e balletti, con quella maestria, che potevano. Dall’altro lato scorgevasi un ampio, quieto, e bellissimo Porto di Mare, con una Donna a sedere sul lido, la quale avea dinanzi a sè una Tavola, e fogli, e inchiostro per iscrivere. Costei mi fe’ cenno con mano, che andassi a lei, ed io parendomi pure all’aria, che la fosse femmina onesta, da qualcosa, e di buon umore, me le accostai, e le chiesi, che domandasse. Mi conosci tu? diss’ella. Non io: risposi. Io sono tua buona amica, ripigliò la Donna, e comecchè tu non m’abbia più veduta con membra di femmina, sappi, che tu mi conosci benissimo. Il nome mio è Gazzetta~i, e sono ora la valuta d’una moneta, ora un foglio, e talora poeticamente anche Donna, quale tu mi vedi al presente. Ho per ora eletto d’essere Donna, avendo di che querelarmi teco. Odi umore delicato! Avrai tu dunque sospetto d’avvilirti? . . . . In questa s’udì uno scoppio di cannonate, che salutavano la Città, e io vedeva a spiegate vele entrare non so quai Legni nel Porto. Tutti quelli, che si stavano a godere gli attucci degli animaletti, che scherzavano, gridarono ad un tratto: Oh! questo è ben altro, che bagattelle, e capriuole, di bertucce, e partitisi di là, alzando al Cielo le mani, lo ringraziavano, che avesse quivi così prosperamente mandata in salvo tale abbondanza. Allora la Donna rivoltasi a me, mi disse: vedi tu? Que’legni sono carichi di Sacca d’Uve passe, e di botti d’Olio, e d’altre merci, le quali fanno la beatitudine, e la ricchezza de’Paesi, donde si portano, e dove approdano. Per acquistare siffatti tesori e spargerli con universale benefizio per tutto il mondo, acutissimi intelletti hanno trovato il modo di varcare pericolosi mari, delineando carte, trovando bussole, e usando mille nautiche diligenze. Favoriti sono i viaggi di tali merci da Re, e da’Principi, e protetti con patti, con leggi, e con arme; tanto che si può vedere la necessità, che n’hanno le genti, e la stima, che se ne dee fare da tutti coloro che conoscono gli agi della Società, e il felice stato di quello. La Sapientissima Pallade, che vede benissimo la verità delle cose, e stimò più l’ulivo, che gl’infruttuosi alberi eletti dagl’altri Dei, di che fu grandemente lodata da Giove, m’ha dato l’uffizio di segnare in un foglio tutte le ricchezze, che approdano a questo lido. Ti pare ora che le sacca dell’uva passa, e le botti dell’Olio sieno quelle pittoccherie, che si credono alcuni! E tuttavia quegli scojattoli, que’cagnuolini, e quegli altri animaletti, che tu vedi colà a dar diletto nell’ore dell’ozio a’Popoli con le loro imitazioni, si credono che le piacevolezze, e gli scherzi loro vagliano molto più, che la solita utilità di queste merci, e non si degnerebbero di venir fra esse registrati, quasi che più giovassero all’umana vita i loro attucci, e saltellini, che il rendere i Popoli in sostanza felici, e di ricchezze abbondanti. Così detto, guardandomi con un ghigno amaro, la si diede a scrivere, e io mi destai;
e dal veduto sogno rassicurato, considerai, che tutte quelle cose, le quali giovano alla vita degli uomini, e al bene delle Nazioni, sono molto maggiori, e di più grande importanza, che l’arti per diletto ritrovate, di che mi fa testimonianza il vedere, che si spediscono da tutte le parti Navi per caricarle d’Uva passa, e di botti d’Olio, e non ne approdò ancora alcuna con commissione di levare i Poeti a balle, e a Tonellate; comecchè oggidi se ne trovino tanti quante gocciole d’acqua in una scossa grande di pioggia. Entriamo dunque coraggiosamente nella Gazzetta~i, e ringraziando sacca d’Uva passa e botti d’Olio, che ci accettino in loro compagnia senza sdegno, scriviamo quel, che ci occorre.

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Carta/Carta ao editor

Risposta dell’Autore de’dubbii al Signor N. N. trovatore del Nuovo segreto~i per farsi immortale un Poeta sulle Gazzette~i.

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Citação/Lema

Non di velen, di violenze, o stragi È la mia lite: ma di tre Caprette Fo la domanda, che un vicin Ladrone Colse di furto, ond’io più non le veggio. Tu la rotta di Canne, e l’aspra guerra Di Mitridate: e gli spergiuri, e l’ira Cartaginese, e Marj; e Muzi, e Sille Tuoni con quanta voce hai nella gola, E quante hai braccia, e man dimeni, e scagli. Delle Caprette alfin parla, N. N.
Domandai ne’miei dubbii con quella modestia, che ad onesto Uomo è convenevole, qualche dichiarazione appartenente a buon gusto, a giudizio diritto, e ad un entusiasmo guidato dalla Poetica ragione. Mi fu prima risposto con calci, e morsi; ed ora mi si risponde con un ironico trattato d’imitazione, che tanto ha da fare con le proposte da me fatte quanto il Gennajo con le More. Lodansi in burla antichi Poeti, si biasimano da beffe i moderni; mentre, ch’io mi sono professato schiavo in eterno a’Poeti di tutti i Secoli passati, del tempo presente, e di quanti verranno ancora, quando hanno avuto, hanno, o averanno questo titolo degnamente. Si deridono i semplici Imitatori de’vocaboli antichi, e ne rido io ancora, allegando spesso io medesimo a questo proposito il verso d’Orazio: O Imitatores~i; senza però storpiarlo; ma quale lo scrisse l’Autore. Non si tocca però nel Segreto Nuovo~i il punto dell’imitare la verità, che avrebbe avuto che fare co’dubbii da me proposti; non si confessa però che gli ottimi originali antichi, sono que’modelli, che insegnano la vera strada d’imitarla, e che que’Zappi, que’Testi, que’Menzini, e que’tanti altri famosi, che vengono sì giustamente stimati, presero ognuno nel genere loro, più latte, di quello, ch’altri si pensa dalle prime Balie dell’Italiana Poesia. In somma non leggo, che si faccia parola mai della disciplina, con cui dee essere indirizzato l’entusiasmo Poetico, acciocchè non dia nel lunatico, e ne’delirii d’un Infermo. E pure intorno a questi particolari Orazio, Quintiliano, Cicerone, e tanti altri Autori hanno infiniti passi, co’quali potea farsi onore il Signor N. N. Ma di questi non tien egli conto veruno, e gli lascia tutti indietro, p.rchè (sic.) sono contrarii alla Poetica, non dico degli Antichi, nè de’Moderni, ma di quegl’Ingegni, che fanno professione di libertà nell’Arte, per essere poi Schiavi in catena dell’Accidente, il quale conducendogli per grotte, balze, dirupi, scavezzaccolli, gli rende finalmente tali, che nè oggi sono Moderni, nè saranno Antichi giammai. Il Nuovo Segreto~i Signor N. N. con cui insegnate ad un Poeta il rendersi immortale, non giova. Vuol essere un Segreto vecchio, una ricetta approvata. So che lo insegnate per burla, e per un sospetto in aria, traportato da uno di que’rapimenti Poetici, da’quali sono appunto invasate le fantasie libere, che non si sottomettono a verun dovere, e so che lo fate, per una mal fondata credenza, che la Gazzetta~i dell’Amico mio, voglia essere un Tribunale, e decidere, secondo l’umore d’alcuni pochi, i quali per bontà d’ingegno, e per lunghi studii già fatti, onorano se medesimi, e la Patria, in cui scrivono, senza avere in mente le brighe degli altri. La Gazzetta~i non è Tribunale, è una spugna, e s’ella dà qualche giudizio lo tragge dalle bocche universali, ed esprime, come dire, con la sua voce i sentimenti comuni, non quelli di pochi. Io so bene che questi pochi danno fastidio non picciolo, e che sono chiamati antiquarii, non perchè in effetto facciano professione, di mettere negli scritti loro vocaboli antichi, e rancidumi; ma perchè fuggono i barbarismi, nel parlare toscano, e non lo infiorano con la galanteria di voci Cremasche, Bologenesi, e Tripoline, se occorre, nè lo inghirlandano con figure grottesche, e rime azzoppate, per salute delle quali non si trova ricetta.

Citação/Lema

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Citação/Lema

Verborum vetus interit aetas
Lo dice Orazio, io lo so. Ma in qual luogo giustifica egli, o altro Autore, che si compongano le Scritture con tutti i gergoni del Mondo? Coloro i quali scrivono in tal forma, sono quelli che affettano l’Antichità più degli altri; essendo questo mescolamento di linguaggi, quello, che s’usava a’tempi di Nembrotte, che fu prima di Dante, e del Burchiello. Ma troppo a lungo ho cianciato. Intorno alla vera imitazione, ho già apparecchiato un Libretto Intitolato. La Poetica alla Moda~i, ovvero, Maniera d’arrampicasi in Poesia, tratta dall’Inglese; ch’io lascerò in Testamento, acciocche sia pubblicato, e spero, che questo argomento vi si vedrà trattato diffusamente.

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Risposta a quella parte del Libretto Intitolato Nuovo Segreto~i, dove crede di sciogliere i cinque dubii.

Carta/Carta ao editor

Signor N. N. Stimatissimo, bench’io sia quasi certo, che voi prenderete quello, che vi dirò al presente per un trovato malizioso, non tralascerò di palesarvi quello, che l’onestà, e la sincerità mi dettano. Non so s’io debba accagionare l’età vostra, dicendo voi medesimo, che siete Giovane, o la troppa fretta nel leggere la Gazzetta de’cinque dubbii, da voi presa in mano con due dita, come una pelle fracida, o la gran sollecitudine nel formare la Risposta a’dubbii in una notte, benchè poi l’abbiate pubblicata dopo un Mese, e più, non so dico, quello ch’io ne debba accagionare; ma vi dò onoratamente avviso, che non avete compresa la vera intenzione d’alcuno di que’dubbii, e però avete risposto in aria. Oltre a ciò in alcune d’esse risposte vostre, ritrovo certi non piccioli errori di Mitologia; sicchè non intendo d’usare soperchierie, ma anzi di darvi tempo, e agio d’esaminare le quistioni, di scambiare, di correggere, e ristampare anche di nuovo. Fo quest’atto non per superbia, o per altro vizio d’animo, nè perch’io non mi degni di rispondere; ma perchè mi piace in voi un’atto d’amicizia, che usate verso il Sig. Abate Chiari, mettendo il vostro ingegno, e la penna a prò dell’Amico vostro. Questa è virtù, e merita d’essere amata, e rispettata, e va divisa dalla letteratura. Non posso darvi testimonianza migliore della stima, ch’io fo di tal qualità, da me veduta nella vostra Persona; e in ciò meritate veramente lode, e spero, che vi verrà data da ognuno, che abbia onesti sentimenti nel cuore. Pregovi però di farmi avere qualche avviso, col mezzo d’Amici vostri, o d’altro, se confermate quanto avete detto, o se volete ristampare il Libretto vostro con qualche correzione, tanto ch’io mi regoli. Fino a Venerdì tacerò: ma se mi farete avvisato, che giudicate, e stabilite d’aver incontrato bene l’intenzione dei dubii, e di non avere punto errato nella Mitologia, vi dimostrerò, che sono stato sincero. Intanto voglia il Cielo, che non crediate, e vi vantiate ancora, ch’io taccia, per trovarmi impacciato a rispondere. Vi saluto di cuore.

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian. In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo. Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo. In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore. Con Privilegio.