Lo Spettatore italiano: L’adulazione
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L’Adulazione
Citation/Motto
Mentiris,
Dave; perge tamen, places. Terent.
Tu menti, o Davo; pur segui, mi piaci.
Pessimum inimicorum genus laudantesTacit.~k.
La peggior razza di nemici sono i lodatori.
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Di più forme è l’adulazione, a simiglianza del camaleonte, il cui
color si varia alla variazione de’circostanti colori. La meno rea e meno perniciosa è quella che gli
altrui pregi con soverchia laude esalta, la qual riesce ultimamente a corrompere l’adulato, poichè
egli, qual che il suo valor siasi, impara ad adulare se stesso. Trovasi un’adulazione che doti del
tutto fittizie commenda, la quale, non men che l’altre, piace ed arreca danno. Obbligo è una dovuta
laude: ma, conciossiachè un dono sia l’adulazione, riesce ella oltremisura piacevole e soave. Col
dare ad intendere ad uno ch’egli è quale di fatto non è; col porgli nell’animo ch’egli può avere
bene ed onore, senza doversi travagliare a meritarlosi, ella spegne il fuoco di temperata e diritta
ambizione. Evvi un’altra adulazione la quale per ottime qualità vanta i vizi e i difetti; e tanto
più pregiudica, quanto è più sicura nella riuscita, perciocchè dia estingue il verme della
coscienza, rimuove tutte le spiacevoli considerazioni, ed il luogo toglie a quella
disamina di se stesso, nella quale senza rossore entrar non si può. Tutti gl’idiomi sa ed usa
l’adulazione, ma spesse fiate consiste nelle opere: così una compiacenza illimitata è un’adulazione
più dolce che ogni esquisitissima laude: così l’imitazione è un’adulazione anche più sottile e più
penetrevole, la quale spesso coi vizi e coi difetti di due o tre guasta tutta quanta una Corte, e
con quelli della Corte un’intera nazione. È l’amor dell’adulazione naturale a tutti gli uomini, i
quali, avvegnachè lo appellino tosco, pur tirati dalla sua piacevolezza, per tosco non la tengono;
nè la man che lo compone, e loro artificiosamente il dà a bere, ributtano indietro. Traffico della
vita è l’adulazione, il cui incenso se uomo schifa e rifiuta, porge altrui cagione di estimare
ch’egli sdegna quello che non gli fu mai profferto. L’amor dell’adulazione non tanto dall’orgoglio
procede, come dalla piccola stima che facciamo di noi stessi. Se prendiamo in grado le lodi che non
ci appartengono, non da ignoranza di noi stessi, ma da sentimento di nostra dappocaggine nasce: e ci
piacciono più perchè ci consolano delle male qualità, che perchè diano maggior lustro alle buone.
Delle vere virtù nostre possiamo sicuramente, sempre che talento ce ne venga, aver vanto e nome; ma
di quelle alle quali noi con poco affanno intendiam di aggiungere, accettiam con animo grato il bene
che se ne dice, come una graziosa sentenza di combattute ragioni; e più è egli gratuito, più n’è
gradito. Si teme negli amici la sincerità che loro si chiede, e si professa loro
obbligo dell’adulazione per cui sono vituperati. Ameremmo, se fosse possibile, che sinceri fossero e
ci adulassero sempre; e se da quelli si pretende sincerità, nol facciamo che per meglio gustare
l’adulazione. Se natura inchina all’amor della lusinga e dell’adulazione, come se ne schermirà la
gente? Conviene in prima dirittamente sentir di sè, e seco medesimo essere schietto e leale. Chi non
si adula, non si lascia adulare. Finchè ci fieno quelli che immeritamente cercano lodi, abbonderà di
quegli altri che traggono all’adulazione, o per isperanza, o per paura, o per amore. Brighisi l’uomo
di scernere l’amico dall’adulatore, e li conoscerà a questo, che l’amico scuseragli i difetti ed
amplificherà i suoi pregi, ma egli, come dal fargli un oltraggio, si guarderà dall’attribuirgli lode
non vere. L’adulazione, sotto spezie di avere in pregio, spregia altrui daddovero, procedendo ella
dal tener da poco la persona adulata. Egli ci ha di molti che naturalmente essendo adulatori, senza
danno od utile che a ciò li muova, magnificano confusamente ciascheduno.
Degli adulatori poi per interesse è gran mercato per tutto;
E se a non lasciarsi vincere dall’adulazione è sì malagevole; ugual fatica è forse a
non divenire adulatore: conciossiachè molte cagioni ci abbia, le quali talora senza saputa nostra ne
traboccano in questo vizio. Colui al quale è mestieri avere il favor d’un altro, se nol può per
merito suo nè per opera a sè tirare, usa l’ingegno a dovergli piacere; e ne vien tratto tratto, solo
in ciò studiando, ad apparar l’arte, ed a reputar quella per la miglior cosa che gli convenga
acquistare. E non istarà guari ch’egli s’avvederà nessuno amar molto la gente, s’ella non istudia di
carezzare in altrui per molte maniere l’amor di se stesso. Quindi si fa egli incontanente più
sollecito a lodare i pregi de’suoi fautori che i suoi medesimi; ed ogni volta che in loro s’avviene,
empie loro il capo di bei sogni e di vaneggiamenti, ma con la guardia sempre di non dir cosa che
tanto o quanto il suo amor proprio offendesse. In questa guisa fatto il costume di ricorrere alle
passioni altrui, appreso bene a porre la speranza sopra tutte altre fondamenta che di valore e di
virtù; di rado si ritien fortezza e potenza che basti, in tanti provocamenti, a non ci lasciar
trascorrere a diventar menzogneri. Quando l’adulazione serve a mitigare l’amarezza della soggezione,
è alquanto da scusare: perciò i prigionieri adulano il lor carceriere, e gli schiavi il tiranno
loro. Ma l’adulazione prodotta dall’interesse è la più vituperosa di tutte e la più sfrenata. E chi
può senza indignazione udir certe bocche levare con somme lodi al cielo i più sozzi nomi del mondo?
È ancor senza esempio che crudelissimi principi e turpissimi uomini non abbiano avute
le lodi che hanno richieste. Ai romani imperadori sofferiva il cuore che con tempii e con sagrifizi
loro anzi la morte si facesse onore: ed in secoli più veggenti i titoli consecrati al culto della
divinità sono stati prostituiti a’mostri, obbrobrio e flagello della nostra spezie. Sieno
abbominevoli in sempiterno i vili adulatori che hanno tradita la causa della virtù e della libertà
per oro e per argento! Essi, contro la loro persuasione e contro l’animo loro, hanno commesso il
delitto di non far più discernere il ben dal male; e laddove bisognava contrastare al montar su
de’vizi, ne hanno incoraggiati i progressi e celebrate le conquiste.
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Example
Di questi semplicetti, e senza malizia e senza intendimento, è
Clifonio, il quale incantato e preso de’modi di tutti, si è fermissimamente abituato a pregiar tutti
quanti, a non vituperar cosa alcuna, neppur la malignità di quei che sente biasimare gli altri. E a
volergli prestar fede, la città è piena calcata di sapienti, di benigne, discrete e giuste persone.
Orfisia, notissima per le male pratiche, a giudizio di Clifonio, è donna di specchiata
virtù; e celebra la probità di Timandro, il quale, perciocchè poco tempo fa ebbe stato, fa de’suoi
tesori meravigliar coloro i quali in men che agiata condizione il conobbero. Tutti stomacano la
commendazione di Clifonio, e più quelli che più ne son degni. Che se altro lodator non ci avesse se
non Clifonio, la lode, anzi che c’innamorasse della virtù, ce ne disamorerebbe.
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Example
uno de’quali è Dolcino, uomo a cui non s’ode mai alzare la voce; il
volto sempre o col ghigno o col riso, gli occhi sempre soavi e carezzevoli. Egli è umile nello
abboccarsi e nel salutare altrui, entrante e piacevole nel favellare, ed arrendevole in ogni suo
atto e cortese. Coloro a’quali egli vuol essere a cuore, in ogni lor cosa lo stupefanno e lo
innamorano; e se essi piangono o ridono, egli sente con loro, e sta attento non loro alcun leggiadro
motto esca di bocca che senza sua commendazione trapassi. Piacegli ogni lor piacere; ama i loro
amici e divide le nemistà loro; approva ciascuna sentenza che essi sopra qualunque materia danno; e
tanto con essi si appicca e si dimestica, che quelli in certo modo pervenuti a non potere star senza
della conversazione e dell’usanza di questo lusinghiere, gli rimangono ultimamente soggetti e
vassalli. Molti noti per talenti e per merito sono stati preda di Dolcino; e ciò mostra che meno
agli insensati che agli intenditori nuoce l’adulazione, perchè è quasi impossibile l’adulare un
insensato più di quello ch’ei non aduli se stesso.