L’Osservatore veneto: N. IV

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Livello 1

N. IV.

Della vecchiaja

Livello 2

Quando vi lamentate d’esser vecchio, come in fatti li siete, pare che vi rincresca d’essere giunto al fine delle vostre brame. Desiderate di vivere lungo tempo, e poi vi pentite d’essere vissuto: o per discorrerla in altro modo, vi sempre avete fatto viaggi, or perchè vi stupite d’essere arrivato al luogo, ove avevate dissegnato di giungere? Converrebbe piuttosto stupirsene se mai non vi foste arrivato. Noi si distruggiamo insensibilmente, nè l’età più ritornano al lor principio. Non avete cominciato a crederlo, se non quando dovete lasciar di vivere. Questo è il solito inganno del Mondo, che un uomo solo ha quasi tante diversità nelle sue opinioni; quante tutti gli Uomini insieme. I Giovani, cosiderando il tempo che hanno a vivere, lo giudicano assai lungo perchè non è ancor venuto; e i Vecchj al contrario lo stimano assai corto, perchè già è passato. Quello che ha a venire sembra più esteso di quel ch’è presente, benchè in fatti non abbia maggiori limiti; perchè il moto natural delle cose che si accostano al loro fine sembra essere più veloce. Ma in vece di affligervi per la vostra Vecchiaja, parmi che dobbiate piuttosto rallegrarvene: purchè non sia viziosa, come d’ordinario è la Gioventù. E quand’anche non aveste fatto altro, che rientrar in voi stesso verso il fine de’vostri giorni, sempre l’età vostra caduca vi sarebbe vantaggiosa. Anzi questo è un manifesto segno che Iddio vuole la vostra salvezza; perchè avendo permesso che perdeste il vigore del corpo, v’ha egli fortificato colla speranza d’una perfetta immortalità. Anche Cesare assicurò quel buon vecchio Egiziano ch’egli era molto caro agli Dei, poichè l’aveano sì lungo tempo lasciato tra gli Uomini. In fatti non è picciol favore l’arrivare a un’età, che è conceduta a pochi; ed è un prodigio il vedere un uomo ancor vivo, sano, e robusto, dopo aver superato un’infinità di pericoli. Vi lamentate dunque d’essere presso il fine di quel viaggio, che non avevate intrapresa che per terminarlo. Riposatevi dopo esservi molto affaticato. Non sarebbe saggio quel viandante che sentendosi spossato per le fatiche del cammino, volesse di nuovo incontrarle. Quelli che sono stanchi nulla più amano che un favorevol ritiro. Convien dire che i travagli della vita vi dessero un gran piacere, poichè vi rincresce di doverli lasciare. In somma, se eravate bramoso di vivere, siete già vissuto; e se dovevate necessariamente vivere, avete già a questa legge ubbidito. Niuno può affligersi per vedere un effetto che avea bramato: quando però non giudicasse che le sue brame fossero o ingiuste o temerarie; nè v’è alcun che non sia contento d’essere venuto a termine d’una cosa, che non potea nè lasciar, nè fare senza molte difficoltà. Bisogna dunque che voi vi rallegriate, o per aver conseguito l’effetto delle vostre brame, o per aver soddisfatto a un dovere assai pensoso, ma pur necessario. Ma temo che voi non vi lamentiate tanto del tempo già passato, quanto de’piaceri, che pajono coll’età fuggiti. Se però i piaceri del corpo vi han lasciato, godete adesso di quelli dello spirito. Non possono abbandonarvi se non quando lo spirito stesso vi lascierà; perchè essendo necessariamente uniti, conviene che sempre lo seguano. I piaceri del corpo conducendo sempre a qualche difetto, quando partono, cagionano dispiacere e pentimento, e non ci lasciano che vergogna e dolore. Dovete adunque gioire, veggendovi libero da tutte queste pene; e ringraziar dovete la Vecchiaja come vostra liberatrice, che vi ha levato dalle mani de’vostri avversarj. Oltre di che la Vecchiaja in se stessa ha le sue contentezze, come pure le sue afflizioni. Quando avrete cominciato a gustarle, non troverete che amarezza ne’piaceri di già perduti. Non crediate per tanto che questa vostra canutezza vi disonori: essa è un contrasegno della vostra autorità e temperanza. I vostri bianchi capelli mostrano soltanto che non siete più dissoluto; e che la vostra saggezza ha corrette le folie d’una Gioventù libertina. Così quello che voi credete essere per voi un soggetto d’obbrobrio, è anzi un vero motivo di Gloria. Mi direte, che quando riandate col pensiero tutti que’lieti giorni, ch’avete goduto ne’passati tempi, vi annoja poi il vedere per fino la luce; poichè vi sembra ch’essa vi partecepi le sue bellezze per disporvi a non più vederla. Ma dovete riflettere che tutt’i giorni sono simili, benchè in apparenza sembrino differenti; e che non si cangia il tempo, ma bensì i nostri costume, e i nostri spiriti, i quali essendo di lor natura immortali, sono tuttavia sottoposti a prendere diversi aspetti. Il nostro spirito è sempre contrario a se stesso, quantunque sempre non pensi ad altro che a contentar se medesimo. Quindi ne viene che per una parte il fuoco della Giovinezza, e per l’altra l’impazienza della Vecchiaja ci conducono a giudicar tanto malamente, che spesse volte che prendiamo il peggiore per il migliore, ed il migliore per il peggiore. Per altro tutt’i giorni sono buoni in se stessi, perchè il Signore e Padrone de’Secoli è la bontà medesima; e la diversità che le Stagioni apportano, redendoli or freddi, or caldi, or lucidi, ed or oscuri, non cambiano la bontà loro, poichè queste alterazioni contribuiscono alle contentezze d’un particular soggetto. Ma in riguardo a’sentimenti bizzarri degli uomini, i giorni più belli sono qualche volta i più oscuri; e i nostri capriccj ci fanno trovar la luce tra le loro tenebre, ed afflizione nell’allegrezza ch’essi ci apportano: in una parola, siccome la vita nostra è una tessitura di calamità, così tutti i momenti che la compongono par che contengano qualche disastro. Per ciò que’giorni, che ora vi chiamate felici, furono in altro tempo per voi infelicissimi; vi fecero piangere quando erano presenti, e credete che vi potrebbero rallegrare quando più non sono. Non vi sembrano dunque aggradevoli nell’idea che vi resta, se non perchè più non torneranno, e perchè seco portarono molte cose, che non avete abbastanza amate. Questo appunto è il costume de’pazzi, di non amar mai perfettamente, se non quello che hanno perduto per sempre. Ma voi, che vorreste ringiovenire, se ciò fosse in poter vostro, di grazia ditemi, non è egli vero che il desiderio, che avete, non solo è mal conceputo, ma ancora inutile? Eppur sappiate che il suo effetto non è già impossibile. Potrete ben presto ringiovenire, se, benchè vecchio, vivete da uomo dabbene. Non vi lamentate adunque di aver lasciato dietro a voi la miglior parte della vita vostra. Ogni età è buona per quelli che fanno bene, e cattiva per coloro che se ne servono malamente. Non chiamiamo dunque niuna età buona, se non in quanto ci serve nel tempo per giugnere all’eternità: avvegnacchè altrimenti, quand’anche vi fosse qualche dolcezza, la sua fuga continua la renderebbe amara. Un uomo che corre, non ha il comodo di gustare i piaceri del cammino.

Livello 3

Esempio

A Dario, che per la sconfitta della sua grande Armata a briglia sciolta cercava un luogo per sua salvezza, parve un soave nettare la stessa acqua fangosa. Una gran sete, come dice Cicerone, piuttosto la paura gli avea fatto perdere il gusto. Alessandro lo inseguiva, e il tempo a voi è parimenti alle spalle.
Voi fuggite con gli anni, passate coi giorni, volate con l’ore, la morte vi si presenta, non vi si presenta, non v’è rimedio di ritirarsene, nè di fermarsi allorchè si è veduta. Dopo di tutto ciò, v’è qualche parte della nostra vita, che si possa chiamar felice in mezzo a un sì gran numero di disgrazie o presenti, o future? Ma questo è l’errore ordinario degli uomini, di chiamar buon tempo quel solo ch’è dato alla dissolutezza e alla malvagità. Chi brama una cosa, per quanto cattiva ella sia, chiama buono tutto ciò che può servire allo sfogo del suo pernicioso appetito. Un assassino dice che non v’è cosa alcuna sì buona, quanto l’arme di cui si serve per uccidere i passaggieri. Così voi chiamate buona quell’età , ch’è favorevole a’vostri capriccj, e non già alla salute vostra. Per fine, dopo aver biasimato la stravaganza de’vostri sentimenti, voglio censurare ancora la vostra imprudenza. Non vi svegliate, se non quando è di necessità che dormiate eternamente; e cominciate a lamentarvi, quando tutti i lamenti hanno a finire. Gli altri contano le loro perdite allorchè le fanno, ed esaminano ad uno ad uno i svantaggi ch’ebbero nella guerra, o nel giuoco. Voi non considerate i vostri, che quando non v’è più rimedio; nè li riconoscete minutamente, che dopo la total perdita. Quest’è una gran pazzia di non pensar mai alla Vecchiaja se non quando è arrivata: se aveste preveduto la sua venuta, non vi avrebbe turbato la sua presenza. Cessate dunque di lamentarvi inutilmente; assoggettatevi liberamente agli ordini della Natura. Il suo imperio è necessario; ma lo potete rendere volontario per elezione; e quello che le sue leggi hanno assolutamente determinato, non dev’essere il soggetto de’nostri dispiaceri. Qual cosa mai più naturale all’uomo che vivere dopo esser nato, e vivendo invecchiare, ed invecchiando morire?