Zitiervorschlag: Cesare Frasponi (Hrsg.): "Lezione CCLV", in: Il Filosofo alla Moda, Vol.5\255 (1729), S. 10-17, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4825 [aufgerufen am: ].


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Lezione cclv.

Relazione di un Duello tra due Mastri di Scherma.

Zitat/Motto► Et verso pollice vulgi
Quemliber occidunt populariter.

Juv. Sat. III. 36. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Nel Tempo, che dimoravo nella Città di Londra, pieno d’insaziabile curiosità, non potei lasciare di portarmi ad un famoso luogo, dove il Popolaccio Inglese mostra la sua bravura. Luogo dove si fanno combattere Orsi, Cani, e Tori. Giusta un Biglietto stampato, di cui venni regalato, vi dovea essere, un giorno, il combattimento fra due Gladiatori, o Maestri di Scherma. Molto mi piacque la Disfida: era conceputa in questi termini:

Ebene 4► Io Giacomo Miller Sergente, ritornato, poco fa, da Portogallo, e Maestro della Nobile Scienza, che insegna a maneggiare l’armi; avendo inteso a dire nella maggior parte de’luoghi dove sono stato, che Timoteo BucK di Londra, maestro della medesima scienza si è acquistato grande riputazione, io l’invito, a venirmi a ritrovare, [11] ed a combattere meco, con qualsivoglia delle seguenti armi, a suo elezione, Sciabla; Spada, e Pugnale. Spada e Targa. Semplice Pistolese storto. Pistolese a due taglj. O Bastone colle cime ferrate. ◀Ebene 4

Se il generoso ardore di Giacomo Miller di superare la destrezza, e la riputazione di Timoteo Buck, avea qualche sentore della bravura, che si legge negli antichi Romanzi, Timoteo BucK gli rispose nella medesima carta grigia, con uguale intrepidezza. Mostrava eziandio, un poco di sdegno nel vedersi sfidato; e parea non dasse la mano a battersi con Giacomo Miller, se non per la voce correa, essersi egli batutto con ParcKs di Coventrj. Che che no sia, ecco in quale maniera accettò la sfida del suo Antagonista.

Ebene 4► Io Timoteo BucK di Clare MarKet Maestro della nobile scienza che insegna a maneggiare le Armi, informato, che questo bravo Aggressore si è battuto con M. ParKs di Coventrj, non mancherò, piacendo a Dio, di portarmi a lui nel tempo, e luogo segnato di sopra. Io non dimando, che un libero Teatro, senza verun favore. ◀Ebene 4

Io non richiamerò quì gli spettacoli di questa natura, ch’erano in uso frà Romani, e Greci; ma parmi, che questa usanza ci sia venuta da Cavallieri erranti, da quelli ch’erano sì innamorati d’una Donna, che odiavano tutto il [12] rimanente dell’universo; da quelli, che voleano battersi con voi, foste, ò non foste del loro parere; da quelli, in somma, che inviavano un cartello a’ loro contemporanei, perche ammiravano, ò dispregiavano le loro innamorate. Non posso dunque se non deplorare la nostra disgrazie, nel vedere, che si è rattenuto ciò, che vi era di crudele in questa Bravura, e si è lasciato in disparte l’amore. Questo ci dovrebbe cuoprire di vergogna; e se i due Gladiatori mi avessero consultato sopra la loro disfida, parmi l’avrei diretta in ogn’altra maniera. La Gentile Betta Prestona Figlia dell’oste, che stà nel Giardino degli Orfi, luogo del combattimento, che mi regalò d’un bicchiero d’acqua, me ne fè venire il pensiero. Suppostodunque, ch’ella fosse stata l’Amarilli dell’Aggressore, avrebbe avuta migliore grazia la sua disfida, se d’avesse conceputa in questi termini: Io Giacomo Miller Sergente, che ho viaggiato in diverse parti di là dal mare; e che da poco, ho lasciate le Frontiere di Portogallo, per amore di Betta Prestona, che sostengo dinanzi a tutti gli uomini del mondo, non avere la uguale in Bellezza. Per quello poi riguarda la Risposta si potea così esprimere: Io Timoteo Buck, che sono sempre dimorato dentro il recinto della gran Bertagna, per amore di Sufona Paggia, niego, che Betta Prestona sia, [13] come lei, gentile, Sufona Paggia solamente, si degni giudicare i colpi; nè dimando verun quartiere da Giacomo Miller.

Questo darebbe altro garbo al combattimento; ed un luogo distinto per le Dame, la beltà delle quali farebbe il punto da decidersi colla punta della spada, animerebbe i Combattenti, con più nobile motivo di quello possa essere il danaro, che aspettano da spettatori; benche non vorrei si trascurasse l’ultimo; ma bramerei, che ciascheduno ne gettasse alla Bella, di cui approvasse l’Amante.

Non ostante il difetto di alcuni somiglianti Regolamenti, il tutto vi passò con buon ordine. Giacomo Miller, comparve il primo, nello steccato, avvanzato da due Tamburri scordati, per fare senza dubbio, vedere, che tali obbietti erano incapaci d’intimorirlo. Venne seguito da un uomo, di cui non potei sapere il nome: avea un aria brusca, e parea dispettato, per non esser’egli uno degli Attori. Questo fiero bravaccio fè il giro dello Steccato; si billanciava camminando colle gambe tese, e collo ritto, per insinuare, m’imagino, il disegno, che ruminava, e che affogava fino all’esito del combattimento. Avea, inoltre, Miller una festuccia turchina d’intorno [14] al braccio destro; il che potrebbe essere una reliquia dell’antica usanza di portare in queste occasioni, la livrea della Innamorata. Aggiugnerò, ch’egli era sei piedi, e otto once d’altezza; di aria avvenente, ma ardita; ben tagliato, e disposto di tutte le sue membra; si movea con aggilità, m’immagino contratta da continui militari esercizj.

Mentre impazienti gli Spettatori, che concorreano a folla, andavano girando, or di qua, or di là per accattarsi posto migliore, comparve anche Timoteo Buck. Allora tutta l’adunanza si pose in calma, fissando la vista sopra i due Campioni, e ciascheduno si prevenne in favore dell’uno, ò dell’altro. Miller, colla sua audacia fea sperare. Buck colla sua calma fea decidere a suo favore. Questi era semplicemente vestito, ne fece quasi verun movimento fino, che non si dovea venire all’asfalto. Allora depose il Giustacore, e rimase in Camicia, con una fetuccia rossa d’intorno al destro braccio.

Non si puol’esprimere il serio, che s’impadronì dell’animo di tutti. La più tumultuosa Adunanza del mondo, diventò sì attenta come sè ciascheduno dovesse arrischiare la propria vita. I due Gladiatori sì avvanzarono l’uno verso dell’altro; s’incontrarono alla metà [15] dello steccato; si toccarono la mano, in segno di non avere frà di loro avversione, e ritornarono a’ loro posti, con assai buona grazia. Ferono, indi, un giro di corpo; di nuovo si rimproverarono il contenuto del Biglietto di sfida; e vennero all’asfalto. Miller con aria pieni di risoluzione, non parea attento, che a vibrare colpi all’Avversario. Buck con aria quieta, e circospetta, non parea applicato, che a diffendersi. E’impossibile il descrivere la sveltezza, con cui l’uno, e l’altro scansavano i colpi; ma l’ardore di Miller lo espose a riportare un gravo colpo di sciabla sopra la fronte; il sangue gli cuoprì subito gli occhi; e si udirono clamori di giubilo, che non poterono se non aumentargli, e dolore e vergogna. Con tutto ciò furono divise le voci sopra la diferente maniera di battersi; in tanto una povera Ninfa, che stava sopra una Galleria, e che, senza dubbio, pigliava qualche parte nella sfortuna di Miller, versava un torrente di lagrime. Appena bendata la piaga, Miller ritornò alla carrica, con più animosicà, e furore, che lo pose in istato di meno vegliare alla sua difesa. Dov’è l’uomo coraggioso, che da una calda ferita possa rendersi più circospetto? Questo nuovo attacco, più vigoroso del primo, si terminò con un decisivo [16] colpo, che Miller ricevette nella gamba sinistra. In tempo di tale secondo assalto, la Ninfa, di cui ho parlato, fu sempre aggitata. Considerò la infelice situazione, in cui si ritrovava nell’udire lo strepito delle sciable, sul timore, che ogni colpo togliesse ò la vita, ò la vittoria all’Amante. La ferita rimase esposta agli occhi di tutti, e cucita nello steccato. Allora il Bravaccio, che seguia Miller disse, ad alta voce, che frà quindici giorni sfidava M. Buck, colle stesse armi; e si dichiarò Maestro del famoso Gormanno. E Buck, attribuendo questo a suo onore, accettò la disfida.

Vi è qualche cosa di assai stravagante, che non si puole spiegare, nel naturale degli uomini, che a tali spettacoli si pigliano un piacere frammischiato di ammarezza. Bisogna certamente provenga, perche siamo per così dire, compostadi crudeltà, e di compassione. Benche la disputa girasse sopra la destrezza, e sopra la bravura, Buck non riportò l’applauso che si aspettava; e questo parmi degno di qualche riflesso. Ciascheduno, direi, con un principio di amore proprio s’immaginava di poter soggiacere alla disgrazia di Miller, e non ostante il coraggio da cui si crede, per l’ordinario animato, non avrebbe osato di pretendere le qualità di Buck. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3

Cicerone parla di questa usanza con [17] meno orrore di quello merita. Benche danni l’abbuso, a suoi tempi, introdotto; pare eziandio l’approvi, quando vi si osservino le di lui prescrizioni, ed i soli Rei sieno i Gladiatori, che si battano alla presenza del popolo. Ecco le sue parole in latino, senza l’impicio di introdurle in volgare: Crudele Gladiatorum spectaculum, & inhumanum nonnullis videri solet: & haud scio an non ita sit ut nunc fit; cùm verò sontes ferro depugnabant, auribus fortasse multa, oculis quidem nulla poterat esse fortior contra dolorem, & mortem disciplina. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1