Citation: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "La noia", in: Lo Spettatore italiano, Vol.2\73 (1822), pp. 382-386, edited in: Ertler, Klaus-Dieter (Ed.): The "Spectators" in the international context. Digital Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1078 [last accessed: ].


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La noia

Citation/Motto► Vive annoiandosi la più gente, e dolendosi della bre-
vità della vita; ma se ad alcuna cosa intendesse, il
tempo le parrebbe più breve e la vita più lunga

Ap. Buonafede. ◀Citation/Motto

Level 2► Level 3► General account► Arcadio in povera facultà nato, raccontava Sanicordio, teneva un mezzano officio, per lo quale gli era necessità sofferire una fatica che omai l’usanza gli avea convertita in lieve e dilettevole. Così sen vivea contento e felice; quando, scadutagli una grandissima eredità, subitamente fu de’più ricchi che mai ci fossero. Trovandosi di molte e grosse terre esser signore, e di uno splendido casamento di campagna, con un giardino a quello di costa bellissimo, e di un nobile abituro nella città di preziose masserizie acconcio e de’capi d’opera delle arti adornato, disse egli con seco: Adunque io son divenuto fortunato. Io potrò per innanzi tutti quanti i sollazzi avere, e tra i piaceri tutta la mia vita condurre, e ad ogni desío che mi fia mosso dar compimento. Saranno le arti e gl’ingegni miei vassalli; nè al mio animo mai darà più guerra la malinconia; ed ogni dì che io viverò, sarà per alcun diletto novello distinto e memorabile.

Oh quanto fu Arcadio ingannato! Non sapeva egli ancora il vero ben dove fosse: non aveva conosciuto che le persone di scarsa sorte, [383] tutto che a quotidiane fatiche soggiacenti, sono molto men che gli oziosi ricchi, rimossi dalla felicità. Non fu molto tempo passato che le possessioni, i giardini, i palagi stati da Arcadio con meraviglia riguardati, cominciarono a non più muoverlo; e i trastulli che lo avevano fatto inebriare, ad increscergli e fastidirlo tanto, che ultimamente gli recarono noia e gravezza.

Per la qual cosa essendo fallito ad Arcadio il suo pensiero, e rimaso col cuor vano e co’sensi macerati e vinti, si contristò ed aggravò per modo, che dalla debolezza infermò. Fu mandato per li medici di maggior fama; ma nessuno alla cagion del male aggiunse, nè si appressò. Ed io, che di medico del cuore aveva voce, e questa all’orecchie d’Arcadio era pervenuta, fui ancora del mio avviso sopra ciò dimandato. Non mi riuscì malagevole a ritrovare che costui, perciocchè essendo egli ricchissimo, non pur a niente s’occupava, ma non avea altra faccenda nè travaglio che i piaceri, dovea esser posseduto dalla noia: il perchè io gli dissi: Level 4► Dialogue► La cagion della vostra malattia so io bene col suo rimedio, il quale non fia men lieve che buono. Qual è? mi dimandò subitamente, in volto rallegrato, Arcadio.

SanicordioRompete il vostro ozio, e datevi da fare.

Arcadio

Oh! e che valgono le ricchezze, se si dee faticare come quelli che privi ne sono?

Sanicordio

Voi non dovete chiamar fatiche le leggieri e piacevoli occupazioni che può a voi procurare [384] il buon uso delle vostre ricchezze. Contro la noia ci fa più pro la fatica che il sollazzo: e la noia de’ricchi muove dal disagio della sazietà; e non altrimenti che l’indigestione per astinenza, non per rinovazion di diletti, si vuol curare. ◀Dialogue ◀Level 4

Nel tempo che io mi tratteneva in colloquio con Arcadio, gli fu ricapitata una lettera, che egli lesse, facendo nel sembiante tutti gli atti d’uomo che stranamente si maravigli, e mi disse: Non sapreste voi indovinare il punto di questa lettera: è al tutto inusitata, leggetela. Una carnal parente d’Arcadio, men che agiata dei beni di fortuna, pregava lui che una dote le assegnasse, quale le fosse convenevole per doversi maritare ad un valentuomo, che pur de’beni di fortuna stava anzi a disagio che no. Voi, gli diceva costei, avrete fatti due felici, dai quali sarete teneramente amato ed avuto per padre. Or qual meraviglia, diss’io ad Arcadio; di questo vi siete turbato? Ma io vi giuro, che a tornarvi in sanità non avrei saputo darvi più utile medicina che questa: e credo che egli sia grazia della Provvidenza che vi appresenta quello che alla vostra guarigion si richiede. Dovete voi oggimai aver conosciuto quanto sia breve e scarso il bene che uomo si avvisa poter attendere dal soddisfare alla vanagloria, all’orgoglio ed alla sensualità. Usate ora l’occasion di cominciare a sentire che sia quel bene che dall’allegrezza d’avere altrui fatto felice procede. Che se vi fia conceduto, Arcadio, il poterlo gustare, v’increscerà d’aver [385] tanto tempo alla cerca di lui vaneggiato, avendolo a voi sì dappresso.

Questo ragionamento parve che avesse fatto forza ad Arcadio, sì ch’egli mi fu cagione a bene sperar ch’egli guarisse. Dissemi: Giulia è l’una de’miei eredi; e quando testerò, penserò di lei per modo, che sarà sicura . . . Sarà sicura? soggiuns’io rompendogli la parola. E che merito è a lasciare quel che seco portar non si può, o a non far torto ad altrui? E da questo, che voi in avvenir la farete sicura, che utilità seguirà a lei nel presente? Lunga stagione ancora avrà la Giulia ad essere infelice prima che le pervenga un bene del quale per avventura non fia più in tempo di poter godere. Fate a mio senno, aiutatela di presente, e senza indugiare altresì. Di quello che vi soprabbonda, il solo così bene impiegarlo è la via di prendere un sincero diletto. E che sarebbero tutti gli acquisti che voi con quello potreste fare, verso di quelle dolci lagrime di tenerezza che a versar correranno nel vostro seno due persone le quali vi saranno della lor felicità debitrici? Voi, Arcadio, ricomincerete il tempo della vostra vita; perchè i dì vostri saranno raddoppiati da questa innocente dolcezza, la quale vi camperà e guarderà da questo doloroso morbo dell’anima, onde non v’avrebbe alcun medicamento saputo rilevare.

Si rendè vinto Arcadio ai commovimenti che io gli aveva spirati; e senza tempo metter in mezzo, scrisse alla Giulia come egli le avrebbe assegnata una bella e gran dota, e come la invitava col suo futuro consorte a venire a [386] starsi in sua casa. E quivi di nuovi e inestimabili piaceri ad Arcadio porsero le grazie pietosamente rendutegli, e le lagrime per gioia sparse dagli avventurati sposi.

Laonde egli adottò i due giovinetti; e per li conforti dell’affettuosa Giulia riuscì il benefattore della sua contrada e il segno di tutte le benedizioni di quella. Così adunque Arcadio, tosto che lo studio di ben fare ad altrui mutoglisi in una sollazzevole occupazione, fu sgombro al tutto e salvo dal mal della noia che non lo assalì mai più. ◀General account ◀Level 3 ◀Level 2 ◀Level 1