Lo Spettatore italiano: L’amante interessato

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Ebene 1

L’amante interessato

Zitat/Motto

Nec Veneris pharetris macer est, aut lampade fervet:
Inde faces ardent, veniunt a dote sagittae. Juven.~k

Non Vener usa in lui dardo o facella:
Dalla dote esce ‘l fuoco e le quadrella.

Ebene 2

Non havvi sì spregevole uomo nel mondo, com’è colui che i ricchi maritaggi va cercando. Chi ad amare alcuna donna non da altra cagione è mosso che dal desiderio di adagiarsi per la colei fortuna, senza alcuno amoroso pensier di lei, senza ammirar le doti dell’anima sua, offende assai più che quegli il quale con viva forza e con minacce di morte la costringesse a dargli in mano le sue ricchezze. Sotto velo del più dolce e più lusinghevole affetto del cuor umano asconde egli la sua cupidigia e il suo egoismo, per consumare un abbominevole latrocinio. È cosa difficile sicuramente e quasi impossibile ad infingere le tenere affezioni, le sollecitudini delicate d’un amore verace: ma l’inesperienza aiuta la seduzione, e la vanità delle donne di lieve si fa a credere che alle grazie e alla bellezza fumi quell’incenso che essi ardono all’idolo della Fortuna.

Ebene 3

Exemplum

Ebene 4

Fremdportrait

Onoria, ricca erede e di molto onesto lignaggio, si seppe dagli inganni dell’amor proprio guardare. Rimasa in su i venti anni senza genitori nè parenti allato, che di lei cura prendessero, si approfittò della savia educazione ricevuta, per assicurarsi di passare contenti i suoi giorni. Non di grande bellezza nè di vivace immaginazione l’avea dotata la natura; ma piaceva per le semplici ed attrattive sue maniere, pel suo spirito giudizioso e colto, e per la bontà del suo cuore affettuoso. Univa insomma in se stessa quanto potea giovare alla felicità di uno sposo, ed a render felice se medesima nei vincoli del matrimonio. La giovane Onoria adunque ricca e piacevole incontanente si vide fra mille amanti;
ma non dissimulò a se stessa che la maggior parte di coloro i quali le sue nozze desideravano, mirava principalmente alle sue ricchezze. Pur tutti riceveva cortesemente, e facea loro lieta accoglienza; e fu uguale con tutti la sua cortesia, perchè a niuno potesse cader nell’animo di averla niente tocca o invescata. Conosceva essa appieno quanto le lodi a lei date, e l’onor da essi fatto, fossero da stimare. Fra tanti innamorati di Onoria uno finalmente ve ne fu che vinse i suoi rivali. Osservò ella da principio la perseveranza di Doramante senza alcun commovimento; ma dopo non molto tempo se ne compiacque in guisa ch’ella durava fatica a non far parere sul viso il secreto del cuore. A misura che crescevano le amorose cure di Doramante, cresceva pure l’inclinazione di Onoria in favore di lui, ed ultimamente fu ridotta a desiderare ch’egli il suo amore le aprisse. Era costui, che tanto avea di sè accesa Onoria, gentilmente nato, educato liberalmente e bello della persona; ma siccome scarsissimo di beni di fortuna, andava egli attorno per una dote che a stato ed a splendore il levasse. Avendo egli adunque tanto vagheggiata e sì lungamente servita Onoria, ch’ella già doveva aver compreso l’animo suo, all’ultimo le dichiarò, che se il voleva ella fare l’uomo più felice del mondo, a lei stava. Accolse Onoria la proposta per tal modo, quale ad onesta e savia donna si apparteneva. Non consentì ai voti dell’amante, ma non li rifiutò. Tanto bastò a metterlo in isperanza, e fargli credere che tosto sarebbero compiuti i suoi voti. Benchè presa del costui amore, non era però l’animo d’Onoria del tutto esente di timori, e talvolta rimproverava a se stessa di non avere abbastanza provato la sincerità del suo affetto, innanzi ad affidarlo. Imprudente ch’io sono, diceva ella a se medesima, come posso io credere che egli cerchi la mia persona e non le mie ricchezze? Come posso io esser sicura che egli non finga d’amarmi che per soddisfare alla sua cupidigia? Mette egli, è il vero, in me ogni suo studio ed ogni sua pena, e molta tenerezza mi ha dimostrato: ma non ho veduto io tanti altri amanti in simil guisa trattarmi? E qual cosa dunque mi ha condotta ad eleggere Doramante? Oh Dio! non ve n’è alcuna che sia dalla mia ragione approvata, ed io alla cieca inclinazione del mio cuore mi lascio strascinare. Per uscire da questa penosa incertezza, s’avvisò Onoria di usare un innocente stratagemma. Continuò a ricevere le visite del suo amante, ed in ciascuna gli veniva aggiungendo la speranza. Un giorno ch’egli pieno di gioia le si fece innanzi, come credendosi di ricevere la promessa della sua mano, la trovò, immersa nel dolore, che stava leggendo una lettera, tutta delle sue lagrime bagnata. Scosso Doramante a questa inaspettata vista, ricorse all’ansietà di un amante che fa suoi propri gli affanni della cosa amata, e la sollecitò a manifestargli la cagione del suo turbamento e del suo dolore. Onoria gli porse la lettera per risposta; ed, ahi! quanto il percosse la lettura di quella, in cui la novella si conteneva di un fallimento che la massima parte delle sue facoltà le aveva tolta! Stette buon tempo sopra sè tacito, e Onoria intanto per assai occulta maniera il considerava atto per atto: finalmente lasciando egli tutte le convenevolezze, le disse: che oltremodo gli rincresceva del caso infelice, ma che non poteva, senza pericolo di diventar uno sventurato, sposar una donna priva di dote. Bene sta, rispose tutta rallegrata Onoria, non voglio che voi abbiate mai a rimproverarmi d’avervi io fatto sventurato. Questa improvvisa mutazione turbò Doramante; ma quanta fu ancora la sua confusione, poichè seppe che la lettera era stata supposta a sperimentar la verità dell’amor suo? Seguitò Onoria a ricevere per qualche tempo di omaggi di molti vagheggiatori, ed antepose finalmente a tutti Filadelfo, del quale giudicò sincero l’affetto. Aveva egli di buon grado speso il meglio dell’aver suo a riparare la riputazione del fratello, il quale, per inaspettate disavventure, non si era trovato in condizione di adempier certe promesse alle quali s’era obbligato. Chi ha in sì liberal modo dispensate le sue ricchezze, discorrea seco Onoria, non deve potere, per avarizia, ingannare una donzella: Filadelfo sia il marito mio. Fu premiata Onoria della propria generosità, poichè godette nel consorzio di Filadelfo tutte quelle contentezze che può l’amore e la virtù generare.