Lo Spettatore italiano: Il buono e il mal umore

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Niveau 1

Il buono e il mal umore

Citation/Devise

La fortune et l’humeur gouvernent le monde. Le ca
price de notre humeur est encore plus bizarre que
celui de la fortune

Citation/Devise

La Rochefoucault~k.

La fortuna e la vaghezza governano il mondo: ma ‘l
capriccio della nostra vaghezza è bizzarro eziandio
più che quello della fortuna.

Niveau 2

Niveau 3

Exemple

Allégorie

No, non me ne cale, diceva io un giorno; e fremeva di sdegno e di rabbia. Pregando male all’universo mondo, mi lasciai cadere nel mio giaciglio, e mi disposi a voler dormire per passare malinconia; ma non valse. Sono tutti gli stessi, esclamai, togliendomi da giacere: tutti gli uomini sono malandrini, tutte le donne . . . . Al pronunziar questa parola tutti, mi sentii commosso il cuore. Ma l’ira mia essendo strabocchevole, per l’ingiuria di pochi, senza considerazione, io biasimava tutta l’umana famiglia. Su e giù per la camera andando, mi ingegnava di darmi a credere che con forte animo io sofferiva ciò che sì gran turbamento mi recava: ed ecco mi si fece innanzi il mio servente con in mano una lettera, la quale io, quasi per rabbia, gli tolsi, e gl’ingiunsi di tosto andar via. Quella non dico apersi, ma ruppi, e non prima compiei di leggerla, che il corruccio e il furore si dileguarono. Pacificatomi e rallegratomi tutto, mandai mille benedizioni al mondo ed agli abitanti suoi, che tutti allora buoni e santi mi sembravano. Sentii pur commuovermi il cuore, ma ad una gentile e delicata affezione. Suonai; e il mio famigliare, venendo, non altrimenti che se sospetto avesse del mio sdegno, fermatosi in su l’entrata, timidamente mi disse, che era pronto a’miei comandamenti. — O, sei tu, Giacomo, gli rispos’io soavemente: entra, fammi un buon fuoco prima; e poi anderai per lo mio vicino Gal * *, e gli dirai che oggi ne venga qui a desinar meco: e se t’è a grado, menane teco il suo famigliare. — Giacomo, tra per lo piacere e per la meraviglia, alquanto sopra sè stette, e poi mi rispose, che farebbe. — Or va, gli soggiunsi, spacciati prestamente di questo; e fa, quando sarai tornato, che tu mi rechi qui l’abito mio nuovo. Meravigliato Giacomo, da capo guatommi un poco nel viso, e andò via. Sì tosto come egli fa uscito fuori, e l’uscio richiuso, io chiaramente conobbi tutta la mia pazzia. Deh! che poco senno è il mio, dissi allora, a lasciare aver di me governo ad ogni passione, durante il quale non possono sopra me i sentimenti miei più generosi. E perchè ho da garrire a torto uno innocente, quando sono ad ira incitato? E perchè son io così troppo buono, quando m’accade ben de’miei fatti? Ciò nasce perchè l’uomo è un essere composto, ora dalla passione, ora dalla ragione menato, aggregato stravagante di bene e di male, come gli avvenimenti che incontra nella vita. Ma è egli ben fatto questo, che io lasci fare tal governo di me ? — E come nel potresti tu distornare, levavasi a dirmi l’Orgoglio, già entrato in dubbio non io mi rammaricassi della mia condotta: che colpa hai tu di quello che ha in te la natura operato? o avrebbe ella mai il tuo cuor di passioni empiuto perchè di niun uso fossero? Or non hai tu ogni ragione di dolerti e riscaldarti degli oltraggi e delle villanie che fatte ti sono? — Ed in quella che io così discorreva, diedi forte delle molle ad uno stizzo, e percossi di un gran calcio il mio cagnuolo che mi dormia quatto quatto tra’piedi. Non così tosto le lamentevoli sue grida m’ebbero ferito l’orecchio, che io sentii di nuovo intenerirmisi il cuore. Non ti riprendo io, mi disse la Coscienza, dello adirarti in color che ti offendono e trafiggono, massimamente nel tempo che duole la ferita: ma io ho per male che tu, per la colpa di pochi, ti sdegni con tutti. Nè m’incresce che tu ti ricrei e faccia festa quando la volubil fortuna ti rende i suoi favori; ma non posso approvare che tu non sappi di te stesso esser signore per sostenerne con temperato animo il propizio aspetto. Non dico io già che tu le tue passioni deggia dal tuo cuor dibarbare e torre via, ma solamente che tu quelle, acciocchè lieto e sicuro e savio ti facciano, dentro a’convenevoli termini ristringa. — E perchè quando sei tu crucciato, ha da esser percosso cagnuol tuo? Perchè al tuo servidore, quando tu gioisci, dai per andare alla taverna? Se Giacomo ottimamente ti serve e ne lo vuoi rimeritare, fallo quando ei giusta cagione te ne porge: e se fa male il suo ufficio, tu ne lo dei ripigliare, ma soavemente e senza impeti. — Or non tenerti offeso delle ammonizioni che per la più nobile parte di te stesso ti son fatte. Prendi i miei segreti consigli, le mie giuste rampogne e la tacita mia approvazione in buon grado. Io porrò freno alle tue passioni, modo alla tua mestizia, ritegno alla tua gioia, e ti conserverò, qual tu sei, sincero, buono e diritto. Le estreme parole posero in pace il cuor mio con l’animo, e mi aveano sì confortato e raddolcito, che io meco deliberai di far per innanzi nè più nè meno di quello che dentro dal mio cuore mi sarebbe spirato. Quindi allettato il fido mio cagnuolo, n’andai nel mio giardino a maturare e consumar bene quello che la ragion m’avea porto; e dando assai lunghe volte per indi, intesi a ricoverar l’appetito, che per le passioni, le quali guerreggiato e scosso m’avevano, si era del tutto dileguato.