Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CXXXIII", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.3\133 (1728), S. NaN-51, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4990 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione CXXXIII.

A’ vecchj, ed a Giovani, posti a confronto.

Zitat/Motto► Habet natura, ut aliarum omnium rerum sic vivendi modum; senectus autem peractio aetatis est tanquam Fabulae: cujus defatigationem fugere debemus, praesertim adjuncta satietate.

Cic. de Senect. c. 23. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Di tutte le ridicole brame, che alla giornata si odono ne’ famigliari colloquj, non vi è la più indegna d’una Persona onesta, di quella di essere più giovine. Viene ordinariamente da qualche oggetto che ci suggerisce un’azione passata o vergognosa in se stessa o poco conveniente da repplicarsi. Se abbiamo bisogno della nostra Gioventù solamente per mettere in uso il vigo-[46]re de’ nervi, e delle ossa, che possedevamo una volta, è un infallibile argomento dell’animo sregolato, o dissoluto.

È cosi improprio per un vecchio, dice l’oratore Romano, il desiderare la forza d’un Giovane, quanto a questi l’aspirare alla forza d’un Toro, o d’un Cavallo. Queste brame sono ugualmente opposte alla natura, che dovrebbe servire di guida in tutto ciò, che non è contrario alla giustizia, alle Leggi, ed alla Ragione. Benche ogni vecchio sia stato giovane, ed ogni giovane speri d’essere vecchio, pare vi sia una discordia inumana frà queste due stagioni della vita. Questa infelice mancanza di commercio nasce da una sciocca superbia, o da una focosità stravagante nella Gioventù; e da un avvilimento poco ragionevole, o da una compassione mal’intesa nella età avvanzata. Un Giovane, che non aspira se non alla virtù, ed un vecchio, che non ha veruna inclinazione alla dissolutezza, non sono punto interessati in questo discorso.

Il Giovinotto che stà sull’aria di Damerino ed il vecchio stolto, che brama le impertinenti qualità giovanili, saranno i soli oggetti del nostro dispregio. Confesso, che quest’ultimo termine è un poco avvanzato, ma in quale maniera si ponno trattare un Giovane stordi-[47]to, che non cerca se non i piaceri del senso; ed un vecchio, che si arrabbia perche non è più in istato di poterli gustare? quando i Giovani mostrano ne’ luoghi pubblici un intero abbandono, a loro sporchi appettiti, le Persone saggie non ponno aspettare, che di vederli ad una vituperosa vecchiezza, se la morte non taglj la strada alle loro dissolutezze. Quando un vecchio mostra dell’ansietà per i suoi passati piaceri, è un mostro, che si oppone agli ordini della provvidenza. Un vecchio, che s’infastidice della sua età avvanzata, è più stravagante di tutte le creature, dall’Angiolo più sublime, fino al vermiciulo più vile; e pervertisce tutte le regole della Ragione, e del buon senno. Quali vituperose idee non somministra un vecchio dissoluto, che solo bestemmia, con i Demonj contro la Provvidenza, mentre tutte le altre Creature vi si assoggettano.

Che che ne sia, veggiamo ciò, che ha perduto col numero de’ suoi anni. Non è più in istato di soddisfare le Passioni della sua gioventù. Ma la Ragione, che non è stravolta, ha maggiore la forza. Un Vecchio nobile, che discorrea l’altro giorno n [sic] un suo Amico della stessa età, sopra certe avventure della loro gioventù, esclamò: Ah’ che questo era un buon tempo; è vero, repplicò l’altro, ma non eramo allora, [48] come oggi, in calma. Non dee essere poca soddisfazione, per noi l’avere passati nel nostro viaggio i grandi calori della Gioventù. La vita, massimamente ne’ Giovani dissoluti; è una Febbre; i piaceri, che vi si gustano, non sono che sogni d’un Febbricitante. Non è meno ridicolo il desiderare, che ritorni quella staggione di vita, di quello sarebbe in Uomo sano, l’avere rincrescimento, perche più non gode que’ magnifici Palagj, que’ viali incantati, e quelle Campagne fiorite che lo dilettavano, durante l’accesso e l’interrotto sonno d’una grave malattia.

Per questo riguarda i ragionevoli piaceri, soli degni della natura umana, che consistono nel godere un buon nome, il commercio di oneste persone, e la speranza d’un bene eterno, quanto più s’invecchiamo, siamo tanto più in istato di risentirne il contento. Se distinguiamo, in diversi atti, la nostra vita, al lume della Ragione, l’ultimo atto merita la preferenza. L’arricordarsi d’una Gioventù impiegata nella pratica delle virtù, dona all’anima un nobile e tranquillo piacere; e quelli, che hanno la disgrazia di non potere riflettere, con soddisfazione, sopra la loro vita passata, ponno almeno consolarsi, di non essere più esposti alle passate tentazioni, ed a’ passati pericoli di cadere nelle tesse pazzie, è molto a proposito [49] il sentimento: Chi vuol essere vecchio per lungo tempo, dee incomminciare per tempo a doventarne. In fatti, se non ci spogliamo degli abiti cattivi, prima che la età ci renda incapaci di esercitarli, se ne avvediamo troppo tardi, e la passione resta nel cuore, benche non più in istato di soddisfarla.

Quel povero Soldato nell’Ospitale, che perdette un braccio, nelle ultime guerre di Levante, quando il freddo si fà pungete, prova tutte le mattine dolore nella estremità de’ suoi diti sepolti di la dal mare.

Il Desiderio di comparire nel mondo, e d’esservi applauditi, per qualità da niente, fà che i Giovani dispregino i vecchj, e che questi rasegnino con mala grazia le qualità della Gioventù. Questa è una generale confusione nell’uno, e nell’altro sesso. In vece di seguire la naturale destinazione delle nostre anime che dovrebbono scegliere, o disapprovare ciò, che la natura, e la ragione ci dettano, abbracciamo il disordine, e corriamo dietro à Fantasmi.

La età avvanzata, in una Persona virtuosa dell’uno, o dell’altro sesso, è accompagnata da una certa autorità, che la rende preferibile a tutti i piaceri della Gioventù. Se i rispetti, le somessioni, e le riverenze apportano qualche piacere a chi le riceve, la età avvanzata d’un virtuoso, non n’è mai [50] senza. A paragonare i difetti, ed i vantaggi dell’uno e dell’altro stato, vi si ritrova tanta uguaglianza, ch’è meraviglia il vedere trà Vecchj, e Giovani sì poca la corrispondenza. La Gioventù, giusta il riflesso di Cicerone, si avvicina per più strade alla morte. Dov’è quel Giovane che possa dire, più d’un Vecchio: io passero questa notte? ella è soggetta a piu mali; le sue infermità sono più violenti; il suo ristabilimento è più dubbioso. Sono incomparabilmente più pochi de’ Giovani i vecchi; dunque pochi giovani doventano vecchj, e questo senza contrasto a cagione della morte, che recide loro la strada. La gioventù, è vero, spera più longhi giorni, ma la di lei speranza è mal fondata; non vi è niente di più ridicolo dell’appoggiarsi sopra la incertezza. Il vecchio, che non ha in questo proposito la minima occasione di lusingarsi, riesce appunto per questo, più felice; ha di già goduto ciò che il Giovine non fà che sperare. L’uno spera di vivere molto, l’altro è molto vissuto. Ma vi è qualche cosa nella vita umana, a cui si possa attribuire la longhezza del tempo? Tutto ciò che dee un giorno finire, non merita veruna stima per la sua durazione. Se le ore, i giorni, i mesi, e gli anni scorrono, che importa il morire più in una ora che in un’altra, più in un giorno, in [51] un mese, in un anno, che in un’altro? Il buon Attore si applaudisce in qualunque scena dell’Opera, quando egli termina la propria Parte. Basta una vita breve ad un Uomo di buon senno, per far conoscere, ch’egli è onorato, e virtuoso. Si come, per chi non adempie a suoi doveri, è sempre troppo lunga la vita; l’Uomo da bene, purche viva bene fino all’ultimo giorno di sua vita, non è di veruna conseguenza per lui, che i suoi giorni sieno stati numerosi, o pochi. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1