Référence bibliographique: Francesco Grassi (Éd.): "Num. 30", dans: Spettatore piemontese, Vol.1\30 (1786), pp. 305-318, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.3632 [consulté le: ].
Niveau 1►
N.o 30.
Citation/Devise► Ah null’altro che pianto al mondo dura! ◀Citation/Devise
5. Febbrajo 1787.
Niveau 2► Vorrà il mio sensibile Lettore ricusare di prender parte in affettuosi Trasporti? – O sdegnerassi d’accompagnare nel Contegno della Tristezza un uomo, che paga giusto Tributo di Lagrime ad una Amicizia infelice? – Ah nelle torbide Vicende di questa mortal Vita, miste soltanto di qualche baleno di fugace Allegrezza, egli è nommeno necessario talvolta d’assuefarsi al Pianto! – Oh tu, che a trovar Refrigerio a quei cocenti Sospiri, che dal più profondo del Cuore attratti sono da una Tomba (deplorabile Deposito della più amabile delle Consorti!) n’andasti a rimboscarti fra le Nevi, e i Ghiacci, che coprono con isquallidezza i Deserti della Nuova-Scozia, Loveworthy! –udissi anco i miei Lamenti, che l’intiero Atlantico, e quasi due Continenti dall’orecchio tuo [306] intercettano, no! – tu non saresti più persuaso della Costanza del mio sincero Amore! – Ma (lasso!) in disparati Emisferi te il Golfo di Sanlorenzo; me detengono le Sponde del Po! – e Colei, che (di sì dolce già Conforto!) ora t’è di sì amata Tristezza cagione, breve Spazio occupa d’un Cimitero di Londra! – Così cangiano di Scena all’occhio de’Mortali le fallaci Apparenze di quel torbido Sogno, che appellasi Vita! – Ah pria, che attraggaci Morte in quelle tranquille Tenebre di sua Notte profonda, dove tua bella Lovely (dovendoci seguire) ci pervenne, resti alcuna Traccia almeno (in questo partecipato a vicenda Soggiorno de’Viventi) di quel doppio Nodo d’Amore, e d’Amicizia, che, te all’amabile Sposa, me ad ambo dolcemente stringendo, funestò inesorabil Parca colla negra Tinta del più acerbo Duolo! – meritevole degli Omaggi d’ogni Cuore sensibile è senza dubbio la Virtù di Lovely! – esemplare la tua Costanza! – e (quanto a me) altro non cerco da qualche benigno Lettore, che Condoglienza d’aver perduto Amici al mio cuore sì cari! – Chi avrebbe creduto che svolazzasse Fato colle negre Ali sue intorno al capo dell’amabil Lovely quel memorabil Mattino! – Dispiegava la più [307] vaga sua pompa Maggio gentile con tutta quella Dolcezza, che, ringiovinendo Natura la vegetante Faccia della Terra coll’isvaliare a mille i fragranti Colori, fa spiccare dalle sorridenti rurali Scene all’Occhio vagheggiatore! – Lo spacciato Orizzonte porporeggiava di candidissime Striscie: ed ai grati Sospiri d’odoroso Zeffiretto, che scotea lievemeute (sic.) le novelle Frondi, facean tenore gli animati Gorgheggiamenti dello svernante Coro boschereccio instillando ne’Cuori quell’Estro stesso, che accendeva i lor Canti! – In somma il Giardino di Kinsington mai non comparve più bello siachè offrisse allo Sguardo il grande Stradone degli Olmi, od i moltiplici folti Boschetti dalle vaghe Pianure intersecati, le schiette Aie, le maestose Foreste, i morbidissimi erbosi Tapeti, i Labirinti d’Alloro, il serpeggiante cristallino Stagno, od altre vaghissime Scene di quell’ameno Soggiorno, dove Natura sembra proprio scherzare coll’Arte! – Noi passeggiavamo: ed allato al dolce Sposo la tenera Consorte (della cui Vita stata poco tempo prima attaccata da Malattia formidabile avea dovuto ella essere quantomai anziosa!) null’altro rimanendole ora a desiare, sembrava intieramente darsi alle soavi Impressioni di quel delizioso Loco, [308] e Stagione. – Il Contento del Cuore sorrideale (dolcemente trapelando) negli Occhi: e temprato coll’Espressione d’una Sensibilità riflessiva a lei connaturale, eccitava altrui l’Idea o della Contentezza, che si contempli; o della Contemplazione, chi si goda! – L’Immaginazione anch’essa, tuttochè animata, esaltavasi in Lei piuttosto nel Riflesso, che nel Trasporto. Onde a que’bei Quadri, che (offertici all’occhio dalla bella Natura) tentavamo a vicenda d’enonciare col Discorso sbozzando, ella dall’eletto Tesoro della sua Memoria elegantissimi Capidopera dell’Arte supplendo (Covvley, Pope, Tomson erano in quel Tema i principali Autori) forniva Occasione ad un dolcissimo Confronto. – In tale Confabolazione condita dalla Soavità d’una schietta Amicizia (dove il proprio Godimento nato dal Godimento altrui esaltasi scambievolmente con doppio Fomite ora di Causa, ed ora di Effetto) ah quanto dolci noi passammo que’Momenti! – Ma! – oh dolce Amico! – oh addolorato Loveworthy! – quale irremovibile Destra pose la una ferrea Sbarra! – quei Momenti di Giubilo furono gli ultimi che brillarono in Fronte alla diletta tua Lovely! – Punta incautamente nella bianca Mano al volere [309] staccare un fiorito Ramoscello di Spinalba, impallidì gridando! – quel leggiero Accidente bilanciò a’più minuti Scrupoli il Peso delle umane Dolcezze! – Tuttochè, cessato il dolore, quel troppo ingordo Spino divenuto fosse Soggetto di scherzevole Motteggio, pure al ritornarcene (spente omai le più attraenti Vaghezze del Mattino) verso Casa, parvemi, che più profonda Tinta di Pallidezza ombregiasse i nativi Gigli del dilicato Volto di Lovely. – Infatti (giacchè alle più lievi Alterazioni della corporea Complessione corrispondono consecutivi Cangiamenti tanto nel Sistema patetico del Cuore, quanto nell’intellettivo della Mente) sembrò, che, volgendo noi le Spalle al Giardino, lasciassimo pur dietro l’amabile Coro di quelle deliziose Idee, che nella matutina Passeggiata tanto allettato aveano i nostri Sensi. Onde inavvedutamente da’lieti Soggetti scorsero i nostri Trattenimenti sopra malinconiche Riflessioni: ed al pittoresco Tomson succedette nei nostri Discorsi il meditativo Young. – Strano Enimma nella rapida Mutabilità del Cuore umano! – Pochi momenti prima noi ravvisavamo la Natura, quasi delizioso Giardino, dove tutto fiorisca od a soddisfare i puri nostri Piaceri; ovvero ad allet-[310]tare le trasportate nostre Speranze? O quasi maravigliosa Scena solo congevole per alternare un soave Pascolo od all’Occhio, od all’Intelletto nostro! o finalmente quasi magnifico Templo, dove Enti infiniti (tutti per disugual Modo; ma ugualmente in Capacità felici) innalzino Inni di Gloria alla Primiera Cagione dell’Esistenza loro? – Ora al contrario (fosse Propensità naturale a cangiare, confabulando, Discorso; ovvero fosse nero Presentimento di funesto Avvenire) seguendo il Tema del Poeta dei Pensieri notturni, offoscaronsi le nostre Idee nell’Orrore di Quadri lagrimevoli? – Nella trista Rassegna dei moltiplici mali ora dipingevamo la sfrenata Caterva delle umane Passioni precipitarsi ciecamente in volontarii Rischi! – Ora gli Squadroni dei malefici Delitti prorompere sulla calpestata Giustizìa ad Usurpamenti vietati, lasciando d’alte Strida ripiene le sanguigne Vestigia della Strage loro! – ora a stormi a stormi le rapaci Malattie avventarsi infeste contro ogni Membro della Machina umana, fragile Depositaria d’una Vita così fugace: e nel dilatare sull’ampio Globo i furiosi Morsi loro, suscitar per ogni luogo Doglie, Sospiri, e Gemiti, finché tutto assopisca Morte nel suo inalterabile [311] Silenzio! – Ah! (esclamò quì Lovely) è questo il Termine adunque, a cui riducesi finalmente ogni umana Allegrezza! – Sarà Hamlet sul Cimitero col Teschio di Jorico tra le mani il solo autentico Dipintore dell’Uomo? – Povero Jorico (dice Hamlet all’amico Orazio) ben io! ben io lo conobbi, Orazio! – un compagno egli era d’infinata Burla: della più squisita Fantasía! – Egli portommi sul suo dosso le migliaia di volte! – Sono queste, che sporgono, quelle Labbra, ch’io bacciai non so quanto spesso! – Dove sono i tuoi Motteggi ora! – i tuoi Scherzi! – le tue Canzoni! – Dove quella Dicacità burlosa, che solea sollevare gli Schiamazzi d’un pieno Convito! – che? – Non t’è rimasta Beffa da porre ora pur in derisione cotesto tuo proprio deforme Ghigno! – Queste Parole citò Lovely da Sheakspeare con accento si patetico, che ancor mi suonano flebilmente sul Cuore! - Ma in questo momento stando in procinto noi di frammischiarci colla Folla della Capitale, alla qual eravam giunti, fummo costretti d’interrompere un Ragionamento troppo! – ahi pur troppo profondo! – Ma (oh Incertezza delle umane Cose!) avrei potuto io immaginare che nel breve giro di quindeci Giorni Lovely! – Lovely stessa ridotta sarebbe alla me-[312]desima Condizione del da lei citato Jorico! – avrei io detto mai (al licenziarmi dall’Amico Loveworthy per alcuni giorni di necessaria Assenza) di non dover più veder viva la dolce sua Compagna! – Ah tanto accadde appunto a quella virtuosa Donna, degna pur di vivere per Ornamento del suo Sesso lungamente: la quale cadde Vittima immatura di sua Sensibilità, e del Filiale suo Amore! – Affievolita sua delicata Complessione da una continuata Assistenza prestata al fianco d’una tenera Madre (che fu sorpresa quel giorno stesso da urgente Malattia): ed indi abbattuta dalla deplorabil perdita della medesima, Febbre funesta l’adunghò in guisa tra gli acuti suoi Artigli, che non fu possibile ad alcun Soccorso dell’Arte, od affettuosa Attenzione dell’amoroso Marito di redimerla. – Ahi quanto volontieri rinonciato avrei al Privilegio di veder anco la Luce per non essere Spettatore di così deplorabile Scena in quel giorno funesto! – Entrando nella Casa dell’Amico un profondo Silenzio, ed una vasta Solitudine dapprima: poscia accantonati Famigli struggentisi in Lagrime singhiozzando, gittarono nel mio Cuore l’orrore di qualche sinistro Avvenimento! – Penetrato palpitando nella [313] Camera di Loveworthy, colpimmi l’inaspttata Vista di lugubre Cataletto (entro cui posava, quasi reciso Fiore, la virtuosa Donna, tenendo Loveworthy immote l’umide Pupille sul caro lagrimevole Oggetto, col gomito appoggiato all’un de’lati della Bara!) – Spense l’acerbo Spettacolo ad un tratto, quasi colpo di fulmine, tutto il mio vigore in guisa, che le tremanti ginocchia uopo ebbero di pronto Sostegno! – Pur sovvenendomi all’istante qual bisogno di Soccorso nel duro Caso aver potesse l’afflittissimo Amico, Ah qual Perdita funesta, mio caro Loveworthy (dissi con le lagrime agli occhi correndo ad abbracciarlo) – Ma egli, o che l’eccesso del Dolore sopraffatto avesse sua Natura stanca dai Trasporti; o che tutto nell’alma concentrato l’Affanno lasciasse spandersi sull’ottuse Facoltà esterne una mendace Apparenza di Calma, non distolse alle mie voci le immobili Pupille dal Volto esangue dell’amata Consorte. Onde temendo io, o che ne divenisse distratto, o che Disperazione portasselo a qualche furioso Attentato, Amato Loveworthy! (gli dissi bagnando il suo Volto di mie lagrime) questo virtuoso Oggetto! – queste bellissime Spoglie d’un’Alma ancor più bella! – questa già [314] dolce Metà tua, ora sul fiore de’suoi anni tolta al tuo Amore! – tolta alla nostra Ammirazione! – tolta all’Esempio del suo Sesso; ed all’Ornamento del nostro! – Ah infine questi cari, e deplorabili Avvanzi (che pianger farebbero un Sasso!) eccitar debbono a ragione il più acerbo Cordoglio! – Rammarichamoci dunque insieme: tu per la dolce Sposa; io per la virtuosa, per la rispettabile Amica! – Ma oh Loveworthy (continuai comprimendo al suo il mio Seno) perchè non versano gli Occhi il loro Pianto? – perchè non esala il Cuore i suoi Sospiri? – o non isfoga la bocca i suoi Lamenti! – Ah cotesta tua Calma si critica in tanto Motivo di Perturbamento non allarmi più oltre l’Anzietà mia per la tua Salvezza! – Quivi Loveworthy volgendo in me gli Occhi fecemi vedere ‘l Granduomo nel duro Conflitto colle gravi Avversità! – oh quanto ammirai con stupore il sublime Fastigio d’una magnanima Virtù! – Il mio Dolore (dissemi con quel Contegno l’Amico, come se per sua bocca favellasse Saviezza) supera d’assai la Sfera di quello, che o gemendo, o sospirando, o lagnando allegerire si possa! – Piango ancor io sì! – piango, sospiro, e mi lagno! – ma che ha che fare una equivoca Crisi d’una Machina alterabile colle Perdite [315] mie solo apprezzabili dall’Alma? – Mira, caro Amico (continuava Loveworthy additandomi l’amabil Cadavere) questi Occhi, che quì sono spenti! – Potrà mai forse quantità alcuna di lagrime lavar via quella impressione dall’Alma, che Virtù sì nobili d’un sì bel Cuore dai guardi loro espresse, lasciaronvi indelebilmente segnata? – Ah no giammai! – Legge tutt’ora l’Alma mia l’Alma di mia Lovely anche dentro queste Pupille così spente! – nell’Espressione di queste ancorchè fredde Labbra! – e la vede ancora improntarsi sulle dilicate Tinte di queste ancorchè ora scolorite Guancie! – Potrà l’Alma mia obbliare quell’angelica Dolcezza! –quel modesto Pudore! – quella tenera Sensibilità! – quella monda Decenza traspirante nommeno d’ogni sua Azione, che d’ogni suo Portamento? – Mai! mai si appanneranno nel mio Spirito le vive Immagine di sì dolci Perfezioni! – Quì il mio Amico sospeso alquanto parve lottare fieramente sotto il Supplizio d’una Straziante Rimembranza: e ben per due volte mostraronsi sopra sue Pupille i Forieri di due possenti Nemici della Costanza, l’Abbattimento, e la Disperazione! – Ma finalmente videsi ad un penoso Contrasto succedere risoluta Vittoria. – O Suprema Giustizia del Cielo! (disse allora egli [316] alzando gli Occhi accesi di Zelo) – mio Cuore attaccato era al Filo vitale di questa gelida Creta, che fu già (tuo Dono) mia dolce Compagna! – Sia tua pietosa Mercè, ch’io rassegni in volontaria Espiazione chi mi fu tolta in giusto Castigo di Demerito! – e questa mia Vita (che fummi solo dolce per Lei) protratta senza Lei nella più acerba Amarezza con quel Soccorso, che da te imploro, sopplisca alla Propiziazione del dovuto Sacrifizio! – Oh mio grande Amico! (fui trasportato allora ad esclamare, mentre un misto Sentimento d’Ammirazione, di Tenerezza, e di Pietà scaturivami in pianto dagli Occhi) io, che conosco il Pregio di tua Perdita, estimo maravigliando il Merito di tuo Trionfo! – La tua Virtù, che rassicura la Sollecitudine mia sopra tua Sorte, è senza dubbio cara al Cielo! – cara allo Spirito immortale di queste belle Spoglie! – Ed esser deve inoltre prezioso Esempio di generosa Rassegnazione di quanto stia più sensibilmente avvitticchiato colle più vive fibre dell’uman Cuore! – La funebre Pompa bagnata da quelle Lagrime, che esige la Virtù dall’Amore, e dall’Amicizia, chiuse l’Atto della terrena Rappresentazione di Lovely! nè d’un tanto Fuoco (quando l’avrà Morte intieramente spento là, dov’anco vive in sua piena [317] Energía) altro preserverà l’ingoiatore Futuro, che sopra fredda Lapide questa fredda Rimembranza!
Donna
degna di vivere sempiterno modello,
egregi Doni di Natura, rari Talenti dell’Arte,
le più amabili Virtù dell’Animo,
in questa Tomsa
col Cuor del Marito, l’Ammirazione degli Amici,
(Quanto! oh quanto altrui da compiangersi!)
sul Fiore dell’Età rapita
seco chiude!
O Loveworthy! – pubblicherò io quella memorabile Scena, che, ravvolta nel fosco Velo di maestosa Notte, soli ebbe consapevoli i sospesi Milioni de’brillanti Sistemi dell’Universo: il pallido Raggio della tacita Luna: e quel venerando Orrore, che fa le Tombe aggirasi nel muto Soggiorno de’Defunti? – no! – occultarsi non dee commovente Esempio del più solenne Uffizio: e la tragica Situazione della più eloquente Sensibilità esìge meritate Lagrime da ogni più sensibil Cuore! – Dove abbraccieremoci l’ultima volta? (diss’io a Loveworthy la veglia di sua, e di mia Partenza) – A casa dopo Mezzanotte! (mi rispos’egli lasciandomi). Ah nel passare (per recarmi all’Assegnamento) allato del noto Cimitero [318] dovev’io aspettarmi d’essere dal mezzo di quegli Avelli appellato! – Riconobbi tosto la Voce del caro Amico, che trovai appoggiato alla Lapide sepolcrale di sua Lovely con guancie tutte molli di pianto! – Ed è questo (esclamai) il Luogo dell’estremo nostro Abboccamento! – ah sì, Loveworthy, ora t’intendo! – sola! – sola questa è la vera nostra Casa! – In tal guisa (quanto eravamo altramente uniti pochi giorni prima nel Giardino di Kinsington!) meschiai mie Lagrime a quelle di Loveworthy sopra la fredda Tomba di Lovely! – Ed una Filosofia tra’Sepolcri verace additocci entro schifoso Oggetto (irraggiava la Luna un Teschio scavato ai Lati d’un Avello) tutto il Fasto pomposo che accumular possa l’umana Grandezza! – ed un Pugno di Terra dubitar ci fece se fossero gli Avanzi d’insigne o Beltà, o Potenza, o Ricchezza, o Letteratura, o Dignità qualunque! ◀Niveau 2 ◀Niveau 1