La Gazzetta Veneta: N. 76
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N.o 76.
Sabbato addi 25. Ottobre 1760.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Ebene 2
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All’autore de’dubbii.
Brief/Leserbrief
Filalete Sofronio S.
Sì Signore. L’Autore del Prologo, Intitolato la Notte critica~i, ha tutta la ragione se non si degna di rispondere alli vostri dubbii.
E chi siete voi, che ardite di dubitare, se il Giorno e la Notte possan trovarsi in un luogo ed ad un tempo medesimo, ciò è a dire, luce e tenebre insieme unite?
Vi sareste voi, per avventura, fidato del principio di contraddizione, in virtù di cui, in buona Logica, ed in buona Fisica, non è possibile, che una cosa sia, e non sia, nel tempo istesso? o credereste voi, per avventura, che non fosse lecito in buona Poesia; dall’Autore del Prologo professata; di unire quella, che dalla stessa Onnipotenza del Creatore, non può esser’unito? Egl’è vero, che la Onnipotenza Creatrice, non potendo operar contraddittoriamente ha separato la luce; ch’è il giorno; dalle tenebre; che sono la notte, ed ha ordinato la loro scambievole successione; ma altresì la buona Poesia, la quale dee essere una ragionevole imitazione della Natura, pretende, che sia vera la licenza, di fingere cose contro Natura.
L’Autore del Prologo, vi farà toccare con mano, tutto questo, nella bella Opera che promette di dare alle stampe; e vi dimostrerà appunto come vi dimostrerebbe la quadratura nel circolo, fin’all’ultimo calcolo, che Ovidio; da voi non inteso perchè è latino; non, nell’antecedente descrizione del Caos, ma nel conseguente ordine dato alla materia informe, ha unito insieme, i Contrarj, i Contraddittorj, la negativa e l’affermativa, ed ha scritto:
Egli vi proverà, che nella Raccolta della buona Poesia, da soli due Lustri in qua, in Venezia conosciuta; non si legge più nelle Metamorfosi d’Ovidio, che Dafne fuggisse da Apollo, il quale ardente d’amore la inseguiva; nè che da Peneo, Padre di lei, per salvarla dalle mani d’Apollo, fosse in Alloro trasformata; ma si legge, che Dafne ed Apollo fossero amicissimi, e per conseguenza, che Dafne, sia stata da Apollo convertita in Alloro: quindi intenderete la sublimità allegorica, nell’applicazione di tale Favola a Venezia.
V’accorgerete allora, che la buona Poesia, ha dato il bando all’arte Poetica di Orazio, e segnatamente a que’versi in cui diceva.
e quindi conoscerete, che Venezia ed Apollo, senza derogare al loro decoro, degnamente s’introducono a chiedere favori per una Compagnia di Comici. Imparerete allora, che la fantasia Poetica, non dee essere, nè dal buon senso guidata, nè regolata dalla prudenza; e scioglierassi la vostra scrupolosa stiticheria nel pesare le parole vincitrice e vinta.
Saprete allora; che quel buon Uomo d’Omero, e sul suo esempio, quell’altro buon Uomo di Virgilio, hanno dormito quando descrissero Giove colla bilancia in mano, su cui pesava la sorte degli Uomini, e delle cose umane, e che la buona Poesia ha rimediato a quella svista Poetica col sostituirvi la Fortuna, la quale non pesa le azioni Umane, non scerne il buono dal cattivo, nè scote a caso la cieca urna de’maligni o benigni influssi, ma favorisce chi più le piace, imperciocchè se ancora si usasse la bilancia, o a quanti si direbbe
Da tutte queste cognizioni sarete astretto di confessare, che tutti questi vostri dubbii sono insussistenti appunto come la Geometria v’obbligherebbe a confessare, che nel triangolo vi siano quattro angoli. Frattanto, ricevete di buon’animo un mio consiglio; ed è. Tutte le volte, che nel Teatro di S. Gio: Grisostomo si rappresenterà qualche parto del felice ingegno dell’Autore del Prologo Intitolato la Notte Critica~i, procurate d’andarvici, osservate quelli che sono i più pronti a batter le mani, guadagnatevi la loro amicizia, ed approfittate della loro erudita conversazione. Imperciocchè quelle sono le Persone, che sanno del Greco e del Latino, e per giudicare della buona Poesia Teatrale, non istudiano già Sofocle o Euripide nel genere Tragico; Aristofane, Menandro o Terenzio, nel genere Comico, ma studiano bensì le Metamorfosi d’Ovidio, le quali sono fatte, a posta per dare la vera idea del vero o del verisimile, e del Dialogo familiare e ragionato, che si richiede per la buona Poesia, o Tragica ella sia, o Comica. Se farete così, imparerete qualche cosa, se pure questa vostra entusiastica fantasia è capace di cosa che vaglia. Di più non dico.
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Zitat/Motto
Frigida pugnabant calidis, humentia siccis;
Mollia cum duris, sine pondere habentia pondus.
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Zitat/Motto
Nec Deus intersit, nisi dignus vindice nodus
Inciderit.
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Zitat/Motto
appensus es in statera, et inventus es minus habens.
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Zitat/Motto
Supersunt mihi quae scribam, sed parco sciens.
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Allegorie
Descrizione.
Rappresenta il Teatro una deliziosa, e fiorita Campagna a cui sono confini massi, e colline vestite d’Alberi, e di Boschetti.
Veggonsi cadute d’acqua fatte da natura, che sboccando da’fianchi de’colli, si rovesciano sulla pianura, e formano una spezie di Lago, in cui si veggono molti Cigni a nuotare.
Tratte dalla bellezza, e freschezza del luogo concorrono Ninfe a godersi di quegl’innocenti diletti, e parte danzano, parte co’Cigni scherzano, e quali con diversi atteggiamenti, fanno di sè varie rappresentanze, e pitture.
Appresso viene Amore co’seguaci suoi, e chiede alle Ninfe di poter entrare fra loro scherzi, ed esse con dispetto glielo negano.
Il Figliuolo di Venere stizzoso pel rifiuto, ordina a’suoi che uccidano i Cigni con le saette; vengono scoccate, molti sono feriti, altri fuggono, e si salvano.
Le Ninfe stizzose anch’esse di tanta malignità, e crudeltà s’avventano contro ad Amore, e vogliono torgli l’arme, ma riuscendo loro vana ogni prova, prendono lo spediente di nascondere il dispetto fuggendo.
Amore comanda, che sieno inseguite, e gli vengano condotte innanzi; frattanto siede sull’erba, e s’addormenta.
Ritornando intanto due Ninfe ad esplorare se il nocivo fanciullo si fosse partito, e trovandolo addormentato gli s’accostano pian piano, e gli tolgono arco, e turcasso.
Il Nume si sveglia, e s’avvede del furto, onde vuole inseguire le due Ninfe; ma viene trattenuto da Mercurio, il quale gli fa sapere lui essere stato privato delle frecce, per ordine di Giove. Per consolarlo tuttavia Mercurio gli presenta una verghetta d’oro, mediante la quale gli da ad intendere, che potrà aprirsi la Grotta di Lenno, e procacciarsi nuove arme.
Contento Amore di siffatto dono, di subito ne fa prova, picchia con la verghetta i massi, spariscono gli Alberi, s’apre il fianco a’colli, n’escono fiamme, e fummo, e si scopre la fucina di Vulcano.
Diversi Ciclopi lavorano a fabbricare arme, delle quali molte sono già apparecchiate in mucchi, e fasci; i Ciclopi mostrano la loro allegrezza, vedendo tanto avanzato il lavoro, con una Musica a battuta di martelli, e con balli di carattere.
Amore entra fra loro, e vuole indurgli a lavorare per lui; Ma sopravvenendovi Marte a vedere a qual segno sia il lavoro, orgogliosamente ne lo discaccia, e i Guerrieri suoi seguaci ajutati da’Ciclopi, comandati da lui, fanno la prova dell’arme apparecchiate. In quel punto i seguaci d’Amore, gli riconducono innanzi le Ninfe, che prima erano fuggite.
I Guerrieri, e i Ciclopi colpiti dalla bellezza di quelle, vogliono ritenerle, onde nasce fra loro zuffa, per sapere a cui toccano: alcuni le conducono via per forza, altri si danno ad inseguirle.
Amore rimaso quivi solo, si prevale dell’occasione, e si batte sull’incudine nuovi dardi da sè, e uno ne termina, della cui finezza mostrandosi contentissimo, si vuol partire, per andarne a far prova contro alle Ninfe, e vendicarsi di quelle. Allora in un subito si cambia il Teatro. Appariscono Giove, e Giunone nell’Olimpo, attorniati da tutti gli Dei, e il figliuolo di Venere è arrestato da queste parole.
Jupiter~i.
Arréte Amour ; le Maitre du Tonnerre
Commande; obeis a sa voix,
Tu fis assez gemir la terre
Donne lui de plus douces loix.
Junon~i.
Ces traits que tes mains ont formès
Ne sont point faits pour la vengeance:
Deux Augustes Epoux l’un de l’autre charmès
Doivent sentir l’effet de leur puissance.
Jupiter~i.
Au Dieu d’Hymen remets tes armes,
Prends son Flambèau, ne vous quittès jamais,
Allume des feux pleins de charmes
Ou sa main conduira tes traits.
Allora Imeneo, e Amore con un ballo di carattere scambiano a vicenda i loro attributi: indi Imeneo tocca col dardo datogli da Amore una Nuvola, che sparisce, e da luogo ad un’Ara, sopra la quale si veggono due Cuori congiunti accesi subito da Amore. Apollo, e Mercurio cantano il Duetto, che segue.
L’Amour n’est plus ce Dieu volage
Qui fit le malheur des amans,
Toujours tendres, toujours constans,
Ils lui rendront un pur hommage,
En goutant des plaisirs charmans.
Junon~i.
Unissez vous Plaisirs, et Jeux ;
Parès l’Hymen, que l’Amour vous conduise
Dans le Palais de cet Empire heureux,
Ou la Vertu sur le Trone est assise.
I Giuochi, i Piaceri, e le Grazie s’affrettano a gara d’adornare Imeneo, e chiudesi la festa con un Coro universale di ballo, e di Canto.
Jupiter~i, et Junon~i.
Qu’on celebre en tous lieux la gloire
De ces Epoux dignes de nos bienfaits.
Chœur des autres Dieux.
Qu’on celebre ec.
Tous.
Que leurs Noms sojent pour jamais
Gravès au Temple de Memoire.
Et qu’a l’Europe ils annocent la paix
Sur les Ailes de la Victoire.
Non senza ragione gli Antichi sagrificavano il Becco al Figliuolo di Semele, e di Giove. Non poteva Bacco sofferire un animale struggitore delle viti, e dell’uve. Un onesta Persona vicina al Fontico, avea a questi dì fatta la sua provvisione del vino in due botti; e avendo due di questi animali vivi gli chiuse nella Cantina. Essi tratti dalla natura, fiutando l’odore del vino, trassero fuori il zipolo all’una, e all’altra botte, e fecero andare tutta la provvisione per terra, nuotandovi dentro.
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Allgemeine Erzählung
Adi 17. del corrente un povero Muratore d’anni circa ventisei, uscito dal Magazzino del Gaffaro verso le due ore della notte, cadde giù da una riva dietro lo stesso Magazzino. Fu ritrovato la mattina col capo così conficcato sotto all’ultimo gradino della riva, e con una mano così stretta ad una barca legata quivi vicina, che si durò gran fatica a levarnelo di la. Fu portato al Cimiterio di San Basilio, e quivi seppellito.