Lezione CLXXXIV Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Klaus-Dieter Ertler Herausgeber Alexandra Fuchs Herausgeber Lisa Pirkebner Mitarbeiter Jürgen Holzer Mitarbeiter Viktoria Haller Mitarbeiter Sarah Lang Gerlinde Schneider Martina Scholger Johannes Stigler Gunter Vasold Datenmodellierung Applikationsentwicklung Institut für Romanistik, Universität Graz Zentrum für Informationsmodellierung, Universität Graz Graz 15.01.2020

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Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728-1730, 333-341 Il Filosofo alla Moda 3 184 1728 Italien
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Lezione clxxxiv. Alle Belle virtuose confrontate colle Belle vane.

Tutatur favor Euryalum, lacrymaeque decorae,Gratir & pulchro veniens in pectore virtus.

Virg. AEn. V. 343.

Ho letto con Piacere la composizione, che disegno, oggi al trattenimento de’ miei Leggitori. La dò tale quale mi è venuta; e desidero, con tutto il cuore, che molte nostre Dame vengano pigliate per la Emilia, che vi si descrive.

Sig. Filosofo

Se la scrittura, che siegue, ha la forte di essere ammessa alla coda del vostro Foglio, riescirà tanto più agevole il credersi, che il Ritratto di Emilia non è chimerico, ma ricopiato quasi al naturale. L’ho carricato con una o due circostanze di mia invenzione, affinche non si palesi l’originale, Ne meno vo-glio si possa avere un minimo sospetto che io ne sia l’autore, per questo, e per altri motivi, non l’ho scritto in forma lettera. Se, oltre la mancanza dello stile, vi ritrovate qualche cosa che odori più tosto l’ingegno di qualche vostro Corrispondente, che del Filosofo alla moda, la sottopongo alla vostra decisione; e la potrete cambiare come vi piace Sono &c.

“Non vi è cosa che somministri più gradita idea della natura umana, quanto il contemplare la virtù, e la Bellezza. Questa è la porzione del sesso, a cui sì da l’epiteto di Bello: Ma le felice unioni di queste due qualità nella stessa Persona forma un carattere sì divino, che assai di rado si ritrovano insieme. La Beltà è ordinariamente si prevenuta, in proprio favore, che non crede avere bisogno d’altro soccorso. Che dico! ha si poco riguardo al proprio interesse, che si rovina sovente colla perdita della Innocenza, la quale ne rileva il prezzo, e le rende amabile. Si come dunque la virtù fà comparire una Bella donna molto più bella, cosi la Beltà rende la Donna virtuosa più virtuosa occupata, a contemplare queste due perfezioni gloriosamente unite in una sola Persona non saprei, che raccogliere quì la idea della Illustre Emilia.”

Chi ha mai veduta la vaga Emilia senza avere il cuore penetrato, in un subito, da un violente amore, e da una tenera, e rispettosa amicizia? Le grazie naturali, che accompagnano tutti li suoi muovimenti, e tutti li dolci accenti della sua voce, insensibilmente v’impegnano a sospirarne un più intimo godimento; ma, fino i sorrisi della sua bocca sono bastevoli a reprimere i licenziosi desiderj. Se riesce quasi impossibile il resistere alle di lei attrattive, la civiltà e non la severità, ne coregge la impressione, o le sequele. La dolcezza, e la bontà, che compariscono nel di lei volto, si diffendono in tutte le sue parole, in tutte le sue azioni. Quando, chi vede Emilia, non sia una Bestia, si ritroverà sempre più disposto ad onorarla, che a soddisfarsi. Il di lei Corpo, si ben formato dalla natura, e pieno di grazie innate; e un Domicilio proprio per un’anima si vezzosa, e bella; albergano in lei una soda pietà, una modesta speranza, ed una volontaria rassegnazione alle disposizioni del Cielo.

Vi sono delle ree passioni, che ricevono il nome di pietà; e vi è della pietà, che non ha altro fondo, fuori del naturale temperamento. Un amore malinconico, un timore servile, una perniciosa ostentazione pigliano sovente l’apparenza di vera pietà. In Emilia è fondata sull’amore di Dio, regolata dal timore figliale, ed animata dalla speranza del vero Bene; non prorumpe in irregolari trasporti, nè in violenti eccessi; è sempre uniforme, e sempre costante. La sua divozione è esata senza troppa severità; piena di compassione, senza debolezza; si può dire, che serve a perfezionare quel buon’umore, prodotto dalla sua bona coscienza, dalli Celesti soccorsi, e non al solo felice temperamento.

Per una generosa simpatia, posta dalla natura dentro i nostri Cuori, siamo disposti a compassionare gli afflitti; ma non si puol’ esprimere la commozione, che la Innocenza oppressa, e la Beltà addolorata cagionano nelle anime veramente umane.

Se quì riferissi le sfortune, che dierono, ad Emilia, la occasione di essercitare il suo eroismo nelle Cristiane virtù, la storia sarebbe troppo afflittiva, e dolorosa. Quando la veggo sola, in mezzo alle disgrazie, coll’anima ellevata sopra questa valle di lagrime, unicamente occupata dalle gioje Celesti, e dalla immortalità beata; quando la veggo oprare, e parlare, in maniera sì gioviale, come se foss la più felice Creatura del mondo, mi sento rapito da’ meraviglia, è dico: mai un Anima si Filosofa, e si favorita dal Cielo, ha alloggiato in un Corpo si bello; quando nell’ordinario, la Beltà si attribuisce il privilegio di non pensare, che a suoi vezzi, si beffa della sapienza, nè può tollerare l’aria grave delle sue lezioni.

Se potessi dipingere al naturale, con tutte le sue proporzioni, la virtù di Emilia, non si lascierebbe di sospettare, che l’amore, o l’adulazione abbino guidato il mio penello; ma non ne rappresento qui, se non un picciolo raggio; pe altro io nè ho, nè posso avere parte nella di lei grazia; la sola forza della verità, mi strappa dalla penna questi elogj. Un sì elegante modello non è da tenersi occulto; si de’ esporre agli occhj, ed alla immitazione di tutto il mondo. La virtù non è mai sì amabile, nè sì efficace; come quando si rende, in qualche maniera, visibile nella condotta d’una bella Persona.

La disposizione di Onoria è molto differente da quella d’Emilia. Ella non pensa, che a fare delle Civetterie; e a dominare con assoluto potere. Non si può negare, che non sia spiritosa, e bella; per questo le di lei amiche la ritrovano gallante, e di conversazione gajosa, ma per qual si voglia idea, ne abbi il di lei sposo, questo nolla sodisfa a pieno. La di lei vanità non si restringe ad una semplice stima, vuol in qualità d’Idolo le adorazioni. Da questo nasce, che il suo desiderio di vivere longamente viene represso dall’inutile timore delle rughe, che accompagnano la vecchiezza.

Emilia pare non sappi d’essere bella, e se il sà, come si dee supporre, non ne fa verun’ caso. Non costituisce la sua felicità, che nel coltivare i talenti dell’anima. Allorche si vedea nel fiore della età, e della bellezza, attorniata da una folla d’adoratori, non si dilettava nel tiranneggiarli, nè si compiacea nel pascerli di vane speranze per accrescere il loro tormento; ma dopo avere osservate le regole della modestia, e pesato il merito di ciascheduno, si dichiarò in favore di Bromio. Avea questo gentiluomo allora ottime qualità, ed un Patrimonio mediocre, reso poscia considerabile da una Eredità improvisa. Giovane senza sperienza, si lasciò trasportare nelle dissolutezze da’ cattivi compagni, E vi sarebbe rimasto, per longo tempo, immerso, se Emilia colla sua desterità, e prudenza, non ne l’avesse distratto. Impiegò tutto il suo spirito nell’umanizare le di lui passioni; ed a fargli concepire gusto per i sodi piaceri. Gli fè vedere, col suo esempio, che la virtù si accorda colla giovialità, e co’ passatempi onesti. Ella provò, che l’esempio ed un agevole condotta sono più efficaci delle correzioni severe.

Vi è tanta superbia nel cuore umano, che, per ridurre un ostinato, basta insinuargli, destramente, il suo dovere; ed abbandonarlo indi alle proprie rifflessioni. Cosi ella dopo averlo impegnato, a poco a poco, a non disapprovare, e finalmente a gustare ciò, che non avrebbe osato dirgli, in termini chiari, seppe approffitarsi di questo vantaggio, in maniera, che parve puramente secondasse il suo dissegno di emmendarsi. Con tale generosa astuzia, pigliò qualche impero sopra la di lui dominante passione, e ritrovò il segreto d’impiegarla alla di lui conversione.

Emilia si è distinta per un altro capo, che non saprei dispensarmi dal quì rifferirlo. Forse a primo aspetto parerà di poco rillievo; ma io lo considero molto, e ritrovo, che merita dal bel sesso non poca attenzione. Sono sempre stato di opinione, che una veste da Camera succida, i lini poco politi, e tutti que’ mal’ intesi sparagni di certe moglj, sieno il veleno della conjugale Amicizia, ed il mezzo di alienare il cuore d’uno, per altro tenero sposo.

Alcune Dame sorprese in simile disabbigliamento, si scusano: Per verità m’arrossisco d’essere ritrovata in questo disordine. Ero sola col mio sposo, nè aspettavo un simil’onore. Non è questo, per il buon marito, un complimento gentile. Pr questo, io credo, che, alle volte i mariti s’infastidiscano delle mogli, senza, che queste possano indovinare la cagione del loro cattivo umore.

Che che ne sia, Emilia conosce, che tali piccioli negligenze negli Abiti, e nella politezza, anche trà le Persone più intime, indebolisce, a poco a poco, i riguardi, che a vicenda si debbono. La troppa famigliarità partorisce dispregio. Considera l’importanza di tali cose, reputate come bagatelle da molti. Tutto ciò, che puo dare qualche mano, siasi quanto si voglia leggera, a conservarle, o a toglierle l’amore del suo sposo, le pare degno delle sue premure; si crede obbligata di mettere tutto in opra, per piacergli, sul rifflesso che debbono stare insieme fino che dalla morte vengano separati.

Con questi piccoli artificj; e con un millione di altri, a lei più facili da eseguirsi, che a me di esprimerli, accompagnati da una incessante bontà, e da una sommessione a tutte prove, a fronte d i tutte le afflizioni, e di tutti i cattivi trattamenti da lei provati, Emilia si è resa felice sposa, e Bromio buono, e ragionevole marito.

Desidero, con tutto il cuore, abbino longa vita; acciò il loro esempio rie-sca più utile a tante, e tanti, che ne hanno bisogno.

Lezione clxxxiv. Alle Belle virtuose confrontate colle Belle vane. Tutatur favor Euryalum, lacrymaeque decorae,Gratir & pulchro veniens in pectore virtus. Virg. AEn. V. 343. Ho letto con Piacere la composizione, che disegno, oggi al trattenimento de’ miei Leggitori. La dò tale quale mi è venuta; e desidero, con tutto il cuore, che molte nostre Dame vengano pigliate per la Emilia, che vi si descrive. Sig. Filosofo Se la scrittura, che siegue, ha la forte di essere ammessa alla coda del vostro Foglio, riescirà tanto più agevole il credersi, che il Ritratto di Emilia non è chimerico, ma ricopiato quasi al naturale. L’ho carricato con una o due circostanze di mia invenzione, affinche non si palesi l’originale, Ne meno vo-glio si possa avere un minimo sospetto che io ne sia l’autore, per questo, e per altri motivi, non l’ho scritto in forma lettera. Se, oltre la mancanza dello stile, vi ritrovate qualche cosa che odori più tosto l’ingegno di qualche vostro Corrispondente, che del Filosofo alla moda, la sottopongo alla vostra decisione; e la potrete cambiare come vi piace Sono &c. “Non vi è cosa che somministri più gradita idea della natura umana, quanto il contemplare la virtù, e la Bellezza. Questa è la porzione del sesso, a cui sì da l’epiteto di Bello: Ma le felice unioni di queste due qualità nella stessa Persona forma un carattere sì divino, che assai di rado si ritrovano insieme. La Beltà è ordinariamente si prevenuta, in proprio favore, che non crede avere bisogno d’altro soccorso. Che dico! ha si poco riguardo al proprio interesse, che si rovina sovente colla perdita della Innocenza, la quale ne rileva il prezzo, e le rende amabile. Si come dunque la virtù fà comparire una Bella donna molto più bella, cosi la Beltà rende la Donna virtuosa più virtuosa occupata, a contemplare queste due perfezioni gloriosamente unite in una sola Persona non saprei, che raccogliere quì la idea della Illustre Emilia.” Chi ha mai veduta la vaga Emilia senza avere il cuore penetrato, in un subito, da un violente amore, e da una tenera, e rispettosa amicizia? Le grazie naturali, che accompagnano tutti li suoi muovimenti, e tutti li dolci accenti della sua voce, insensibilmente v’impegnano a sospirarne un più intimo godimento; ma, fino i sorrisi della sua bocca sono bastevoli a reprimere i licenziosi desiderj. Se riesce quasi impossibile il resistere alle di lei attrattive, la civiltà e non la severità, ne coregge la impressione, o le sequele. La dolcezza, e la bontà, che compariscono nel di lei volto, si diffendono in tutte le sue parole, in tutte le sue azioni. Quando, chi vede Emilia, non sia una Bestia, si ritroverà sempre più disposto ad onorarla, che a soddisfarsi. Il di lei Corpo, si ben formato dalla natura, e pieno di grazie innate; e un Domicilio proprio per un’anima si vezzosa, e bella; albergano in lei una soda pietà, una modesta speranza, ed una volontaria rassegnazione alle disposizioni del Cielo. Vi sono delle ree passioni, che ricevono il nome di pietà; e vi è della pietà, che non ha altro fondo, fuori del naturale temperamento. Un amore malinconico, un timore servile, una perniciosa ostentazione pigliano sovente l’apparenza di vera pietà. In Emilia è fondata sull’amore di Dio, regolata dal timore figliale, ed animata dalla speranza del vero Bene; non prorumpe in irregolari trasporti, nè in violenti eccessi; è sempre uniforme, e sempre costante. La sua divozione è esata senza troppa severità; piena di compassione, senza debolezza; si può dire, che serve a perfezionare quel buon’umore, prodotto dalla sua bona coscienza, dalli Celesti soccorsi, e non al solo felice temperamento. Per una generosa simpatia, posta dalla natura dentro i nostri Cuori, siamo disposti a compassionare gli afflitti; ma non si puol’ esprimere la commozione, che la Innocenza oppressa, e la Beltà addolorata cagionano nelle anime veramente umane. Se quì riferissi le sfortune, che dierono, ad Emilia, la occasione di essercitare il suo eroismo nelle Cristiane virtù, la storia sarebbe troppo afflittiva, e dolorosa. Quando la veggo sola, in mezzo alle disgrazie, coll’anima ellevata sopra questa valle di lagrime, unicamente occupata dalle gioje Celesti, e dalla immortalità beata; quando la veggo oprare, e parlare, in maniera sì gioviale, come se foss la più felice Creatura del mondo, mi sento rapito da’ meraviglia, è dico: mai un Anima si Filosofa, e si favorita dal Cielo, ha alloggiato in un Corpo si bello; quando nell’ordinario, la Beltà si attribuisce il privilegio di non pensare, che a suoi vezzi, si beffa della sapienza, nè può tollerare l’aria grave delle sue lezioni. Se potessi dipingere al naturale, con tutte le sue proporzioni, la virtù di Emilia, non si lascierebbe di sospettare, che l’amore, o l’adulazione abbino guidato il mio penello; ma non ne rappresento qui, se non un picciolo raggio; pe altro io nè ho, nè posso avere parte nella di lei grazia; la sola forza della verità, mi strappa dalla penna questi elogj. Un sì elegante modello non è da tenersi occulto; si de’ esporre agli occhj, ed alla immitazione di tutto il mondo. La virtù non è mai sì amabile, nè sì efficace; come quando si rende, in qualche maniera, visibile nella condotta d’una bella Persona. La disposizione di Onoria è molto differente da quella d’Emilia. Ella non pensa, che a fare delle Civetterie; e a dominare con assoluto potere. Non si può negare, che non sia spiritosa, e bella; per questo le di lei amiche la ritrovano gallante, e di conversazione gajosa, ma per qual si voglia idea, ne abbi il di lei sposo, questo nolla sodisfa a pieno. La di lei vanità non si restringe ad una semplice stima, vuol in qualità d’Idolo le adorazioni. Da questo nasce, che il suo desiderio di vivere longamente viene represso dall’inutile timore delle rughe, che accompagnano la vecchiezza. Emilia pare non sappi d’essere bella, e se il sà, come si dee supporre, non ne fa verun’ caso. Non costituisce la sua felicità, che nel coltivare i talenti dell’anima. Allorche si vedea nel fiore della età, e della bellezza, attorniata da una folla d’adoratori, non si dilettava nel tiranneggiarli, nè si compiacea nel pascerli di vane speranze per accrescere il loro tormento; ma dopo avere osservate le regole della modestia, e pesato il merito di ciascheduno, si dichiarò in favore di Bromio. Avea questo gentiluomo allora ottime qualità, ed un Patrimonio mediocre, reso poscia considerabile da una Eredità improvisa. Giovane senza sperienza, si lasciò trasportare nelle dissolutezze da’ cattivi compagni, E vi sarebbe rimasto, per longo tempo, immerso, se Emilia colla sua desterità, e prudenza, non ne l’avesse distratto. Impiegò tutto il suo spirito nell’umanizare le di lui passioni; ed a fargli concepire gusto per i sodi piaceri. Gli fè vedere, col suo esempio, che la virtù si accorda colla giovialità, e co’ passatempi onesti. Ella provò, che l’esempio ed un agevole condotta sono più efficaci delle correzioni severe. Vi è tanta superbia nel cuore umano, che, per ridurre un ostinato, basta insinuargli, destramente, il suo dovere; ed abbandonarlo indi alle proprie rifflessioni. Cosi ella dopo averlo impegnato, a poco a poco, a non disapprovare, e finalmente a gustare ciò, che non avrebbe osato dirgli, in termini chiari, seppe approffitarsi di questo vantaggio, in maniera, che parve puramente secondasse il suo dissegno di emmendarsi. Con tale generosa astuzia, pigliò qualche impero sopra la di lui dominante passione, e ritrovò il segreto d’impiegarla alla di lui conversione. Emilia si è distinta per un altro capo, che non saprei dispensarmi dal quì rifferirlo. Forse a primo aspetto parerà di poco rillievo; ma io lo considero molto, e ritrovo, che merita dal bel sesso non poca attenzione. Sono sempre stato di opinione, che una veste da Camera succida, i lini poco politi, e tutti que’ mal’ intesi sparagni di certe moglj, sieno il veleno della conjugale Amicizia, ed il mezzo di alienare il cuore d’uno, per altro tenero sposo. Alcune Dame sorprese in simile disabbigliamento, si scusano: Per verità m’arrossisco d’essere ritrovata in questo disordine. Ero sola col mio sposo, nè aspettavo un simil’onore. Non è questo, per il buon marito, un complimento gentile. Pr questo, io credo, che, alle volte i mariti s’infastidiscano delle mogli, senza, che queste possano indovinare la cagione del loro cattivo umore. Che che ne sia, Emilia conosce, che tali piccioli negligenze negli Abiti, e nella politezza, anche trà le Persone più intime, indebolisce, a poco a poco, i riguardi, che a vicenda si debbono. La troppa famigliarità partorisce dispregio. Considera l’importanza di tali cose, reputate come bagatelle da molti. Tutto ciò, che puo dare qualche mano, siasi quanto si voglia leggera, a conservarle, o a toglierle l’amore del suo sposo, le pare degno delle sue premure; si crede obbligata di mettere tutto in opra, per piacergli, sul rifflesso che debbono stare insieme fino che dalla morte vengano separati. Con questi piccoli artificj; e con un millione di altri, a lei più facili da eseguirsi, che a me di esprimerli, accompagnati da una incessante bontà, e da una sommessione a tutte prove, a fronte d i tutte le afflizioni, e di tutti i cattivi trattamenti da lei provati, Emilia si è resa felice sposa, e Bromio buono, e ragionevole marito. Desidero, con tutto il cuore, abbino longa vita; acciò il loro esempio rie-sca più utile a tante, e tanti, che ne hanno bisogno.