Zitiervorschlag: Gasparo Gozzi (Hrsg.): "N. CI", in: La Gazzetta Veneta, Vol.1\101 (1761-01-21), ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fabris, Angela / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.3736 [aufgerufen am: ].
Ebene 1►
N.o CI.
Mercoledì addi 21. Gennaro 1761.
Al signor Gazzettiere
Sofronia S.
Che contiene
Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.
Ebene 2► Ebene 3► Brief/Leserbrief► Nella Gazzetta num. 99. ho letto quello, che v’è stato scritto da due Signore Donne, sul particolare delle mie Lettere, che voi non isdegnate di pubblicare ne’vostri fogli. Ebene 4► Fremdportrait► La Signora Margherita, e la Signora Ippolita sono di diverso umore, come sono di diversa indole. La prima v’esorta a pubblicare le mie Lettere, come utili, e la seconda vi minaccia disperazione, rovina, e desolazione, se continoverete a pubblicarle. Il desiderio della Signora Margherita tende al bene, e perciò non mi sorprende; ma lo sdegno della Signora Ippolita è contro natura, dacchè la benevolenza è qualità constituente l’esser’umano. Come mai può darsi, in un Ente moderno (tal’è la Signora sdegnosa) che con effluvii di dolcezza, d’affabilità, e d’amore, riempie il vortice galante de’più teneri affetti, come può darsi, che alligni tanta smania, e tanto furore? E (sic.) ella forse offesa dalla rozzezza del mio scrivere, o dalla seria verità di quel che scrivo? Se cerca ella uno stile pulito, una frase ben contornata, o vocaboli che reggono al martello della buona Lingua Toscana, vi sono nella Gazzetta delle cose scritte da mano Maestra, la quale, a differenza d’altri Puritani, accoppia alla buona Lingua, il buon Senso, la buona Filosofia, e la moltiplice Letteratura, e può, perciò, la Signora appagar il suo gusto dilicato. Ma sè Ella viene offesa dalla verità delle cose, che scrivo; rifletta, che i fogli non sono fatti per contentare una sola persona, e che, appagandosi essa di quello, che v’ha in essi di piacevole, e di curioso, lasciar deve qualche parte, anche a quelle persone che amano il vero. ◀Fremdportrait ◀Ebene 4 Non si leggono già nella vostra Gazzetta, come si leggono in quella d’altre Nazioni, non meno colte della nostra, Problemi Matematici, Quistioni Metafisiche, e cose simili, che non sono a portata di tutti. La vostra Gazzetta è diretta a giovare, ed a dilettare i Leggitori. Un Padre, dunque, che nell’età sua cadente è obbligato di vegliare all’amministrazione delle proprie rendite, per non potersi fidare del figliuolo, trasportato dalla moda corrente, non si diletterà egli nel leggere quello, che posto in uso gioverebbe a sollevarlo da’fastidii e da’pensieri? Un figliuolo di famiglia, che per viver’alla moda, ha bisogno d’industriosa alchimia, non si diletterà egli nel leggere quello, che posto in uso gioverebbe a trarla fuori della necessità di tanti impegni, e di tanti raggiri? Una Madre saggia, una Fanciulla modesta, non hanno da sentire il piacere, di esser almeno compensate del male, che d’esse si dice ne’moderni circoli, col bene, che d’esse si dice ne’pubblici fogli? Credetemi, Sig. Gazzettiere Stimatissimo, che la sdegnosa Signora Ippolita è ingiusta non meno verso gl’altri, di quelch’è verso sè medesima. E non è Ella ancora sazia de’dispiaceri, che beve a tazze piene, nel vedersi rapire un favorito Servente? Questa razza di Narcisi, usano con tutte, quel Linguaggio che usava quel bel Giovane della Novella delle Tragiche forbici, colle tre fanciulle innamorate di lui. Io non sò quello, che essa vi direbbe, se le venisse in capo, di farvi vedere; come minaccia; che avete il torto. Negherebbe, forse, la verità di quelche dico? Nò. Perchè si perde ogni speranza di salvezza di quell’ammalato, che crede di non aver male. La insensibilità e (sic.) l’ultimo de’mali. Al più potrebbe dire che se gli uomini battessero sodo, la moda caderebbe da per sè. Questo è pur troppo vero, ma le colpe proprie, non mai si scusano colle colpo altrui. La Storia del Pomo fatale al Genere umano, è nota. Si sa chi lo diede all’uomo, e si sa, che non valse l’iscusa. Le Donne che vogliono dar’il tono a tutte le cose di questo Mondo, quando nasce qualche dissonanza, incolpan l’uomo, che le lascia fare; e se questi vuole prender’il di sopra, metton’esse in iscompiglio, la Casa, la Città, il Mondo. Io, però, sarei d’opinione, che sarebbe una ottima cosa, il lasciare alle Donne fare più di quelche non fanno. Vorrei che il Marito, con un piano vero ed esatto, consegnasse alla Moglie tutto quello, che serve al mantenimento della Famiglia, e che la Moglie, sapesse, e vedesse quello che s’ha, e quello, che si può. E poi, ci scometterei, che venirebbe ad esse la Chiragra, e passerebbon loro i grilli ed i capricci. Potrebbe alcuna d’esse dimenticarsi di tutti, e pensar’a sè, ma ciò sarebbe difficile, perchè sapendo quel che si può fare, si regolerebbe con prudenza, e mancandole la speranza del Marito, essa non farebbe quello, che sapesse, che non si può far dal Marito. Questo almeno potrebbe piacere alla Signora Ippolita; o se ne men questo le piace, voi Sig. Gazzettiere Stimatissimo, la potete compiacere, col non pubblicare le mie Lettere, ed in mancanza di Novelle curiose del Paese, si potrebbe, per piacere alle Signore Donne, far’una Raccolta d’avvenimenti amorosi, e mettercene uno per ogni Gazzetta, onde dar pascolo alla loro passione favorita. Passione in fatti, che fa il bene di questa vita, ma non nel tono in cui si canta. Se ho la disgrazia di dispiacer’alla Signora Ippolita, ho il piacere di dirmi vostra buona Serva ed Amica. Addio. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3
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Lettera di Giampaolo A.
alla Signora S. X.
Brief/Leserbrief► Io mi sono obbligato alla Signoria vostra d’avvisarvi di tutto quello, che non mi piace in voi, e voi m’avete dato parola di non adirarvi meco. È qualche tempo, che vi scrivo, e ringrazio il Cielo, che questa corrispondenza v’ha fatto benefizio. Mi ricordo, che un tempo era vostro Amico solamente chi vi lodava di bellezza, io a poco a poco vi posi in cuore, che sono migliori quelle lodi, che vengono date allo spirito. Voi m’avete creduto; e vi dò parola, che siete più degna di amore mille volte da quel tempo in quà, e non potreste credere, quanto vi rendano più grata molte avvertenze, e gentilezze di costume, che avete acquistate. Voi sapete quante volte insieme abbiamo considerate certe Giovani, le quali sono dotate di tutti que’vezzi, e quelle grazie, che può dare la natura; e sarebbero le più compiute Creature del Mondo, se avessero intorno, chi parlasse loro qualche volta d’altro, che della bellezza degli occhi loro, della vivacità della carnagione, della bella simmetria della faccia. Si parla oggidì alle Femmine, come se le fossero incapaci d’altra qualità, che di bellezza; e non potessero avere mille altre doti più durabili, e che alla bellezza congiunte le renderebbero più felici, e più grate a chiunque ha conversazione con esse. Ma questo è un Mar grande, e richiede altra opera, che una breve Lettera. Vegnamo al fatto nostro. Jersera io v’ho veduta a giuocare a trisette, e a perdere contra l’usanza vostra, essendo voi per lo più fortunata. Non mi sarei immaginato mai di vedere, che il giuoco, ritrovato per passatempo, e per tenere occupate quelle Persone, che non saprebbero fare altro in una compagnia, vi desse cagione di tanta alterazione. A giudizio d’ognuno il compagno vostro giuocava con ottimo discernimento, e con ogni cautela, e tuttavia poco mancò, che non gli gittaste le carte in faccia. Non so se vi siate avveduta, che i circostanti occultamente ridevano della vostra collera. Voi che siete sì quieta, e sì bene accostumata in ogni cosa vostra, poco mancò che non bestemmiaste. Ognuno diceva piano. Egli è mala cosa essere suo compagno quand’ella perde. Ella non mi vi coglierà. Vi fu chi vi pose qualche soprannome tratto dalla collera vostra, del quale non vi potrete forse spogliare finchè vivrete. Ad alcuni parve di scoprire in voi un fondo d’avarizia, che non aveano più veduta; io però non v’incolpai d’altro, fuorchè di quell’amor proprio, che abbiamo tutti, di voler essere in ogni cosa superiori ad altrui. Sia come si vuole, tenetevi bene gli occhi addosso, e pensate, che nelle conversazioni gentili non si giuoca, nè per votare le borse altrui, né per superbia di signoreggiare in fortuna; ma per passare il tempo, e vedere quanto diversi sieno i casi della sorte, e prendersi diletto delle stravaganze di quella. Serbate la vostra collera ad usi migliori, e, se anche la vostra bellezza vi sta a cuore, ricordatevi, che gli occhi stralunati, gli orecchi, e le guance troppo infiammate, l’aggrottar le ciglia, e certi atti subitani, e scomposti, non le fanno giovamento, e che la faccia vostra era diversa da quella dell’altre sere. Scusatemi, e sono
Vostro Amico Il Sincero. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3
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Allgemeine Erzählung► Leggesi nelle Storie Orientali, che Ormuz fu un Califfo pieno d’amore de’Popoli suoi, e che sopra ogni cosa desiderava, che ciascun uomo nelle sue Città, e nelle sue terre facesse quell’ufficio, e quell’arte, che a lui apparteneva. Venne dinanzi a lui accusato un Dervis, il quale in iscambio d’attendere agli uffici suoi, s’era dato del tutto al dipingere, e a fare ritratti, principalmente di Donne, e che per non esser conosciuto, vestivasi al modo de’giovinetti del Paese, e dimenticatasi la decenza della sua condizione, entrava ora in questa casa, ora in quella, ed esercitava la vietata pittura, nella quale però egli avea piuttosto voglia d’essere valente Maestro, di quello, ch’egli fosse in effetto. Certificatosi Ormuz dell’errore, volea gastigare il colpevole con gravissima pena. Ma un peritissimo Mago, e molto studioso della natura umana, pensò che questo non fosse errore da punire con tanta rigidezza, e dissene il suo parere al Califfo, esibendogli l’arte sua per far ravvedere il Dervis del suo fallo. Consentì il Califfo, e lasciò la faccenda nelle mani del Mago; il quale fece sì con l’arte sua, che mentre il Dervis adoperava il pennello per dipingere le immagini altrui, in quello scambio sulla tela si vedea sempre l’immagine del Pittore, e all’intorno certe figurette ch’esprimevano allegoricamente l’intrinseco de’suoi pensieri, e mettevano l’animo suo sotto gli occhi altrui. Onde nacque il provverbio:
O tu che pingi altrui, guarda te stesso. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3
Ebene 3► Brief/Leserbrief► A Filomuso
Io vi prego di scusa, se non ho fatto uso delle vostre due Lettere. È grande la stima, che fo del vostro ingegno, e del vostro sapere. Ma io ho deliberato di non esporre chicchessia a’calci, e a’morsi dell’ignoranza. Voi sarete forse sdegnato del mio silenzio, derivato da una cagione d’onestà, e di buon animo. Considerate perchè io abbia taciuto fino al presente, e non cessate d’amarmi, ch’io amerò voi sempre, desideroso di farmi conoscere
Vostro buon Amico, e Servidore.
Il Gazzettiere. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3
Cose perdute.
Chi avesse trovato un Cane, ch’è una specie di Barbino, nè grande nè piccolo colle orechie lunghe, e scure, col pelo lungo, bianco e scuro, avendo i piedi d’avanti segnati con picciole macchie scure, si compiacerà di portarlo al Sign. Colombani Librajo appresso la porta di San Salvadore, e gli saranno dati due Ducati d’argento per buona mano.
È stato perduto un Anello di brillanti di sette in otto grani. Chi l’avesse trovato lo porti al San Lorenzo Giustiniani, che gli saranno dati Zecchini dieci.
Libri Forestieri.
Candido, o l’Ottimismo del Sig. Dottor Ralph; tradotto in Italiano 1759. 12. È un Romanzo pieno di grazia del Signor di Voltaire, e felicemente tradotto. Vendesi dal Sig. Giambattista Pasquali. Lir. 2: 10.
Case da Fittare.
Una bella Camera fornita d’affittar in Calle del Paradiso a Santa Maria Formosa, in casa del Sig. Antonio Bonetti.
Legni arrivati.
Adi 9. Gennaro. Nave nominata S. Spiridion, Capitan Domenico Cacace, manca da Santa Maura 50. giorni, e da Corfù 36. giorni, Parcenevole D. Lambro Saro, con 211. Mozza Sal. 7. car. Oglio. 70. Stera Semenza di Lin. 82. Balle Seda. 2. Balle, e 2. colli Grana. 9. colli Cera zala. 12. Balle Filadi. 4. Balle Sengona. 2. Balle Rame. 1. cassa, 1. Sacco, e 1. Balla cera.
Detto. Pieligo, Patron Mattio Bonasich, venuto dalla Brazza, e Spalatro, con 2. Rodoli Rassa, e Bedena in più cavezzi. 5. cai Oglio. 4. Bar. Fighi. 4. Bar. Sardelle salate. 2. cassette candelle di Seo di Tramesso. 1. Bar. carne salata.
Detto. Bracera, Patron Giacomo Scolin, venuto da Trieste, con 30. Fassi Azzali. 2. Bar. cera. 15. Bar. Trementina. 50. sachi Mandole. 2. Bar. Ottoni. 17. Base, e i. Bar. Fil di Ferro. 9. Bar. chiodi. 1. cassa, e 2. Balle Telle. 4. Bar. Ferramenta Lavorata. 6. Bar. Sortiti. 2. Bar. Lengue Salate.
Detto. Pieligo, Patron Marco Pitteri venuto da Piran, con 6. Cai Oglio. 160. Libre cera, e colladure. 26. Mastelle Salumi Salati.
Detto. Pieligo, Patron Michiel Marchioni, venuto da Marcasca, Sebenico, e Zara, con 8. Miera Fighi. 8. cai catrame, 5. cassette candelle di Seo di Tramesso. 2. Balle Bechine, e Boldroni a reffuso. 3. Bar. carne salata. 6. cai Oglio. 1. Rodollo Rassa, e Bedena. 1. Fag. Rame vecchio a reffuso. 3. colli cera zala. 2000. Oche Ferro grezo a reffuso. 1. Fag. Pelle di Lepro. 2. canevette Rosolin per Transito.
Detto. Pieligo, Patron Zuanne Rossignol, venuto da Piran, con 13. cai Oglio. 1. cao Vin.
Detto. Pieligo, Patron Iseppo Fachinetti, venuto da Lissa, e Sebenico, con 3. cai Oglio.
Detto. Pieligo, Patron Mattio de Mondo, venuto da Città Vecchia, Traù, Sebenico, e Zara, con 2. Vasi Acqua della Regina. 30. Mastelladi, e Mezzarole Sardelle Salate. 1. Balla Beehine (sic.), e Boldroni a reffuso. 2. Fagotti Pelle di Lepro. 1. Fag. cera zala. 11. cai Oglio. 3. Rodoli Rassa in più cavezzi. 10. Mazzi Ferro grezo a reffuso. 2. cassette Candelle di Seo di Tramesso.
Detto. Bracera, Patron Cristofolo Spolar, venuto da Trieste, con 1. Bar. Terlisi. 3. cassette Orpimento. 4. Balle Telle. 9. Bar. Ottoni. 2. Bar. Padelle. 1. Bar. Manifatture di Norinbergher. 1. Bar. Ferramenta. 60. Fassi Azzali. 2. Bar. Orzo Todesco. 3. Bar. Ferramenta Lavorata. 15. Bar. Trementina. 1. Bar. Rame. 1. Pachetto Seda Greza.
Detto. Trabacolo, Patron Gerolamo Rasol, venuto da Liesena, e Zara, con 3. cai Oglio.
Detto. Pieligo, Patron Giacomo Gienzo, venuto da Capo d’Istria, Palma Nova, e Isola, con 45. Bar. Sardelle Salate. 6. cai Oglio. 1. car. Gripola. 19. Mastelle Cievoli Salati. 2. Mastelle Trementina. 1. cassa candelle di Seo.
Detto. Tartanon, Patron Amadio Nicoli, venuto da Cesenatico, con 12. Miera Strazze. 15. Miera Gripola. 6. Balle Lana della Campagna di Roma. 1. Sachetto Ferro vecchio.
Detto. Pieligo, Patron Rocco Stradi venuto da Capo d’Istria, con 5. cai Oglio.
Detto. Pieligo, Patron Vicenzo Zamarchi, venuto da Palma Nova, con 49. Sachi Gripola. 39. Bar Sufini. 9. casse vero rotto. 6. Sachi Farina. 1. cassa candelle di Seo.
Detto. Pieligo, Patron Giacomo Pachiessi, venuto da Spalatro, Zara, e Parenzo, con 2. Balle Bechine, e Boldroni a reffuso. 1. Fag. Rame vecchio. 1. Rodolo Rassa in più cavezzi. 6. casse candelle di Seo di Tramesso. 1. Fagotto Cera zala. 5. cai Oglio. 1. Fag. Seo. 1. canevetta Quinta Essenza. 19. Mogliazzi Sardelle Salate. ◀Ebene 2
Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.
A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian.
In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo.
Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo.
In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore.
Con Privilegio. ◀Ebene 1