Zitiervorschlag: Francesco Anselmi (Hrsg.): "N. XIX", in: Il Socrate Veneto, Vol.19\ (1773), S. 72-76, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.978 [aufgerufen am: ].
[73] Ebene 1►
N. XIX.
Della servitù
Ebene 2► La vita vi è fastidiosa, perchè siete nato servo, e perchè fin dalla fanciullezza siete stato più degli altri, che di voi medesimo. Ma non vi rincresca una condizione, che vi può essere vantaggiosa; e non chiamate mai peso quello che vi può essere alleviamento. Se siete entrato servo nel Mondo, sta in mano vostra di uscirne veramente libero; siccome moltissimi sono nati liberi, che tuttavia morranno servi. Abbiate solamente attenzione di vivere da uomo di onore, e in tal guisa coprirete l’ignominia della vostra nascita: nulla v’impedisce d’esser libero della miglior parte di voi medesimo. Nè mi state a dire che non potete cangiare le disposizioni della fortuna; poichè se essa volle se foste fervo, può volere il contrario. È sempre infedele, e perciò sempre voi potete sperare: la sua incostanza vi assicura che in un momento essa può cangiar di faccia. Sapete già ch’essa si diletta di scherzare su la condizione degli uomini, e che innalza alcuni, per abbassarli, e sprofonda altri nel nulla per collocarli poi nel più alto seggio. Per ciò voi potete divenire non dirò già soltanto libero, ma ancora Padrone di chi or siete servo. Accordo che voi non sappiate i suoi disegni, nè ciò ch’ella voglia, o non voglia; ma procurate sempre di voler operar bene: e quantunque non esaudisca le vostre brame, assicuratevi che non ha potere o diritto alcuno sopra il vostro animo. Finalmente combattendo contro i suoi capriccj, avete a chiedere soccorsi al suo [74] nemico: essendocchè la Virtù ben spesso rende liberi coloro, che la Fortuna avea fatti schiavi.
Mi direte che se il giogo vostro fosse soave, lo portereste più volentieri; ma che essendo insopportabile, stancheggia la più forte pazienza. Ma io vi risponderò che colui, il quale lo porta volentieri, tuttocchè sembri pesante, infallibilmente lo alleggerisce. Di più vi darò un conforto, che non può mancare, e un bene, che non può perire; e che non essendo soggetto alle pretensioni del vostro Padrone, per quanto possente egli fosse, può rendervi libero, e di lui ancora più ricco. Applicate tutto voi stesso allo studio della sapienza, essa vi farà libero; ed accogliete come un Oracolo il detto di Catone, che il Saggio solo è veramente libero. Che se il vostro Padrone è sì rigido come voi dite, tocca a voi di raddolcirlo co’vostri servigj, e con una fedeltà incorruttibile; e forse otterrete la vostra libertà per quella via stessa che vi fa pianger la perdita.
Se poi la vostra condizione vi allontana dalle cariche della Repubblica, vi dispensa altresì da’travaglj, che inseparabilmente le accompagnano. Voi non sarete bersagliato da’discorsi degli invidiosi, e per servire il pubblico, non vi farete de’nemici privati. Non soffrirete burrasche nella calma, nè guerre nella pace; e la vita vostra sarà meno splendida, ma più sicura. Non vi affliggerà il tardo arrivo d’un qualche naviglio, nè sarete mai in pericolo di perdere in un momento il guadagno di molti anni. Poco vi penserete che le campagne non sieno fertili, non avendo voi nulla da seminare; nè che giunga un tempo di carestia, vivendo voi ad altrui spese. Lascierete simili pensieri al Padrone per conservare il vostro riposo; e spessissime volte egli veglierà, mentre voi prenderete un dolce sonno.
Direte che la servitù vi sembrarebbe meno dolorosa, se il Padrone non fosse così stravagante ne’suoi umori; e che facilmente fareste contento della vostra condizione, se egli non fosse tanto difficile da contentare. Per acchetare il vostro spirito, fra tanti travaglj, pensate che non tanto per accidente, quanto per ordine di Dio voi gli siete soggetto; e però se il suo comando è conforme alla giustizia, persuadetevi che quella o un’ordinazione Divina; che se voi scorgete che i suoi voleri sono illegittimi, conviene che richiamate alla memoria vostra l’autorità di quel possente Signore, il quale soffre che voi state servo per fare tutto ciò ch’è onesto, e che siate libero per non fare cosa [75] alcuna vergognosa. Questa è una conseguenza che viene da un principio di Fede, che vuole, che i servi ubbidiscano tanto ai Padroni molesti, quanto ai mansueti. In fatti non conviene che un servo s’ingerisca nelle azioni del suo Padrone; deve tollerare il suo temperamento, e non censurare l’opere sue. Non è già che ogni volta sia d’uopo di eseguire assolutmente tutti i suoi comandi. In certe occasioni il dovere d’un servo è di non ubbidire al suo Padrone, cioè quando le sue volontà sono contrarie a quella del Signore del Mondo tutto. In un tal caso voi dovete immaginarvi che il vostro Padrone è servo come voi, e che se esige ubbidienza, deve egli il primo altresì ubbidire. Che se egli impiega la forza contro il vostro dovere, vi è permesso di fargli resistenza, e di non piegarvi egualmente per la dolcezza, che per le minacce. Da ciò rilevar potete che la fortuna vostra è assai buona nella vostra miseria, e che non è da dirsi affatto fuori di libertà chi non può essere costretto a fare cose indegne d’una vita ragionevole.
Che se vi dispiace di vedere un’altro a voi superiore, e che essendo uomo come lui, vi governa come una bestia, considerate un poco se egli pure è soggetto come voi, e se ha qualche superiore. Può darsi che una Donna, o qualche cortigiana infame governi assolutamente questo Padrone assoluto, ed è possibile ancora che dipenda servilmente da’suoi proprj servi. Ma supponiamo che sia esente da ogni sorta di soggezione, forse non può essere egli soggetto a se stesso, vale a dire a’suoi vizj, e passioni? Non le sole mani vostre sono in catene, ma l’anima sua ancora; dura egli molta fatica a governarsi, e di più ancora deve governare degli altri. Oltre a ciò non pensate mai di essere senza compagni; e siete in servitù, certamente pochi sono gli uomini liberi; e di questi se ne ritrovano alcuni, la vita de’quali è tanto più laboriosa, quanto sembra più illustre. È assai più facile a un servo di esser fedele, che a un Principe d’esser giusto. Ebene 3► Exemplum► Diocleziano, d’Imperadore ch’era, essendo divenuto un semplice particolare, parlando per esperienza disse molto a proposito, che non v’era mestiere più difficile quanto il ben comandare; e che se tutti volessero regnare, pochissimi lo saprebbero fare. Per questa ragione egli lasciò il diadema per vivere più chetamente, e abbandonò la Corte per coltivare un giardino. ◀Exemplum ◀Ebene 3
Metatextualität► Prima di por fine a questo mio ragionamento, io vi parlerò [76] in modo, che resterete convinto se non siete incredulo, vi persuaderò se fate uso della ragione, e vi consolerò se vivete nell’amarezza. ◀Metatextualität O siete voi sempre stato servo, o non lo siete che da qualche tempo. Se sempre siete stato degli altri, il costume vi deve servire d’un buon sollievo, e farvi credere che non state male, atteso che non avete mai goduto il bene. Se poi avete cominciato ad esser servo essendo stato molte volte libero, dovete sperare che potete ancora ritornar quel che foste. Così se aspettate il uno del vostro infortunio, la speranza diminuirà la veemenza del vostro dolore; ma se disperate di poter uscire da un così infelice stato, la pazienza deve alleggerire un peso, che vi conviene necessariamente portare, sia egli leggiero, o pesante. A che mai serve l’aggiungere male a male, ed affliggervi da voi medesimo, quando gli altri abbastanza già vi tormentano? Questo è il maggior estremo ove possa portarsi la follia de’mortali, cioè il ricercar volontariamente nuovi travaglj, e mettersi alla tortura per piacer loro. Finalmente non vi abbandonate alla disperazione, quantunque sembri che ogni cosa vi abbandoni. In questo generale abbandono la morte vostra a soccorrervi, e a dispetto del Padron vostro romperà essa i ferri per mettervi in libertà. Allora sarete contento di avere portata pazientemente la vostra catena per ricevere una Corona, che sarà immarcescibile. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1