La Gazzetta Veneta: N. XCVI
Permalink: https://gams.uni-graz.at/o:mws.6348
Nível 1
N.o XCVI.
Sabbato addi 3. Gennaro 1761.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Nível 2
Nível 3
Narração geral
La prima sera del presente anno, dopo molte visitazioni richieste
dalla civiltà del Gennajo nel giorno del suo aprimento, mi riserbai per gli ultimi convenevoli di
quel dì, d’andare alla casa d’un mio buon Amico ammogliato, e arricchito dal Cielo di più rampolli
d’Ulivo, che inghirlandano la sua mensa, maschi, e femmine. Trovai Marito, e Moglie, ch’erano al
fuoco, della qual cosa io mi rallegrai grandemente; ma intorno aveano parecchi ragazzetti, della
qual cosa non mi rallegrai punto. I puttini, che aveano ricevuta la mancia del Capo d’anno erano
tutti fuor di misura allegri, e perciò aveano una vigorìa di voci insolita; e una forza di ginocchia
tale, che assordavano le genti col cicalare e co’salti. È vero, che il Padre, e la Madre, quando io
v’entrai fecero loro comandamento, che si tacessero, e stessero cheti, e così era per qualche tempo
in generale, ma di tempo in tempo, ad uno usciva una risata di qua; un altro faceva un saltellino di
là; chi gridava: state fermo, un altro: io non mi movo, e infine il Coro tornava ad intuonare
insieme; finchè il Padre deliberò di farnegli uscire della Stanza, in cui eravamo, ond’essi andarono
a nabissare altrove, e rimanemmo tre al fuoco. I pensieri nascono l’uno dall’altro. Si cominciò a
parlare dell’educazione de’figliuoli. Il Padre, e la Madre, i quali hanno in fantasia, ch’io sia
Filosofo, volevano, ch’io dicessi loro in qual modo s’aveano ad allevare. Mi trovai a poco a poco
impacciato in un ragionamento grave. Cominciai prima a dire, che non tutti i figliuoli si debbono
educare ad un modo. Che si dee avanti esaminare le loro inclinazioni; e appresso avviargli a quella
condizione di vita che meglio s’acconcia al loro cuore, e al cervello. Ma come s’ha a fare? dice la
Madre, se si cambiano ogni momento, e secondo le occasioni, mi pajono ora una cosa ora un’altra. Non
gli esaminate, dico io, quando hanno ora qualche passione ora quella, perchè secondo le voglie,
muteranno astuzia, per acquistare quel, che desiderano, o fuggire quel, che abborriscono; ma fate
gli esami vostri quando si trovano quieti, e senza sospetto veruno. Anzi per dir meglio destate voi
medesimi in loro una passione, che non credano che sia tale, e si scoprano agli occhi vostri da sè.
Io non intendo rispose il Padre quello, che voi vogliate dire. Mentre, ch’io andava fantasticando il
modo di farnegli capaci; eccoti, che nella via s’ode a suonare una Sveglia, da un Portatore della
Lanterna Matematica. Costui, diss’io, vi spiegherà la mia intenzione meglio di me. Fatel venire, e
mostrare a’figliuoli vostri le figurette sue. È chiamato. La festa de’Putti fu uno strepito di mare
in burrasca; tanto ch’io quasi pentito, dicea in mio cuore: oh! dove se’tu Erode? Il Portatore
acconcia la sua cassetta, sono portati via tutti i lumi; il solo lanternino della macchina è acceso,
e fa chiarore nella muraglia, i Putti tacciono. Notate, dico io al Padre, e alla Madre, secondo le
figure, che usciranno, i movimenti, e le parole de’figliuoli vostri. Comincia la vociaccia dell’Oomo
di Savoja. Eccoti il Sole, la Luna, le Stelle, l’Arca di Noè, gli Animali, e l’altre masserizie
della cassettina; nessuno parla. Escono altre cose storiche, nessuno fiata. Eccoti un Pastorello, e
una Pastorella, che suonano, e danzaao (sic.), si pigliano per mano, si fanno vezzi. I Putti, e le
Putte stridono d’allegrezza, e le Putte gridano: oh! bello! Eccovi a che pende la natura, dico io
all’orecchio a’due. Escono di là a poco non so quai Soldati a cavallo, marciano fanno zuffa; Uno
de’Putti si toglie di là dov’era, e va sollecito a toccare il muro con mano e mostra, che quelli gli
piacciono. Il Padre lo nota. Bello fu, che uscirono certe figurette dette dal Portatore il Mondo
alla riversa, fra le quali vedevasi un Marito, che filava, e la Moglie col cappello alla sgherra, e
l’archibuso in ispalla. E la Padrona di casa, cominciò anch’essa a ridere sgangheratamente e
scoperse il suo umore. Un Filosofo, che leggeva fece innamorare un altro de’Maschi, e una danza di
Nani fu un incantesimo per tutte le Femmine, e fra l’altre una d’esse volea, che si facesse rivedere
più volte una Giovine, che si levava, e metteva più volte la maschera. Finalmente si chiusero le
apparenze; e nelle considerazioni fatte dopo si rise molto. Io mi licenziai con oppinione, ch’anche
i più fanciulleschi diletti possano avere qualche sostanza quando sono dal cervello guidati.
Nível 3
Carta/Carta ao editor
Al signor Gazzettiere~k
Sofronia S.~i VOi (sic.), che dotato sete (sic.) di perspicace, e retto intendimento, con facilità vi potete immaginare, quale e quanta sia la mia perplessità, nell’incominciare l’adempimento della mia promessa, di suggerire alle Donne i veri mezzi per piacere. Il tema del propostovi carteggio suona alle orecchie, grato e piacevole, ma le ragioni, delle quali mi servirò, come sarann’elle ricevute? Il palato, guasto piuttosto, che dilicato, della Moda, non resterà egli amareggiato più, che corretto dall’antidoto del balsamo salutare? Ogni discorso sopra la moderazione riesce inutile, anzi molesto, a quelli, che amano la libertà. Io sono persuasa, che sè gli uomini tenessero gli occhi vegghianti al ben proprio, al buon ordine nella famiglia, e alla felicità comune, la quale viene formata, dalle felicità particolari; e se coll’esempio insegnassero alle Donne i loro doveri, non vi sarebbe che dire sulla condotta delle medesime. Ma poichè, gl’Adami dormono, o con altre bestie si trattengono, non è maraviglia sè i Serpenti fanno traviare, e prevaricare le Eve. Non ho cuore di vedere il mio Sesso, così abbandonato, e così crudelmente tradito, e perciò, in onta di qualunque spiacevole incontro, io voglio fare da Gazzettiera per le Donne pari di Sesso a me, e porgerò loro delle Novelle, le quali potranno e giovare, e dilettare la parte più nobile di esse: quella parte, dico, che non và soggetta alle grinze della età, alla intemperie delle Stagioni, e che non dipende dall’occhio adulatore, capriccioso, ed incontinente degli uomini insidiosi. Ma, quelli d’infra gl’uomini, alli quali conviene, e per li quali fa molto la inavvertenza altrui; e quelle d’infra le Donne, alle quali piace il divagamento fuori del proprio ovile; diranno. Chi è questa Sofronia, che vuole promovere la riforma della Moda? Sarà Ella, o sopraffatta dal male di milza e perciò malinconica; o sarà qualche vergine divenuta muffata, e perciò rabbiosa; o sarà qualche brutta arpia, e perciò aizzata dalla invidia. Nò Signori, no Signore.
Con qual’animo, dunque, può vivere una Donna lasciata in piena libertà dal Marito? Tale
libertà è segno manifesto di sprezzante non curanza. Con qual’animo, non curata dal proprio Marito,
può compiacersi del corteggio, che le vien fatto dagl’altri? Corteggio che perduto una volta, la
riduce alla dura necessità di procacciarsi un’altro, o convenga, o non convenga; giacchè dal Marito
non è curata, e dall’adulatore primo è abbandonata. Dove è la vanità ambiziosa? Dessa opera in via
di ripugnanza. Non giova dire; a Donna non mai manca corteggio; ma giova esaminare, quanto costi
questo corteggio. L’innocenza, la pace, la stima del Marito, la mala educazione de’figliuoli, sono
il prezzo che si sborsa per un’ombra di vana ambizione, di amara compiacenza. Che s’ha da dire del
buon nome? Gli uomini assennati condannano per giustizia il vivere traviato, ed i Moderni medesimi
per malignità, reciprocamente si fanno il processo, e si discreditano. In un circolo di Donne
Moderne, una pensa male dell’altra; di modo che, quelle, che sono troppo giojose, condannano
qual’artifizio malizioso la circospezione delle più caute; e queste mormorano di quelle trattandole
da sviate. Radunansi in brigata, perchè il numero serva di letargica iscusa, ma ogni una si crede
più scusabile della compagna. Le pungenti, interne spine dell’animo, dovrebbono entrare nel
corteggio; ma non è questi il luogo: Nè io voglio inimicarmi quelle che leggeranno le mie lettere.
Vorrei che nel leggerle le spine interne non si movessero: questo sarebbe segno, che non sono del
numero degli Enti Moderni. All’avvenire le divertirò con qualche Novella, per far risorgere quelle
del mio Sesso, che sembran essersi dimenticate delli belli doni, e del fine per cui sono stati loro
dati dalla Natura. Frattanto, Signor Gazzettiere stimatissimo, mi protesto vostra Serva ed Amica.
Addio.
Sofronia S.~i VOi (sic.), che dotato sete (sic.) di perspicace, e retto intendimento, con facilità vi potete immaginare, quale e quanta sia la mia perplessità, nell’incominciare l’adempimento della mia promessa, di suggerire alle Donne i veri mezzi per piacere. Il tema del propostovi carteggio suona alle orecchie, grato e piacevole, ma le ragioni, delle quali mi servirò, come sarann’elle ricevute? Il palato, guasto piuttosto, che dilicato, della Moda, non resterà egli amareggiato più, che corretto dall’antidoto del balsamo salutare? Ogni discorso sopra la moderazione riesce inutile, anzi molesto, a quelli, che amano la libertà. Io sono persuasa, che sè gli uomini tenessero gli occhi vegghianti al ben proprio, al buon ordine nella famiglia, e alla felicità comune, la quale viene formata, dalle felicità particolari; e se coll’esempio insegnassero alle Donne i loro doveri, non vi sarebbe che dire sulla condotta delle medesime. Ma poichè, gl’Adami dormono, o con altre bestie si trattengono, non è maraviglia sè i Serpenti fanno traviare, e prevaricare le Eve. Non ho cuore di vedere il mio Sesso, così abbandonato, e così crudelmente tradito, e perciò, in onta di qualunque spiacevole incontro, io voglio fare da Gazzettiera per le Donne pari di Sesso a me, e porgerò loro delle Novelle, le quali potranno e giovare, e dilettare la parte più nobile di esse: quella parte, dico, che non và soggetta alle grinze della età, alla intemperie delle Stagioni, e che non dipende dall’occhio adulatore, capriccioso, ed incontinente degli uomini insidiosi. Ma, quelli d’infra gl’uomini, alli quali conviene, e per li quali fa molto la inavvertenza altrui; e quelle d’infra le Donne, alle quali piace il divagamento fuori del proprio ovile; diranno. Chi è questa Sofronia, che vuole promovere la riforma della Moda? Sarà Ella, o sopraffatta dal male di milza e perciò malinconica; o sarà qualche vergine divenuta muffata, e perciò rabbiosa; o sarà qualche brutta arpia, e perciò aizzata dalla invidia. Nò Signori, no Signore.
Nível 4
Retrato alheio
Sofronia gode ottima salute, ed è allegra a tempo e luogo, e tanto,
quanto a Donna non disdice. Sofronia non è vergine negletta o rifiutata, ma è Vedova, ed in età
ancora da poter fare la civetta, se le venisse sì malavventurato talento. Sofronia, finalmente, non
ha bellezze prese a prestito dal Perrucchiere, dal Sarto, dalla Cuffiara, o dalla Miniatura, ma è
tale, che non fa venire nausea, prima d’essersi consigliata collo Specchio, e prima d’essersi
smaltata alla Tavoletta. Dessa, dunque, ha assaggiato la dolce ed innocente bevanda, del Mese,
detto, di mele, del Matrimonio, e sa di qual’inestimabil valore sia la integrità d’una Donna, che
ama il Marito, e che da lui viene riamata. Sa essa, che ad onta di tutte le più piacevoli
distrazioni, è cosa acerba molto, e molto molesta, il perder l’amore e la stima del Marito; e sa,
che quelli, dalli quali, fuori di casa è corteggiata, non son’altro, che adulatori ubbriachi di mal
nata passione, i quali, senza sentire alcun incomodo, corrono dietro il comodo piacere. Sa, che una
disgrazia la quale sopravvenga, fa dileguare, e sparire queste inique locuste, use ad invadere, e
pascersi delle altrui campagne.
Metatextualidade
Proseguendo dunque quello, ch’io dissi nel passato foglio intorno alle
Lettere, cioè che alcuni stimano fra esse disutili quelle delle buone Feste, io dico all’incontro,
che queste sono più necessarie di tutte l’altre.
Nível 3
Narração geral
Poche sere fa in una compagnia, trovavasi un Giovane, il quale avea
tutto il cervello, e il cuor suo in un bel vestito, che portava indosso, e si credea, che non vi
fosse Donna sì forte, la quale non avesse ceduto alle saette della sua dolcissima guardatura. Pose
questi gli occhi addosso ad una certa femmina ammogliata di spirito, e parvegli strano, che non
cadesse a’primi colpi degli occhi suoi. Coll’andare delle ore, si levarono su dal luogo, dov’erano,
e trovandosi essi due soli in un lato della casa; egli oltre alle garbate parole, cominciò a far
risplendere con gli atteggiamenti appassionati un anello, che avea in dito, il quale fu guardato
attentamente dalla Signora. Egli se n’avvide, e contento di fare così bello acquisto; fece prima che
la Signora lo vedesse bene, e finalmente gliene offerì, che se lo provasse in dito. Ella ne fece la
prova, e tuttavia l’esaminava. Il Giovane tenendosi la vittoria per certa, facendole un dono, le
baciò la mano. Al che la Donna si rivolse rigidamente, e gli disse. Che dono, o non dono? Questo è
un anello mio. L’attonito Giovane, le rispose. Ciò non può essere. Io l’ebbi già in cambio dalla
Tale Signora. Appunto, questo più mi certifica, ch’esso è il mio, essendo cotesta Signora, che voi
dite corteggiata, e servita da mio Marito. Non so come la faccenda si chetasse; ma alla Donna rimase
l’anello; e il Giovane non fu da lei più guardato in viso.