Il Socrate Veneto: N. XIII
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Nível 1
N. XIII.
Della nobiltàNível 2
Io duro molta fatica nell’adoprar con voi la ragione, poichè ben spesso discorrete follemente, e ponete tutti i vostri vantaggi in ciò, ch’è fuor di voi. So benissimo che siete nato d’una stirpe e nobile ed antichissima; ma dovete pur voi sapere ch’è una sciocca vanità il gloriasi del bene, e dell’onore altrui. I meriti degli Avoli sono marche d’infamia a’lor nipoti, che degenerano dalla lor virtù; e la gloria di quelli per la sua opposizione fa meglio conoscere la vergogna degli altri. La virtù d’un uomo dabbene può essere qualche volta utile a un vizioso; ma non aspettate mai di acquistar una vera lode, se non ve la meritate da voi medesimo. Per altro io bramerei piuttosto che in vece che i vostri Antenati vi rendessero illustre, voi deste gloria ad essi; e che io riguardo vostro fossero conosciuti, siccome voi non lo siete che per mezzo loro. Ma se da sestessi sono famosi, tentate ogni strada per rendervi simile ad essi; annobilitevi con le vostre azioni: avvegnacchè se non avessero fatto qualche cosa degna di lode, non sarebbero giammai stati nobili. Altrimenti a che serve la gloria de’Padri a’figliuoli, che non sono noti se non per la loro infamia? il lustro di quelli non altro fa che oscurarli.
Potiamo bensì ricevere il corpo e l’eredità da’nostri Genitori, ma l’onore è personale: colui che lo possiede non può lasciarlo in testamento a un suo figliuolo; e talvolta chi fu plebeo, vide un suo figlio Gentiluomo.
Così il più prezioso bene che un figlio può ereditare non è in podestà del testatore; e le donazioni che fannosi con cerimonie tanto solenni non sono che per lasciare a’figliuoli le più picciole cose, privandoli delle maggiori! Potrei quivi adurre un’infinità di simili esempj per far vedere che spesse volte i grandi Eroi che si chiamano Semidei generano de’figliuoli, che neppur sono Semiuomini. Oltre a ciò quel gran splendore della Casa vostra non serve ad altro che ad impedirvi di vivere occulto, e con ciò vi toglie il più dolce riposo della vita, e il modo di vivere a voi stesso. Si dirà in pubblico tutto ciò che farete in particolare. Si vorrà sapere come voi viviate in Casa vostra; e pare che i vostri Antenati vi abbiano messi tutti i vicini per tanti esploratori ad esaminare le vostre azioni, ed osservar se imitate i vostri Antecessori. Tutte le vostre parole saranno ridette, si farà giudizio sopra i vostri pensieri, ciascuno s’impaccierà nella vostra condotta, faranno vagliate le più picciole particolarità, e coloro che ci avranno minor interesse vorranno entrarci più degno altri nel maneggio de’vostri affari.
Il frutto di quello splendore, che voi credete ritrarne, è, che se vi allontanate un poco dal cammino della virtù, sarete chiamato il disonore della vostra prosapia, veggendo che abbandonate un sentiero, per cui sono passati tutti i vostri Avoli. I vostri più piccioli difetti non saranno senza biasimo, anzi tutti saranno inescusabili. Vi converrà sempre operar nobilmente, o disonorare la qualità vostra. Se non sarete che le cose comuni, non sarete creduto successor legittimo di vostro Padre. In una parola, è assai difficile il nascondere il Sole, e l’impedire che non si veggano le cose più belle del Mondo. Lasciando adunque da parte queste vane immaginazioni di grandezza, persuadetevi che la Nobiltà non consiste nella nascita, ma bensì nella vita, e sovente ancor nella morte. Che se l’estrazion vostra vi rende illustre, sfuggite tutti i motivi d’un disonore, che tanto più comparisce perchè è opposto alla gloria. Altrimenti sarebbe meglio esser nato nella capanna d’un Pastore che in un Palagio, se non si risplende che per meglio mostrare il suo obbrobrio al Mondo tutto. Gli adulteri, i ladri, in somma tutt’i scellerati cercano sempre le tenebre, e non vi è che la falsa Nobiltà, la quale nella sua infamia ami la luce, e desideri di farsi conoscere: mentre che sarebbe meno biasimata, se fosse men conosciuta. E poi la grandezza è mal fondata, qualor si appoggia sopra l’antichità; poichè questa è la madre dell’obblio, e toglie il credito alle cose che l’hanno. Quante Famiglie Nobili vi furono in altri tempi, di cui ora null’altro si sa se non che sono estinte? Forse voi stesso ne avrete vedute alcune, che godevano ogni sorta di prosperità, e che in pochissimi anni perirono per un colpo calamitoso.
Quell’antichità pure, che forma il soggetto della vostra ambizione, è una cosa assai vana, poichè tutta la gloria che ne risulta non è fondata sopra il vostro merito, ma su la dimenticanza degli altri. Ogni cosa in questo Mondo è confusa, ma principalmente la continuazione delle successioni è assai imbrogliata. Nulladimeno in questo imbarazzo voi avete avuto il vantaggio non dirò già di essere più nobile, ma solamente d’essere più conosciuto. Tutti gli uomini, per quanta diversità essi abbiano, riconoscono una medesima origine. Non vi fu che un Padre comune a tutto il genere umano; questa è una sorgente universale, che si diffonde sopra tutti coloro che partecipano della sua natura, colla condizione però, che ciò ch’è di più chiaro in essa s’oscuri a poco a poco; e ciò che sembrava occulto, venga in luce a suo tempo. Così noi non dubitiamo dell’origine; ma ricercasi per quai canali scorra in vostra Casa. Donde viene che colui che jeri arava la terra, la spaccia oggi da Cavaliere, e che quel Cavaliere, il quale facea pomposa comparsa in una Città, conduce oggi i Buoi al pascolo? Penso adunque che quel detto di Platone non sia solo una verità, ma un oracolo, cioè che non v’è Principe alcuno, che non discenda per dritta linea da qualche schiavo; nè schiavo alcuno che non sia uscito dal sangue illustre di qualche Principe. Or poichè la condizion degli uomini è tanto varia ed incostante, che si perde e si acquista molte volte un medesimo stato, non conviene stupirsi se un bifolco ritorna alla guerra, e se un soldato in vece della spada prenda l’aratro.
La ruota delle cose umane è grandissima; e perchè il giro ch’essa fa è molto lungo, non potiamo interamente osservarlo nel breve corso della vita nostra: altrimenti chiaramente vedremmo i diademi de’Pastori, e le officine de’Monarchi. Il tempo inganna presentemente la memoria degli uomini; perchè essa trovasi occupata e divertita altrove; ed è in vana idea della nobiltà, che ci gonfia straordinariamente il cuore, e ci fa perdere la vera gloria per ricercar la falsa. Ad onta di tutte queste ragioni voi fate ritorno agli Avoli vostri, per allontanarvi da voi medesimo; e pure sarebbe d’uopo che a voi solo pensaste. Procurate di sostituire in luogo vostro non so quali persone, che non possono rispondere per voi, avvegnacchè i loro proprj affari li occuperanno abbastanza, quando si verrà al giudizio definitivo della vita di tutti gli uomini. Conviene che facciate il processo a voi stesso, e che abbiate buoni testimonj, per non avere giusti accusatori. Del resto, ritornando agli Antenati vostri, quelli solamente sono stati nobili, che coll’ali della virtù hanno cominciato ad innalzarsi sopra il comune degli uomini. Questa è l’ultima radice della vostra nobiltà; ma salite più alto, e vedrete che i Padri di questi illustri predecessori erano sconosciuti e poco considerati.
Credete adunque che un uomo, per parlar rettamente, non può nascere Gentiluomo, ma deve divenir tale con la sua industria. Non è già il nascere che rende illustre, ma bensì il vivere da uomo dabbene. Il solo vantaggio ch’io trovo nel soggetto che fonda le pretese della vostra gloria è, che non mancheranno esser più in casa vostra, tanto più facili a seguirsi, perchè vi saranno come naturali. Siete obbligato ad operar bene per una felice necessità, col timore che non imitando i vostri Antenati, si creda che non siate loro legittimo erede. Che se poi non volete valervene per un tal fine della nobiltà vostra, chiamo questo un male sensibilissimo, e che mette un uomo in gravissime difficoltà. Non so perchè mai succeda che si duri più fatica nell’imitar i suoi, che gli stranieri; quasi che la natura ci volesse mostrare che la virtù non sembra un bene ereditario nelle famiglie. A mio mal grado lo dico, ma la cosa parla da se stessa. Ben di rado si vede, che un Padre eccellente in merito ed in virtù abbia un figlio a lui simile. Può averne il volto, ma spesso non ha le qualità sue; e per la rassomiglianza esteriore sembra che la natura si voglia persuadere ch’egli l’ha prodotto, perchè in veder le sue azioni non potremmo mai crederlo.
Nível 3
Exemplo
Cesare fu assai più illustre di suo Padre; e il Figlio di Scipione sopranominato l’Affricano, visse sconosciuto, mentre senza dubbio sarebbe stato assai rinomato, se la fama fosse una cosa ereditaria. Suo Padre in vero poteva amarlo, ma non mai renderlo celebre; e quel grand’uomo vide nel suo figlio ecclissato quel gran splendore, ch’erasi sparso per tutto l’Universo.