Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLXV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\265 (1729), S. 70-76, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4835 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Lezione cclxv.

Agli Scrittori di Libelli, e di Satire.

Zitat/Motto► – – donec jam servus apertam
In rabiem verti cepit jocus, & per bonestas
Ire domos impune minax

Hor. L. 2. Ep. I. 148. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Non vi è niente di più scandaloso per un Governo, nè più detestabile agli occhi di tutte le Persone d’onore della pubblicazione de’ Libelli, e delle Satire, ma bisogna confessare, allo stesso tempo, che non vi è niente più difficile a domarsi d’uno spirito Satirico. Uno Scrittore rabbioso, che non ha per altro coraggio di comparire in pubblico, scarrica naturalmente la sua bile nelle Satire, e ne’ Libelli. Ebene 3► Fremdportrait► Una vecchia, a cui piaceano i divertimenti, per quello dice la favola, arrabbiata nel vedere le sue rughe dentro un grande Specchio, lo gettò sul pavimento, e lo ruppe in mille parti; ma occupata con piacere maligno a contemplare tutti que’ pezzi, [71] non potè a meno di apostrofarsi ne’ termini seguenti: Che ho io guadagnato conquesto colpo di vendetta? non ha servito, che a moltiplicare la mia bruttezza, ed a rappresentarmela mille volte per una. ◀Fremdportrait ◀Ebene 3

E’ stato proposto di obbligare chiunque vuole pubblicare un Libro, a riconoscersene Autore così anche de’ Fogli volanti, e questo, con giuramento, e di portare ad un pubblico registro il suo nome, cognome, ed abitazione.

Confesso, che questo metodo avrebbe prevenuta la pubblicazione di tutti gli scandalosi Scritti, che di ordinario compariscono, o senza nome, o con nome finti, al più coperti sotto anagrammi oscuri. Ma è da temersi, non avesse posto un ostacolo al progresso delle Scienze, e così sradicato il buon grano colla Zizania; senza parlare di molti eccellenti Libri di pietà Scritti da Autori Anonimi, che hanno posta tutta la loro gloria nel tenersi occulti: Vi sono poche opere d’ingegno, che compariscano da principio sotto il nome dell’Autore: Si cerca quasi sempre di tentare il gusto del Pubblico, prima di riconoscerle per sue; e credo vi sarebbono poche Persone capaci di scrivere, che volessero pigliare la penna, se non potessero farlo, che alle con-[72]dizioni proposte. Per quello riguarda i miei Fogli volanti, apertamente dichiaro, che simili a’ favori delle Fate, non dureranno se non tanto quanto l’Autore sarà sconosciuto.

Quello accresce la difficoltà nel reprimere codesti Dispensatori di maldicenza, e di Calunnia, egli è, che tutti li Partiti ne sono ugualmente colpevoli; e che il minimo infame sporcatore di carte è sostenuto da grandi nomi, avvanzando, per tali vie indegne, i loro interessi. Io non ho mai inteso parlare fin qui d’alcuna sorta di ministri di Stato, che abbino dato verun esemplare castigo ad un Autore, che abbi sostenuta la loro Causa colla menzogna, e colla Calunnia, e che abbi trattata, con maniera la più crudele del mondo i loro Rivali, ed Antagonisti. Se quelli, che governano volessero imprimere una marca eterna del loro dispiacere, ad uno di codesti infami Scrittori; che li corteggiano, a spese della riputazione del loro Competitore vedremmo ben presto a disparire questo verme, ch’è la vergogna del Governo, e l’obbrobrio della natura umana. Un tale procedere farebbe brillare un Ministro di Stato nelle Storie; e metterebbe in orrore, presso tutto il Genere umano, quelli, che lo trattassero indegnamente, ed impie-[73]gassero contro di lui quelle armi, dalle quali ha difesi li suoi stessi nemici.

Io non posso rimirare i più bei tratti di Satira lanciati contro particolari, e sostenuti da qualche apparenza di verità, che come argomenti d’uno spirito maligno, e molto rei in se medesimi. Tutto ciò, che nota qualcuno d’infamia, come pure ogn’altra pena, è sotto la direzione de’ Giudici, e non alla discretezza d’una Persona privata. Cicerone ci dice, ne’ suoi fragmenti, che nelle Leggi delle dodici Tavole, le quali pure non erano tanto rigorose, che uno scritto Satirico, ò un Libello, che intaccava la riputazione d’un altro, era punito colla morte. Ma noi siamo ben lontani di venire a questo rigore, benche le nostre Satire non sieno piene che di oscenità, e di veleno. Ogni scherzo offensivo passa come spiritoso, e quello, che sa meglio diversificare le sue ingiurie, è più bravo del suo Antagonista. Così l’onore delle nostre Famiglie è rovinato; i più grand’impieghi, ed i Titoli più onorevoli restano avviliti agli occhi del Popolo; Le virtù, e le qualità più eminenti sono esposte al dispregio de’ Viziosi, e degl’Ignoranti.

Vorrei per tanto, che quelli i quali si dilettano di pubblicare tali pernicio-[74]se Scritture, ò si compiacciono nel leggerle, riflettessero alle conseguenze, che ne risultano. Ho già parlato de’ primi in qualcuna delle mie Lezioni, ne ho avuto scrupolo di metterli nel rango de’ Siccarj, e degli Assassini. Ogni uomo d’onore non ha meno stima della riputazione, che della vita. Nè dubito, che quelli, i quali attaccano l’una in segreto, non privassero anche dell’altra, se così potessero farlo impunemente.

Quanto à quelli, che si dilettano di leggere, e dispensare Libelli infami, ritrovo, che la loro colpa non è molto lontana da quella dello stesso Autore. Per una Legge degl’Imperadori, Valentiniano, e Valenta, non solamente chiunque avesse scritto un Libello, ma quello, a cui capitasse casualmente, alle mani, senza lacerarlo, e bruciarlo, meritava la morte.

Ebene 3► Zitat/Motto► In fatti dice un Autore di grido. Io non saprei comprendere, che una Persona, la quale spande un Libello, abbia meno brama di nuocere, di quella, che lo compone. Ma che diremo del piacere, che si piglia nella Lettura d’un Libello infamatorio? Non è egli assai reo dinanzi a Dio? Fa di mestieri distinguere. O tale piacere non è altro, che un gran sentimento il quale ci sorprende, quando incontriamo qualche [75] pensiero ingegnoso, e ben espresso; ò è una soddisfazione fondata sul disonore della persona, che si diffama. Io non ho che dire nel primo caso, perche forse si ritroverebbe la mia morale troppo lontana dal Rigorismo, se asserissi, che non siamo più padroni di que’ sentimenti graditi, di quello siamo quando il miele, ò il zucchero tocca la nostra lingua, dirò solo, che sono dolcezze pericolose, e vietate, onde si debbono subito rigettare. Ma quanto al secondo Caso, tutto il mondo mi accorderà, che tale piacere è un gran peccato. Il piacere, nel primo Caso, non dura gran cosa, previene la Ragione, la riflessione, e fa subito luogo al dolore di vedere intaccato l’onore del prossimo. Se il piacere prontamente non cessa, è segno, che l’audacia del Satirico non ci dispiace, ed allora s’incorrono a dirittura le pene dovute al compositore indegno. Mi cade al presente alla mano, un’Autore moderno, ecco le sue parole: Ebene 4► Exemplum► S. Gregorio scommunicando gli Autori, che aveano disonorato il Diacono Castorio, non eccettua quelli, che leggeano quell’opera, perche se i maldicenti, dicea, sono sempre stati la delizia degl’ orecchi, e la felicità del Popolo, che non ha verun altro vantaggio sopra le persone oneste, quello che si piglia piacere a leggerle, non è egli tante colpe [76] vole quanto chi ha posta nel comporle la sua gloria? ◀Exemplum ◀Ebene 4 Ella è massima certa, che quelli i quali approvano un’azione la farebbono volontieri, se potessero, val’ a dire, se qualche ragione d’amore proprio non li rattenesse. Non vi è differenza, dicea Cicerone, trà il consigliare una colpa, e l’approvarla quando è fatta. Il Diritto Romano ha confermata questa massima. Ha sottommessi alla stessa pena gli approvatori del male, e gli Autori. Si puole dunque dire, che quelli, che si compiacciono nel Leggere Libelli infamatorj, fino ad approvare, e chi li compone, e chi li vende, sono tanto rei come se gli avessero composti; perche se non ne compongono de’ simili, è, ò perche non hanno l’abilità di scrivere, ò perche non vogliono arrischiarsi. ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1