Lo Spettatore italiano: La collera

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La collera

Citation/Motto

Ira è breve furor; e chi noi frena,
È furor lungo, che il suo possessore
Spesso a vergogna, e talor mena a morte.

Petrarca~k.

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Fui una mattina, diceva Sanicordio, desto da un rumore che si facea fortemente alla porta della mia camera. Io di subito levato, andai e trovai il mio famiglio a battaglia con un incognito, il quale, non volendo aspettare, intendeva di entrare a forza. Sono in diritto, dissi io a costui, di lagnarmi forte di questi sconvenevoli modi; ma forse che n’avete cagione la quale ve ne potrà scusare. Venite per avventura a richiedermi di alcun soccorso per alcuno infermo in pericolo? Sì, rispose egli, e l’infermo sono io. Questa risposta mi fece certo che costui dovea esser fuori di sè, e che la forza fatta per lui a volere entrare dovesse essere effetto di frenesia. Sì, proseguiva egli, sono io il malato, e voi dovete aver compreso alcun segno della mia malattia! Forse che voi mi terrete per matto. Ahimè! sono tale, se la collera è una momentanea pazzia. È egli gran tempo che voi ne patite? il dimandai io; ed egli:

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General account

Dalla mia fanciullezza la madre che mi crebbe, perciocchè ella più oltre di me non vedeva, mi lasciava fare a capriccio; e sì tosto come s’attentava di negarmi alcuna cosa, io entrava in farnetico e non m’acchetava se non si facea la mia voglia. Quando uscii di fanciullo, l’insania mia non sentì più freno. Ella mi fece incontrare mille contese co’miei compagni, e più ingiurie da essi ricevere. Nondimeno, avvegnachè di tanta collera io fossi, non essendo del tutto senza cuore, mi ritrovava allora parecchi amici. Ma lasso! gli ho tosto perduti, ed uno non me n’è rimaso il quale non si sia allontanato da me per l’orribile mia follia; nella quale non sapendo io me riconoscere, m’era impossibile di conoscere gli amici. Così strascino la mia vita da tutti schivato ed in uno scurissimo abbandonamento. Mi rimangono ancora alcuni congiunti che non hanno avuto cuore di lasciarmi, perchè mi tengono per un uomo preso da una passione invincibile, la quale ha tolto me a me stesso, nè mi lascia l’arbitrio di quello che io faccio o che dico. Essi portano in pace i miei furori, e me ne fanno perdono nel modo che si perdonerebbero ad un uomo in delirio involontarie percosse. Ed ecco, misero me! io mi trovo nella condizione di un forsennato. I miei famigli stan meco con tal sospetto e con tal sollecitudine, come altri giuocherebbe con una tigre ammansata, sempre inteso ed erto a spiare il momento in cui la alpestre e stizzosa fera comincia a rientrare in furore. Non posso ancora altri dimestici ritenere con me, se non quei che per estrema viltà mettono a profitto i duri portamenti che io uso loro: perchè appena io torno placido e naturale, m’ingegno quanto posso di riparar loro i torti fatti. Così se ne va la vita mia, facendo oltraggi e dimandando perdono. La collera però non mi ha tolto ogni sensibilità; ma ben m’è cagione che non mi vien fatto mai d’andar al cuore d’una femmina. A più d’una mi sono accostato che parea farmi buon viso: ma perchè io al cospetto loro non avea mai potuto reprimere la mia indole selvatica, non m’hanno poscia dimostro altro che avversione. Gran tempo è ch’io desidero aver per moglie la bella Emilia, ed io ne avea concepita la speranza di ottenerla, quando ella mi rispose: Non si può amare colui che si deve temere.
Cosiffatto è il mio stato, o dottore, ed io pregovi di soccorrermi colla vostr’arte. Grande, risposi io, ed invecchiato è il mal vostro; ma io nol conosco per disperato, mentre ancor voi ne sentite tutto il pericolo. Una delle cagioni a bene sperare mi sarete voi, se convenienti medicine vorrete usare. Natura, a quello ch’io avviso, vi ha generato collerico, e questa passione nasce negli uomini da soverchio calore di sangue. Difatto, come essi invecchiano, comincia quello in loro a infreddarsi, e diventano fastidiosi ed inquieti più che collerici. E però e’ conviene fuggire ogni cosa che vi potesse crescere codesto calore, siccome son vino, ed ogni altro beveraggio potente. Platone ne fece divieto ai fanciulli, il cui sangue è oltremisura mobile ed agitato. Che se un regolamento acconcio a temperar l’accension del sangue non basta, è duopo ricorrere alla flebotomia, come al rimedio più sicuro. Guardatevi similmente dalle morbidezze; perciocchè dovete per esperienza aver trovato, null’altro inclinar più a collera gli uomini che la molle ed effemminata educazione. E perciocchè il nutritivo principio della collera è la delicatezza e il lusso, bisogna trattar l’animo duramente, sì ch’egli s’avvezzi a non sentir percosse, se non sono asprissime. Usate con persone benigne e piacevoli, ed astenetevi dalle sdegnose e malcontente, o superbe e rincrescevoli: perchè gli affetti dell’animo, non altrimenti che certe infermità, per toccamente s’appiccano ai sani. Chi può dubitare dell’efficacia de’buoni esempi, se anche le crudelissime belve si disacerbano vivendo fra gli uomini, e l’efferata loro natura a poco a poco abbandonano? Considerate gli effetti della collera, e riguardate quanti ne sono state le vittime. A certi per violenza di sforzo si rompono i vasi: a certi nelle grandi crisi è avvenuto di sputar sangue. Spesse volte si passa fai follia permanente, spesso ne segue la morte. Le malattie più malvagie sono quelle, secondo Ippocrate, dalle quali i lineamenti del volto son guastati. Non ci ha passione di sì spaventevole aspetto, come la collera, la quale ha contraffatti i più bei sembianti, e le più leggiadre forme ha travolte. Un antico filosofo consigliò un collerico di specchiarsi. Si pena assai a ravvisarsi in quell’atto, perchè lo impedisce l’alterazione incredibile della persona; ma ben si comprende quanto sia orribile questa passione. Nondimeno poco vale questo rimedio, perchè lo specchio, quando l’infermo vi si può guatare, essendogli nella più parte cessata la collera, troppo poco gli ritrae della sua bruttezza. Io tengo per più utile un altro, il quale è stato usato altre volte da un uomo conosciuto per la sua indole sollazzevole e dolce.

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Example

Questi menommi alle sue stanze, dove m’additò, per farlomi ben riguardare, un quadro ove era dipinto un giovine nell’età sua più forte, coi capelli ritti, con gli occhi stralunati e le vene gonfie, col petto affannato e collo proteso, con le membra tremanti, con le mani attratte, con l’abito sconcio e stracciato. Egli era in mezzo ad arnesi sparti e spezzati; e in fondo al quadro si vedeva gente a fuggire per salvarsi dal suo furore. Questa, diss’io, è l’immagine della pazzia furiosa. Questa è l’immagine mia, rispose egli: poneteci ben l’occhio, e a me la troverete del tutto somiglievole. Meravigliato allora io e confuso, mi diedi a riguardarla meglio, e vi raffigurai la sembianza, quantunque dal furore imbruttita, del signor D... Io pativa, disse egli, smisuratamente di collera; e tormentato dai dolorosi effetti di questa passione, e desideroso ancora di vincerla, mi feci dipingere, quale io m’era, quando ella più gagliardamente mi sorprendeva. Così contemplando questa orribile dipintura, e facendo di me paura a me stesso, son pervenuto ad emendarmi.

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Accanto alla figura del signor D.. era ritratto Socrate lieto tutto e riposato, quale egli perseverò fino al punto che vittima divenne della grande ingiustizia. Ecco, mi disse il signor D.. il modello degli uomini, e più dei collerici. Chi non ha letto che Socrate era di natura prontissimo ad accendersi? e pure fu tanto signor di se stesso, che non solamente non si lasciò mai trascorrere agl’impeti primi, ma tranquillo e giocondo anche in mezzo alle mortali ingiurie si tenne.
Queste son l’armi, continuò Sanicordio, che potete adoperare a vincere questa spaventevole passione. Ma altre ancor più forti ve n’ha, che tutte queste insieme non sono, e che da sè sole a liberarvene bastano. Voi, come dite, siete amante, e potreste venire in isperanza d’esser riamato, ove vi succedesse di potervi dalle vostre collere contenere. Anticamente gli innamorati a far prova della fede dell’amor loro pigliavano malagevolissime imprese: e perchè non conducete voi la donna amata ad imporvi esperimenti da superare la sciagurata vostra passione? Che se il cuore e la sua mano dall’esito delle vostre prove dipende, io non dubito che voi ne riporterete vittoria. Amore è il Dio delle metamorfosi; e da lui sperar dovete la fortunata trasformazione di voi stesso. Furono i miei consigli eseguiti, ed operarono pienamente salute.