Il Filosofo alla Moda: Lezione CII
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Lezione CII
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La prima volta, che un Autore comparisce in publico, s’immagina che
non si pensi, se non a parlare delle sue opere. Pieno d’una buona dosa di tale vanità, sono trè
giorni, che mi occupo nel dare orecchio al rumore della mia fama; e se ho udite qualche volta, delle
cose che non mi piaceano, ne ho intese delle altre, che assai m’incoraggivano. Non si potrebbe
concepire il vuoto, che in questa occasione ho ritrovato in alcuni della mia specie.
Sono vere macchine, non hanno una sola parola da proferire, quando la loro lingua non venga posta in
moto da qualche novella delle Gazette. Codesti genj, che ammirano tutto ciò, che è nuovo, ponno
essere i ben venuti presso un nuovo Autore. Ma se ho ricevuta da molti della consolazione, non vi
sono mancati di quelli che colla loro incapacità, mi hanno cagionata della inquietezza. Ve ne sono
molti, che non hanno se non una superficiale curiosità; incapaci di rifflessioni, leggono i miei
Fogli, più per dire, che gli hanno letti, che per intenderli. Che che ne sia, si ritrova si poco
gusto nel fare de’quesiti sopra ciò che ci tocca sì da vicino, che ho risoluto di proseguire il mio
disegno, senza nè troppo sperare, nè troppo temere per quello riguarda la mia riputazione, di
nodrire pensieri onesti; di regolare con particolare attenzione la mia condotta, e di non abbadare
al rimanente. Il disegno di agire per altro principio fuori di quello, che ci porta a soddisfare la
propria coscienza, è altretanto ridicolo quanto impraticabile. Chi mai il crederebbe, che un Uomo
taciturno, il quale non ha niente che fare con chi che sia al mondo, fosse esposto a sinistre
interpretazioni? Pure mi è accaduto d’essere stato pigliato per una spia, appunto
perche osservavo un profondo silenzio. Dopo questa picciola disgrazia, a fine di mettermi al coperto
dalla calunnia ho sempre frequentate le numerose adunanze. Chi vi si porta col solo pensiero di
soddisfare la propria curiosità, senza volere distinguersi dagli altri, vi gode il piacere della
ritiratezza, con maggiore dolcezza di quella proverebbe nel suo Gabinetto, dove l’amante,
l’ambizioso, e l’avaro, sono accompagnati da una folla d’inquietezze più fastidiose di quelle che
provano sotto gli occhj del mondo. L’essere esente dalle passioni, che tormentano gli altri, è
l’unica piacevole solitudine. Ardisco di più vantarmi, con uno de’saggi antichi, che non mi ritrovo
mai così solo, come quando sono accompagnato. Sono tanti li divertimenti, che accompagnano questa
sorta di pubblica oscurità, che mi rendono quasi insensibile a certi piccioli giornalieri disgusti.
A grazia d’esempio; mi è accaduto poco fà di udire, senza il minimo ribrezzo, che parlandosi di me,
al mio avvicinarmi ad un Congresso, uno dicea: Ecco un corpo bizzaro. Un altro soggiognea: Sono
dodici anni, che conosco quest’animale di vista, né dubito che voi altresì nol conosciate; credo
però che voi siate il primo a dimandare chi gli è. Confesso che vi sono molte persone, presso le
quali non è meno conosciuto il mio volto, di quello de’loro più stretti congionti; pure
non abbadano, nè al mio nome nè alla mia qualità. Quando si tratta del mio individuo, dicono, con
aria sciolta; il Signor . . . come si chiama? Ciò che mi consola in codesti […]li roverscj, egli è,
che […] soddisfazione, di osser-[…]occhio sereno il naturale degl’Uomini, senza verun pregiudizio.
Libero dalle passioni, e dagl’interessi, che gli’imbarazzano, godo maggiore sagacità per iscuoprire
i loro vizj, ed i loro talenti. Si osserva d’ordinario, che chi è privo d’un senso, ha gli altri più
esquisiti. Così dirò, la temperanza della mia lingua, o vero la rassegnazione, che ne pratico, mi dà
tutti li vantaggj d’un muto. Mi pare al meno d’avere la vista più penetrante degli altri; e mi
lusingo, che dopo avere studiati tutti gli Uomini dal più grande fino al più piccolo, posso
indovinare, assai bene i pensieri più intimi di tutti quelli, che rimiro, benche non abbi mai
conversato con loro. Da questo ne nasce, che la loro buona, o cattiva fortuna non ha la minima
influenza sopra il mio giudizio. Ne veggo brillare nelle Corti, e languire nelle Carceri, senza che
questo mi preoccupi, o in loro favore, o in loro svantaggio; ma giusta la maniera, con
cui portano il loro stato, ho sovente pietà d’un Favorito, ed ammiro lo sfortunato. Quelli che
conversano coi muti, scuoprono, al moto de’loro occhj, o all’aria del loro volto, la idea che questi
hanno degli oggetti presenti. Bisogna che […] usi la stessa penetrazione. Ho […] l’umore taciturno
ad’un segno, che il poco numero di quelli, coi quali mi famigliarizo, rispondono aggiustatamente à
miei sorrisi, ed alli miei moti di testa, senza che io apra la bocca.
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Allgemeine Erzählung
Accadde, nel proposito, l’altra sera un avventura molto gallante. Mi
ritrovavo alla Comedia, con uno de’miei Amici, e stava alla sua destra un Gentiluomo a noi
sconosciuto. Questi credette, che il suo vicino mio Amico parlasse da sè, mentre, avendo osservata
l’aria soddisfatta, con cui rimiravo una Dama Giovane che ci stava in faccia, si pose a dirmi. “Per
me ne hò tutt’altra idea, vi accordo, che elle comparisca molto graziosa, ma mi pare, che la
simplicità della sua aria sia più fanciullesca, che innocente.” Allorche perciò mi applicai a
considerarla di nuovo, soggionse: “È vero ch’ella è abbigliata con proprietà; ma forse di questo n’è
obbligata à sua Madre; Benche una Bellezza non meriti minore elogio per lo buon gusto che regna
ne’suoi abiti, di quello si debba ad un bell’Ingegno, per la politezza del suo stile,
con tutto ciò, s’ella ha coppiato da un’altra il colore delle sue Fettucce; o si è consultata sopra
il di lei ornamento, merita il titolo di coppia, non di originale.” Rivoltai indi gli occhj sopra un
altra Dama, in poca distanza dall’accennata; e subito l’amico, rispose al mio pensiero ne’seguenti
termini degni della sua romanzesca immaginazione. “Rimirate, se vi dà l’animo, quella vezzosa
creatura. Osservate la sua bellezza, rattenuta dalla innocenza de’suoi pensieri. La castità, il buon
naturale, e l’affabilità, sono le grazie, che risplendono sul di lei volto. Ella sà ch’è bella, ma
studia, allo stesso tempo di essere buona; convinta, e dell’una, e dell’altra di tali qualità, non è
più superba. Qual ammirabile unione! quale vivacità non si vede in quegli occhj! quale delicatezza
di colore! Ah che la di lei aria esprime tutto il suo essere! Si direbbe nel contemplarla, che la
sua bellezza si muove, e che parlano la sue occhiate.”
Metatextualität
Dopo questo sfogo dell’amico, credetti prudenza il non più fissare la
vista sopra simili oggetti, e rivoltarla sopra la turba delle Donne, che gran cosa non suppongono; e
che pare non abbino più moto negli occhi di quello abbino i Ritratti de goffi Pittori.
Si potrebbono in somma intitolare statue ricoppiate dalle altre. Che che ne sia, così passo la mia
vita, nel trattenermi co’miei pensieri. Non discorro mai se non co’miei buoni amici, e questo in
privato, non in pubblico. Avezzo dunque alla meditazione, potrei avere qualche idea sopra le
communi; ma, poco esercitato nell’uso della parola, non saprei communicarle, che ne miei scritti.
Ardisco, in oltre dire, che quasi tutti li miei piaceri si stringono a quelli della vista; e ch’è
una grande fortuna la mia, l’avere sempre avuto l’accesso alle donne. Se io non le ho mai pasciute
di elogi, o di adulazioni, non le ho però mai contradette, ne calunniate. Questo non è il tutto; gia
che elleno formano la metà del mondo; e per giusta compiacenza, e gallanteria degli Italiani, hanno
più auttorità di noi, consacrerò buona parte delle mie speculazioni al loro servigio; rissoluto di
scorrere colle Giovani, tutti li doveri della virginità, del, matrimonio e della vedovanza. Quando
uno de miei fogli sarà destinato alle Dame, cercherò d’impiegare uno stile proporzionato ai loro
lumi. In vece di abbassare il mio sogggetto (sic.), lo nobiliterò; ed il mio stile non sarà che più
vivo, e più delicato. Si può comparire letterato senza pronunciare sentenze latine, in
quella guisa, che il passo ordinario d’un uomo, scuopre, che sà ballare, benche non faccia delle
capriole. Il più alto grado di gloria a cui possa giognere la mia Fatica, è di servire di
trattenimento alle Donne ragionevoli, quando si adunano nelle conversazioni. Sù questo disegno
tratterò di tutto ciò, che le riguarda per relazione al nostro sesso; come cioè, sieno obbligate dai
vincoli del sangue, dell’interesse, o dell’amicizia, di avvicinarsegli, o di starne lontane. Debbo
altresi dichiarare in questa occasione, che, ad onta di tutto il mio sapere di Finosomia, mai
rivelerò ciò che gli occhi degli Amanti, e delle Innamorate si dicono a vicenda in mia presenza.
Intendiamoci. Questo non m’impegnerà però ad occultare le false proteste, che si faranno nelle
pubbliche adunanze, colle occhiate; onde mi sarà permesso di esporle tali quali mi compariranno al
fondo del cuore. Così l’amore si tratterà, fino, che averò penna in mano, colla stessa sincerità,
che si esige in altro affare di grande importanza. Tutti quelli, che se ne abbuseranno, debbono
aspettare sanguinolenti rimproveri, impercioche è uno de’principali interessi della vita. La cattiva
fede in amore sarà più detestata della perfidia dell’amicizia, o dell’inganno nel
commercio. Per arrivare a questo fine tanto grande quanto utile esaminerò con rigore tutte le
ingiustizie, che si praticano contro questa nobile passione, vincolo e fondamento della società. Un
soggetto sì vasto, e tutti gli altri de’quali non ho detto, se non poco fin ora, avranno un luogo
assai esteso ne miei seguenti Fogli. Il Pubblico vedrà sempre più, che io non sono un Filosofo
ozioso; che penso; che discorro; e che mi applico a qualche cosa di sodo.
