Lo Spettatore italiano: L’età felice

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L’età felice

Citation/Motto

N’abusons pas des droits que nous avens sur eux:
Ils ne nous sont donnés que pour les rendre heureux. La Chaussée~k

Non abusiamo del potere che abbiamo sopra di loro;
atteso che quello non ci fu concesso per altro che
per farli felici.

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Heteroportrait

L’autore della natura, siccome ha voluto che all’età puerile fossero compagni i giuochi, i trastulli e i piaceri, così pare che abbia costituiti gl’innocenti fanciulli in uno stato supremamente felice. Di fatto essi cominciano lieti il viaggio della vita, quasi muovessero per una via tutta sparsa di fiori; e non preveggono neppur uno que’tanti pericoli ed infortunii che loro sovrastano. La loro anima, non preoccupata da triste sollecitudini e da falsi giudizi, riceve quelle deliziose percezioni che le son portate dai sensi, vagheggia se medesima e s’imprime ad ognora di mille ridenti immagini. Quelle picciole molestie, onde alcuna volta è turbato il suo riposo, non hanno origine in lei: però si dileguano rapidamente in un cogli oggetti che le fecero nascere, e non lasciano di sè nemmeno un leggiero vestigio.
Ora che direm noi di quelli educatori indiscreti e selvaggi, i quali, contrariando l’intendimento della natura, aggravano i fanciulli (per così parlare) di molte catene, e volendo procacciar loro una lontana felicità di cui per avventura non son per godere giammai, si argomentano di dare a quest’opera un convenevole principio col ridurli a condizione d’infinita miseria? Come non ci sdegneremo in vedere quelli sfortunati piegare il collo sotto un durissimo giogo, ed essere condannati a durare gravissime fatiche, senza avere a rincontro veruna certezza di poterne raccoglier buon frutto quando che sia? L’età dell’allegrezza trapassa in mezzo alle minacce, ai castighi, alle lagrime, o se ci sono al mondo altre brutte cose che si accompagnino alla schiavitù. Entrate in uno di que’luoghi dove i poveri fanciulli son più veramente tormentati che addottrinati, e vi sentirete dire dal duro maestro ch’egli usa in essi la sua crudeltà per ben loro. Stolto! ch’ei non si avvede, come in cambio di provvedere alla futura salute di quei meschinelli, non riesce ad altro che ad affrettar loro il morire. Imperocchè è cosa indubitata che l’età della puerizia, siccome è di tutte la più avventurosa, così è pure la più debole, e per conseguente la più prossima all’ultimo giorno. Sallo il cielo quanti fanciulli vengono meno all’umana repubblica, per ciò solo che hanno un padre o un maestro stemperatamente severo. Quelli sventurati si tengono ben contenti di potere una volta fuggir la vista dei loro barbari persecutori; e il solo pro ch’essi ritraggon dell’aver sopportato cotanti mali, si è di morire, senza lamentare l’abbandonamento della vita, di cui non conobbero, nè assaporarono mai altro fuor che l’amarezza e gli affanni. O padri di famiglia, e voi tutti che tenete il luogo di quelli, guardatevi che i fanciulli non sieno per colpa vostra infelici; chè offendereste una delle prime leggi della natura. Fate in vece per modo che amandoli voi con vero affetto, e secondando i piaceri della loro età, elli non per altro si stimino beati che per essere sotto la vostra obbedienza. Chi di voi non ha qualche volta sospirato quel tempo in cui fiorisce in bocca il riso, e l’anima tutta lieta gode sicura pace? Perchè vi mostrerete invidiosi del felice stato dei pargoli innocenti, coll’impedir loro il godimento di un bene cui, quantunque il volessero, ei non saprebbero nè potrebbero meno che onestamente usare? A qual fine vi studierete di amareggiare le infinite dolcezze di quella prima età fugacissima, la quale così come s’è dilungata per sempre da voi, così nè anco a loro farà ritorno mai più? Sapete voi forse il punto in che la morte verrà a rapirvi i vostri piccoli figlioletti? O sconsigliati! non vi andate procacciando cagioni di vano pentimento, coll’abbreviare i loro giorni, ai quali la natura ha assegnato un più lungo e prospero corso. Sì tosto come ei cominciano a comprendere quanto importi l’aver avuto un essere, fate che gustino in pace i piaceri onde quell’improvvisa percezione è seguitata: e per voi non rimanga ch’eglino si partano dalla vita, senza che in prima abbiano goduto alcuna parte di sue delizie. Non vi curate delle grida di que’falsi filosofi, i quali, presumendosi di mutare l’intrinseco della nostra natura, vogliono che teniamo il presente in conto di nulla, ed appoggiano tutte le nostre speranze all’avvenire: quasi ch’elli ignorassero come l’obbietto della nostra felicità si fa via via lontano, secondo che procediamo a nostro cammino, e non può da noi esser raggiunto giammai. Qui mi si oppone, che a voler correggere e indirizzare a bene le cattive inclinazioni dell’animo umano, non è tempo più acconcio quanto quello della puerizia: appresso che, a fine di risparmiare asprissime pene all’uomo già pervenuto a perfetto uso di ragione, è necessario di raddoppiargliene quando esse pungono assai leggiermente. Ma chi vi assicura che possiate recare ad effetto sì provvida intenzione; e che i pomposi precetti onde vi piace d’ingombrare la tenera mente di un fanciullo, non sieno per tornargli piuttosto in danno che in utile? Perchè gli porgete maggiori gravezze di quelle che il naturale suo stato non comporta, senza che abbiate certezza che i suoi mali presenti gli saranno scala a diventar felice nel tempo avvenire? E qual prova mi addurrete voi che valga a persuadermi come que’suoi disordinati appetiti, che voi vi confidate di poter reprimere e temperare a vostro senno, non derivino più presto dalle vostre inopportune sollecitudini e dai vostri pessimi esempi, che dalla innata tristizia di lui? Oh invero sottilissimi fabbricatori di felicità! Oh mirabil opera e tutta piena di squisita sapienza! Porre gli uomini in attuale certissima miseria, per farli posseditori d’una dubbiosa beatitudine quando che sia!1 Chiunque imprende ad educare i fanciulli, per fermo non debbe intendere ad altro che a farli pienamente felici. Mentre che dura quel tempo, ahi! troppo scorrevole, in cui ogni loro inclinazione, ogni desiderio, ogni diletto è conforme al discreto ordinamento della natura, e sincero d’ogni male, stolto è chi si adopera di circoscrivere il loro ben essere: conciossiachè non nella puerizia, ma solo nelle altre età possono le sventure insegnare all’uomo a rendersi virtuoso. Anzi, ivi i germi della virtù si troveranno aver meglio fruttificato, dove essi furono nudriti dall’aura della voluttà. Colui che passò lietamente la sua fanciullezza, ne avrà di continuo un dolce ricordo; talchè rivolgendo seco stesso la giocondità delle antiche sensazioni e l’innocenza de’primi affetti, farà proposito di tenere ben strette al cuore tutte le sue virtù; e non resterà mai di ringraziare il Cielo, perchè non con altro mezzo gliene abbia procurato l’acquisto che col farlo felice nel primo tempo della sua vita. Nè sia chi dica che sì fatti principii importano la necessità di educare i fanciulli con soverchia mollezza, e tendono per conseguente a spegner nell’animo loro ogni favilla di gagliarda: chè dal felicitare un fanciullo al corromperlo è gran differenza. Prevenire i suoi giusti desiderii e provvedere ai suoi bisogni, per certo non è il medesimo che nutrire il suo orgoglio, soddisfare ai suoi capricci, mantenere la sua pigrizia, ed indurlo a farsi tiranno di coloro i quali, mediante una saggia educazione, si affaticano di procacciargli un’immensa dovizia di beni. Invero egli è per l’uomo una cosa di sommo momento il conoscer per tempo la fragilità della sua natura, ed imparare ch’ei non avrà nessun altro scudo contro alle potenze e ai travagli di questo mondo, fuor quello che gli sarà somministrato dalla pazienza. Imperocchè si converrebbe stimare ch’egli fosse assai poco addottrinato nell’arte del ben vivere, ove non avesse appreso a sopportare con forte animo i colpi della fortuna. Ancora rileva moltissimo alla felicità dell’uomo, ch’egli, per avere in sua giovinezza regolatamente lavorato in vari esercizi, abbia potuto crescere le forze sì del corpo, sì dell’ingegno, e prender abito ed affezione alla fatica; la quale così come dovrà essere la più consueta delle sue operazioni, così varrà più che ogni altra cosa a sicurarlo dai gravi fastidi ond’è piena la vita. Però in educando un fanciullo non si vorrà pretermettere d’insegnargli a combattere e vincere le dure necessità che sono congiunte alla nostra mortal condizione: ma sarà di mestieri che i genitori tengano verso di lui una moderata severità; che i maestri nel punire i suoi falli seguitino le leggi della giustizia; in somma, che gli uni e gli altri si studiino di sgombrargli dall’animo ogni tristezza; e non tanto l’abbiano in grado di figlio o di discepolo, quanto di caro amico. Ciò che maggiormente repugna alla felicità de’fanciulli, si è quella parte di educazione che risguarda il governo del corpo loro. La quale, secondo è universalmente usata, par che abbia per fine di violentar la natura, e comprimere quel segreto instinto che induce i fanciulli a dare alle lor membra un continuo movimento.

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Example

Non così adoperavano i Greci e i Romani, gente molto profonda nella cognizione del nostro essere; i quali portavano costante opinione che per disciplinare i giovanetti nelle arti della sapienza, non si dovesse punto impedire l’accrescimento delle corporali potenze di quelli. Quindi l’ateniese gioventù ascoltava gl’insegnamenti degli antichi saggi, non chiusa come in un carcere, ma libera sotto l’ombra degli olivi dell’Accademia o dei platani del Liceo. E Seneca, là dove discorre intorno agli usi ch’erano particolari dei giovani romani al tempo della repubblica, dice ch’essi stavano sempre in piede; e non attendevano a nessuna disciplina, per apprender la quale avessero dovuto porsi a sedere.
Per contrario mostra che i moderni s’abbiano proposto di tenere un modo affatto diverso da quello degli antichi; essendo che tutti i loro studi (secondo che acutamente scrisse Montaigne) sono poltroneschi, ombratili e librarii. Nessuno pon mente che l’aria e la luce sono i principali efficienti della natura; e che per conseguente tanto è il privare un fanciullo dei loro benigni influssi, quanto il volere l’estremo suo danno. Mirate quelli arboretti che stanno racchiusi dentro le stufe: benchè il giardiniere li coltivi con ogni possibile industria, ciò non ostante elli vegetano a mala pena, e producon frutta scolorite ed insipide. Guardate quelle bestie feroci le quali, mentre andavano errando per le foreste, pareva che contrastassero all’uomo il dominio della terra, or ch’elle sono serrate in piccolo luogo ed avvinte da forti catene, danno chiari segni della loro interna mestizia, ed offrono altrui la perfetta immagine di tutti gli orribili mali che sono seguaci alla schiavitù.

1V. De l’Èducation, par I. F. R., lib. I.